Di recente ho avuto modo di recuperare, nascosto all'intenro di un polveroso scaffale, un volume di appunti gramsciani. Sfogliando le pagine, mi sono accorto che gran parte di essi erano dedicato al cattolicesimo. Un capitolo in particolare, da cui il titolo in oggetto, ha attirato la mia attenzione. Ritenendolo molto interessante, documentato e rigoroso, ho ritenutoche fosse buona cosa trascriverne il contenuto a beneficio di tutti. Data la mole non indifferente del lavoro, cercherò di spezzarlo su più parti, così da rendere a voi facile la lettura e a me più comoda la trascrizione.
Di seguito, la prima parte dello studio, più avanti seguiranno le successive.


Cattolici Integrali, gesuiti e modernisti

Parte I


Cattolici integrali. I “cattolici integrali” ebbero molta fortuna sotto il papato di Pio X; rappresentarono una tendenza europea del cattolicesimo politicamente di estrema destra, ma naturalmente erano più forti in certi paesi, come l’Italia, la Francia, il Belgio, dov,e in forme diverse, le tendenze di sinistra in politica e nel campo intellettuale si facevano sentire più fortemente nell’organizzazione cattolica. Nel Belgio, durante la guerra, i Tedeschi sequestrarono una grande quantità di documenti riservati e segreti degli “integrali”, in seguito pubblicati, e così si ebbe la prova abbondante che gli “integrali” avevano costituito una vera e propria associazione segreta per controllare, dirigere, purgare il movimento cattolico in tutti i suoi gradi gerarchici , con cifrari, fiduciari, corrispondenze clandestine, agenti per lo spionaggio, ecc.
Il capo degli “integrali” era mons. Umberto Benigni, e una parte dell’organizzazione era costituita dal Sodalitium Pianum (da papa Pio V). Monsignor Benigni, morto nel 1934, era un uomo dalla grande capacità teorica e pratica e di un’attività incredibile: ha scritto, tra l’altro, un’opera di grande mole, La storia sociale della Chiesa, di cui sono usciti 4 volumi d’oltre 600 pp l’uno, in gran formato, editi dalla Casa Hoepli. Come appare dalla “Civiltà Cattolica”, il Benigni non ha mai interrotto la sua azione cospirativa nell’interno della Chiesa, nonostante le difficoltà di cui gli “integrali” sono venuti a trovarsi per il corso della politica di Pio XI, esitante, titubante, timida, ma tuttavia con indirizzo popolare democratico per la necessità di creare forti masse di Azione Cattolica. Gli “integrali” appoggiavano in Francia il movimento dell’Action Francaise, furono contro il Sillon: dappertutto sono contro ogni modernismo politico e religioso.
Di fronte ai gesuiti assumevano un atteggiamento quasi giansenistico, cioè di grande rigore morale e religioso, contro ogni forma di lassismo, di opportunismo, di centrismo. I gesuiti naturalmente accusano gli “integrali” di giansenismo (di ipocrisia giansenista), e ancor di più, di fare il giuoco dei modernisti (teologanti): 1) per la loro lotta contro i gesuiti; 2) perché allargavano talmente la nozione di modernismo e, quindi, ampliavano talmente il bersaglio, da offrire ai modernisti un campo di manovra comodissimo. Di fatto è avvenuto che nella loro comune lotta contro i gesuiti, gli “integrali”e modernisti si siano trovati obiettivamente nello stesso terreno e abbiano collaborato tra loro (il Buonaiuti avrebbe scritto nella rivista del Benigni).
Cosa rimane oggi dei modernisti e degli “integrali”? E’ difficile identificare e calcolare la loro forza oggettiva nell’organizzazione ecclesiastica, specialmente dei modernisti (gli “integrali” hanno mantenuto le loro forze quasi intatte, anche dopo la campagna contro l’Action Francaise): in ogni modo essi sono sempre dei fermenti che continuano ad operare, in quanto rappresentano la lotta contro i gesuiti e il loro strapotere, lotta condotta anche oggi da elementi di destra e di sinistra, nell’apparente indifferenza della massa del clero e con risultati non trascurabili nella massa dei fedeli, che ignora queste lotte e il loro significato, ma appunto perciò non può raggiungere una mentalità unitaria e omogenea di base.
