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    Predefinito La Nazione: Il Passato Che Non Muore

    LA NAZIONE: IL PASSATO CHE NON MUORE

    Uno dei maggiori problemi della Destra è l’incapacità di avere un progetto
    di società che sia al passo con i tempi. Viviamo in un’epoca di rapide trasformazioni: ciò che oggi sembra moderno e avanzato nella realtà è
    già superato, è già un qualcosa di “vecchio”. La società corre, la Destra guarda
    e attende gli eventi reagendo sempre in modo disordinato e senza risolvere
    il problema. La Destra oggi è una forza reazionaria senza futuro, un contenitore vuoto che attende dall’esterno ciò di cui ha bisogno per la sua stessa sopravvivenza. Spesso si perde nella parte destruens, nelle
    polemiche sterili e nelle proteste, dimenticando il momento propositivo, la parte
    costruens. Disfa il gomitolo, ma non sa riavvolgerlo. La Destra oggi ha
    ancora come valore predominante il concetto di Nazione. In epoca di globalizzazione, in cui i confini come li abbiamo sempre considerati
    sono sorpassati, anacronistici, finiti e falsi la Destra risponde con la
    Nazione e l’autarchia. E’ anche da questo punto che risulta chiaro come sia
    vecchia e senza più idee. Ogni cosa per conservarsi deve rinnovarsi: come ha
    scritto Moller Van Den Bruck, essere conservatori non significa dipendere da
    ciò che è stato ieri, ma vivere ciò che è eterno.


    Nascita dello stato Nazione

    L’idea di Nazione è stata elaborata dalla cultura romantica, sintesi dei valori di un popolo in antitesi ai valori di altri popoli europei, in
    contrapposizione alle nascenti idee figlie della rivoluzione francese, idee di egualitarismo e internazionalismo. Il nazionalismo, la Nazione, la
    Patria e tutti i principi morali che si identificano con essi - valori militari, di
    solidarietà, di identità - storicamente appartengono alla Destra. Con la
    rivoluzione industriale, nell’Europa post rivoluzionaria, e la democrazia a
    fine ‘700 si creano i due fronti contrapposti, uno della sovversione e l’altro della conservazione, il primo che fa riferimento alla Sinistra e il secondo alla Destra. Con il termine conservazione non vogliamo identificare
    soltanto il mantenimento di istituti e privilegi, ma soprattutto dei valori connessi ad un certo tipo di società che faceva riferimento ad un mondo che trascendeva la vita della materia. Se di conservazione di istituzioni
    bisogna parlare, si può fare riferimento piuttosto al mantenimento della
    strutturazione di un mondo dalle fondamenta spirituali, nei confronti dell’allora dilagante materialismo. La rivoluzione industriale e la
    rivoluzione francese non sono da considerare come la distruzione di questo o
    quell’altro ordine sociale, ma come negazione di tutti quei valori che per
    secoli hanno retto ogni ordine Europeo. L’illuminismo era esplicito nei
    suoi propositi, un manifesto della sovversione in cui si esplicava che la religione è una “menzogna delle classi abbienti”, le tradizioni erano invenzioni dei governanti per mantenere il potere, le differenze sociali delle ingiustizie contro l’individuo. L’illuminismo, e tutto quello che né deriva, è l’antistoria. L’illuminismo negava e nega la tradizione, il
    passato, il sangue. Il romanticismo, nato in Germania, idealizzò le
    tradizioni, riscoprì la storia, percorse all’indietro tutte le strade
    lontane che davano senso al concetto di identificazione in un popolo.
    Da subito il romanticismo, comprese che l’industrializzazione selvaggia e
    la massificazione dei popoli avrebbe portato al disfacimento delle identità di appartenenza. La sua forza fu quella di trovare una nuova
    legittimazione nella cultura e nel sangue che prese il nome di NAZIONE. Reinserì le
    forze borghesi che la rivoluzione aveva liberato in un nuovo concetto di solidarietà. Il romanticismo fu una grande rivoluzione per la
    conservazione di tutti quei valori che uomini come D’Alambert, Diderot, Voltaire
    volevano cancellare per sempre dalla storia. Riuscì a svuotare il veleno del
    liberalismo perché creò una responsabilità nello STATO, che si fece NAZIONE.
    In tutta Europa la nazione fu il “il contenitore” di tutti i valori che l’illuminismo aveva cercato di cancellare. Questi valori erano la
    tradizione contro il livellamento, lo stato nazionale contro l’universalismo, l’onore
    militare contro l’internazionale. Fu a metà dell’800 che coloro che erano i padroni della cultura in Europa salvarono i valori spirituali
    tramandati dal passato, che il materialismo, l’industrialismo e l’indifferenza delle masse
    stavano cercando di distruggere. Il mito della nazione si basava però su un
    presupposto, cioè che il mondo ruotasse intorno ad essa. Un mito a breve
    raggio, in cui si presumeva che la storia fosse in funzione delle
    nazioni e
    che ogni popolo confinante era un barbaro cioè un popolo che parlava
    un’altra lingua e quindi un nemico. La concezione dello stato nazionale
    negava quindi ogni presupposto per un’Europa come unità di sangue e
    cultura.
    Ci si era dimenticati, parlando di Roma e di classicità, che Greci e
    Latini
    erano scesi dal nord. Capitava che in Germania si esaltasse il Reich
    senza
    ricordare che proprio l’idea di Impero era stata trasmessa a Carlo
    Magno da
    Roma. Ci si era dimenticati di dire che i popoli che vivevano e vivono
    in
    Europa hanno lo stesso ceppo, con uno stesso senso d’appartenenza,
    stesse
    origini e stessa storia. La concezione nazionale aveva salvato il
    popolo
    europeo dall’ideologia Illuminista ma aveva frantumato la storia in
    blocchi
    ostili che avrebbero portato a future guerre civili del popolo europeo.
    La
    prima grande guerra mondiale fu la rivoluzione dei nazionalismi, i
    giovani
    di tutte le nazioni si entusiasmarono e si dissolse il fascino
    dell’internazionale socialista. In Italia una piccola minoranza
    rivoluzionaria sulla scia dei valori rappresentati dalla guerra
    conquistò e
    rivoluzionò lo stato dando origine al periodo dello stato fascista. La
    prima
    guerra mondiale fu anche la dispersione di quello che rimaneva del
    vecchio
    ordine europeo, finiva l’impero Austro-ungarico. Durante il periodo
    delle
    due guerre i fascismi cercarono di istituzionalizzare i nazionalismi,
    creando, sotto la loro guida ideologica, un senso d’appartenenza
    europea.
    Con lo scoppio della seconda guerra mondiale il concetto di Nazione
    andava
    terminando, i paesi dovevano scegliere in che blocco transnazionale
    dovevano
    intervenire, quello anglosassone o il blocco europeo. Con la fine della
    guerra e la sconfitta del blocco europeo L’Europa è stata divisa in due
    blocchi nemici, uno dipendente e satellite degli USA e l’altro, a est,
    facente capo all’URSS. È stata la fine dei Nazionalismi Europei e la
    morte
    di una prospettiva di NAZIONE EUROPA.


