Maurizio Blondet
05/08/2006
Militanti Hezbollah - molte donne - in manifestazione contro l'invasore.Ad Hezbollah sono stati attribuiti tutta una serie di attentati suicidi.
Robert Pape, docente di scienze politiche all’università di Chicago, ha raccolto le biografie, i video di addio e le testimonianze su 38 dei 41 cosiddetti «kamikaze islamici» fattisi saltare in aria tra il 1982 e il 1986, compresi gli attentatori del sanguinoso attacco con un camion esplosivo che uccise 240 marines presso l’aeroporto di Beirut.
Sorpresa: solo 8 di questi suicidi erano fondamentalisti islamici.
Ben 27 invece provenivano da formazioni laiche di estrema sinistra, come il Partito Comunista Libanese e l’Unione Socialista Araba.
Tre, infine, erano cristiani: fra questi una donna, insegnante di liceo e laureata.
Il solo elemento comune: tutti nati in Libano. (1)
Il professor Pape, che su questo ha scritto un libro («Dying to win: the strategic logic of the suicide terrorism»), conclude: questi suicidi degli anni ‘80, come i loro seguaci di oggi che combattono gli israeliani, non sono uniti da una qualche irrazionale visione fanatica o da una ideologia politica, ma «dalla comune decisione di resistere all’occupazione straniera».
Combattenti per la libertà del Paese, dunque.
Con un’arma disperata - il proprio corpo - poiché non ne avevano altre a disposizione.
Il che significa, dice Pape, che Israele e USA combattono un nemico immaginario anzichè quello reale.



Hezbollah non è in primo luogo un partito confessionale, né una milizia sciita fanatica.
«E’ un ampio movimento che è cresciuto come reazione all’invasione israeliana del Libano
nel 1982, una sorta di organizzazione-ombrello che tacitamente coordina la volontà di resistenza di una galassia di gruppi diversi, con diverse visioni religiose e laiche».
Anche per struttura e gerarchia Hezbollah ha poco in comune con una setta o un gruppo militante come per esempio i Talebani.
Pape lo avvicina al «movimenti per i diritti civili americano degli anni ‘60».
In che senso?
Il movimento USA nacque e si sviluppò come resistenza alla guerra del Vietnam, ed espresse un profondo scollamento di parte della società verso il governo, una profonda contestazione della legittimità del potere vigente.
Nella tragica situazione del Libano, l’impotenza della classe politica e dei partiti davanti all’invasione e all’occupazione israeliana, e l’affondare dei gruppi «poltici» locali (con varia affiliazione estera) in una guerra civile fratricida, è la causa del successo di un movimento che ha «ri-orientato i gruppi sociali libanesi» che volevano «fare qualcosa» contro l’occupazione, e che non trovavano sbocco nei partiti e nelle fazioni pre-esistenti, inattivi o fratricidi.
Questo movimento è appunto Hezbollah.
Spiegato in questa chiave, Hezbollah perde la sua pretesa natura irrazionalistica e «unica», per avvicinarsi alla dinamica dei «movimenti» più vari anche in Occidente: dalla prima Comunione e Liberazione ai no-global, fino ai movimenti di volontariato e ai «cristiani rinati» americani, e persino ai Lubavitcher e al Gush Emunim isrealiani.


Il professor Robert Pape



Il pullulare di questi movimenti segnala e denuncia uno scollamento fra generazioni di giovani e il potere politico vigente ancorchè «democratico», la sua perdita di legittimità, nonché il bisogno di creare una micro-società di concordi, rifugio comune nel degradarsi di una società atomizzata; micro-società che, in Occidente come nel mondo islamico, spesso si radunano sotto un segno «religioso» e identitario.
Il problema dunque, dice Pape, non è che Hezbollah sia un burattino dell’Iran, come dice la propaganda.
Il problema è che Israele ha di fronte una società che, abbandonata o tradita dai politici convenzionali, «fa da sé», si auto-organizza e si raccoglie nello scopo di liberarsi dal nemico.
Non è una milizia, ma il Libano della «gente».
Perciò, bombardare e uccidere non basta, a meno che non si voglia sterminare tutta la gente libanese.
Il che non è escluso, diciamo noi, ma Pape dice: come negli anni ‘80, la sola cosa che ha messo fine agli attentati suicidi è stato il ritiro delle forze occupanti, così oggi questo è il solo modo di mettere fine ai fieri combattimenti degli Hezbollah.

Maurizio Blondet




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Note
1) Robert A. Pape, «The imagined enemy, and the real one», International Herald Tribune, 4 agosto 2006.




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