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Risultati da 1 a 8 di 8
  1. #1
    DaBak
    Ospite

    Predefinito Parole misurate di Maurizio Blondet

    Parole misurate (risposta a certi lettori)
    di Maurizio Blondet
    Fonte:
    www.effedieffe.com
    10/08/2006

    Certi lettori continuano a rimproverarmi un certo eccesso verbale anti-ebraico, che sconfina (Geovah non voglia) nel cosiddetto antisemitismo.
    A costoro offro il refrigerio di una prosa sobria e oggettiva, finalmente: quella di Paolo Guzzanti, più noto come padre di due comici e meno come giornalista, benché percepisca uno stipendio semi-miliardario come vice-direttore a Il Giornale di Berlusconi.
    Il lettore che mi segnala questo capolavoro di giornalismo d’opinione, avverte che esso è stato pubblicato prima del massacro di bambini di Qana.
    Ecco Guzzanti:
    «
    Voglio urlare ad Israele: vai e colpisci, ovunque essi siano, vai e fai quello che un occidente mentitore e senza spina dorsale non ha il coraggio di fare.
    Io voglio gridare, voglio esaltare la guerra di Israele.
    Voglio che Israele con mano chirurgica e ferma colpisca e cauterizzi, che con mano pietosa distrugga col fuoco.
    I pilot i devono avere occhi di chi non può consentirsi emozioni, le mani ferme sulle leve e i joy stick nei carri roventi che macinano la terra e la sabbia, mani che stringono armi e vuotano caricatori, menti gelide nel deserto rovente.
    Va e colpisci anche per i francesi che esaltano i loro zizù zazà zulù zozò, le loro cornate da capre mentre Parigi si appresta a bruciare di nuovo, e per quella gente di formaggio e paura che abita l’Olanda fertile di musulmani e la Svezia musulmana e la Danimarca musulmana e i loro maledetti covi e riti, via spazzateli tutti, purgateli, eliminateli, colpisci anche per loro, per noi, Israele.
    Oh Israele, se solo potessi marciare nella tua guerra, se potessi vegliare nei tuoi campi in attesa, se potessi fare l’autostop per raggiungere la mia unità, se potessi lasciare il mio kibbutz o villaggio o città biblica con i capelli sotto il berretto, il fucile in spalla, l’abito da guerra di Israele e la sua bandiera.
    Oh Israele se soltanto pote ssi non essere solidale ma esserci, non scrivere ma combattere, come vorrei, Israele, essere alla guida di un carro con due materassi legati fuori, insieme a giovani con la chitarra come quelli che incontrai in Libano un quarto di secolo fa e parlare con loro di cinema, e sparare, e di poesia, e sparare, e di musica, e correre, e far tuonare il corto cannone che non sbaglia mentre il cielo viene tagliato a lama di coltello dai nostri jet.
    Oh Israele!
    ».
    Il lettore che mi segnala questo pezzo chiede se qui non ci siano estremi di reato, istigazione all’odio razziale, apologia di sterminio e simili.
    A me questa prosa poetica suscita ricordi infausti.
    Come la retorica guerrafondaia di Marinetti, il futurista che scrisse un’ode alla mitragliatrice e proclamò: «Guerra, sola igiene del mondo», e fu tra quelli che gettarono l’Italietta, preparata solo in magniloquenza, nel carnaio della grande guerra.
    Di Marinetti il futurista, persino D’Annunzio disse che trattavasi di «un idiota con lampi di cretinismo»: la definizione merita di essere rispolverata per il sobrio Guzzanti.
    Si noti la misurata profondità del suo pensiero: ormai anche Francia (Zidane), Olanda, Svezia e Danimarca sono musulmane; l’Occidente è ridotto a cosa?
    Ai giudei.
    Ogni giorno, altri opinionisti si superano in sobrietà e senso della misura con prose del genere, da Introvigne a Farina a Magdi Allam: negli ultimi giorni, secondo le istruzioni ricevute, premono perché l’Occidente intero affianchi lo Stato rabbinico nell’attacco finale all’Iran.