A queste forze interne, antagonistiche e clandestine o quasi, della Chiesa (per il modernismo la clandestinità è indispensabile) conviene avere dei “centri” esterni pubblici, o con efficacia diretta sul pubblico, con periodici o edizioni di opuscoli e di libri. Tra i centri clandestini e quelli pubblici esistono collegamenti clandestini che diventano il canale delle ire, delle vendette, delle denunzie, delle insinuazioni perfide, dei pettegolezzi per tenere sempre viva la lotta contro i gesuiti (che hanno anche loro un’organizzazione non ufficiale o addirittura clandestina, alla quale devono contribuire i così detti “gesuiti laici”, curiosa istituzione forse copiata dai terziari francescani e che numericamente pare rappresentino circa ¼ di tutte le forze gesuitiche: questa istituzione merita di essere studiata con attenzione). Tutto ciò dimostra che la forza coesiva della Chiesa è molto minore di ciò che si pensa, non solo per il fatto che la crescente indifferenza della massa dei fedeli per le questioni puramente religiose ed ecclesiastiche dà un valore molto relativo alla superficiale ed apparente omogeneità ideologica; ma per il fatto ben più grave che il centro ecclesiastico è impotente ad annientare le forze organizzate che lottano coscientemente nel seno della Chiesa. Specialmente la lotta contro il modernismo ha demoralizzato il giovane clero, che non esista a pronunziare il giuramento antimodernista pur continuando a conservare le sue opinioni (ricordare gli ambienti torinesi dei giovani ecclesiastici, che domenicani, prima della guerra, e le loro deviazioni che andavano fino ad accogliere benevolmente le tendenze modernizzanti dell’islamismo e del buddismo e a concepire la religione come un sincretismo mondiale di tutte le religioni superiori: Dio è come il sole, di cui le religioni sono i raggi e ogni raggio guida l’uomo all’unico sole, ecc.).
Da un articolo di Padre Rosa, Risposta ad “Una polemica senza onestà e senza legge”, nella “Civiltà Cattolica” del 21 Luglio 1928, sono tolte queste indicazioni: mons. Benigni continua (nel 1928) ad avere una notevole organizzazione: una collezione intitolata Vérités è pubblicata a Parigi e vi appaiono le firme Récalde, Luc Verus, Simon: Luc Verus è lo pseudonimo collettivo degli “integrali”. Il Rosa cita l’opuscolo Les découvertes de jésuite Rosa, successeur de von Gerlach, che attribuisce al Benigni almeno per il materiale. I gesuiti sono accusati di essere “amici dei massoni e dei giudei” (fa ricordare la dottrina di Ludendorff sull’internazionale massonico-giudeo-gesuitica), sono chiamati “demagoghi” e “rivoluzionari”, ecc. A Roma, il Benigni si serve dell’agenzia Urbs o Romana e firma le sue pubblicazioni col nome di suo nipote Mataloni; il bollettino romano del Benigni si intitolava Veritas. Il Benigni (nel 1928 o prima?) ha pubblicato un opuscolo, Di fronte alla calunnia, di poche pagine, con documenti che concernono il “Sodalizio Piano”, opuscolo che è stato riprodotto in pare e difeso da due periodici cattolici “Fede e Ragione” e la “Liguria del Popolo”. Il Benigni diresse il periodico “Miscellanea di storia ecclesiastica”.
L’opuscolo Una polemica senza onestà e senza legge contro il padre Rosa è del prof. Buonaiuti. Il Rosa parla del libro di Buonaiuti, Le modernisme catholique, e osserva che l’autore finalmente ammette una serie di fatti che avrebbe sempre negato durante la polemica modernista (per esempio che il Buonaiuti fu l’autore della campagna modernistica del Giornale d’Italia, ciò che veramente il Buonaiuti nel suo libro non dice esplicitamente, ma che si può dedurre come verosimile, data la tortuosità di questi scrittori). Il Benigni organizzò il servizio stampa contro i modernisti al tempo dell’enciclica Pascendi.
