di maurizio blondet
27/07/2006
A completamento dell'articolo «Sollievo dei bottegai», un lettore mi manda una preziosa citazione: da un'intervista a Fiorella Kostoris Padoa Schioppa, la moglie del notorio ministro (1).
Ecco lo stralcio, da parte di questa teorica del liberismo globale:
Quali sono le parole d'ordine che le danno più fastidio oggi?
«Solidarietà, concertazione, global e no global, pacifismo».
L'esperienza americana le ha fatto cambiare idee politiche?
«Sono cambiati i valori politici. Sono tornata più liberal, più convinta che il benessere generale lo si ottiene cercando il massimo del proprio benessere. Pensi alla storia di Schindler. Salva migliaia di ebrei non perché è buono. Li salva perché è uno sporco capitalista che guarda al suo interesse e si rende conto che prendendo queste persone da Auschwitz le paga di meno. E' lo sfruttatore che salva gli ebrei. Facendo l'altruista, in generale, contribuisci meno al benessere della società che se fai il tuo interesse».
Ogni parola qui è da assaporare.
Madame Kostoris (che nella stessa intervista racconta di aver frequentato una sezione del PCI, dove era malvista «perché arrivavo con una Giulia bianca, bellissima») (2) odia concetti come «solidarietà» e «pacifismo».
Non che li trovi teoricamente sbagliati, li odia proprio, di un vero odio theologicum.
Quest'odio, lo ha imparato dai suoi studi in America.
Lo deduce dalla teoria di Adam Smith: «il benessere generale si ottiene cercando il massimo del proprio benessere», come dice lei.
Impagabile la sua interpretazione di Schindler, il protagonista del lacrimoso «Schindler's list», che «salva migliaia di ebrei non perché è buono, ma perché è uno sporco capitalista che guarda al suo interesse».
Enorme vantaggio collaterale del liberismo assoluto: esime da ogni gratitudine, sentimento che l'ebraica Kostoris bada a risparmiare quanto può.
Schindler ha agito per proprio tornaconto, in base alla legge impersonale dell'economia, alla mano invisibile del mercato.
Mi è capitato a volte di ascoltare in conferenze questa signora Kostoris, ricavandone l'irresistibile sensazione che, nonostante i suoi studi al MIT, sia una presuntuosa nullità.
Ripete continuamente i vecchi dogmi del liberismo, inventati tre secoli fa, come fossero il decalogo, senza variazioni e senza apporti suoi propri.
L' intervista - grazie, lettore - non solo conferma questa impressione: mostra che, per la moglie del ministro (e probabilmente per l'ebraico ministro stesso) il liberismo non è una teoria, ma prima di tutto un bastone, un'arma.
La storia ha conosciuto altri ebrei per cui il marxismo era la stessa cosa, anzitutto un bastone. Mezzo milione di ebrei sovietici, nerbo dell'apparato repressivo del PCUS, usavano la teoria «scientifica» come il sadico bastone di ferro che disciplinava popoli interi, che serviva a spezzare le teste di kulaki e borghesi.
Dunque non è la teoria che conta, ma la sua capacità di diventare randello: questo interessa gli eletti.
E Kostoris è la versione aggiornata dell'ottusa fanatica ideologica, randellatrice.
Non è la sola, di questi tempi.
Un altro amico mi segnala dagli USA un articolo di John Podhoretz sul New York Post (3), il cui titolo è una domanda: «Troppo gentili per vincere? Il dilemma di Israele».
Avvisiamo che questo John è figlio di Norman Podhoretz, uno dei principali teorici del neo-conservatismo americano.
* **
** John Podhoretz
Anche lui «socialista» in gioventù, studente del Jewish Theological Seminary, poi direttore della rivista Commmentary pubblicata dall'American Jewish Commitee, è membro del Counicl on Foreign Relations e del Project for a New American Century (PNAC).
Ed ora leggiamo cosa scrive il figlio di tanto padre:
«Forse le democrazie liberali si sono evolute al punto da non poter fare efficacemente la guerra perché hanno raggiunto un livello di cura umanitaria pere gli altri, tale da impedire il freddo perseguimento dei propri interessi nazionali.
Forse l'idea universalista di democrazia liberale - l'idea che tutti sono stati creati uguali – l'abbiamo introiettata così profondamente, da non assegnare un valore speciale alla nostra vita, o a quella del nostro popolo, rispetto a quella di gente di altri Paesi.
[…]Può una guerra qualunque essere vinta se uno dei combattenti si autolimita in tal modo? L'Inghilterra e gli Stati Uniti avrebbero vinto la seconda guerra mondiale senza lo stomaco di incenerire Dresda col fosforo, e Hiroshima e Nagasaki con l'atomica?