    Una Destra moderna, coraggiosa e lungimirante

    Una Destra moderna deve comprendere la mutata situazione del mondo e
    con la
    fine del vecchio nazionalismo ha il dovere di non rinchiudersi in una
    retorica visione nazionale, ma di lanciare il progetto di una Nazione
    continentale, la Nazione Europa. Oggi la parola Nazione è rispolverata
    da
    coloro che l’hanno sempre combattuta: uomini che hanno sempre dato
    valore a
    posizioni egualitariste e internazionaliste, oggi non perdono occasione
    di
    parlarne e di elogiarne gli aspetti più banali, di riempirsi la bocca
    con
    qualcosa che storicamente non appartiene a loro e che, anzi, hanno
    combattuto con tutte le loro forze. La realtà è che inneggiano a
    qualcosa di
    vuoto, che è assente di significato, inutile. Parole come Patria
    appartengono a tempi passati in cui i nazionalismi europei si
    affrontavano
    sulle frontiere per rivendicare il loro territorio e la loro cultura.
    Oggi
    il nemico non è in Europa. Oggi il nemico è fuori dai suoi confini. Un
    antagonista che ha paura dell’Europa e della sua storia, della sua
    potenzialità economica, della sua cultura, della sua capacità di
    rinnovarsi
    e rigenerarsi. Il mondo che fino a quindici anni fa era diviso in due
    blocchi bendefiniti e contrapposti è cambiato: i due schieramenti non
    esistono più. Oggi viviamo con un unico gruppo egemone che vuole
    decidere
    dei destini del mondo senza considerare che vi sono altre culture,
    altre
    tradizioni, altre storie, vuole uniformare il restante mondo a sé in
    un’ottica etnocentrica e massificata. E’ il ritorno dell’ideologia
    illuminista, della fede nella ragione come unica fonte di verità,
    dell’egualitarismo in cui gli uomini uguali per natura devono godere di
    stessi diritti e di uguali doveri di cittadini. Da questi presupposti
    nasce
    la volontà di un governo mondiale in cui siano cancellate le differenze
    culturali e di sangue in una concezione di determinismo storico per il
    quale
    un solo destino è possibile. La Destra, che da sempre si oppone a tale
    progetto, è convinta che non è la storia che fa l’uomo, ma viceversa è
    l’uomo che fa la storia negando quindi ogni tipo di determinismo
    storico.


