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  1. #1
    SENATORE di POL
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    Predefinito Visco, il Fisco ..........e il Grande Fratello

    dal quotidiano LIBERO di oggi.......

    " VISCO SOTTO IL LETTO
    di FRANCESCO FORTE

    Il Grande Fratello voluto dalla sinistra è legge: per controllarci ci obbligano a pagare solo con assegni e carte di credito

    Fra le lobbies che debbono dire grazie al decreto Bersani Visco, non ci sono solo quelle delle coop rosse e della grande distribuzione, c'è anche, e non poteva mancare, quella delle banche. Infatti, in base al decreto, tutti i cittadini italiani, anzi tutti i residenti in Italia, anche minorenni e anche stranieri, dovranno avere un conto corrente bancario o una carta di credito o un bancomat. E tutti gli esercenti di arti e professioni, dai medici, ai falegnami, ai callisti, dovranno dotarsi non solo di un proprio conto corrente bancario, cosa che (...) generalmente già hanno, ma anche di una macchinetta per il bancomat e di una per le carte di credito, collegata alla banca di fiducia. Milioni e milioni di nuovi clienti in un sol colpo, grazie all'articolo 19 del decreto Bersani Visco (decreto che passa per essere quello delle liberalizzazioni). Il quale dispone che "i compensi in denaro per l'esercizio di arti e professioni sono riscossi esclusivamente mediante assegni non trasferibili o bonifici ovvero altre modalità di pagamento bancario o postale, nonché mediante sistemi di pagamento elettronico, salvo per importi unitari inferiori a cento euro". OCCHIO AL CONTO Le somme in questione secondo questa norma, dovranno affluire tutte sull'apposito conto corrente del titolare dell'attività di lavoro autonomo. La regola viene giustificata con la lotta all'evasione fiscale. Infatti si argomenta che, obbligando i milioni di professionisti con o senza albo e di artigiani e altri lavoratori autonomi, a farsi pagare solo in questo modo, sull'apposito conto corrente, si riuscirà a evitare che essi siano pagati in nero, in contanti. Ma questa tesi è sballata. Innanzitutto, il pagamento in contanti spesso non è chiesto da professionisti, artigiani e altri lavoratori autonomi, per evadere l'Iva e le imposte sul reddito, sottovalutando il fatturato, ma perché non si fidano degli assegni di gente sconosciuta o troppo conosciuta. Inoltre, la norma dell'articolo 19 non reprime per nulla l'evasione, semmai incentiva quella forzosa. Infatti, chi vuole essere pagato in nero, continuerà a farsi dare banconote. Essendo le parti complici, nessuna delle due denuncerà il fatto. PROFESSIONISTI La norma, dunque, ha la stessa forza di una che stabilisse che chi commette un furto è obbligato a denunciarlo, "se no commette reato". Invece, potrà accadere che il cliente non abbia con sé il libretto d'assegni o che il professionista o l'artigiano non se ne fidi e desideri, perciò, avere i contanti, in cambio della fattura. Sino ad ora era possibile. Dato che ciò adesso, per l'articolo 19 è vietato, il professionista o l'artigiano che non si fida degli assegni del cliente, per essere pagato in contanti, dovrà evitare di emettere quella fattura, che era abituato a fare e sarà così costretto a diventare evasore, suo malgrado. L'articolo 19, inoltre, stabilisce che il cliente, anziché con assegni, può pagare con una carta di credito o un bancomat. Molte persone non pagano con gli assegni di un proprio conto corrente, ma col bancomat o la carta di credito collegati a un conto corrente di un familiare o della ditta da cui dipendono. E pertanto i professionisti, gli artigiani e gli altri prestatori di lavoro autonomo, dovranno dotarsi delle macchinette del bancomat e delle carte di credito, nella previsione che si presentino loro dei clienti che chiedono di pagare elettronicamente. Ciò, ovviamente, comporta per loro un costo. E questo si scaricherà sulla clientela. LAVORI A DOMICILIO C'è poi il caso dei lavori a domicilio: l'artigiano, prima di recarsi dal cliente, ora, gli dovrà chiedere se ha il libretto di assegni. E tutte le donne di casa dovranno, dunque, dotarsi di conto in banca e libretto per l'evenienza che si rompa il lavandino e occorra una riparazione urgente a domicilio. Si è così creato un "mondo nuovo", degno dell'immaginazione di Orwell in cui nessuno può svolgere un lavoro autonomo se non ha le macchinette elettroniche del bancomat e delle carte di credito; in cui nessuno può servirsi di un professionista o di un lavoratore autonomo, se non ha un conto corrente o non ha un familiare con un conto corrente su cui far valere assegni o carte di credito o bancomat. Un mondo nuovo in cui nessuno può ottenere una prestazione a domicilio, se non dispone di un libretto di assegni con almeno un assegno ancora da staccare. Dopo Bersani e Visco, non serve essere iscritti allo stato civile, per esistere; serve essere iscritti a una banca. Dobbiamo avvalercene sempre. Essa è il "nostro grande fratello".
    "



    Saluti liberali

  2. #2
    SENATORE di POL
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  3. #3
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    dal quotidiano LIBERO di oggi.......

