lunedì, luglio 31, 2006

Il Vaticano scopre la priorità dei diritti umani



Uno dei molti vantaggi del mestiere di Papa (che Ratzinger sta imparando rapidamen-te, a quanto ci assicura) sta nel fatto che, grazie alla propria infallibilità, si può dire tutto e il contrario di tutto riscuotendo sempre il plauso della nostra stampa cosiddetta indipendente. Perfino quando si starnuta si trova sempre un Remato Farina o un Antonio Socci pronto a giurare che anche quello starnuto era davvero magistrale, anzi infallibile. Qualunque incoerenza viene o ignorata o addirittura esaltata come una nuova perla di saggezza. Queste le riflessioni che mi frullavano in testa leggendo il resoconto di un Seminario semisegreto svoltosi a Castel Gandolfo prima della partenza di Benedetto XVI per la Val d’Aosta e dedicato a un dibattito franco dei rapporti coll’Islam. Si è trattato d’un Seminario di due giorni riservato quasi soltanto a prelati e teologi tedeschi: tra i 35 invitati c’erano solo un paio di americani, nessun cardinale della Curia e neppure il Presidente del Consiglio pontificio per il dialogo interreligioso, Monsignor Michael Fitzgerald. Nella prima giornata si è discusso delle posizioni moderniste emerse nell’Islam contemporaneo e nella seconda si è passati all’analisi delle possibilità del dialogo interreligioso tra la Chiesa cattolica e il mondo islamico: ed è qui che, nel dibattito guidato e concluso da Benedetto XVI in persona, è emersa con grande chiarezza la svolta radicale voluta dal papa attuale rispetto a papa Woytila, tanto lodato a parole.
Durante la discussione papa Ratzinger ha costantemente sottolineato le enormi dif-ficoltà (ivi compresa l’assenza, nell’Islam, di un’autorità religiosa centrale) che si frappongono al dialogo teologico tra cristiani e musulmani. E in effetti tale assenza ha reso finora quasi impossibile utilizzare le gerarchie religiose islamiche per una mediazione nei conflitti tra i vari gruppi e gruppuscoli estremisti intorno a un qualsiasi problema. Beninteso, quest’assenza ha anche i suoi vantaggi, per chi la guardi con realismo o cinismo machiavellico, perchè rende pressoché impossibile, per le gerarchie e le masse islamiche adottare una politica unitaria e condivisa e moltiplica i con-flitti e gli odi intestini nel mondo musulmano. Inoltre, i partecipanti al Seminario hanno riconosciuto la particolare difficoltà dell’Islam a vivere in una società secolarizzata e la corrispondente difficoltà del dialogo tra la religione cristiana, che accetta la distinzione tra Stato e Chiesa, e la religione islamica che, come ha sottolineato papa Ratzinger, “tende ad integrare sotto la legge del Corano tutti gli aspetti della vita sociale”.
Questa profonda differenza, a parere del papa (naturalmente mai contraddetto dagli esperti intervenuti al Seminario), ha la sua radice nelle due diverse concezioni delle rispettive Sacre Scritture.Così, mentre per i cristiani il Vangelo è stato solo “ispirato” da Dio ai suoi evangelisti e apre quindi ampi spazi alle interpretazioni ed ai vari aggiornamenti suggeriti dalle vicende storiche, per i musulmani il Corano è stato “dettato” parola per parola da Dio a Maometto e risulta quindi molto più rigido e statico nelle sue interpretazioni e molto più tassativo nelle norme destinate a regolare l’organizzazione sociale.
Le implicazioni di quest’analisi papale, indubbiamente molto lucida, possono essere enormi. Come ha commentato un esponente autorevole del Seminario, la conclusione essenziale è stata che il dialogo coll’Islam non può essere un dialogo teologico e religioso, ma deve puntare piuttosto ad una migliore comprensione e collaborazione tra le due culture e civiltà ed a valorizzare soprattutto i diritti umani e il rifiuto della violenza. Si tratta di una conclusione molto interessante e largamente condivisibile che però ha un difettuccio piccolo piccolo: e cioè che smentisce radicalmente la posizione della Chiesa rispetto alla sua tradizionale polemica con le idee illuministiche e liberali che dalla loro nascita sono state le paladine (spesso assalite e derise dal dogmatismo ecclesiastico) dei diritti umani come cardine d’ogni mediazione e superamento delle differenze ideologiche e religiose tra i singoli ed i gruppi. Dov’è finito il sarcasmo con cui tanti prelati e filosofi integralisti hanno trattato la speranza illuministica di un umanesimo liberale capace di offrire un terreno d’incontro tra gli antagonismi delle varie culture e religioni? A quanto pare, dinanzi agli assassini dei fedeli e dei sacerdoti cristiani in vari paesi islamici, il Vaticano scopre l’esigenza di valorizzare i principi liberali come prezioso strumento di dialogo. E non possiamo che rallegrarcene. Ma resta inquietante che la cruciale svolta sia avvenuta alla chetichella, suscitando tutt’al più i soliti consensi incondizionati e cortigiani e possa quindi essere di nuovo smentita domani a seconda di come gira il boccino a questo papa o ad un suo successore.
Papa Woytila avvertì a suo tempo che “la Chiesa non è una democrazia”. Perciò oggi, dinanzi alla capriola di papa Ratzinger, faremo bene a non dimenticare il vecchio proverbio “Uomo avvisato mezzo salvato” ed a capire che la Chiesa non è democratica neanche quando utilizza le idee democratiche e liberali.


posted by Luigi De Marchi @ 92 PM 0 comments

venerdì, luglio 28, 2006


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