    Un progetto per il futuro: Europa Nazione alleata della Russia

    Alcuni decenni or sono Jean Thiriat elaborò la teoria geostorica
    dell’Eurasia. Il geopolitico belga era convinto che la strada da
    seguire
    fosse quella che unisse le terre comprese tra Lisbona e Vladivostok in
    un’unica nazione, uno spazio continentale armato che prende ragione
    della
    sua esistenza dal momento della caduta dell’URSS. Tale nazione, nella
    prospettiva di Jean Thiriat, dovrà essere uno stato politico, un
    sistema
    aperto e in espansione che sia espressione di uomini liberi verso un
    futuro
    collettivo e condiviso. Questa visione tratta di uno stato unitario
    delle
    nazioni europee depurato dalle teorie federative e autonomiste, una
    nazione
    composta da un unico popolo che sarebbe nato dalla fusione degli
    europei con
    i popoli dell’ex Unione Sovietica. Tale progetto, per quanto
    interessante e
    affascinante, ci sembra alquanto utopico e irrealizzabile. Troppe
    differenze
    culturali, di lingua e di storia dividono il mondo europeo da quello
    dell’ex
    URSS. Molto più praticabile è invece, a nostro avviso, l’idea e la
    possibilità di costituire un’Europa dei popoli federata ad una grande
    Russia. Da questo blocco, unito ma separato nelle proprie specificità,
    tradizioni, culture e identità, ci auspichiamo possa iniziare un
    percorso
    storico realizzabile e concreto. Il nostro è un atto di realismo
    politico di
    fronte all’unica potenza mondiale che domina il mondo e alla
    prospettiva
    futura di una grande Cina in concorrenza agli Usa. I due schieramenti
    stritoleranno le nazioni europee rendendole, per chi sarà più fortunato
    e
    capace di riorganizzarsi, piccoli satelliti ad uso e consumo di una
    delle
    due potenze, mentre per le nazioni che non saranno in grado di
    riorganizzarsi sarà la fine, verranno spremute sino a trasformarsi in
    piccole nazioni da sfruttare. Noi europei, uomini di Destra non
    possiamo
    tollerare una tale prospettiva, non possiamo stare fermi ad aspettare
    che i
    progetti di altre nazioni si compiano sul nostro popolo, dobbiamo
    tornare a
    sognare il nostro futuro realizzando concretamente il nostro destino.
    L’Europa si merita un destino europeo. Un destino che unisca la terra
    da
    Lisbona a Bucarest e che costituisca un patto federativo con la Russia
    per
    un futuro di indipendenza politica ed energetica. L’Europa è una terra
    dalle
    grandi prospettive future e sicuramente uomini come Donald Rumsfeld,
    che
    hanno definito in modo dispregiativo la nostra terra come “vecchia
    Europa”,
    non ha compreso che il nostro popolo sta prendendo coscienza che non
    esiste
    più un’indipendenza e un progresso possibile al di fuori da contesti
    continentali. Lo stesso studioso delle società contemporanee, Ulrich
    Beck,
    nel suo ultimo saggio sulla globalizzazione ha motivato la costituzione
    di
    patti federativi nazionali per la costituzione di transnazioni, una
    visione
    che identifica i cambiamenti in atto nella società a cui andiamo
    incontro e
    che costruisca un mondo sicuro in un contesto multipolare. E’ proprio
    in
    questa prospettiva che la Destra si deve muovere. In un raggio che
    trascenda
    la nazione come confine per una visione nazional-europea per la difesa
    della
    nostra storia costruita in millenni. La Destra italiana non può
    attendere
    ancora, proprio ora che si stanno costituendo le nuove prospettive che
    vedono nell’asse Parigi – Berlino – Mosca un futuro europeo in alleanza
    alla
    Russia. Lo stesso ministro degli esteri francese, Dominique de
    Villepin, ha
    espresso con notevole entusiasmo la sua adesioni alle tesi di tale un
    asse
    prospettate dal presidente Russo Vladimir Putin e dal capo del governo
    tedesco Schroder. Vogliamo veramente restare fuori dal futuro del
    nostro
    grande sogno di un’Europa unita, armata e indipendente? L’Europa è una
    grande madrepatria capace di risoluzioni diplomatiche di controversie
    internazionali: che si assuma le sue responsabilità di faro della
    civiltà
    occidentale.