    "Lavori e guadagni? La sinistra ti odia

    di IURI MARIA PRADO


    Vincenzo Visco è un incapace senza idee. È tutto impotenza e risentimento, l'uno effetto dell'altra in un cupo circolo di sordomutismo intellettuale che fortunatamente imprigiona una buona aliquota delle sue velleità di governante. Bisogna quasi rallegrarsene, perché la sua azione sarebbe tanto più pericolosa se solo avesse un'"idea" su come regolare le cose della vita economica, anziché appunto la specie di "sentore" che orienta la sua torva prospettiva di presunta giustizia sociale. Pare che gli provochi come una nausea il fatto che l'iniziativa privata sia libera, e che il risultamento economico di quella libertà possa essere un guadagno non solo tollerato, ma addirittura lecito. E siccome renderlo illecito non si può, l'espediente è di renderlo vacuo, giustiziandolo a colpi d'imposta. Da quel che dice e soprattutto da come lo dice si comprende che Vincenzo Visco non ha esattamente "idea", ma ancora "sente" che non va affatto bene una società articolata e che si sviluppa secondo quelle possibilità di guadagno imprevedibili, non controllate, non "concesse" a mo' di eccezione da sanzionare con durezza: "sente" che una società così è ingiusta. Nuovamente, ricondurla a giustizia vietando la libertà di iniziativa economica privata non si può, ma far sapere a chi lavora e guadagna che la sua attività è minuziosamente registrata, e cioè che la sua condizione di contravventore, di interprete e agente dell'ingiustizia sociale, è tenuta d'occhio, questo si può e si deve fare: e via dunque con i sistemi di monitoraggio del "comportamento fiscale". Se non fosse il simulacro di ministro che invece fa mostra di essere, uno messo lì come un fantoccio tragicamente compiaciuto della propria mancanza di autorità, Padoa Schioppa farebbe sapere al suo vice che un ordinamento civile non ha il compito di schedare i "comportamenti", e che se l'impedimento agli illeciti dovesse essere quello, allora tanto varrebbe controllare i cittadini in ogni àmbi to della loro vita: perché in ogni cosa e piega della vita civile, politica, professionale, sessuale c'è spazio per l'illecito. E sicuramente è una società migliore quella in cui l'illecito ha minor corso, ma sarebbe una società infinitamente peggiore quella che per garantirsi un simile risultato registrasse ogni respiro del cittadino. Osservazioni banali? Certo, ma di qualche urgente attualità se occorre richiamarle mentre autorevoli (si fa per dire) personaggi di governo dimostrano di non averne nemmeno la più vaga sensazione. Visco è incapace di giustificare in modo appena presentabile i suoi nebulosi progetti di sistemazione sociale, e sarà forse per questo che i giornali che lo intervistano a tutta pagina (vedi il "Corriere" di qualche giorno fa) si astengono bene dal domandargli se per caso non ci sia qualcosa che non fila per il verso giusto in un sistema che tiene in sospetto, e dunque "controlla", i comportamenti produttivi ed economici dei cittadini. Perché questo infine è il vero e più distorto connotato delle pretese di monitoraggio che tanto tronfiamente il governo stabilisce e promuove: lo Stato che cataloga e mette in mostra i profili peccaminosi della società, cioè a dire, secondo l' impostazione propria di questa gente, il lavoro privato, l'impresa movimentata e spontanea, l'abilità di commercio e professionale, prima che l'illecito fiscale. Perché questo - l'illecito è ritenuto un elemento connaturato a quelle attività private e (si fa per dire) libere, e mettere in mostra la presunta "causa" dell'illecito (in buona sostanza la libertà di iniziativa economica) costituirebbe un buon modo per prevenirlo. Se ancora Visco non ha trovato un modo migliore, non è perché non voglia: gli manca solo lo spunto, e la capacità di approntare la soluzione. Indietro di qualche decennio, e in mezzo mondo di economia pianificata, può trovare ottima materia di apprendimento. Di esecutori con capacità di attuazione non gliene mancherebbero, e il fervore liberale di Padoa Schioppa non sarà un guaio di impedimento. "

    Saluti liberali

  4. #4
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    da www.ilgiornale.it

