D'ALEMA RIMPIANGE SADDAM di VITTORIO FELTRI
Il ministro degli Esteri alla Camera ricorda i bei tempi quando il rais manteneva la pace e gli equilibri in Iraq. E poi si scaglia contro Israele: militarista e guerrafondaio
Ho sul tavolo il resoconto del discorso in Parlamento del ministro degli Esteri Massimo D'Alema, e mentre lo leggo combatto per non svenire. Evito di appiopparvi il testo integrale; ho rispetto per il vostro apparato digerente. Però devo riassumerlo nei punti focali. In pratica il vicepremier diessino rimpiange Saddam, il quale forse non era un galantuomo in senso stretto, però era capace di mantenere l'ordine in Iraq dove anche le mosche stavano in riga. Egli fungeva da contrappeso al fondamentalismo sciita, per cui la situazione al tempo della satrapia era meno rischiosa di ora. Estremizzando il concetto, Hussein sarà magari stato un assassino, però meno stupido di Bush che lo ha catturato privando il Paese di una guida sicura. Sicché oggi, se Bagdad è un casino a cielo aperto dipende dal fatto che alla quiete dittatoriale è subentrato un quarantotto democratico. Sapete cari lettori, non ci avevo pensato. Ero convinto che tutto fosse cominciato a causa dell'attentato alle Torri gemelle, oltre duemila morti in dieci minuti. Scoperta sensazionale: la strage nel centro di New York in fondo è stato un incidente; non era il caso che il presidente americano la mettesse giù tanto dura; la guerra in Afghanistan per rovesciare il regime talebano ce la si poteva risparmiare, e quella in Iraq è stata una follia perché in fin della fiera Saddam era preferibile ai marines e a quel micco cui essi hanno stoltamente ubbidito