    Fabrizio Fratus

  2. #2
    Marco-Torino
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    Predefinito

    hanno ragione: infatti non mi reputo di destra!

  3. #3
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    Citazione Originariamente Scritto da Marco-Torino
    hanno ragione: infatti non mi reputo di destra!

    non c'è problema , puoi continuare a postare tranquillo su questo forum , tanto qui nessuno è di destra .

  4. #4
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    Piero Vassallo
    12/04/2006


    Il più serio commento alle elezioni del 9 aprile si deve a Rossana Rossanda che sul Manifesto di martedì 11 scrive: «con lui (con Berlusconi) non stavano né la grande stampa, né la Confindustria, né le banche. Stava con lui soltanto la Chiesa di Ratzinger».
    Senza volerlo, l’antica pasionaria ha disegnato il volto cattolico della destra reale.
    Non la destra ufficiale, purtroppo.
    La cultura della destra, infatti, è appaltata da una piccola patetica banda di ascari di Roberto Calasso e di Massimo Cacciari: i nazi-adelphiani e i catto-adelphiani.
    Siro Mazza sta preparando un raggelante dossier sulle bestialità pubblicate nelle riviste e nei quotidiani della cosiddetta area di destra.
    Si va dall’apologia del rock satanico all’esaltazione di Brigitte Bardot «divinità pagana», dall’ossequiosa intervista al «fenomeno» Platinette alla propaganda di un estenuato decadente sudamericano (il buffone Gomez Davila) fino alle recensioni (scritte in ginocchio) di tutti i libri spazzatura editi da Adelphi.
    Un panorama osceno e desolante, che rappresenta il rovesciamento delle ragioni cattoliche a favore del voto per il centrodestra.
    Un suicidio, in ultima analisi.
    Su questo fronte è necessaria una mobilitazione dei cattolici, mobilitazione intesa a mettere in chiaro che gli esponenti della cultura ufficiale non rappresentano la vera destra.
    Ma la presenza di un apparato adelphiano a destra è solo una delle anomalie italiane.
    Esiste, infatti, anche un vasto e demenziale partito cattocomunista o neomodernista che, senza accorgersi dell’involuzione della filosofia a sinistra, cioè senza capire il passaggio da Marx a Nietzsche-Freud-Heidegger, che è stato attuato dai «maestri» dell’avanguardia Benjamin, Bloch, Taubes, Weil, ecc., lavora per l’affermazione del nichilismo adelhiano.
    Per valutare la pericolosità del partito corrente tra le «righe» delle parrocchie deragliate e dei circoli margheriti (infettati dal dossettismo) sarebbe sufficiente leggere le inquietanti pagine in cui Giuseppe Dossetti dichiara guerra alla filosofia occidentale (cioè alla metafisica aristiotelica e tomista).
    Quando si legge la prosa livida e insensata di Giuseppe Dossetti non si fa fatica a comprendere la disinvoltura con cui Romano Prodi sottoscrive l’alleanza con i nemici dichiarati della Chiesa cattolica (gli atei del partito radicale) con i nemici dell’occidente cristiano (i rifondatori comunisti, i dilibertiani, i soci del correntone diessino, i verdi, i no-global), e con i rappresentanti
    della violenza contro la natura (l’osceno Luxuria).
    Purtroppo il partito del delirio dossettiano non è contrastato dall’autorità ecclesiastica.
    Bededetto XVI (che per primo ha visto l'orrore anticristiano «soggiacente» alla nuova cultura della sinistra) è solo.
    La maggioranza dei vescovi e la quasi totalità del clero sono imprigionati dallo spirito gregario e avvelenati dall’anacronistica e ridicola masticatura delle tesi di Maritain sull’attuazione dei principi cristiani da parte dei rivoluzionari.
    I rivoluzionari, infatti, non esistono più: il loro posto adesso è occupato dai nichilisti (gli adelphiani) che predicano la pura e semplice devastazione della civiltà cristiana.
    L’anomalia cattocomunista deve essere denunciata senza pietà.
    Non merita pietà, ad esempio, un Giuseppe Alberigo, che si vanta di aver pregato (insieme con l’indegno frate Benedetto Calati) ad una preghiera stregonesca per la morte di Pio XII.

    Piero Vassallo

  5. #5
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    Predefinito

    Ciao, mi chiedo chi è che mette i miei pezzi su politica online senza manco avvisarmi.
    Ringrazio colui che ha questa simpatica iniziativa ma chiederei di essere consultato.
    Grazie
    fabriziofratus@hotmail.com
    3391882063

 

 

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