CANA, LA STORIA CHE SI RIPETE
Postato il Lunedì, 31 luglio @ 19:00:00 EDT di andrea
A CURA DI JEW WATCH
Estratto da un importante serie di articoli scritti dal reporter
Robert Fisk e pubblicati nel The Independent di Londra
DI ROBERT FISK
CANA, LIBANO MERIDIONALE (18 aprile 1996) -- E' stata una
carneficina. Era dal terribile giorno di Sabra e Chatila che non
vedevo così tanti civili innocenti massacrati. I profughi libanesi
(donne, bambini e uomini) giacciono ammucchiati, senza mani, braccia
o gambe, alcuni decapitati, altri completamente sventrati. Ce
n'erano più di un centinaio. Un bambino è disteso, senza testa. Le
bombe israeliane li hanno massacrati mentre erano nel rifugio delle
Nazioni Uniti, convinti di essere al sicuro sotto la protezione del
mondo intero: come i Musulmani a Srebrenica, anche quelli di Cana si
sbagliavano.
Di fronte al quartier generale ONU in fiamme che ospitava il
battaglione proveniente dalle isole Fiji, una ragazza tiene tra le
braccia il corpo di un uomo dai capelli grigi con lo sguardo fisso
su di lei, e lo culla piangendo e gridando le stesse parole
all'infinito: "Mio padre, mio padre". Un soldato ONU è in piedi in
mezzo a un mare di cadaveri e, senza dire niente, tiene sollevato il
corpo di un bambino senza testa.
"Gli Israeliani ci avevano appena detto che avrebbero fermato i
bombardamenti nella zona!", afferma un altro Casco Blu, scosso dalla
rabbia. "Dobbiamo per caso anche ringraziarli per tutto questo?"
Nelle rovine di un edificio in fiamme - la sala conferenze del
quartier generale ONU di Fiji - un ammasso di cadaveri sta
bruciando; il tetto è caduto sopra di loro incenerendoli di fronte
ai miei occhi. Camminando in quella dichiarazione scivolo su una
mano amputata.
Il massacro perpetrato da Israele in questi terribili dieci giorni
di offensiva - 206 civili uccisi, fino alla notte scorsa - è stato
così feroce e sfrontato che nessun Libanese riuscirà mai a
perdonarlo. La scorsa domenica ci sono state ambulanze colpite, le
sorelline uccise a Yohmor il giorno prima, la bimba di due anni
decapitata da un missile israeliano 4 giorni fa. E sempre ieri (18
aprile 1996, ndr), prima di Cana, gli Israeliani hanno ucciso una
famiglia di 12 persone, tra cui un neonato di soli 4 giorni, con un
razzo lanciato da un elicottero direttamente sulla loro casa.
Poco tempo dopo la carneficina di Cana tre jet israeliani hanno
sganciato bombe a solo 250 metri di distanza da un convoglio
umanitario guidato dall'ONU nel quale viaggiavo, facendo saltare per
aria una casa di fronte a me. La notte scorsa, mentre stavo tornando
a Beirut per completare il mio articolo sul massacro di Cana da
spedire all'Independent, vidi due navi da guerra israeliane sparare
a macchine di civili che attraversavano il ponte a nord di Sidon.
Qualsiasi forza di interposizione straniera è destinata a fallire in
Libano; il massacro di Palestinesi a Sabra e Chatila da parte delle
milizie filo-israeliane nel 1982 ne è la riprova. Ora gli Israeliani
si sono macchiati un'altra volta di sangue a Cana, la piccola e
squallida città di collina dove i Libanesi credono che Gesù abbia
trasformato l'acqua in vino.
. Il sangue dei profughi scorre letteralmente a fiumi nell'edificio
ONU distrutto dalle bombe, in cui gli sciiti avevano inutilmente
cercato rifugio dalle devastazioni del Libano meridionale (tra
l'altro, seguendo l'ordine di evacuazione dato dagli Israeliani
qualche giorno prima). I Caschi Blu francesi e quelli provenienti da
Fiji spostano con fatica un altro gruppo di cadaveri, li avvolgono
nelle coperte con le braccia strette tra loro.
Un soldato francese mormora a se stesso una sorta di giuramento
mentre apre una borsa in cui sta raccogliendo piedi, dita e pezzi di
braccia.
E mentre camminavamo tra queste atrocità, uno sciame di persone
faceva irruzione nell'edificio. Erano giunti fin lì da convogli
sparsi partiti da Tyre e iniziarono a levare le coperte dai cadaveri
mutilati delle loro madri e dei loro figli, urlando Allahu Akbar
(Dio è grande!) e a minacciare le truppe ONU.
Improvvisamente, da truppe ONU e giornalisti, ci eravamo trasformati
in Occidentali, alleati di Israele oggetto di odio e vendetta. Un
uomo dalla folta barba con occhi fieri e la faccia infuriata ci
gridò addosso: "Siete Americani! Gli Americani sono dei bastardi!