    "Visco-Robespierre e il Terrore fiscale


    Carlo Pelanda

    Il professor Vincenzo Visco è criticabile, prima di tutto, sul piano scientifico. La Scienza delle finanze cerca i mezzi e le politiche per far funzionare realisticamente un contratto fiscale nazionale. Nelle misure adottate e progettate da Visco sia di aumento delle tasse sia di polizia non c'è nulla di realistico. Distorceranno l'economia deprimendo il Pil ed incentiveranno nuovamente l'evasione ed elusione di massa . La critica tecnica a Visco è di adottare una ideologia delle finanze e non una scienza. Quella morale è di tentare di realizzare misure irrealistiche aumentando il grado di violenza, fino ai limiti della violazione dello Stato di diritto. Ciò lo rende figura simile ad un Robespierre portatore di un Terrore fiscale che oltre a danneggiare l'economia potrà destabilizzare la società. Sono critiche pesantissime che qui argomenterò.
    Prima quella tecnica. La Teoria del controllo (Ashby, 1956) mostra con chiarezza che la varietà delle procedure di controllo deve essere pari a quella delle possibili violazioni. Visco sa benissimo che il ceto medio produttivo tartassato sarà più incentivato ad evadere le tasse. Per questo ha pensato di aumentare la varietà dei controlli e la loro vastità. Ci potrà riuscire? Le transazioni bancarie saranno tutte rese tracciabili. Per rinforzare tale misura ha vietato i pagamenti in denaro liquido in modo che possano essere registrati in forma di assegni, carte di credito/debito, ecc. Ha attivato un sistema tecnologico dove tutti questi dati saranno riportati su schede personali.
    In sintesi, ritiene che la capacità di schedatura totale, preventiva e continua sia uno strumento adeguato per far pagare tutte le tasse, aumentarle, e dissuadere l'evasione. Errore clamoroso. Qualsiasi ricercatore, con un semplice calcolo, può mostrare che la varietà delle elusioni possibili resta molto maggiore di quella dei controlli. Non solo in teoria, ma osservando cosa sta succedendo nella realtà: molto capitale sta migrando all'estero, i titoli tassabili dallo Stato vengono convertiti e santuarizzati, c'è un mercato crescente delle transazioni con liquidità in nero, ecc. Quindi la misura certamente fallirà, riducendo il potenziale di gettito per lo Stato. Ma ridurrà anche la crescita del Pil mantenendolo sotto il suo potenziale teorico. Non solo per l'aumento del nero, ma per il maggiore vantaggio dei soggetti economici ad evitare di apparire sulle schede della polizia fiscale come ricchi e per paura. Meno investimenti, meno acquisti in Italia, ecc. In sintesi, il controllo non funzionerà ed avrà effetti distorcenti. La critica politica e morale è quella di ripristinare una visione classista/conflittuale contro quella interclassista/integratrice. L'evidenza mostra che Visco sta vessando e punendo preventivamente il ceto medio produttivo così definendolo come classe sociale nemica. A parte l'imprudenza sul piano economico di demonizzare chi crea ricchezza – imprenditori, commercianti, artigiani, professionisti - è inaccettabile una politica che contrapponga classi e lo Stato ad una classe. Togliatti e Berlinguer la evitarono attentamente.
    Chi è Visco, nel sistema post-comunista, da permettersi di rischiare una guerra contro il popolo dei produttori? Perché di questo si tratta. Lui pensa che il suo sistema di controlli possa funzionare. Se fosse così la classe media produttiva sarebbe espropriata da un sistema fiscale che non riconosce i costi nascosti ed il prezzo del rischio imprenditoriale, messa in carcere, tenuta sotto il Terrore. Ovviamente si ribellerebbe. Il sistema di Visco non funzionerà e la classe media avrà uno spazio di ribellione fiscale privata che eviterà quella di massa. Ma il punto è che questo uomo sta facendo una politica che spaventa e indigna – giustamente - la classe sociale che produce la ricchezza della nazione inducendo una reazione simmetricamente pesante. Qui non è più questione di destra o sinistra, ma di evitare un conflitto. Vedremo come riuscirci, per intanto risulti chiara la critica a Visco e motivata la richiesta di sua rimozione.
    www.carlopelanda.com "

    Saluti liberali

  5. #5
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    dal quotidiano LIBERO di oggi........

    "Da oggi con una e-mail si entra in casa nostra

    di FRANCESCO FORTE


    Il grande fratello da oggi, in Italia, è in funzione.È come quello descritto da Orwell, nel libro 1984. Con la differenza che là era il Ministro delle verità del dittatore comunista, che osservava tutti tramite il video installato in ogni stanza, questo è il grande fratello fiscale del premier Prodi che, tramite il viceministro delle finanze Visco, guarderà tutti i nostri movimenti bancari, coi metodi elettronici e informatici, più precisi e invasivi. Una semplice e-mail, dal 1° settembre, permette al fisco di ottenere, a sua discrezione, dalle banche tutte le informazioni riguardanti i conti e pagamenti fatti e ricevuti del signor Rossi. La persona fisica o la ditta o l'ente che ha avuto occasionalmente un rapporto col signor Rossi, tramite banca, in base a quella mail, potrà essere automaticamente ispezionata. E ciò, fra l'altro, retroattivamente sino al 1° gennaio del 2005. Non solo il segreto, ma anche il riserbo bancario non c'è più e anche la privacy è annullata. Infatti non occorre più che il Fisco abbia un'autorizzazione a indagare, a causa di irregolarità riscontrate o di qualche altro motivo oggettivo. Adesso basta una e-mail, un messaggio elettronico del Fisco. E l'ispezione bancaria può essere a tutto campo. Tramite assegni e bonifici e pagamenti elettronici effettuati e ricevuti, il grande fratello governativo potrà sapere quali idee e affiliazioni politiche ha il signor Rossi o la consorte. Ciò in quanto il fisco così può sapere a quale giornale ha fatto l'abbonamento lui o lei e di quali associazioni sono tesserati. Inoltre sarà possibile sapere se il signor Rossi ha preferenze femminili o d'altra inclinazione, tramite i locali a cui ha pagato conti elettronici e, naturalmente, se il suo apparato dentario è o no buono, quali sport ed hobby preferisca. Il signor Rossi non è in grado di sapere se la sua consorte faccia spese frivole ed abbia amicizie extra coniugali, se lei non lo vuole. Ma il fisco lo può sapere tramite gli accertamenti bancari: assegni, bonifici, pagamenti elettronici, conti e libretti a risparmio congiunti e disgiunti, proventi di affitti e titoli e prenotazioni. La signora Rossi da adesso sino al prossimo anno può pagare in contanti i servizi di lavoro autonomo, professionisti e artigiani, solo sotto i mille euro. Fra un anno sotto i cinquecento euro e fra due solo sotto i cento euro. Potrà prelevare in banca somme maggiori per pagare cash servizi non fatturati, ma allora il grande fratello vedendo che la signora Rossi fa prelievi consistenti di denaro, potrà dar la caccia alle sue condotte. Nel libro di Orwell il protagonista Winston Smith non sa se il Ministro della verità lo sta spiando, non sa che cosa il grande fratello pensi di lui, sulla base delle informazioni raccolte sui suoi movimenti. L'incertezza è ciò che più lo preoccupa. Il signor Rossi probabilmente non saprà se il fisco sta guardando il suo conto in banca ed ignorerà che cosa il Ministero delle finanze pensi dei suoi movimenti bancari. La certezza fiscale, ha scritto Adam Smith nella "Ricchezza delle nazioni", è la prima massima del buon sistema tributario. Ciò perché nell'economia libera ciascuno ha diritto di sapere in anticipo a quali obblighi è tenuto, rispetto alle leggi dello stato e a quali conseguenze va incontro se commette una violazione volontaria o meno. Il redditometro, da me introdotto, come Ministro delle Finanze, nel 1985, aveva due caratteristiche. La sua applicazione scattava solo se il fisco trovava gravi e congruenti indizi che la dichiarazione del contribuente non era veritiera. Inoltre si basava solo su uno fra cinque indici di tenore di vita facilmente accertabili: auto, casa, cavallo, domestici, barca a motore o a vela sopra un certo costo. E ciascuno di essi dava luogo a un reddito presunto noto a priori, sulla base di parametri fissi. Ad esempio a chi aveva un cavallo, se la dichiarazione dei redditi risultava inattendibile, veniva automaticamente accertato un reddito lordo di imposta pari a tre volte il costo di ammortamento e mantenimento del cavallo, individuato con una tabella prestabilita, sulla base del ragionamento che un terzo del reddito andasse al cavallo, un terzo al suo proprietario e un terzo al fisco, in imposta. Se il contribuente aveva una grossa barca, con costo superiore al cavallo, il calcolo dei tre terzi si faceva solo su questa, anche qui con una tabella prefissata. Mi si disse che questo è un metodo rozzo. E' vero. Ma l'imposta, dice Adam Smith nella "Ricchezza delle nazioni", deve essere certa e semplice. Il Ministro della verità ragiona in tutt'altro modo: la sua inquisizione è completa e la conseguente valutazione è discrezionale, perché lui vuole la inafferrabile verità fiscale. E fruga in banca e va indietro nel tempo, perché così può cogliere di sorpresa il signor Rossi. Che, come il Winston Smith di Orwell così cercherà di nascondersi in un cantuccio per non essere visto. Fuor di metafora metterà i soldi sotto il mattone, all'estero, ci penserà due volte a investire in Italia. "


