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L’ULTIMA FOLLIA DEL GOVERNO REGALA 3.000 MILIARDI AGLI IMMIGRATI
carlo passera L’ultima trovata in ordine di tempo è quella del ministro Paolo Ferrero: «A ogni immigrato (senza differenza tra clandestino e regolare: anzi, i clandestini non “esisteranno” nemmeno più, ndr) servirà una quota di denaro, che gli permetterà di stare bene durante il permesso di soggiorno». In spiccioli, il ministro della Solidarietà sociale, unico esponente governativo di Rifondazione Comunista, quantifica in 2 o 3mila euro la somma necessaria pro capite. Poiché certo non vorrà escludere da questo beneficio nessuno dei circa 500mila clandestini presenti in Italia (stime Caritas, probabilmente per difetto) ne deriva un “regalo” inatteso dallo Stato agli irregolari di 3mila miliardi di lire, alla faccia dell’austerità invocata da Tommaso Padoa-Schioppa, che pure di Ferrero è collega.
Ancora più pesanti sarebbero ovviamente i costi sociali: perché è facile previsione pensare che il ritorno dell’Italia-Bengodi nell’immaginario dei disperati al di là del Mediterraneo fungerebbe da attrazione fatale. La possibilità “facile” di entrare nel nostro Paese, potendo cercare in tranquillità un posto di lavoro per un anno intero, al di fuori dalla clandestinità, e in più col grazioso omaggio di sei milioni delle vecchie lire, spingerebbe praticamente... ...chiunque allo sbarco frettoloso sulle nostre coste, magari anche solo per accaparrarsi una somma che, in altri lidi, rappresenta il guadagno complessivo di qualche anno di duro lavoro. E come poi stabilire chi ha già beneficiato dell’omaggio e chi ancora no? Sulla base di quale documentazione di identità? Come comportarsi, inoltre, con chi facesse continuamente la spola avanti-indietro, allettato dalla danarosa promessa? Come garantire che la somma concessa sarà davvero investita nella scrupolosa ricerca di occupazione e non per consumi goderecci? Sono tutte domande destinate a rimanere senza risposta.
Finiremmo, è facile prevederlo, nel caos più totale, e solo la mancanza di soldi nelle casse dello Stato sembra rassicurare chi, come noi, trova inapplicabile l’ipotesi di Ferrero. Eppure tanta irragionevolezza la dice lunga sull’atteggiamento del governo in materia; spazzato via ogni tentativo di regolamentazione rigida - seppur imperfetta - tentata con l’applicazione troppo desultoria della legge Bossi-Fini, il segnale chiaro è: “Liberi tutti”. È già peraltro giunto in Nord Africa e lo confermano i continui sbarchi di questi giorni. Come non comprendere tutto ciò? In uno scenario europeo di controlli sempre più severi, con lo stesso idolo della sinistra-sinistra José Luis Zapatero che in materia usa il pugno di ferro, è logico che i flussi si indirizzino verso l’anello buonista della catena, il Paese dove pare tornare il più completo lassismo. Dove gli immigrati appena sbarcati non li respingono: anzi li pagano.
Eppure il nostro Paese ha dovuto già affrontare forti costi per fronteggiare il fenomeno immigratorio. Non parliamo solo di quelli, incalcolabili, di tipo sociale, testimoniati in qualche modo dai circa 20mila extracomunitari che si trovano a soggiornare nelle nostre carceri (molti per la verità le abbandoneranno nelle prossime ore grazie all’indulto; è “immigrato” più di un reato su tre). Ma anche spese puramente economiche.
Premessa doverosa: l’immigrazione è un fenomeno planetario dovuto a squilibri oggettivi, senza appianare i quali l’Occidente diventa necessariamente una ridotta presa d’assalto da una moltitudine affamata. Ma se è questo il quadro, un singolo Stato ha perlomeno il dovere e la necessità di regolamentare al meglio tale assalto, perché sia il più ordinato e il meno drammatico possibile, sia per chi ne è attore che per chi lo subisce. I costi di tutto questo rischiano ora di decuplicare, ma nemmeno fino a oggi sono stati particolarmente bassi.
