Originariamente Scritto da
LokiTorino
Ieri ho preso parte ad un'interessante conferenza-dibattito dove veniva presentato un opuscolo molto illuminante che tratta dei disordini di novembre scorso in Francia.
Tra la marea di informazioni e riflessioni, vorrei portare un po' quello che ho colto, rielaborato e apprezzato di più per essere socializzato con i compagni per eventuali contro-analisi e critiche.
1) Una buona metà del libretto è la cronaca degli eventi giorno per giorno. Dalla cronaca si evincono interessanti dati che per lo più sono sfuggiti a chi si è "nutrito" principalmente di notizie mainstream.
Oltre alle migliaia di macchine incendiate (che sono state un po' il leit motive della contro-propaganda reazionaria), sono state colpite numerose questure, municipi, negozi della grande distribuzione. Di seguito, come numero, sono state colpite scuole, tribunali, centri aggregativi giovanili. In ultimo sono state colpite anche alcune moschee e una chiesa (più moschee che chiese però). Tendenzialmente la strategia era quella del lancio di oggetti incendiari o, molto spesso, l'utilizzo di un'auto-ariete in fiamme. Come si può notare sono stati colpiti più o meno tutti i luoghi dove il potere (sia quello coercitivo come le questure, che quello sinistroide, legato al recupero, come centri di aggregazione e scuole) esercita il suo dominio territoriale. Grosso escluso è il carcere. Nessun carcere è stato colpito. L'ipotesi che sono emerse ieri sera sono state tendenzialmente queste:
a- il carcere non è "diffuso" sul territorio e quindi risulta complesso da colpire nella logica degli attacchi lampo.
b- il carcere, benché luogo dove finiscono un bel po' di banlieusard non è il luogo simbolico delle violenze. La maggior parte della violenza poliziesca agisce in questura durante i fermi arbitrari.
2) Tra le auto incendiate rientrano tutte le casistiche di auto che prendono fuoco durante il lancio di oggetti a strutture o che diventano mezzo per assaltare le strutture stesse o che vengono utilizzate come barricate. Quando non fanno parte di quest'ampia casistica una notizia che è sfuggita (volutamente?) ai media è che dopo l'incendio delle auto i banlieusard attendevano l'arrivo della polizia e/o dei pompieri per accoglierli con sassaiole (quando andava bene). Numerosi i poliziotti feriti così. Alcuni in modo grave: uno perché colpito da una boccia (quella da gioco) lanciata da un palazzo, un altro perché colpito da un manubrio di bicicletta. Reparti della CRS sono stati accolti a pallettoni, colpi di arma da fuoco. Ci sono state anche sparatorie.
Quindi chi ha detto: si bruciano le loro stesse auto ha dato la solita analisi perbenista, reazionaria di destra o radical chic di sinistra. Le auto sono bruciate non come "simbolo" di qualcosa (o meglio non solo), ma per un'utilità fattuale, sul campo. Tra l'altro le banlieue parigine contano di 9 milioni di persone, i rivoltosi sono stati contati intorno ai 50.000. Ora, come in tutti i casi analoghi non esiste rivolta senza rete logistica di supporto, si sa bene anche che in mezzo a 9 milioni ci sarà una percentuale di persone che legittimano il potere, infami, delatori. Se uno conosce bene il proprio territorio sa anche bene qual è la macchina di codeste categorie di individui. Non a caso sono state incendiate delle moschee: gli imam si sono rivelati spesso degli informatori della polizia.
3) A dispetto di quanto blaterato, il dato interessante è che l'islam non ha attecchito per nulla. La comunità islamica ha provato a contenere la protesta ma è stata accolta a colpi di bottiglie incendiarie, come davanti al tribunale quando hanno provato col servizio d'ordine a tenere a bada i giovani che portavano solidarietà ai fermati.
4) La maggior parte di fermi non è stata eseguita perché presi con le mani nel sacco. Sono stati i rastrellamenti a produrre la gran parte di fermi. Questo da la misura della capacità operativa dei gruppi e dell'incapacità repressiva di far fronte con i metodi "legittimi" alla violenza.
5) Se analizziamo la rivolta sotto due aspetti, notiamo come questa abbia uno di questi molto più elevato dell'altro. I due livelli che porto nella discussione sono: "conflitto" e "protesta". Questa differenziazione che mi accingo ad analizzare è molto importante per provare a capire gli imbarazzi di molti sociologi, politologi oltre che di molti rivoluzionari inbuona fede.