    Un vero schifo illiberale che avvantaggerà i furbi veri.

    Saluti liberali

  6. #6
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    Dal quotidiano LIBERO di oggi......

    "Fassino preso a sberle dai comunisti

    di OSCAR GIANNINO


    Finanziaria, maggioranza a pezzi


    Caro direttore, ieri a Piero Fassino non sarebbe bastato un ombrello, per coprirsi la testa. A prima serata le ho contate, sulle agenzie, le prese di posizioni tra il violentemente polemico, l'apertamente ostile, il dichiaratamente beffardo, e il sottilmente ironico, all'intervista a Repubblica in cui il segretario nazionale dei ds ha deciso di abbracciare il partito del rigore, scandendo una volta per tutte che la Finanziaria "deve" essere di 30 miliardi di euro, non si discute perché solo così si imbocca la via di un più stabile sviluppo, e chi non vuole toccare pensioni e sanità non è un riformista, perché diluendo la manovra farà pagare al Paese un prezzo assai maggiore. Erano ben 42, le posizioni in dissenso da Fassino espresse da esponenti dei comunisti italiani, di Rifondazione, dei Verdi, anche da qualche diessino del correntone, e poi da capo a ogni livello dei tre sindacati confederali. Citarli tutti è impossibile, da sottosegretari a capigruppo, da leader di partito a capicorrente. Citiamone uno soltanto, il segretario del Pdci Oliviero Diliberto: il quale senza mezzi termini ha liquidato quelle di Fassino come «proposte irricevibili», e non se ne parli più. Una cosaè sicura. Non si tratta di meri esercizi di muscolarismo verbale, del gioco a distinguersi che sempre capita in una coalizione variopinta, e che non risparmiò per anni neppure il centrodestra al governo con Silvio Berlusconi. C'è una questione di sostanza enorme, nell'intervista di Fassino e nelle reazioni durissime che essa suscita. Anzi ce ne sono ben tre diverse, di questioni.

    Tre voragini nel governo
    La prima riguarda che cosa sia e che cosa non sia davvero "riformista", nel centrosinistra a nove partiti guidato da Romano Prodi. La seconda riguarda la situazione economica che il governo ha ereditato. La terza che cosa si debba in concreto da fare. Su nessuna di queste faccende maggioranza e governo hanno chiarito davvero che cosa fare, nell'illusione che basti affastellare per trovare in qualche modo la quadra. E alla fine, come sempre, i nodi vengono al pettine. Vediamo le questioni una per una. Le 248 pagine di programma elettorale dell'Unione non sono una risposta vera all'anima prevalente del centrosinistra: perché c'è tutto e il contrario di tutto, e se solo si sommano gli impegni di spesa aggiuntivi a favore di interventi come la piena realizzazione degli ammortizzatorisociali, o come imolteplici fondi di spesa ad hoc a favore della famiglia e dei pensionati al minimo, degli immigrati e degli studenti appartenenti a famiglie a basso reddito, dello sport e del turismo e chi più ne ha più ne metta, la finanziaria dovrebbe prevedere un aggravio di spesa pubblica pari ad almeno 5 punti percentuali di Pil per 75 miliardi di euro, altro che risanamento. Vinte le elezioni, il buon ministro dell'Economia è stato lasciato solo, a sporgersi pericolosamente con l'impegno del suo Dpef che avanzava la necessità di una finanziaria per 20 miliardi di contenimento di spesa, e altri 15 miliardi di risorse da reperire per destinarle a sostenere la crescita, tra 10 miliardi per diminuire il cuneo fiscale e un po' di altri incentivi. Il conto di Prodi, e fino a ieri di Fassino e Rutelli, è stato quello di far esporre il ministro in modo che loro - i "riformisti", appunto - potessero ritagliarsi il ruolo di mediare politicamente al tavolo della concertazione, certi però alla fine di essere maggioranza nella maggioranza. Ora il conto si rivela sbagliato: Padoa-Schioppa è stato lasciato solo, non ha partito, e la differenza è che Pdci, Rifondazione, Verdi e sindacati si battono ogni giorno esplicitamente, per chiedere il rispetto di ciò che sta loro a cuore e che in effetti è scritto nel programma di governo. Mentre i "riformisti" non possono che assistere all'indebolimento quotidiano delle proprie posizioni, e sperare che i giorni passino in fretta prima che dei 35 e poi 30 miliardi di euro la finanziaria si riduca al più a 7-8 miliardi al massimo di contenimento della spesa.