Nelle sue “Ricerche religiose”, il Buonaiuti racconta un episodio caratteristico (riportato dal padre Rosa con espressioni di biasimo): nel 1909 il modernista prof. Antonino De Stefano (attualmente prete spretato e insegnante di storia all’Università) doveva pubblicare a Ginevra una “Revue moderniste internazionale”; il Buonaiuti gli scrisse una lettera. A poche settimane di distanza è chiamato al Sant’Uffizio. L’assessore del tempo, il domenicano Pasqualigo, gli contestò parola per parola la lettera al De Stefano. La lettera era stata trafugata a Ginevra; un emissario romano si era “traforato” in casa De Stefano, ecc. (naturalmente per il Buonaiuti il Benigni è stato uno strumento e un complice dei gesuiti, ma pare che nel 1904 il Buonaiuti abbia collaborato nella Miscellanea del Benigni).
Su questo argomento, Cattolici integrali, gesuiti, modernisti, che rappresentano le tre tendenze organiche del cattolicismo, cioè sono le forze che si contendono l’egemonia nella Chiesa romana, occorre raccogliere tutto il materiale utile e costruire una bibliografia (La collezione della Civiltà Cattolica, delle Ricerche religiose del Buonaiuti, della Miscellanea del Benigni, la collezione di opuscoli polemici delle tre correnti, ecc.).
Da quanto si rileva dalla “Civiltà Cattolica”, pare che “Fede e Ragione” sia oggi la rivista più importante dei cattolici integrali. Vedere quali sono i principali collaboratori e in quali punti si pone in contrasto con i gesuiti: se in punti riguardanti la fede, la morale, la politica, ecc. Gli integrali sono forti nel complesso di qualche ordine religioso rivale dei gesuiti (domenicani, francescani): è da ricordare che neanche i gesuiti sono perfettamente omogenei: il cardinale Billot, integrale intransigente fino ad abbandonare la porpora, era gesuita, e gesuiti furono alcuni modernisti di grido, come il Tyrrell.


Gli integrali e l’Action Francaise. L’articolo L’equilibrio della verità fra gli estremi dell’errore nella “Civiltà Cattolica” del 3 Novembre 1928, prende lo spinto dalla pubblicazione di N. Fontane, “Saint-Siège”, “Action Francaise” et “Catholiques intègraux”, di cui in nota si dà questo giudizio: “L’autore è dominato da pregiudizi politici e liberali, massime quando vede la politica nella condanna dell’Action Francaise: ma i fatti e i documenti, da lui allegati, sul famoso Sodalizio non furono smentiti”. Ora il Fontane non ha pubblicato nulla di completamente inedito (i documenti del Fontane sugli integrali erano stati pubblicati nell’aprile del 1924 dal Mouvement; perché dunque i gesuiti non se ne sono serviti prima?).
La questione è importante e pare possa essere risolta in questi termini: l’azione pontificia contro l’Action Francaise è l’aspetto più appariscente e risolutivo di un’azione più vasta per liquidare una serie di conseguenze della politica di Pio X (in Francia, ma indirettamente anche negli altri paesi), cioè Pio XI vuole limitare l’importanza dei cattolici integrali, apertamente reazionari e che rendono quasi impossibile in Francia l’organizzazione di una forte Azione Cattolica e di un partito democratico-popolare che possa far la concorrenza ai radicali, senza però attaccarli di fronte. La lotta contro il modernismo aveva squilibrato troppo a destra il cattolicismo, occorre pertanto nuovamente incentrarlo nei gesuiti, cioè ridargli una forma politica duttile, senza irrigidimenti dottrinari, con una grande libertà di manovra, ecc.; Pio XI è veramente il Papa dei gesuiti.
Ma lottare contro i cattolici integrali su un fronte organico, è molto più difficile che lottare contro i modernisti. La lotta contro l’Action Francaise offre un terreno ottimo; gli integrali sono combattuti non come tali, ma in quanto sostenitori di Maurras, cioè la lotta è in ordine sparso, contro singole persone che non obbediscono al Papa, che ne intralciano la difesa della fede e della morale contro un ateo e un pagano confesso, mentre l’insieme della tendenza è ufficialmente ignorato. Ecco l’importanza capitale del libro del Fontane, che mostra il nesso organico tra Maurras e l’integralismo e aiuta energicamente l’azione del Papa e dei gesuiti (è da notare che il Fontane a più riprese insiste presso i laicisti francesi sul fatto che gli integrali e non i gesuiti sono antidemocratici, che i gesuiti in realtà aiutano la democrazia, ecc.; - chi è il Fontane? è uno specialista di studi sulla politica religiosa? Non potrebbe essere ispirato dagli stessi gesuiti?).
