Il centrodestra ha perso le elezioni, ma il centrosinistra le ha vinte con un margine così esiguo che gli sconfitti non sono caduti nella sindrome della recriminazione, e questo è, per loro, un fatto positivo.
Però dalla constatazione dell’estrema debolezza, non solo numerica, della maggioranza sono passati un po’ troppo semplicisticamente a disputare di come, e a vantaggio di chi, debba essere gestita la fase del dopo Prodi.
Anche un tema importante come quello di quale sia la tattica di opposizione più adatta per mettere in difficoltà l’esecutivo, se cioè sia meglio una specie di guerriglia parlamentare intrisa di ostruzionismo o un atteggiamento più insinuante che punta a far emergere le differenze interne alla variegata coalizione dell’Ulivo, viene trattato in vista dei futuri guadagni che ciascuno si aspetta.
I ragionamenti che si sentono in giro sono tutti di questo tipo.
Se Prodi cade troppo presto, dice qualcuno, si va a elezioni anticipate di nuovo con la candidatura di Silvio Berlusconi, e questo a qualcuno piace e a qualcuno no.
Se invece dopo Prodi si va a una “fase Merkel” si crea uno spazio maggiore per i centristi, da Franco Marini a Pier Ferdinando Casini, con un passo indietro di Berlusconi e, forse, anche di Prodi.
Questi sono solo due esempi delle numerosissime varianti su cui si affaticano le menti del centrodestra.
Come giochino da praticare sulle spiagge può anche andare, purché ci si renda conto che con la politica ha poco a che fare.
Prima di spartirsi la pelle di un orso bisogna essere in grado di togliergliela.
Non è affatto detto che Prodi cadrà da sé.
Le contraddizioni della maggioranza ci sono, ma possono essere governate, come peraltro è accaduto sinora, soprattutto se l’opposizione non rappresenta un’alternativa credibile e forte.
Quella attuale lo è sul piano numerico, e questo è un dato importante ma non sufficiente. L’opposizione deve rispondere alla domanda dei numerosi elettori che l’hanno sostenuta, che non è quella su chi conterà di più e chi di meno, ma su come si difendono le idee e gli interessi su cui è stata costruita un’alleanza che dura ormai da molti anni e che deve essere rinegoziata ma non distrutta.

Ferrara su il Foglio del 5 agosto

saluti