    La grande bugia del catastrofismo
    Seconda questione: che cosa ha ereditato il governo? La babele politica e linguistica dell'Unione è massima. Per evitare sospetti di partigianeria politica, richiamo i lettori a quanto ieri ha scritto un giornale di sinistra riformista, appunto il Riformista diretto da Paolo Franchi, in un'analisi puntuale firmata da Gianfranco Polillo. Nel Dpef di Padoa-Schioppa, a fronte di un deficit tendenziale per il 2006 individuato fino al 4,1% del Pil, si scrive che l'aumento delle entrate tributarie per l'anno sarà pari al 6,2%, che però nel 2007 scenderanno al 3,1%. In capo a pochi giorni, ecco che i dati delle entrate tributarie dei primi cinque mesi dell'anno segnano invece un più 8,7%. A fine del primo semestre, la crescita diventa tumultuosa, addirittura più 16%. Sul versante della spesa, crolla intanto egualmente il catastrofismo su cui l'Unione ha fatto campagna elettorale, e al quale Padoa-Schioppa ha ispirato il suo Dpef "virtuoso", sperando un po' ingenuamente che in una situazione "aggravata" sarebbero state minori le obiezioni al rigore. A fine giugno 2006 infatti, grazie alla finanziaria Tremonti, il deficit di competenza è di soli 36,4 miliardi di euro, rispetto ai 58 miliardi del 2005. Proiettando il dato su fine anno, avvalendosi di un coefficienteche rappresenta la media degli ultimi 8 anni di finanza pubblica italiana, si ottiene che a fine anno il deficit pubblico italiano - anche grazie alla maggior crescita che nel frattempo tutti registrano - potrebbe essere largamente inferiore a quello del solo primo semestre 2005. In altre parole, un deficit pubblico a fine 2006 pari non al 4,1% del Pil individuato da Padoa-Schioppa a inizio governo, e nemmeno al 3,8% del Pil che ful'ultimaprevisione di Tremonti, bensì pari al 3,4%, pochissime frazioni di punto dal rispettare già quest'anno il tetto del 3% che Bruxelles ci chiede per l'anno prossimo. Ammettiamolo: l'ala antagonista ha le cifre dalla sua, e i riformisti hanno sbagliato anche qua. Perché se volevano puntare a un dimagrimento dell'intermediazione pubblica sull'economia italiana - ciò a cui miriamo noi liberali - dovevano dirlo fuori dai denti, non aggrapparsi a previsioni macroeconomiche rivelatasi infondate.

    Cosa ci aspetta nel futuro prossimo
    Terza questione. Che cosa ci aspetta. Stavolta , caro direttore, non ho voglia di polemizzare per l'ennesima volta con Vincenzo Visco, il formidabile e coerentissimo avversario che ci troviamo di fronte sul terreno fiscale. Tanto è convinto della portata "virtuosa" di più imposte, che due giorni fa sul Corriere ha scritto che grazie a lui cinque anni fa sgravi fiscali pari a 4,5% del Pil sono stati voodoo, puro illusionismo visto che la pressione fiscale è rimasta costante dopo il massimo al 44,5%, che aveva toccato sempre grazie alla sinistra nel 1997. E ha naturalmente negato l'effetto positvo degli sgravi fiscali di aliquote - basse e alte - disposte da Tremonti, malgrado l'exploit prima ricordato del gettito tributario ed erariale che è attualmente in corso. Preferisco anche qui rifarmi invece a quanto scritto ieri da un autore e da un giornale non certo sospetti di pregiudizio ostile verso il governo Prodi. Luigi Spaventa su Repubblica già aveva definito "mission impossible" il Dpef di Padoa-Schioppa. Ieri ha, nell'ordine, magistralmente aggiunto: che il governo non ha presentato la prescritta nota di aggiornamento del bilancio, in base alla quale dichiarare che dai 35 miliardi previsti per la finanziaria nel Dpef si scendeva invece a 30; che dai documenti approvati insieme al Dpef non si comprende come possano dedursi riduzioni lorde della spesa pubblica superiori ai 10 o al massimo 15 miliardi di euro, con una riduzione netta dunque quantificabile realisticamente «in appena qualche miliardo » ; che sulla base di questa valutazione, «da due terzi a metà della correzione lorda dovrà essere affidato ad aumenti di entrate tributarie».