Questo articolo della “Civiltà Cattolica”, scritto certo dal padre Rosa, è molto cauto nell’uso di documenti ristampati dal Fontane, evita di analizzare quelli che non solo screditano gli integrali, ma gettano un’ombra di comicità e di discredito su tutta la Chiesa (gli integrali avevano organizzato una vera società segreta con cifrari, in il Papa è chiamato “la baronessa Michelina” e altre personalità con nomi altrettanto romanzeschi: ciò mostra la mentalità del Benigni verso i suoi gerarchi).
Sulla questione di merito della politica di Pio XI le conclusioni non sono facili, come mostra lo stesso corso di questa politica, corso incerto, timido, titubante per le immense difficoltà contro cui deve cozzare continuamente. Si è detto più volte che la Chiesa cattolica ha virtù di adattamento e di sviluppo inesauribili. Ciò non è molto esatto. Nella vita della Chiesa possono essere fissati alcuni punti decisivi: il primo è quello che si identifica con lo scisma tra Oriente e Occidente, di carattere territoriale, tra due civiltà storiche in contrasto, con scarsi elementi ideologici e culturali, che ha inizio con l’avvento dell’Impero di Carlo Magno, cioè con un rinnovato tentativo di egemonia politica e culturale dell’Occidente sull’Oriente; lo scisma avviene in un periodo in cui le forze ecclesiastiche sono scarsamente organizzate e si approfondisce sempre più, automaticamente, per la forza stessa delle cose, impossibili a controllare, come avviene di due persone che per decenni non hanno contatti e si allontanano una dall’altra fino a parlare due lingue diverse. Il secondo è quello della Riforma, che avviene in ben diverse condizioni e che se ha come risultato una separazione territoriale, ha specialmente un carattere culturale e determina la Controriforma, e le decisioni del Concilio di Trento, che limitano enormemente le possibilità di adattamento della Chiesa cattolica. Il terzo è quello della Rivoluzione Francese (riforma liberale-democratica), che costringe ancor più la Chiesa a irrigidirsi e mummificarsi in un organismo assolutistico e formalistico di cui il Papa è il capo nominale, con poteri teoricamente “autocratici”, in verità molto scarsi, perché tutto il sistema si regge solo per il suo irrigidimento da paralitico. Tutta la società in cui la Chiesa si muove e può evolvere ha la tendenza a irrigidirsi, lasciando alla Chiesa scarse possibilità di adattamento, già scarse per la natura attuale della Chiesa stessa. L’irrompere di forme nuove di nazionalismo, che poi sono il termine finale del processo storico iniziatosi con Carlo Magno, cioè col primo Rinascimento, rende non solo impossibile l’adattamento, ma difficile l’esistenza, come si vede nella Germania hitleriana. D’altronde, il Papa non può scomunicare la Germania hitleriana, deve talvolta persino appoggiarsi ad essa, e ciò rende impossibile ogni politica religiosa rettilinea, positiva, di un qualche vigore. Di fronte a fenomeni come l’hitlerismo, anche larghe concessioni al modernismo non avrebbero nessun significato ormai, ma solo aumenterebbero la confusione e l’imbroglio. Né è detto che in Francia le cose siano più allegre, perché proprio in Francia è stata creata la teoria di contrapporre la “religione della patria” a quella “romana” e si può supporre un incremento di nazionalismo patriottico, non di cosmopolitismo romano.