I dati parlano chiaro. Una prima “voce” che viene a incidere sul maggiore costo per lo Stato derivante dall’immigrazione nel nostro Paese è quella relativa alla spesa sanitaria, in una situazione giuridica in base alla quale cure urgenti e interventi preventivi non sarebbero de iure a titolo gratuito, ma lo sono de facto (sentenze della Corte Costituzionale hanno peraltro chiarito che il diritto alla salute si configura come finanziariamente condizionato, ovvero come un diritto che può essere rivendicato nel limite delle risorse disponibili, sempre limitate rispetto ai bisogni emergenti. Ciò vale per gli italiani - da questo ad esempio deriva l’introduzione dei ticket - e tanto più per gli stranieri, in particolar modo se clandestini).
Bene, per tutti gli interventi di assistenza sanitaria agli stranieri irregolari la legge prevede un particolare capitolo del Fondo sanitario nazionale, che ultimamente è sempre stato finanziato con risorse di poco inferiori ai 62 miliardi di lire l’anno (30.990.000 euro nell’ultima delibera Cipe, 22 marzo 2006). Non è poco, ma solo una goccia nel mare rispetto allo stanziamento necessario per provvedere a erogare i “livelli essenziali di assistenza agli stranieri regolarizzati” (anno 2004): sono quasi 579 milioni di euro, dunque ben più di 1.100 miliardi di lire all’anno, secondo un dato per difetto imposto dallo Stato centrale alle Regioni, che erano ben meno ottimistiche, tanto che il loro calcolo aveva in realtà sforato quota 900 (si parlava di 975 milioni di euro l’anno, somma ottenuta moltiplicando la quota di 1.300 euro pro capite per il numero totale degli stranieri regolarizzati).
Un altra spesa dell’immigrazione (parliamo di costi non sociali ma puramente economici; e, tra questi ultimi, parliamo solo di quelli quantificabili direttamente, e non ad esempio del costo che grava sullo Stato per il mantenimento di un adeguato apparato di forze dell’ordine, dell’aggravio di spesa per la macchina processuale, per la detenzione eccetera) è quella relativa ai Cpt, i Centri di permanenza temporanea. Costruirli, in base alla vecchia legge Turco-Napolitano, ci è costato 500 milioni di euro (dati 1999-2004); mantenerli tutti e 14 (tanti sono dislocati sul territorio nazionale: 12 Cpt e 2 Cpta, Centri di permanenza temporanea e accoglienza) peserà sul nostro bilancio 2005-2006 per 300mila euro. Da queste somme sono ovviamente esclusi i costi per il “soggiorno” dei loro “ospiti” (82mila tra il 1999 e il 2004): si tratta di circa 71 euro giornalieri pro-capite in media, quanto occorre per una camera singola in un discreto hotel, anche in luogo di villeggiatura. In realtà tale cifra non tiene conto dei picchi (in certi Cpt lo Stato arriva anche a rimborsare 90 euro al giorno, sempre pro capite), né dei costi accessori (trasporti, forse dell’ordine eccetera), tanto che qualcuno ha azzardato un calcolo globale che sfiora quota 200 euro: un conto da hotel a cinque stelle. Il trattamento effettivo degli immigrati, peraltro, è da ostello degradato (non vale più di 10 euro secondo il quotidiano Liberazione): resta la spesa folle e lo spreco di denaro. Che diventa ancor più inaccettabile se leggiamo i dati relativi alle espulsioni effettive (non i semplici fogli di via, che finiscono presto nel cestino della carta straccia), che nei sei anni considerati sono state 32mila. Ossia, facendo due calcoli, rimpatriare ogni singolo clandestino ci è venuto a costare circa 15mila euro, 30 milioni delle vecchie lire. Qualcuno utilizza questi numeri (così come i 328 milioni di euro stanziati dal governo per le politiche dell’immigrazione tra il 2004 e il 2006) per chiedere una svolta e la chiusura di quegli stessi Cpt pur voluti dall’allora governo ulivista. Ma l’argomentazione “ci costano troppo” pare poco convincente se a sostenerla è quella stessa sinistra che vorrebbe dare soldi a tutti i clandestini giunti del nostro Paese e che auspica un allargamento delle maglie alla frontiera, così da decuplicare il costo economico e sociale dell’ondata immigratoria sulla Penisola. Servirebbe, in sintesi, una politica responsabile, in grado di coniugare fermezza e solidarietà, integrando chi è già nel nostro Paese, accogliendo chi vi giunge con un preciso sbocco lavorativo e respingendo tutti gli altri. Tale politica non ce la darà di certo il ministro Ferrero.
c.passera@lapadania.net
[Data pubblicazione: 01/08/2006]
... e tu lavora, Padano imbecille, che qualcuno dovrà pur mantenerli... come se non bastassero i terroni. E la Lega che fa? Per ora non ho sentito reazioni serie...