    La solita ricetta: più tasse per tutti
    E su questo punto Spaventa merita un premio doppio per la sua onestà intellettuale: perché giustamente rifiuta di far passare l'aumentodelle entrate per la solita tiritera della "lotta all'evasione fiscale". No, dice invece a ragione che si tratterà di «aumenti di aliquote con misure discrezionali », tali da far aumentare la pressione fiscale di un punto di Pil nel 2006 rispetto all'ultimo anno di governo Berlusconi, e di un altro punto aggiuntivo nel 2007, «pur tenendo presente il promesso sgravio del cuneo fiscale ».Nonc'è niente da aggiungere. L'errore dei riformisti, aver creduto di tenere buoni gli antagonisti facendoli fessi con un programma elettorale "tassaespendi" buono a tutti gli usi, cade sull'allarmismo finanziario rivelatosi menzognero, e sfocia nella stangata fiscale invocata da chi ha nel mirino autonomi, piccoli e medi imprenditori, artigiani, commercianti, e chiunque ogni giorno preferisca la sfida economica sui propri talenti, piuttosto che rassegnarsi a un lavoro dipendente in una grande impresa ipersindacalizzata. A me Fassino sta anche simpatico, ma non penso che sarà affatto facile per lui aver ragione, di chi su tali basi di fatto giudica ormai «irricevibili » le sue tardive proposte
    .

    *VICEDIRETTORE FINANZA&MERCATI
    "


    Saluti liberali

  7. #7
    Obama for president
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    pensa a mio papà sempre stato comunista che adesso gli aumentano le tasse sui BOT

  8. #8
    SENATORE di POL
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    dal quotidiano LIBERO di oggi....

    "Il governo voleva il Grande Fratello di Stato

    di FRANCESCO FORTE

    Dopo la banca dati fiscale, con il piano Rovati ha cercato di mettere le mani sulla telefonia


    Il presidente del Consiglio Romano Prodi, dopo aver rifiutato di presentarsi in un ramo del Parlamento per spiegare il suo comportamento anomalo nel caso Telecom, ora si vede costretto a presentarsi in tutti e due. E poiché non ha argomenti per difendersi, cerca un capro espiatorio nell'ex ad della stessa Telecom Tronchetti Provera, ingarbugliato nei fili delle intercettazioni telefoniche. Che ha almeno il merito di essersi dimesso, a differenza di Prodi. Ma la questione di cui deve rispondere Prodi non riguarda le intercettazioni telefoniche. Riguarda il fatto che ha trasformato Palazzo Chigi in una banca d'affari occulta, personale, e che il principale affare che il suo braccio destro Rovati aveva immaginato è una nuova Iri, tramite la Cassa Depositi e Prestiti, con la partecipazione di Fondazioni bancarie e banche a ciò interessate. Ciò che è emerso in questi giorni alla luce del sole e di cui Prodi non sembra essersi accorto (forse perché era a Pechino a chiedere l'abrogazione dell'embargo delle armi alla Cina e a New York all'Onu, a dare il suo assenso al programma nucleare dell'Iran) è che il piano Rovati, consistente nel rilevare da Telecom tramite la Cassa Depositi e Prestiti la rete fissa per 25-30 miliardi di euro, e inviato privatamente a Tronchetti Provera, in difficoltà a causa dei debiti di 42 miliardi, piace molto, guarda caso, a vari banchieri. Piace all'avvocato Guzzetti, già onorevole della sinistra Dc, leader delle Fondazioni bancarie, presidente della Fondazione Cariplo, principale azionista di Banca Intesa, ora fusa con San Paolo, in un nuovo colosso bancario. Dunque è emerso che, molto probabilmente, non era un "piano artigianale", inventato da un amico del Rovati, come si è voluto dire, ma un piano nato nel mondo delle grandi banche, interessate ad attuarlo con la Cassa Depositi e Prestiti. Ciò secondo la formula Iri, che prevede la società mista, metà pubblica e metà privata. Tali Fondazioni bancarie e grandi banche ora dichiarano che sono interessate a rilevare la rete fissa di Telecom, anche a prescindere dalla Cassa Depositi e Prestiti. Il piano Rovati non funziona più, perché contro la nuova Iri s'è formata una grande maggioranza parlamentare che, oltre al centrodestra, ingloba una parte notevole della sinistra (anche perché i Ds la banca, dopo le sventure di Unipol, non ce l'hanno). Ma adesso c'è un piano di riserva delle Fondazioni bancarie e delle banche senza Cassa Depositi e Prestiti. Vogliono la rete fissa di Telecom, in nome dell'interesse nazionale, secondo la linea che ha mosso Prodi nella faccenda Telecom. Guarda caso, il premier è sdegnato per il fatto che tutto il consiglio di amministrazione di Telecom (e non solo Tronchetti Provera) non vuole effettuare questa cessione, in quanto priverebbe la società del suo bene principale ad alto contenuto tecnologico: la rete di impianti a banda larga, in cui essa ha speso grosse somme da vari anni. Ed invece Telecom preferisce vendere Tim, società di telefonia mobile. Ora sembra chiaro che non è compito del capo del governo esercitare pressioni sul consiglio di amministrazione d'una compagnia telefonica, cercando di forzarne le decisioni verso soluzioni diverse da quelle da esso stabilite, per di più operando unilateralmente con l'amministratore delegato in difficoltà tramite colloqui e lettere riservate su carta intestata della Presidenza del Consiglio È vero che, benché il gigante Telecom Italia sia una società privata, le decisioni riguardanti la vendita di suoi rami toccano anche argomenti di interesse nazionale. Infatti le società di telecomunicazioni sono regolamentate da una apposita Autorità, e il ministero delle Comunicazioni sovrintende a ciò. Ma vorrei sapere quale sicurezza avremmo di non esser intercettati se la rete fissa telefonica andasse allo Stato, che già, tramite la banca dati del fisco, sta diventando un grande fratello. Comunque, quando ci sono questioni relative a società quotate in borsa che riguardano l'interesse nazionale, il presidente del Consiglio consulta il Consiglio dei ministri, non il suo consigliere finanziario. E discute coi ministri competenti, che convocano in forma ufficiale, nelle sedi proprie, gli amministratori. Gaffe per gaffe, non si capisce perché Prodi pensasse di mandare il ministro delle Comunicazioni a rispondere in Parlamento sul caso Telecom, dato che non risulta che lo avesse lasciato ad occuparsi di questo caso, che è di sua competenza, ma lo ha scavalcato, assieme al fido Rovati.
    "


    Saluti liberali

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    dal quotidiano LIBERO di oggi

    "Via al Grande Fratello, Visco ci prova

    di EL.CA.