Dall’articolo della “Civiltà Cattolica” del 3 Novembre 1928 sono tratti questi spunti: si accenna che anche in Italia Maurras ha trovato difensori tra i cattolici; si parla di “imitatori o fautori, palesi od occulti, ma del pari aberranti dalla pienezza della fede e della morale cattolica, o nella teoria o nella pratica, pure gridando e anche illudendosi di volerle difendere integralmente e meglio di qualsiasi altro”. L’Action Francaise “avventò contro chi scrive queste righe [Padre Rosa] un cumulo di vilipendii e di calunnie incredibili (sic), fino a quelle insinuate ripetutamente di assassini ed esecuzioni spietate di confratelli!”. E’ da vedere quando e come queste accuse furono fatte al padre Rosa; tra i gesuiti c’era un’ala integralista e favorevole al Maurras, con uomini di primo piano come il cardinale Billot, che fu uno dei principali compilatori dell’enciclica Pascendi e che rinunziò alla carica di cardinale, cosa rarissima nella storia della Chiesa, che dimostra l’ostinata pervicacia del Billot e la volontà risoluta del Papa di superare ogni ostacolo nella lotta contro Maurras.
La “Revue internazionale des sociétés secrètes”, diretta dall’abate Boulin, è integrale e accanita antigesuita; il Boulin è collegato al Benigni-Mataloni e si serve di pseudonimi (Roger Duguet). L’Action Francaise e gli integrali si attaccano disperatamente a Pio X e pretendono si restare fedeli ai suoi insegnamenti, ciò che nello sviluppo della Chiesa sarebbe un bel precedente, perché ogni papa, morto, potrebbe offrire il terreno per organizzare una setta che si riattacca a un suo particolare atteggiamento. Gli integrali vogliono rimettere in onore il Sillabo di Pio IX: nella proposta dell’Action Francaise di avere un ecclesiastico per la cattedra del Sillabo nelle sue scuole, era contenuta un’abile provocazione; ma Pio XI non solo non vuole ridare attualità al Sillabo, anzi cerca persino di attenuare ed edulcorare l’enciclica Pascendi.
L’articolo della Civiltà Cattolica è veramente importante e occorrerà rivederlo per il caso di un approfondimento della questione. Bisognerà vedere tutte le sfumature dei distinguo a proposito della massoneria dell’antisemitismo, del nazionalismo,, della democrazia, ecc. Anche per i modernisti si distingue tra illusi, ecc., e si prende posizione contro l’antimodernismo del Benigni, ecc. : “Tanto più che era da temere e non mancammo di farlo notare fino da quegli anni a chi di dovere, che siffatti metodi avrebbero fatto il giuoco dei modernisti veri, preparando in futuro gravi danni alla Chiesa. Il che si vide poi, ed anche al presente si vede, nello spirito cattivo di reazione, non del vecchio modernismo solamente e del liberalismo, ma del nuovo altresì e dell’integralismo stesso. Questo mostrava allora di volersi opporre ad ogni forma o parvenza di modernismo, anzi presumeva essere, come suol dirsi, più papale del Papa, ed invece ora con grave scandalo o gli resiste ipocritamente o apertamente lo combatte, come avviene tra i fautori rumorosi dell’Action Francaise in Francia e i silenziosi loro complici in Italia”.
Gli integrali chiamano i gesuiti “modernizzanti” e “modernizzantismo” la loro tendenza: hanno diviso i cattolici in integrali e non integrali cioè “papali” ed “episcopali” (pare che l’enciclica di Benedetto XV Ad beatissimi abbia notato, biasimandola, questa tendenza a introdurre tali distinzioni tra i cattolici, che lederebbero la carità e l’unità dei fedeli).
La “Sapinière” (da S.P. iniziali del Sodalizio Piano) era la società segreta che si nascondeva dietro il velo del “Sodalizio Piano”, ed organizzo la lotta contro i gesuiti modernizzanti, “in tutto contrariamente alla prima idea ed al programma officiale proposto al Santo Pontefice Pio X, indi approvato dal Segretario della Concistoriale, non certamente perché servisse allo sfogo di passioni private, alla denuncia e diffamazione di integerrimi ed anche eminenti personaggi, di vescovi e d’intieri ordini religiosi, nominatamente del nostro, che mai finora erasi veduto in balia a siffatte calunnie, neppure ai tempi della sua soppressione. Da ultimo poi, finita la guerra e molto più dopo lo scioglimento del “Sodalizio Piano”, decretato dalla Sacra Congregazione del Concilio, non certo a titolo di lode, ma di proibizione e di biasimo, fu promossa, tutta a spese di un noto e ricchissimo finanziere Simon di Parigi e della sua larga consorteria, la pubblicazione e la prodiga diffusione gratuita di libelli i più ignominiosi e criticamente insipienti contro la Compagnia di Gesù, i suoi santi, i suoi dottori e maestri, le sue opere e le sue costituzioni, pure solennemente approvate dalla Chiesa. E’ la nota collezione dei così detti “Récalde”, cresciuta già ad oltre una dozzina di libelli, alcuni di più volumi, in cui è troppo riconosciuta e non meno retribuita la parte dei complici romani. Essa viene ora rinforzata dalla pubblicazione sorella di foglietti diffamatori, i più farneticanti, sotto il titolo complessivo e antifrastico di Vérités, emuli dei fogli gemelli dell’Agenzia Urbs ovvero Romana, i cui articoli ritornano poi talora, quasi a verbo, in altri fogli o periodici”.
