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Camorra e mafia controllavano le slot
28 aprile 2009| Marco Menduni

Di seguito, estratti di interrogatori e intercettazioni:
un’intercettazione sul «regalo alla Finanza» - ascolta
un’intercettazione in una sala bingo di Milano - ascolta
dall’interrogatorio di un pentito a Modena - ascolta
dall’interrogatorio di un altro pentito - ascolta
dall’interrogatorio di Giuseppe Contino - ascolta
dall’interrogatorio di Dario De Simone ad Aversa - ascolta
dall’interrogatorio di Gennaro Panzuto - ascolta
dall’interrogatorio di Luigi Pesce sulle tangenti - ascolta
dall’interrogatorio di Pietro Lago sui carabinieri - ascolta
dall’interrogatorio di Salvatore Giuliano - ascolta

“Il tesoretto della mafia”, intitolava ilSecolo XIX nella sua edizione del 31 maggio 2007. Prima puntata dell’inchiesta sulle infiltrazioni della criminalità nel settore dei videogiochi, delle macchinette da bar e delle sale bingo. E della vicenda, ancora non conclusa, della maxi-sanzione da 90 miliardi di euro (più di tre leggi finanziarie) inflitta alle società concessionarie delle slot machineEcco il sistema di coperture in Italia. La guardia di Finanza ha confermato quei sospetti. L’inchiesta della procura di Napoli ha aperto uno squarcio inquietante sui giochi (anche quelli “legali”) in Italia. Camorra e mafia hanno stretto un patto. Il business dei giochi è un salvadanaio sicuro per incrementare i guadagni e riciclare il denaro sporco. Un’invasione silenziosa: sale Bingo, centri di raccolta di scommesse sportive e soprattutto slot machine, disseminate in ogni angolo della penisola. Finiscono in carcere in 29 e tra di loro ci sono anche tre carabinieri.

Nella geografia delle sale da gioco finite sotto sequestro è come incisa la marcia di conquista della criminalità organizzata. Arrivano cinquecento finanzieri. E uno dopo l’altro cadono i bastioni operativi dell’organizzazione. Sigilli allo storico Bingo di viale Zara a Milano, in pieno centro. E poi altri blitz a catena a Cassino, a Cernusco sul Naviglio, a Lucca, a Padova, a Brescia, a Cologno Monzese, a Cremona, a Frosinone. E ancora Napoli, Caserta, la Campania, terra di scorribanda del clan dei Casalesi, che reggevano le fila dell’organizzazione. In un contesto che confessioni e intercettazioni descrivono tra il desolante (i “regalini” da fare ad alcuni finanzieri) e l’agghiacciante (il carabiniere che si offre ai camorristi per commettere “atti di sangue”).

Poi ci sono le scommesse sportive. Sotto sequestro anche Betting 2000, big in Italia nel settore. E, ancora e soprattutto, le slot. Una manna, un salvadanaio sicuro per la camorra e per la Piovra. È il procuratore della Repubblica di Napoli, Giandomenico Lepore, a spiegare il meccanismo: «L’organizzazione riciclava i soldi di provenienza criminale in tre settori nevralgici dell’economia nazionale: gioco del Bingo, raccolta di scommesse sportive e ippiche, new slot. Tutto controllato attraverso un sistema di “scatole cinesi” che faceva capo alla famiglia Grasso». Poi prestanome, teste di legno pulite, senza precedenti. Da esporre ufficialmente, per ottenere il via libera dai Monopoli di Stato. Sotto accusa finisce anche la legislazione e il sistema di controllo del settore. «I Casalesi e la mafia - spiega ancora Lepore - anche grazie ai nuovi indirizzi politico-legislativi decisi a partire dal 2000 hanno approfittato dell’espansione del mercato dei giochi per reinvestire i proventi illeciti».

Con la complicità delle forze dell'ordine e dei monopoli di stato.