    Il viceministro prepara un piano in 55 punti e promette: fra cinque anni sarà tutto risolto


    ROMA Se affidi i tuoi risparmi a un qualunque operatore finanziario, i tuoi dati finiranno dritti al Fisco. Se sei separato e ricevi un assegno dall'ex, il Grande Fratello fiscale lo saprà. Se hai fatto un incidente, l'anagrafe tributaria saprà quanto hai preso dall'assicurazione e quanto ha avuto l'avvocato. Se fai il dentista, dovrai farti pagare con carta di credito in modo da lasciare traccia. Sono solo alcune delle 55 misure contenute nel piano messo a punto da Vincenzo Visco. Con questo complesso di norme per combattere l'evasione fiscale, suddiviso tra decreto approvato a luglio e Finanziaria, il governo punta a recuperare circa 13 miliardi. Come? Le idee-chiave sono due, come spiega il documento dal titolo «pagare meno per pagare tutti»: moltiplicare i poteri di controllo del Fisco, quanto a indagini e sanzioni, e creare una enorme banca dati che incroci informazioni sui contribuenti, attingendo liberamente da qualunque fonte. «Entro il termine della legislatura», ha promesso Visco, «contiamo di raggiungere risultati rilevanti e di sradicare questi comportamenti anomali». Quanti finiranno nella "rete"? Secondo il viceministro «possibilmente tutti, anche se siamo consapevoli che si tratta di un'impresa difficile»: il giro dell'evasione sfiorerebbe i 200 miliardi di euro. Dopo le dichiarazioni dei redditi 2005 che mettevano sul banco degli imputati i lavoratori autonomi, sono insorte, però, le varie categorie gridando alla «persecuzione». Se la Cgia di Mestre parla di «analfabetismo fiscale», la Confcommercio attacca: l'aumento delle tasse non aiuta a combattere l'evasione. In difesa del viceministro è sceso in campo Piero Fassino: «Chi paga le tasse non ha nulla da temere e dovrebbe condividere l'obiettivo di Visco».

    STRETTA SUI PROFESSIONISTI È su di loro che il Grande Fratello si concentra: medici, psicologi, dentisti, avvocati non potranno riscuotere denaro contante, ma solo pagamenti che lascino traccia (carte di credito, assegni). Per il momento solo in caso di cifre sopra i mille euro, ma fra due anni dai cento in su. E saranno obbligati ad aprire un conto corrente. Aumentano i controlli sui privati anche in materia di imposte di registro, ipotecaria e catastale. Il Fisco potrà avviare un'indagine tributaria a titolo preventivo o inviare un questionario a cui il contribuente sarà obbligato, pena sanzioni, a rispondere. Aumentano i poteri degli agenti della riscossione, equiparati a quelli dei tribunali: potranno accedere a qualunque informazione sensibile (conti correnti, operazioni finanziarie varie), con la sola motivazione di trovare la falla. E incasseranno il 25% in più nei casi di riscossione coatta. Le assicurazioni dovranno spedire i dati sui risarcimenti (liquidazione del danno nome di chi l'ha ottenuto e compenso dell'avvocato). Banche, società di risparmio, intermediari, insomma qualunque operatore finanziario dovrà mandare all'anagrafe tributaria nome, cognome, codice fiscale e tipo di operazione di ciascun cliente. Il tutto sarà iraccolto da una sezione creata ad hoc. Queste informazioni - a partire dai conti correnti - potranno essere usate a fini di puro accertamento. La filosofia è sempre la stessa: non più il controllo di fatti sospetti, ma la ricerca dell'irregolarità. Così, per favorire i controlli incrociati, i commercianti saranno obbligati a fornire l'elenco dei clienti, dei fornitori e l'importo dell'operazione. E chi apre una partita Iva sarà passato, preventivamente, al setaccio. Il piano Visco interviene anche sul piano del codice (penale e civile). Si allungano i termini entro cui è possibile contestare reati tributari. E se pm o giudici incappano in un evasore, ad esempio nel corso di un'indagine diversa, saranno tenuti a comunicarlo alla Guardia di finanza. Per quanto riguardo il capitolo Iva si istituisce una sorta di "delazione legale". Il Fisco potrà mandarti un questionario per acquisire informazioni sul tuo vicino di casa, sul tuo fornitore, su un cliente. E chi ritarda nel pagamento dell'Iva rischia il carcere da sei mesi a due anni. Ancora ai commercianti è la stretta sullo scontrino fiscale (se fermano un cliente senza ricevuta, si rischia il ritiro della licenza). Ma l'azione del Fisco è ampia: tocca, per esempio, i condomini che vengono equiparati alle imprese (dovranno pagare l'Irpef alle ditte che fanno i lavori). Tocca i coniugi separati che dovranno indicare nella dichiarazione dei redditi, il codice fiscale dell'ex che riceve gli assegni. E sempre nel 740 o Unico (che potranno essere usate a fini di studio), sarà obbligatoria l'indicazione dei dati relativi all'Ici. "


    Saluti liberali

  10. #10
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    dal quotidiano LIBERO di oggi, festa cattolico-romana dell'Immacolata....