Gli integrali sparsero le “peggiori calunnie” contro Benedetto XV, come si può vedere dall’articolo comparso alla morte di questo papa nella “Vieille France” e nella “Ronda” (Febbraio 1922), “anche questo (periodico) tutt’altro che cattolico e mortale, ma onorato tuttavia dalla collaborazione di Umbro Benigni, il cui nome si trovava registrato nella bella compagnia di quei giovani scrittori più o meno scapestrati”. “Lo stesso spirito di diffamazione, continuato sotto il presente pontificato, in mezzo alle file medesime dei cattolici, dei religiosi e del clero, non si può dire quanto abbia fatto male nelle coscienze, quanto scandalo portatovi e quanta alienazione di animi, in Francia soprattutto. Quivi infatti la passione politica induceva a credere più facilmente le calunnie mandate spesso da Roma, dopo che i ricchi Simon e altri compari, di spirito gallicano e giornalistico (sic), ne spesarono gli autori e procurarono la diffusione gratuita dei loro libelli, massime degli antigesuitici sopra menzionati, nei seminari, nelle canoniche, nelle curie ecclesiastiche, ovunque fosse qualche probabilità o verosimiglianza che la calunnia potesse attecchire; ed anche fra i laici, massime giovani, e degli stessi licei governativi, con una prodigalità senza esempio”.
Gli autori già sospetti si servono dell’anonimo di pseudonimi. Secondo il padre Rosa, tra l’Action Francaise e gli integrali non c’era inizialmente accordo, ma esso si è venuto formando dopo il 1926; ma questa affermazione è certo fatta ad arte per escludere ogni movente politico (lotta contro gli ultrareazionari) dalla lotta contro l’Action Francaise, e per diminuire le responsabilità di Pio X. Nell’ultima nota dell’articolo si dice : “Non si deve tuttavia confondere l’uno con l’altro partito, come taluno ha fatto […] Fontane, come notammo, è più che liberale, ma purtroppo informatissimo dei casi niente edificanti della menzionata società clandestina, detta della Sapinière, e dei suoi fautori francesi e italiani, ed in ciò è ridicolo rinfacciare il suo liberalismo: occorre smentire i fatti su cui riparleremo a suo tempo”. In realtà il Fontane mostra esaurientemente il nesso tra integrali e Action Francaise, anche se è possibile dire che si tratta di due partiti distinti, di cui uno tende a servirsi dell’altro, e mostra come tale nesso risalga a Pio X. E’ curioso quel “purtroppo informatissimo”, perché il Fontane si è servito di materiale di dominio pubblico, come è curioso che il padre Rosa, nella “Civiltà Cattolica” non abbia più riparlato della Sapinière (fino alla morte di mons. Benigni, che non è stato ricordato; ed è difficile pensare che ne parli ancora, a meno che al Benigni non succeda qualche altra forte personalità nella direzione degli integrali): questo silenzio ha il suo significato.
L’articolo conclude: “Ma la verità non ha da temere: e per parte nostra, noi siamo ben risoluti a difenderla senza paura né trepidazione od esitanza, anche contro i nemici interni, siano pure ecclesiastici facoltosi e potenti, che hanno fuorviato i laici per trarli ai loro disegni ed interessi”.