Non è forse stata la volontà dei leader di allora di infliggere perdite di massa ai civili a indicare la fredda saldezza di propositi che ha spezzato la volontà e le reni dei loro nemici? E questa saldezza di propositi non si estendeva forse alla popolazione, che allora sosteneva quasi ogni azione che portasse alla morte di tedeschi e giapponesi?
E se vi dicessi che l'errore tattico che abbiamo commesso in Iraq è stato di non aver ammazzato abbastanza sunniti da impaurirli abbastanza nei nostri confronti? Non è stato forse il fatto che sono sopravvissuti i maschi sunniti tra i 15 e i 35 anni il motivo per cui abbiamo oggi un'insorgenza e una violenza settaria?»
«E se l'America non è capace, ne è capace Israele? Può Israele, anche la dura, forte Israele a leva obbligatoria di massa - reggere lo spargimento di sangue necessario alla distruzione totale degli Hezbollah?
Se le poco più che 300 perdite civili del Libano già fanno protestare il mondo, che fare se ci vorranno 10 mila morti per finire gli Hezbollah? E' capace Israele di infliggere un tale danno al Libano? E non per l'opinione mondiale, ma per la sua propria moderna sensibilità al valore di ogni vita umana?
Che fare se Israele ha tutti i mezzi per raggiungere il suo scopo, ma non è capace di scatenarsi senza limiti contro un nemico più pericoloso, più privo di scrupoli e più barbaro anche dei mostruosi capi dell'Intifada che è riuscita ad eliminare dopo gli attentati suicidi?
Quanto agli stati Uniti, che dire se disponiamo di ogni strumento per vincere una guerra, qualunque sistema d'arma possiamo desiderare, in mano ai militari più superbamente addestrati della storia, eccetto la capacità di superare i nostri nemici in spietatezza?
Non è questo l'orrendo paradosso bellico del ventunesimo secolo?
Benchè USA e Israele non possano essere disfatti militarmente nel senso usuale, i nostri nemici hanno scoperto un nuovo modo per vincerci? Ossia sfidandoci a pareggiarli in barbarie, sapendo che non ne saremo capaci?
Stiamo diventando partecipi della nostra sconfitta? Può la grandezza morale della nostra civiltà, il suo stupefacente basarsi sul valore dell'individuo sopra tutto - mettere in pericolo il futuro stesso della nostra civiltà?».
Anche queste sono parole da assaporare ad una ad una, specie il rincrescimento per il mancato sterminio di tutti i maschi iracheni dai 15 ai 35 anni, tutti nemici.
C'è una profonda relazione tra il «liberismo» di Fiorella Kostoris Padoa Schioppa e l'invito di Podhoretz a tornare barbari, per ammazzare di più e con più freddezza.
Entrambi esprimono l'esito dell'ideologia del bottegaio: il mercato libero col randello di ferro. Ma ideologie, teorie, marxismo e liberismo, economia e ideologia, sono solo pretesti.
Tutto il programma lo leggono da millenni nel Deuteronomio:
«Da oggi spargo il terrore e la paura di te sui popoli sotto tutti i cieli. Chi sentirà notizie di te tremerà e sarà in angoscia davanti alla tua faccia» (2,25).
«Quando il Signore tuo Dio ti avrà introdotto nella terra dove vai, cadranno di fronte a te molte nazioni, più numerose e più forti di te… non stringerai nessun patto con esse, né avrò misericordia di loro. Tu sterminerai tutti i popoli che il Signore tuo Dio ti dona: il tuo occhio non avrà misericordia di loro» (7, 1-3, 14).
Maurizio Blondet
Note
1)*Claudio Sabelli Fioretti, «Fiorella Kostoris Padoa Schioppa», Sette, 8 novembre 2001; inarrivabile l'incipit dell'intervista: «Fiorella Kostoris Padoa Schioppa, nome un po' complesso che racconta radici straniere ma anche un matrimonio con Tommaso Padoa Schioppa, grande personaggio dell'economia e della finanza italiana. Non racconta, almeno finora, la carriera straordinaria di una donna arrivata ai vertici in un settore, quello dell'economia, tradizionalmente riservato al genere maschile. Docente universitaria, presidente dell'ISAE, l'Istituto pubblico di analisi e previsioni economiche, consulente del gabinetto del premier francese Jospin, che le ha appena conferito la Legion d'honneur, ma anche della Fondazione tedesca Konrad Adenauer. Fiorella Kostoris Padoa Schioppa non compare quasi mai sui giornali. Il mese scorso, improvvisamente, e anche impropriamente, è entrata nelle cronache mondane in occasione dell'inaugurazione della sua nuova casa, attico e superattico nel ghetto di Roma…».
2)*Alla domanda come ha votato, la signora confida: «Mai più a sinistra del PCI. Anzi no, da*ragazza, il PSIUP. Mai per la DC o a destra. Salvo per i radicali».
3)*John Podhoretz, «Too nice to win? Israel's dilemma», New York Post, 25 luglio 2006.
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