Maurizio Blondet
21/07/2006

Proprio mentre Israele si scatena contro «i terroristi» Hezbollah, cattura e uccide come «terroristi» i governanti palestinesi perché sono di Hamas, e bolla come «Stati terroristi» Siria e Iran, lo Stato dell'arroganza celebra i propri terroristi, naturalmente rispettabili e legittimi.
Il governo britannico ha dovuto protestare (1).
La celebrazione in corso infatti riguarda l'attentato contro il King David Hotel di Gerusalemme, dove nel luglio 1946 una squadra della morte rabbinica massacrò 91 ufficiali e funzionari inglesi, che allora gestivano il mandato sulla Palestina.
Corre il sessantesimo anniversario del glorioso episodio, e Benjamin Netanyahu, ex primo ministro, presiede le feste per la strage, organizzate dal Likud: un seminario di due giorni con brindisi vari, una visita guidata all'albergo condotta dai terroristi di allora, alcuni dei quali ancora viventi.



E sul muro del King David, una lapide.
Che vale la pena di riportare per intero:
«King David Hotel L'hotel ospitava il Segretariato del Mandato e il quartier generale dell'armata [britannica]. Nel luglio del 1946 i combattenti dell'Irgun, agli ordini del Movimento di resistenza ebraico, impiantarono esplosivi nel sotterraneo. Furono effettuate telefonate che invitavano gli occupanti dell'albergo ad uscire immediatamente.
Per ragioni note solo agli inglesi l'hotel non fu evacuato, e dopo 25 minuti le bombe esplosero e con dolore e sgomento dell'Irgun, 91 persone furono uccise».
Si assapori il linguaggio, un vero virtuosismo tra schadenfreude ed eufemismo.
Se del fatto si fossero macchiati degli arabi, la lapide li chiamarebbe «terroristi».
Ma sono ebrei, e dunque diventano «combattenti dell'Irgun», legittimi combattenti, tant'è vero che agivano agli ordini del Movimento ebraico di resistenza.

La verità è che l'Irgun era una banda di fanatici talmudici, istigati dal primo rabbino capo d'Israele Avraham Kook, fuoriuscita dal cosiddetto esercito clandestino giudaico (Haganah) che accusava di essere troppo «molle e socialista», ossia laico.
Persino l'Agenzia Ebraica ne condannò le brutali operazioni, anche se Haganah collaborò con questi assassini più volte sottobanco.
L'Irgun citava come suo ispiratore il sionista Zeev Jabotinsky, ammiratore del fascismo, la cui linea era: «Solo la rappresaglia attiva serve con gli arabi» (la stessa linea di oggi).
Il terrorista-capo dell'Irgun, allora studente talmudico, era Menahem Begin, che decenni dopo diverrà primo ministro israeliano.
Dunque come si vede, dei terroristi autori di stragi possono diventare rispettabili statisti.
Ma solo se sono ebrei.
Quelli di Hamas, no: terroristi una volta, terroristi sempre, illegittimi governanti con cui non si tratta, anzi arrestabili e liquidabili a piacere.
E Begin non è il solo assassino convertito in statista; è diventato premier anche Ytzhak Shamir, che come capo della Lehi, un'altra squadra della morte meglio nota come «Banda Stern», ammazzò nel 1948 l'inviato dell'ONU, il conte svedese Folke Bernadotte, testimone neutrale e scomodo delle atrocità giudaiche contro i villaggi palestinesi.





Menahem Begin e il sionista Zeev Jabotinsky



Infine, l'impagabile chiusa: il compassionevole Igun aveva avvertito con telefonate di uscire dal King David, ma «per ragioni note solo agli inglesi», l'albergo non fu evacuato.
Da qui il lacrimevole esito.
Insomma, se gli inglesi sono morti, è colpa loro.
Si sono fatti ammazzare per inconfessabili ragioni, forse per screditare gli eroici combattenti per la libertà ebraica.
Questo è purissimo «chutzpah» rabbinico.
Per quest'ultima frase hanno protestato l'ambasciatore britannico a Tel Aviv Simon McDonald, e il console generale a Gerusalemme John Jenkins.
Miti come pecorelle - l'orgoglio britannico per una volta spento - hanno scritto al municipio (sic)
di Gerusalemme che gli inglesi non erano stati avvertiti.
Ma non hanno voluto insistere nello smentire la versione ufficiale, forse temendo di essere arrestati come «negazionisti».
Perciò hanno concluso belando: «in ogni caso ciò non assolve dalle loro responsabilità chi pose le bombe».