Siete voi che avete fatto tutto questo, Americani bastardi!".
Il presidente Bill Clinton si è alleato con Israele per combattere
la sua guerra contro "il terrorismo" e i Libanesi, nel loro dolore,
non se ne sono dimenticati. Le scuse ufficiali del governo ebraico
non sono state altro che sale sulle ferite. "Vorrei essere imbottito
di tritolo per farmi esplodere tra gli israeliani" mi disse un
vecchio libanese.
Per quanto riguarda gli Hezbollah, i quali hanno promesso che
Israele pagherà per tutti i civili uccisi, la loro vendetta non
tarderà ad arrivare. Il nome dell'operazione condotta dagli
israeliani (Grapes of Wrath, grappoli d'ira, ndr) potrebbe purtroppo
rivelarsi quanto mai azzeccato.
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La faccia di Herve de Charette era bianca come la morte. Il ministro
degli esteri francesi, vestito elegantemente con un completo e una
cravatta blu, camminava cautamente all'interno dell'edificio ONU
teatro del massacro di una settimana prima (18 aprile 1996, ndr),
scuotendo diplomaticamente il capo mentre un comandante ONU gli
descriveva i 12 minuti in cui le bombe israeliane fecero a pezzi più
di 120 profughi, le parti dei cadaveri che i suoi soldati dovevano
raccogliere, le difficoltà per identificare gli arti maciullati di
un bambino. Il signor De Charette ascoltava con disgusto. Fu allora
che si trovò di fronte ad una sopravvissuta.
Faaya Zrir, una piccola e fragile donna con indosso una sciarpa,
raggiunse il ministro degli esteri francese e cominciò a parlargli
in un misto di amore e rabbia. "Per noi, la Francia è come nostra
madre e Dio è il nostro padre" disse sorridendo al suo fortunato e
casuale interlocutore in una retorica che avrebbe potuto essere
scritta dai portavoce a Quai d'Orsay.
Poi le cose cominciarono ad andare storte. "Noi abbiamo visto
l'inferno" continuò la signora Zrir "La gente è stata fatta a pezzi
dalle bombe israeliane. Sanguinavano, queste persone. Avrebbe dovuto
vedere le loro teste."
Alla destra del ministro francese, un libanese traduceva a bassa
voce quelle tremende parole. De Charette cominciò a sentirsi a
disagio. "Abbiamo vissuto qui da 40 anni ed ora siamo trattati come
animali," pianse la donna. "Sapete cos'hanno fatto i cani la notte
dopo il massacro? Erano affamati e li ho visti addentrarsi nelle
rovine per mangiare dita e altri pezzi dei nostri morti."
De Charette la fissò come se avesse visto un fantasma. Questo non
faceva chiaramente parte del programma in cui il ministro degli
esteri avrebbe dovuto pranzare frugalmente al quartier generale ONU
a Naqqoura, farsi fotografare sul tetto distrutto dell'edificio ONU
ed essere protagonista di una conferenza stampa di tre minuti per
dare un'impressione di disponibilità verso i Libanesi, per poi
tornare velocemente sulla costa e volare in elicottero fino a
Beirut; insomma avrebbe dovuto fare tutto ciò che avrebbe potuto
accrescere il tanto strombazzato amore francese per il Libano. E la
realtà non avrebbe dovuto far parte del programma.
Un soldato ONU fu abbastanza brusco parlando in quella
situazione. "Questo posto si trasformerà in uno di quegli orribili
luoghi di pellegrinaggio per i potenti", mormorò. "Boutros-Ghali ha
inviato qui i suoi emissari oggi, per esprimere il loro orrore. Ma
non faranno niente di più di ciò che hanno fatto a Srebrenica.
Mostreranno il loro dissenso e poi se ne infischieranno di tutto.
Neppure ora avranno le palle per condannare Israele per questa
atrocità".
Il problema è che. né gli USA né l'Europa condanneranno una nazione
che ha riversato sui profughi di Cana bombe da 155mm per 12 minuti;
e una condanna di questo tipo può essere il solo palliativo che i
Libanesi potrebbero accettare per ora.
Non è assolutamente difficile capire il loro punto di vista. La
scorsa notte sulla strada costiera per Beirut c'erano auto in
fiamme, civili (3 dei quali feriti) deliberatamente puntati da navi
da guerra israeliane a nord di Sidon. Se fosse stata una nave
siriana a bombardare dei civili israeliani sulla strada che va da
Haifa a Tel Aviv, sicuramente il signor Clinton avrebbe
(giustamente) biasimato quest'atto, definendolo "terrorismo
internazionale".
Ed invece non una singola parola di condanna per lo scandaloso
massacro di civili libanesi è stata espressa dai ministri degli
esteri di Stati Uniti, Russia, Francia e Italia nei loro tentativi
di porre fine ad una guerra apparentemente inarrestabile.
Robert Fisk
Fonte: http://www.jewwatch.com
Link: http://www.jewwatch.com/jew-genocide...inian-qana.htm
18.04.1996