L’Action Francaise aveva a Roma un suo redattore, Havard de la Montagne, che dirigeva un settimanale in lingua francese “Rome”, destinato specialmente ai cattolici francesi, religiosi o laici, residenti o di passaggio a Roma: era il portavoce degli integrali e dei maurrassiani, il centro del loro raccoglimento e del servizio di informazione dell’Action Francaise, presso il Vaticano, non solo per le questioni religiose, ma specialmente per quelle politiche francesi e internazionali di carattere riservato. Non bisogna dimenticare che il Vaticano ha un servizio di informazioni talvolta e per certi argomenti più preciso, più largo e più abbondante di qualsiasi altro governo. Poter servirsi di questa fonte era per l’Action Francaise una ragione non delle minori di certi suoi successi giornalistici e di molte campagne personali e scandalistiche. Pare che dopo la rottura del 1926, “Rome” sia deperito e poi morto.
Confrontare l’articolo La lunga crisi dell’Action Francaise nella Civiltà Cattolica del 7 settembre 1929. Si loda il libro La trop longue crise de l’Action Francaise di mons. Sagot du Vauroux, opera che « riuscirà utilissima anche agli stranieri, in quali non riescono a comprendere le origini e meno ancora la persistenza, congiunta a tanta ostinazione, degli aderenti cattolici, che li acceca fino a farli vivere e morre senza sacramenti, piuttosto che rinunciare alle odiose esorbitanze di un loro partito e dei suoi dirigenti increduli”. La “Civiltà Cattolica” cerca di giustificarsi del fatto che non si occupa più spesso della polemica dell’Action Francaise e tra l’altro dice: “Oltre a ciò, la prolungata crisi non tocca l’Italia se non per riverbero, ossia per una lontana (!?) concomitanza ed analogia, che esse potrebbe (!) avere con le tendenze generali paganeggianti dell’età moderna”.
Questo matulsianismo polemico costituisce appunto la debolezza principale della posizione gesuitica contro l’Action Francaise ed è la causa maggiore del furore fanatico di Maurras e dei suoi seguaci: questi sono persuasi, non a torto, che il Vaticano fa su di loro una esperienza in corpore vili, che essi hanno la funzione del ragazzo che, una volta, accompagnava il principe ereditario inglese e si pigliava le nerbate per contro del regale padrone; da ciò a far persuasi i seguaci di Maurras che l’assalto subìto è meramente politico, perché non cattolico o universale che a parole, ci vuol poco. In verità, il Papa si è ben guardato, e così la Civiltà Cattolica, di identificare e punire con le stesse sanzioni, negli altri paesi, gli elementi individuali o di gruppo che hanno le stesse tendenze di Maurras e non le nascondono.
Altre indicazioni di cattolici integrali: il Bloc antirevolutionnaire Felix Lacointe, “degno del citato Boulin e dei suoi soci”. Il Lacointe avrebbe pubblicato che il cardinale Rampolla era iscritto alla massoneria o qualcosa di simile (al Rampolla si rimprovera la politica di ralliement fatta da Leone XIII).
Un elemento ideologico molto significativo del lavoro che i gesuiti esplicano in Francia per costituire una larga base popolare al movimento cattolico-democratico è questo giudizio storico-politico: “Chi è responsabile dell’apostasia del popolo francese? Solo gli intellettuali democratico-rivoluzionari che si richiamavano al Rousseau? No. I più responsabili sono gli aristocratici e la grande borghesia che hanno civettato con Voltaire”; “… le rivendicazioni tradizionali [dei monarchici del ritorno all’antico sono pure rispettabili, quantunque inattuabili, nelle condizioni presenti. E sono inattuabili anzitutto per colpa di tanta parte dell’aristocrazia e borghesia di Francia, poiché dalla corruzione e dall’apostasia di questa classe dirigente fino dal secolo XVIII originò la corruzione e l’apostasia della massa popolare in Francia, avverandosi anche allora che regis ad exemplum totus componitur orbis. Il Voltaire era l’idolo di quella parte dell’aristocrazia corrotta e corrompitrice del suo popolo, alla cui fede e costumatezza procurando scandalose seduzioni, essa scavava a sé medesima la fossa. E, sebbene poi al sorgere del Rousseau con la sua democrazia sovversiva, in opposizione alla aristocrazia volterrana, si fecero opposizione teorica le due correnti di apostasia - come tra i due tristi corifei – che parevano muovere da contrari errori, confluirono in una stessa pratica ed esiziale conclusione: nell’ingrossare cioè il torrente rivoluzionario, ecc.”. Così oggi : Maurras e C. sono avversari della democrazia alla Rousseau e delle “esagerazioni democratiche” del Sillon, ma sono discepoli e ammiratori di Voltaire. Su questo nesso storico-critico riguardante le origine dell’apostasia popolare in Francia la Civiltà Cattolica cita un articolo della Croix del 15-16 agosto 1929 che si riferisce al libro Puor faire l’avenir, del padre Croizier dell’Action populaire.
