17-07-2006
Famiglie, potere d'acquisto e concorrenza
Vincenzo Atella
Nei dibattiti pubblici, si parla spesso della perdita di potere d’acquisto lamentata da molte famiglie italiane. Come sovente accade in questo tipo di discussioni, e con qualche responsabilità dei mass media, i luoghi comuni tendono a trasformarsi in “solide” teorie che distolgono il discorso dai veri nodi del problema.
Cosa è accaduto
Che negli ultimi anni si sia verificata una considerevole perdita di potere d’acquisto delle famiglie italiane è un fatto oggettivo e difficilmente controvertibile. Ciò che è accaduto nell’ultimo quinquennio è la somma di due fenomeni distinti:
i) una crescita molto limitata dei redditi disponibili in termini nominali per alcune fasce della popolazione;
ii) una dinamica inflativa in controtendenza rispetto a quanto era accaduto prima del 2000, anche in questo caso non uguale per tutti.
La loro combinazione ha generato consistenti effetti di natura redistributiva, e ha contribuito a creare non poche tensioni sociali.
I dati dell’indagine della Banca d’Italia sui redditi delle famiglie mostrano che tra il 2000 ed il 2004 i redditi delle famiglie sono aumentati del 13,6 per cento in termini nominali e solo del 3,1 per cento in termini reali. (1) Disaggregando per tipologia di reddito, si nota che i redditi dei lavoratori autonomi sono cresciuti di circa il 15 per cento in termini reali, mentre quelli dei lavoratori dipendenti sono diminuiti di quasi il 4 per cento e che sono i lavoratori dipendenti con stipendi medio-bassi quelli che hanno risentito maggiormente di tale avversa congiuntura.
Dal lato dei prezzi, alcune analisi (disponibili anche sul sito www.lavoce.info) hanno testimoniato il livello di eterogeneità con il quale l’inflazione ha colpito le famiglie italiane. Se l’inflazione “media” è stata abbastanza contenuta, per particolari tipologie di famiglie i tassi sono stati fino a due o tre volte superiori. E questa situazione non è stata momentanea, ma è perdurata nel tempo
da www.lavoce.info