Responsabilità?
Ma gli organizzatori del convegno l'hanno addirittura rivendicata con orgoglio.
Netanyahu, nel discorso celebrativo dell'attentato, ha voluto ricordare quanto i «combattenti dell'Irgun» fossero diversi da «gruppi come Hamas»: i giudei erano guidati da «moralità», gli altri no.
«E' molto importante fare la distinzione tra gruppi terroristici e combattenti per la libertà, tra azioni terroristiche e legittime azioni militari», ha detto Ben: «Si può immaginare che Hamas ed Hezbollah chiamino il nostro quartier generale e dicano: abbiamo messo una bomba, evacuate l'area?».
Sara Agassi, una delle terroriste di allora, arzilla e allegra ottantenne, ha mostrato ai visitatori come nel '46 ingannò gli inglesi.
Ha raccontato come lei e un altro terrorista, fingendosi una coppietta, ballarono il tango e bevvero whisky mentre si imprimevano nella mente la mappa dell'hotel.
Il giorno dopo, ha detto la vecchietta stragista, lei, suo fratello e alcuni altri terroristi («combattenti») si «sono finti arabi che portavano il latte all'hotel».
Mascherati da arabi portarono dentro sette grossi bidoni del latte, ciascuno dei quali conteneva 50 chili di tritolo.
Proprio ciò che altri eroi probabilmente compiono in questi mesi in Iraq, mascherati da arabi e facendo stragi fra i civili.



Proprio ciò che fecero l'11 settembre 2001 alcuni giovanotti israeliani che guidavano il camion della Urban Moving System, una ditta di traslochi, e che furono notati da una cameriera messicana mentre, bardatisi con djellabe, si fotografavano a vicenda sullo sfondo delle Torri in fiamme, facendo il segno di vittoria con le dita.
Prontamente arrestati, i giovanottoni risultarono membri dell'esercito israeliano, forniti di falsi passaporti e di molto contante.
Al momento dell'arresto farfugliarono: «Non siamo noi il vostro problema, sono gli arabi. Gli arabi sono il vostro problema ed anche il nostro».
I traslocatori sapevano già che l'attentato era arabo.
Gli arabi, sempre loro, questi terroristi senza riscatto.
I giovanotti invece furono espulsi dall'FBI con la motivazione che il loro visto era scaduto (sui passaporti falsi) e lavoravano illegalmente in USA (traslocatori e combattenti della libertà).
A mandarli via sottraendoli alle indagini fu il procuratore Chertoff, israelo-americano, oggi capo della Homeland Security USA.
Anche lui combattente della libertà.



Il Times di oggi, nel riportare la notizia della bella cerimonia, ricorda che il Times di ieri, quello del 23 luglio 1946, non esitò a chiamare «terroristi» i puri eroi dello sterminio.
Anzi scrisse: «Solo un insensato fanatismo, prodotto da una propaganda pervertita, può spiegare l'attentato al King David. Gli uomini che hanno progettato ed eseguito l'eccidio sono prodotto di un'educazione che ha insegnato loro a valutare l'etnicismo più della moralità e della pietà… fra tutti i popoli della terra, gli ebrei hanno più da guadagnare dalla cancellazione della discriminazione razziale…».
Insomma, gli inglesi di allora sapevano bene indicare da quale ideologia nasceva la strage, e la dichiaravano: razzismo pervertito.
Oggi, a dire la verità su questa educazione all'odio per i goym in cui consiste la «religione» talmudica, è solo Israel Shamir.

Maurizio Blondet




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Note
1) Ned Parker, «British anger at terror celebration», Times, 20 luglio 2006. Si noti che il mandato britannico sulla Palestina, che ebbe inizio nel 1931, aveva appunto fra gli scopi quello di favorire insediamenti ebraici nella zona, secondo la promessa fatta dal governo britannico a Lord Rotschild nella Dichiarazione Balfour del 1917. Una pallida riconoscenza verso gli inglesi che li avevano così ben serviti non è nemmeno contemplata nella narrativa ebraica.




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