    Maledetto Libero, ha svelato il Codice Visco

    di MATTIAS MAINIERO

    Troppo onore, viceministro Visco, troppa grazia. Lei (o chi per lei) ci lusinga, ma esagera, e non è giusto. Il nostro è solo un quotidiano. Raccontiamo le cose che avvengono nel mondo, tentiamo di interpretarle. Tutto qui. Poi arriva lei (o chi per lei) e ci dipinge come una potenza mondiale, ma noi abbiamo solo computer, mica testate nucleari. Premessa per i lettori (il ministro, o chi per lui, già sa o dovrebbe sapere): ieri ha fatto la sua comparsa in edicola una nuova rivista. Si chiama "aideM" (proprio così, il nome finisce con una maiuscola), è diretta da Giulietto Chiesa e si occupa di comunicazione
    Nel primo numero molti articoli. Uno, scritto da Roberto Seghetti, portavoce del viceministro Visco, parla anche di noi. Non troppo bene. In sintesi: Libero, come il Giornale, Italia Oggi e in parte anche il Sole 24 Ore, sarebbe responsabile del disastro della finanziaria. Meglio: del fatto che la finanziaria venga vista come una iattura da molti italiani. Avete letto bene: loro mettono le tasse e non si spiegano, loro dicono che i Suv devono pagare il superbollo, poi cambiano idea, poi la cambiano di nuovo. Loro fanno tutto. E i responsabili del caos interpretativo saremmo noi, noi giornalisti incapaci di rappresentare, un po' per superficialità e un po' (dobbiamo presumere) per malafede, la realtà. Quanto siamo cattivi
    Pensate un po': secondo il portavoce del viceministro, noi saremmo addirittura gli inventori del Grande fratello fiscale. Le cose sarebbero andate così: il governo, dovendo raccattare qualche miliardo di euro, avrebbe deciso di combattere l'evasione fiscale. Cosa buona e giusta. Sennonché, noi di Libero un bel mattino ci siamo svegliati e abbiamo scritto: italiani, attenzione, qui ci spiano. E su questo tema del buco della serratura avremmo imbastito un melodramma. Essendo poi la ben nota potenza mondiale, saremmo anche riusciti a convincere mezza Italia della bontà delle nostre tesi. Siamo proprio cattivissimi. Abbiamo una perfida fantasia. E dobbiamo fare ammenda, per ché la verità, ci spiega Seghetti, sempre portavoce del viceministro Visco, è ben diversa: anche prima del governo Prodi «era legittimamente possibile vedere» dentro i conti correnti e dunque nulla è cambiato. Oltre che cattivissimi, dobbiamo essere anche un po' stupidi. Domanda a Visco (o chi per lui): ma se nulla è cambiato, a cosa serve l'anagrafe dei conti correnti istituita dal governo? Solo a dire di aver fatto qualcosa per combattere l'evasione? Dobbiamo interpretare il tutto come una sofisticata forma di passatempo governativo? Se così dovesse essere, caro ministro, tappi il buco della serratura e si dedichi ai solitari. Come forma di passatempo è sicuramente meno nociva. Nel frattempo, ci presti un po' di attenzione. Magari, fra un tre di picche e un re di denaro, si renderà conto che Libero non può essere l'assopigliatutto e che qualche colpa, piccola, non si preoccupi, c'è l'ha pure lei, assieme ai suoi colleghi. È vero, vendiamo un bel numero di copie e sempre più lettori ci seguono e ci apprezzano. Ma vuol farci credere che i due milioni di italiani scesi in piazza per manifestare contro il governo delle tasse sono tutti lettori di Libero? E i trentamila poliziotti che hanno protestato contro la finanziaria? Non c'era nessuno tra loro che abitualmente compra Repubblica o il Messaggero o l'Unità? E gli operai che ieri allo stabilimento Mirafiori hanno contestato i sindacati? Anche loro tutti Liberodipendenti? Nel suo lungo articolo su "aideM" (sta per "Media", scritto al contrario), Roberto Seghetti elenca i meriti della riforma del Tfr. Ieri a Mirafiori la riforma del Tfr è stata la più bersagliata dagli operai. Per favore, signori metalmeccanici, smettetela di leggere Libero e di contestare i sindacalisti troppo proni. Non vedete che Visco è dalla vostra parte, che i sindacati si battono per voi, che le tasse sono solo un'invenzione della stampa che non ama il governo? E intanto gli operai...

    Promemoria per il viceministro Visco (ma anche per Prodi, evidentemente): secondo uno studio Ires-Cgil condotto con la collaborazione della Swg (roba qualificata, possiamo crederci), al Nord il 47,50 per cento degli operai sta con il centrodestra, solo il 37,5 con il centrosinistra. Secondo uno studio noto a tutti e risalente alla notte dei tempi, gli operai tradizionalmente votavano a sinistra. Votavano, fino a quando sulla scena è comparso il governo delle tasse. Anzi, come spieghiamo proprio oggi, il governo delle cento nuove tasse. Troppe, non vi pare cari italiani tutti lettori di Libero? Cento tasse, roba mai vista. Soprattutto, roba messa spesso di nascosto, celata nelle pieghe di qualche emendamento, abilmente mascherata. E da noi smascherata. Ma voi, lettori, non fateci caso. Noi siamo quelli che esagerano, quelli che non capiscono il Codice da Visco (titolo dell'articolo di Seghetti). Noi siamo quelli di Libero, siamo una superpotenza, sediamo anche al tavolo del G8. E le tasse non ci piacciono. E questa non è un'esagerazione.
    Saluti liberali

 

 
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