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    Predefinito Hoppe: Democrazia, il dio che ha fallito

    Recensione di Guglielmo Piombini

    (Il Foglio, 15 luglio 2006)

    Fedele alla sua linea editoriale, la Liberilibri di Macerata ha dato da poco alle stampe uno dei testi di filosofia politica più provocatori degli ultimi anni: “Democrazia: il dio che ha fallito”, di Hans-Hermann Hoppe (pp. 463, € 19,00, a cura di Alberto Mingardi). Per molti liberali contemporanei l’impianto revisionistico di questo libro, osserva il prof. Raimondo Cubeddu nella prefazione, rappresenta un susseguirsi di impietose pugnalate alle convinzioni più profonde e care. Hoppe, tedesco di nascita ma trasferitosi da tempo negli Stati Uniti, è infatti uno dei massimi esponenti del libertarismo, la versione più radicale del liberalismo contemporaneo. Tutto dunque ci si sarebbe aspettato da un anarco-capitalista, tranne che la rivalutazione delle monarchie tradizionali.

    Hoppe, che insegna economia all’università del Nevada, parte dal presupposto che le fonti della civiltà e della prosperità umana sono la proprietà privata, il libero mercato e la libertà individuale, e che le diverse forme di governo vanno valutate secondo la loro capacità di tutelare questi beni. Se analizzate da questa visuale, non sembra che le performance delle democrazie siano state migliori di quelle dei regimi politici dell’Ancien Régime. Nell’era democratica iniziata con la Rivoluzione francese e affermatasi definitivamente dopo la prima guerra mondiale, le tasse, le spese statali, il debito pubblico, l’inflazione monetaria, le burocrazie, le leggi e le regolamentazioni sono aumentate in maniera esponenziale. Nella millenaria epoca monarchica i re non amministrarono mai più del 5-10 per cento del reddito nazionale, mentre con l’avvento della democrazia la spesa pubblica oggi è arrivata a superare il 50 per cento del PIL. Rispetto al Settecento anche le guerre, da limitate dispute territoriali che non coinvolgevano la popolazione civile, si sono trasformate in guerre ideologiche di massa.

    Secondo Hoppe la maggiore tendenza statalista delle democrazie rispetto alle monarchie dipende dal più breve orizzonte temporale dei governanti democratici. Come un proprietario, il re è interessato alla prosperità di lungo periodo del proprio regno, per aumentare le proprie entrate fiscali e per trasmetterlo in buone condizioni alla discendenza. Il governante democratico è invece un custode temporaneo che gestisce la cosa pubblica per conto della collettività. La sua prospettiva temporale è limitata, perché difficilmente possono interessarlo quegli investimenti e quelle riforme che daranno frutti in un momento successivo alla scadenza della sua carica. Questo sistematico orientamento al presente spiega gli enormi debiti pubblici che affliggono tutte le democrazie contemporanee. Piuttosto che ad un padrone che ha a cuore il buon nome e il decoro dell’abitazione, il governante democratico assomiglia ad un inquilino provvisorio, poco interessato alla manutenzione ma intenzionato a sfruttare il bene prima che passi in altre mani. La superiorità del governo privato rispetto al governo pubblico, secondo Hoppe, è dimostrata dall’enorme attrattiva che godono realtà come il Principato di Monaco o le “gated communities”, città interamente private in forte espansione negli Stati Uniti.

    Hoppe, inoltre, difende il tradizionalismo non solo dal punto di vista politico, ma anche culturale. A suo avviso una società fondata sull’economia di mercato esprime una cultura conservatrice, mentre il progressismo culturale va di pari passo con l’edificazione dello Stato assistenziale. Di per sé, infatti, il capitalismo non è un sistema gaudente o materialistico, ma è anzi un sistema che impone a tutti elevati livelli di etica del lavoro, impegno, affidabilità, responsabilità, previdenza, prudenza. Il vecchio ordine “vittoriano” del laissez-faire non era licenzioso e libertino; non produceva permissivismo, ma un rigido ambiente di lavoro e risparmio. Chi non si atteneva a questi standard veniva colpito dalle dure sanzioni del mercato. Non è un caso che in Occidente la contestazione dei valori tradizionali sia iniziata, a partire dalla rivoluzione culturale degli anni sessanta del Novecento, proprio mentre si ampliava a dismisura il sistema pubblico di welfare.

    Per Hoppe sono dunque incoerenti sia i left-libertarian analoghi ai nostri radicali, liberisti in economia ma progressisti sul piano culturale, sia i conservatori populisti che difendono lo statalismo, come la nostra destra sociale. Mantenere le istituzioni centrali dell’attuale stato assistenziale e pretendere il ritorno alle norme e condotte tradizionali sono obiettivi incompatibili. Si può avere l’uno (il socialismo del welfare) o l’altro (i valori tradizionali), ma non entrambi, perché i pilastri del corrente Stato sociale - conclude Hoppe - sono la causa delle attuali anomalie sociali e culturali.