Una rivolta ha due livelli: quello della conflittualità reale e quello della protesta simbolica. Tendenzialmente questi due livelli si intersecano tra di loro e si avviluppano cercando di colmare uno le carenze dell'altro. Solitamente però il livello di protesta è subordinato a quello conflittuale perché noi tendiamo a portare sul piano simbolico la nostra contrarietà quando non siamo più in grado di gestirla in termini fattuali. La grande portata della rivolta di novembre è stata quella di spazzare via quasi completamente il piano simbolico spiazzando tutti quanti. Gli scontri nelle banlieue sono stati conflittuali: distruzione di tutti gli anelli della catena diffusa del potere sul territorio. quando noi diciamo che la sucola come è fatta è un'istituzione repressiva, portiamo la protesta sul piano simbolico, magari facendo un corteo o un presidio. La loro contrarietà l'hanno mostrata fattualmente distruggendo la scuola. Noi facciamo un corteo contro la repressione e loro hanno incendiato i tribunali. Il non trasportare quasi nulla sul piano simbolico ha reso "muta" la protesta, e questo mutismo è stato disarmante per chi necessita di catalogare tutto, rivolte comprese. Anche gli scontri con i manifestanti durante la protesta contro il CPE sono da interpretare in questa chiave.
Abbiamo un linguaggio politico (il nostro) che è ben codificato e rodato, abbiamo poi un non-linguaggio (sul piano simbolico) che diventa linguaggio sul piano del conflitto. Questa divergenza di base ha fatto sì che gli studenti non comprendessero (parzialmente) i banlieuesard e viceversa.
Parzialmente perché la rivolta studentesca è stata portata avanti anche dalle scuole superiori dove la componente banlieuesard è stata altissima.
I rivoltosi non capivano come mai l'attacco contro il potere non fosse sempre frontale e totale come quando gli studenti facevano i cortei con la polizia avanti e dietro. Non avendo un linguaggio simbolico (che poi, come avviene nella linguistica il simbolo è anche compromesso) non riuscivano a capire perché alla vista della polizia non si reagisse automaticamente. Hanno quindi associato gli studenti in quei casi lì al potere stesso. La sinfonia cambiava radicalmente quando, dopo la Sorbona, il livello dello scontro è salito parecchio: lì i rivoltosi hanno solidarizzato (di nuovo fattualmente) con gli studenti partecipando anche ai blocchi (interessante metodo di lotta nella società dove il trasporto di merci diventa fondamentale).
6) La rivolta nelle banlieue non è stata etnica, questo è oramai ovvio, visto che non sono stati proposti stili e culture alternative dai rivoltosi.
La stessa composizione etnica è variegatissima. In realtà è stata una lotta nichilista contro il nichilismo della società. Abbiamo una società che annichilisce tutto e tutti, comprese le culture di partenza dei genitori dei rivoltosi, e quindi la rivolta è stata contro tutti i luoghi e le persone che mantengono questo stato di cose. Un nichilismo positivo contro il nichilismo negativo della società. La molla è non è stata l'odio per l'occidente o puttanate simili, la molla è stata che il capitale produce "scorie" umane che non possono entrare nel ciclo produttivo e di consumo dalla porta principale. Queste scorie non hanno prospettive (meno di noi che già ne abbiamo poche), sono sradicate socialmente (non hanno un'identità di riferimento, né dei paesi d'origine né quella repubblicana, solo schegge di queste) e vivono una condizione umana minimale. La risposta è stata la rivolta totale. Se non è radicalismo questo. Prima della Comune di Parigi, nei tentativi insurrezionali che l'hanno preceduta, i rivoltosi sparavano agli orologi...non notate le somiglianze? Forse il nostro compito non è di catalogare la protesta né di riprodurla sterilmente, quanto di trovare quali modi possano alimentarla portando i nostri contributi originali e personali.
E' stata una delle più grandi messe in discussione del capitale nei paesi del primo mondo da anni, non ci basta? In breve tempo dal nichilismo puro verrà rielaborata un'alternativa, l'importante è che così facendo non si addomestichi la radicale conflittualità nei confronti del capitalismo.