Mario Marcolla, conservatore e religioso
Di Marco Respinti
Percorsi di cultura politica, a. III n° 2, marzo-aprile 2004
Mario Marcolla si è spento a Monza, in provincia di Milano, il 25 ottobre 2003. Nato a Rivoli in provincia di Torino il 28 giugno 1929 da genitori operai di origine trentina, ha sempre lavorato in fabbrica, costretto fin da giovane a faticosi lavori manuali e – certamente dal 1952 – anche a estenuanti turni lavorativi notturni. Autodidatta, riuscì a ricavare – nello stesso ambito di lavoro e sovente sottraendo tempo prezioso al riposo – significativi spazi di studio e meditazione. Lesse di filosofia e di storia, famigliarizzando in specifico con le opere di George Wilhelm Friedrich Hegel, di Giovanni gentile, di Vladimir Ilic’ Ulianov detto Lenin, di Antonio Gramsci, di Lev Davidovic Trotzkij, di Jiulius Evola e di Friedrich Nietzsche.
A partire dagli anni Cinquanta del Novecento inizia a collaborare con alcuni periodici, primo fra tutti Tabula rasa di Giano Accame, occupandosi spesso – e pionieristicamente – del conservatorismo statunitense, in particolare recensendo e presentando il pensiero e le opere dello storico delle idee Russel Kirk (1918-1994). Con Kirk Marcolla entrò prima in contatto epistolare dopo aver letto ed apprezzato il suo volume fondamentale del 1953, The Conservative Mind: From Burke to Santayana, poi in vero e proprio rapporto di amicizia, tanto che negli anni Ottanta Kirk lo inviterà negli Stati Uniti d’America per svolgere delle conferenze. L’incontro con Kirk è stato peraltro la «via di Damasco» percorrendo la quale Marcolla «cadde da cavallo», venendo introdotto ad una cultura conservatrice e tradizionale nordamericana di dimensioni e di profondità precedentemente inaspettate. Proprio il conservatorismo statunitense è, infatti, divenuto uno dei temi centrali della riflessione marcolliana e certamente uno dei suoi lasciti culturali più significativi e profondi. Su quella stessa «via di Damasco» del conservatorismo statunitense, Marcolla ha, infatti, saputo successivamente instradare altri dopo di sé, anche e soprattutto nell’ambito delle attività culturali di Alleanza Cattolica.
Nel 1960 conosce Augusto Del Noce. La frequentazione con il filosofo italiano e con altri “delnociani” segna, dunque, il punto di svolta decisivo per Marcolla, allontanandolo definitivamente dal mondo delle ideologie e culminando con la conversione al cattolicesimo. Nel 1966 Marcolla inizia a collaborare con il mensile Studi cattolici e nel 1968 con la pagina culturale de L’Osservatore Romano. Collaboratore di Alfredo Cattabiani alla casa editrice Rusconi di Milano, cura la traduzione italiana e redige le introduzioni de Il mito del mondo nuovo di Eric Voegelin e di Meccanica della Rivoluzione di Augustin Cochin, pubblicati da Rusconi rispettivamente nel 1970 e nel 1971. Le sue collaborazioni giornalistiche lo vedranno poi firmare anche sul quotidiano Avvenire, sul settimanale Il Sabato e su Tempi. Settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione d’idee.
Sposato con Graziella e padre di quattro figli, Marcolla ha consegnato alle pagine dell’autobiografia Una vita in fabbrica (Minchella, Milano, 1998) [Una lettura, oltre che formativa, oserei definirla edificante!!!!!! N.d.R] il racconto di una vita dedicata allo studio, alla riflessione, alla ricerca, alla fede cattolica, all’apologetica, alla famiglia, descrivendo un percorso spirituale, morale ed esperienziale intessuto d’incontri intellettuali – i «maestri» del passato conosciuti attraverso i libri – e di amicizie profonde.
A Mario Marcolla l’estensore di queste poche righe [e non solo lui!!!! N.d.R.] deve molto, moltissimo. L’incontro con il conservatorismo statunitense, ma soprattutto con quella figura fuori dal comune che è stato Russell Kirk, di cui quest’anno ricorre il decennale della scomparsa. L’inizio di una lunga e profonda avventura, cioè, che ancora non è terminata (e spero duri ancora a lungo) e che va ben oltre gli interessi culturali e professionali.
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