Tratto dal settimanale VicenzaPiu’
Finanze padane: il crac della banca leghista e i soci vicentini "Sono indignati per aver perso i loro soldi, risparmi di una vita
investiti in quella che doveva essere la propria banca, la banca della Lega. E invece si è rivelata un camuffamento per altri scopi, cioè per il puro business". Non usa giri di parole l'avvocato Antonio Mezzomo, legale dei dodici leghisti vicentini riunitisi in comitato per dare battaglia ai responsabili del rovinoso crac della Credieuronord, l'istituto di credito padano che Bossi in persona aveva sponsorizzato: "Anch'io sono socio fondatore della Credieuronord. E tu?", chiedeva sorridente in una foto pubblicitaria l'Umberto. Era l'ottobre 1998 quando al Senatùr venne l'idea di rompere lo strapotere delle banche che taglieggiavano il ceto medio produttivo, base sociale del Carroccio. Nei mesi successivi 3 mila fra commercianti, impiegati, piccoli imprenditori, tutti ferventi padani, versarono 30 miliardi di vecchie lire che andarono a costituire il capitale iniziale della banca, dilapidato nel giro di pochi anni da una gestione che ora è al vaglio dei giudici di Milano, da parte di quel pm Francesco Greco che era nel pool di
Mani Pulite. 500 di loro non si sono rassegnati al fatto di non vedere più il becco di un quattrino, e hanno dato vita all'associazione "Amici della Credieuronord" di cui fanno parte anche i 12 vicentini (ma in realtà a essere coinvolte nella nostra provincia sono una settantina di persone). Che hanno voglia di gridare tutta la loro rabbia, costretti però a non esporsi con nomi e cognomi perché ancora dentro al movimento: "Siamo incazzati, ma non ci teniamo a farci espellere come è capitato al coordinatore degli 'Amici', il torinese Fabrizio Fenoglio". E com'è capitato in sorte a Franca Equizi (di professione bancaria), che aveva predisposto a Vicenza il locale sportello, bancomat incluso, in viale Trento. Stando a quanto dichiarano in un esposto penale del febbraio 2005, la fine ingloriosa della banca leghista è da addebitare alla 'malaconduzione' del CdA, per la quale i reati ipotizzati sono la truffa e il riciclaggio di denaro sporco: "Roba dai 4 ai 12 anni di galera", dicono loro. E nel CdA figurava, sia pure solo dal 2003, il senatore Stefano Stefani 'ras' locale del Carroccio. La storia può essere riassunta così. Dopo il primo biennio 1999-2000, le azioni valevano 25 euro e il bilancio era in negativo per i fisiologici costi di avviamento. I vertici della banca l'anno successivo proclamavano trionfanti: "Le cifre parlano chiaro: 54 miliardi di raccolta e 20 miliardi di prestiti erogati nei primi sei mesi del 2001, abbiamo presentato un piano di apertura
per 15 sportelli in 5 anni, 4 solo nel 2002 a Bergamo, Brescia, Treviso e Milano.
Parallelamente sorgeranno sportelli a Vicenza, Fossano, Cuneo, Busto Arsizio, Como…". In tutto ne furono aperti quattro: il primo a Milano, poi altri in provincia di Brescia, di Bergamo e di Treviso. E l'ex ministro Roberto Calderoni incitava le folle di Pontida e delle sagre padane a comprare azioni e aprire conti correnti, sbandierando garanzie, fideiussioni e progetti poi rivelatisi carta straccia. Perché nel 2003, l'anno in cui Stefani entrò nel CdA della Credieuronord (già decotta?, n.d.r.), gli ispettori di Bankitalia svelarono il marcio che avrebbe portato a un buco di 8 milioni di euro (con 12 milioni di sofferenze e 13 di crediti inesigibili). Gli ispettori della vigilanza di Bankitalia descrissero la "banca della Padania" come un Istituto in cui i crediti venivano concessi senza alcuna garanzia, in cui non si tenevano in ordine i libri
contabili, in cui mancava perfino una struttura di controllo interno. Stando a quanto risultò dall'ispezione e da altre inchieste giudiziarie, quei soldi furono risucchiati da fidi
senza modalità né tempi di rimborso. Come quelli finiti a Bingo.net, la fallita società del tesoriere della Lega Maurizio Balocchi (guarda caso membro del CdA fin dall'inizio);
o quelli elargiti a Maura Lari, moglie dedita al gioco del povero Franco Baresi, ex giocatore del Milan; o a Giovanni Robusti, leader dei Cobas del latte. O peggio:
come sentenzia la recente condanna per l'ex dg della banca Giancarlo Conti, per i fratelli Angelo e Caterina Borra padroni di 'Radio 101' e della loro commercialista
Carmen Gocini, la Credieuronord ha riciclato nel 2001-2003 13 milioni di euro sottratti
al tribunale fallimentare nella liquidazione dell'emittente. Morale: i "polentoni co…ni",
come si autodefiniscono con triste autoironia i vicentini del comitato, dai 25 euro ad azione passarono ad averne 2,69, una miseria. E si arriva così a quello che nella testa di Balocchi, Stefani e degli altri finanzieri leghisti doveva essere il colpo di genio per far entrare una piccola banca popolare nel grande giro della finanza nazionale: lasciarsi inghiottire nelle trame del 'banchiere del quartierino', il Giampiero Fiorani,
deux ex machina della Banca Popolare di Lodi. Fiorani "fu costretto a salvare la banca
della Lega", dirà poi negli interrogatori in carcere. Nella primavera 2004 ne inglobò buona parte trasformandola da cooperativa in Spa col nome di Euronord Holding, pagando le azioni da 25 euro con un rimborso di 4 ( solo il 16%!). Non solo: volendosi parare le spalle, inserì una clausola che imponeva l'annullamento della vendita se fossero subentrati procedimenti penali entro la fine del 2005. Cosa puntualmente
avvenuta, perché l'anno scorso è partita la denuncia-querela che, dice l'avvocato Mezzomo, "vuole andare agli albori dell'iniziativa, per capire com'è stato possibile arrivare a questo". Cioè come i correntisti di Bossi (che fra il coma e la degenza degli anni scorsi e gli appuntamenti elettorali di quest'anno "non è potuto intervenire", dicono i suoi fedelissimi vicentini che invece aspettano al varco Stefani) hanno
perso i loro soldi, serviti a cosa ancora non si sa. Di certo non a finanziare quel ceto medio produttivo di cui Bossi voleva farsi “sponsor”.
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