  2. #2
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    Rispetto al Settecento anche le guerre, da limitate dispute territoriali che non coinvolgevano la popolazione civile, si sono trasformate in guerre ideologiche di massa.
    Qualcuno dica a Hoppe che senza l'invenzione dell'aereo l'idea di guerra totale non sarebbe mai nata...

  3. #3
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    Più che l'aereo, penso, potè la coscrizione obbligatoria

  4. #4
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    Citazione Originariamente Scritto da rothbardino
    Più che l'aereo, penso, potè la coscrizione obbligatoria
    La coscrizione obbligatoria esisteva da prima dell'invenzione della guerra totale. Senza la possibilità di annullare il concetto di fronte, l'idea di distruggere totalmente l'avversario sarebbe stata impensabile.
    Non a caso con il termine guerra totale si è soliti indicare la IIWW.

    Cmq, anche la coscrizione obbligatoria ha ben poco a che fare con la democrazia, a meno che non si voglia considerare il Giappone della dinastia Meji uno stato democratico e progressista.

  5. #5
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    urrà per meji

  6. #6
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    in effetti la correlazione necessaria monarchia=guerra "leggera", democrazia=guerra totale è campata in aria.

    Noto anche una certa confusione, nella contrapposizione tra monarchia e democrazia, tra forme di stato e forme di governo. La monarchia si contrappone alla repubblica, non alla democrazia. Andate a dire un inglese che la UK non è democratica perchè è una monarchia...Anche se veramente mi pare che una gaffe del genere la fece, davanti ai reali inglesi, anche un nostro presidente della repubblica o un presidente del consiglio.

  7. #7
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    Predefinito il contenuto non il supporto!

    Citazione Originariamente Scritto da massimiliano
    in effetti la correlazione necessaria monarchia=guerra "leggera", democrazia=guerra totale è campata in aria.

    Noto anche una certa confusione, nella contrapposizione tra monarchia e democrazia, tra forme di stato e forme di governo. La monarchia si contrappone alla repubblica, non alla democrazia. Andate a dire un inglese che la UK non è democratica perchè è una monarchia...Anche se veramente mi pare che una gaffe del genere la fece, davanti ai reali inglesi, anche un nostro presidente della repubblica o un presidente del consiglio.
    forse è il caso di leggere il libro prima di sparare ai passeri....

    non è rivolto a te in particolare, ma a chi commenta libri come si fa con i fumetti.

    così si passa per imbecilli che invece di cogliere le provocazioni della recensione, "trinciano la ciccia" del libro come fosse pasta di carta.

  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da Mat Kava
    Cmq, anche la coscrizione obbligatoria ha ben poco a che fare con la democrazia, a meno che non si voglia considerare il Giappone della dinastia Meji uno stato democratico e progressista.
    se contestualizzi...


    certamente il Giappone dei primi novecento era progressista urka a bbestia

    e pure nazionalista

    secondo me se tu avessi parlato con un ministro Giapponese degli anni 30 ti avrebbe pure detto che rispetto agli Stati Uniti e a Stalin il Giappone era senza dubbio uno stato moderno e democratico.

  9. #9
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    Citazione Originariamente Scritto da Hayekfilos
    se contestualizzi...


    certamente il Giappone dei primi novecento era progressista urka a bbestia

    e pure nazionalista

    secondo me se tu avessi parlato con un ministro Giapponese degli anni 30 ti avrebbe pure detto che rispetto agli Stati Uniti e a Stalin il Giappone era senza dubbio uno stato moderno e democratico.
    Riferimento ad minchiam, direi. A quale Giappone degli anni '30 ci si riferisce infatti? A quello pre-golpe o a quella post? Giacchè la società Giapponese in quella fase storia attraversa almeno tre fasi (crisi e crollo del ruolo economico dei contadini, ripresa, golpe fallito ma ugualmente vinto).

    Tralaltro il Giappone di Hirohito non era nemmeno sotto la dinastia Meji ..
    E nemmeno quello di inizio Novecento.
    Dubito assai che i giapponesi si ritenessero più democratici, per il semplice motivo che (appunto, contestualizzando) negli anni '30 si consumava la disfatta della democrazia. La si considerava bell'emmorta di fronte ai totalitarismi (che si vantavano d'esser tali, come dimostra Mussolini). Considerando che il Giappone di quell'epoca fu il secondo stato ad avviare politiche simil-corporativiste in economia, con una spesa militare ed un controllo dell'esercito esasperato e l'imperatore che incarnava un culto divino, dubito assai che avrebbero fatto riferimento alla democrazia.

  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da Hayekfilos
    forse è il caso di leggere il libro prima di sparare ai passeri....

    non è rivolto a te in particolare, ma a chi commenta libri come si fa con i fumetti.

    così si passa per imbecilli che invece di cogliere le provocazioni della recensione, "trinciano la ciccia" del libro come fosse pasta di carta.
    Un brano di Hoppe sulla monarchia e l'ancien regime l'ho già letto in "Anarchici senza bombe", se non vado errato.

    Ah, e la provocazione non sta nella recensione, al massimo sta nel libro.

 

 
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