Tra i seguaci di Maurras e C., oltre ai conservatori e monarchici, la Civiltà Cattolica rileva altri quattro gruppi: 1) gli snobisti (attratti dalle doti letterarie, specialmente del Maurras); 2) gli adoratori della violenza e delle maniere forti, “con l’esagerazione dell’autorità, spinta verso il dispotismo, sotto colore di resistenza allo spirito di insubordinazione o sovvertimento sociale, dall’età contemporanea”; 3) i “falsi nemici”, “creduli a vaticinii di straordinarie restaurazioni, di conversioni meravigliose o di provvidenziali missioni” assegnate proprio a Maurras e C. Questi, fin dal tempo di Pio X, “imperterriti”, scusano l’incredulità di Maurras, imputandola al “difetto della grazia”, “quasi che non fosse data a tutti la grazia sufficiente per la conversione, né fosse imputabile a chi vi resiste il cadere o il persistere nella colpa”.
Sarebbero questi, pertanto, semieretici, perché, a giustificare Maurras, ripetono le posizioni giansenistiche o calvinistiche. A questo proposito occorre spiegare la pervicacia di Maurras nel non volersi convertire, cosa che non può essere solo dovuta alla “integrità e lealtà etica e intellettuale” e appunto perciò fa trepidare i gesuiti: essi comprendono che, se il gruppo Maurras prendesse il potere statale, la situazione di fatto del cattolicesimo in Francia diverrebbe più difficile dell’attuale. Fa meraviglia perciò l’atteggiamento del Vaticano verso l’hitlerismo, nonostante che Rosenberg avesse scritto il suo Mito prima della presa del potere: è vero che Rosenberg intellettualmente non è della statura di Maurras, ma tutto il movimento hitleriano è intellettualmente basso e volgare ed era prevedibile ciò che poi è successo verso il cattolicesimo e il cristianesimo.
Il quarto gruppo, il più pericoloso per la Civiltà Cattolica, sarebbe composto dagli integrali (si osserva che il vescovo di Agen li chiama anche integristi, “ma è notorio che essi non sono da confondere col partito politico, chiamato degli integristi, nella Spagna”). Questi “integrali – scrive la Civiltà – anche in Itala non mancarono di favore i positivisti e increduli dell’Action Francaise, solo perché violenti contro il liberalismo e altre forme di errori moderni, senza avvertire che essi trascorrevano ad estremi opposti, del pari erronei e pernciosi, ecc.”. “Così abbiamo veduto, anche in Italia, qualche loro foglio accennare appena, come di volo, alla condanna dell’Action Francaise, in cambio di pubblicarne i documenti e illustrarne il senso e le ragioni, indugiandosi invece sulla ristampa ed il commento della condanna del Sillon, quasi che i due moti fra loro opposti, ma del pari contrari alla dottrina cattolica, non potessero essere e non fossero ugualmente riprovevoli. Cosa questa degna di nota, perché, mentre quasi in ogni numero di siffatte pubblicazioni non manca qualche accusa o escandescenza contro autori cattolici, sembra che venga meno o lo spazio o la lena per una franca ed energica trattazione di condanna contro quelli dell’Action Francaise; anzi ne ripetono spesso le calunnie, come quella di una pretesa piaga a sinistra, ossia verso il liberalismo, popolarismo, falsa democrazia, contri non seguiva il loro modo di procedere “ (nella corrente dei cattolici integrali bisogna mettere anche Henri Massis e il gruppo dei “difensisti dell’Occidente”; ricordare le frecciate di padre Rosa contro il Massis nella risposta alla lettera aperta di Ugo Ojetti).