    Per esperienza di inviato di guerra, so che questi guerrieri di scrivania, con la loro prosa-poetica caricata a mitraglia e di insopportabile retorica, sono i più imbelli.
    Guzzanti fa lo spaccamontagne e il mangiafuoco perché è convinto che Israele ed USA possiedano una forza invincibile; appena si profilasse un rovescio e un’incrinatura in tanta invincibilità, lo vedreste fra i primi, tremante , a convertirsi all’Islam per salvare la pelle; e pochi mesi dopo lo trovereste nella moschea a predicare la conversione forzata dei cristiani che resistono, a cantare le lodi della scimitarra decapitatrice, a intimare ai maomettani di «non consentirsi emozioni».
    Stessa prosa con segno algebrico cambiato.
    Un esempio?
    Giorgio Bocca.
    Sotto il fascismo repubblicano scrisse articoli (cui nessuno lo obbligava) che esaltavano le leggi razziali e bollavano il potere ebraico mondiale; pochi mesi dopo, era partigiano comunista, e predicava e praticava la spietatezza omicida prima enunciata, solo col nero mutato in rosso.
    E prima come dopo, sempre giornalista di successo, sempre dalla parte della ragione: la ragione dominante.
    Spero di aver risposto a quei lettori perplessi.
    Ma non ci conto troppo, perché in essi traluce la stessa filosofia di Guzzanti.
    Uno mi scrive, sobriamente: «Pirla. Ma non capisci che Israele ci sta liberan do dai musulmani? Pirla».
    Trovo questo atteggiamento particolarmente disgustoso per viltà.
    Il fondo del «ragionamento» è questo: vorrei sterminare tutti i musulmani, non ne ho il coraggio, e dunque mi aspetto che gli ebrei facciano il lavoro sporco, e mi liberino dalla razza odiata.
    Quanto alla speranza che altri liberino noi, è precisamente la disgustosa viltà che Manzoni vide permanente negli italiani.
    Ricordate il coro dell’Adelchi, atto terzo («Dagli atri muscosi, dai fori cadenti»)?
    Lì il gregge italiota imbelle spera che i Franchi lo liberino dal giogo dei longobardi.
    Ecco come va a finire:
    «E il premio sperato, promesso a quei forti [i franchi],
    Sarebbe, o delusi, rivolger le sorti,
    D’un volgo straniero por fine al dolor?
    Tornate alle vostre superbe ruine,
    All’opere imbelli dell’arse officine,
    Ai solchi bagnati di servo sudor.
    Il forte si mesce col vinto nemico,
    Col novo signore rimane l’antico;
    L’un popolo e l’altro sul collo vi sta.
    Dividono i servi, dividon gli armenti;
    Si posano insieme sui campi cruenti
    D’un volgo disperso che nome non ha
    ».
    E’ sempre così; ed è anche oggi la nostra situazione italiana.
    Guzzanti «vorrebbe» essere accanto ai suoi eroici soldati di Giuda.
    Vorrebbe tanto «far tuonare il corto cannone che non sbaglia mentre il cielo viene tagliato a lama di coltello dai nostri jet».
    Ma non parte.
    Non prende il fucile.
    Non manda i suoi figli comici a combattere e morire per l’Occidente/Israele: resta, assetato di sangue, a percepire lo stipendio miliardario di Berlusconi.
    Il lettore che mi dà del pirla fa la stessa cosa.
    Perché non si arruola?
    Perché non si fa dare un M-16?
    No, aspetta che sia Giuda a liberarlo dall’incubo islamico.
    Insomma, se la fa sotto.
    Ecco perché, in un modo o nell’altro, sempre qualche padrone straniero «sul collo ci sta».
    Non so se ques to aiuti a capire anche il lettore Alvini, cattolico.
    Che più cortese discetta: «Rimango stupefatto dalla sua malcelata simpatia per la ‘centunesima eresia’, come Giovanni Damasceno chiamava l’Islam».
    Dopo, Alvini insinua che questa simpatia ha una radice fascista: «Se lei si ispira a questa cultura dovrebbe dichiararlo ai lettori; sarebbe una posizione legittima, intendiamoci, ma farebbe luce su alcuni suoi interventi».
    E continua: «Credo che lei stia sottovalutando un pericolo terribile per l’Europa e la stessa cristianità… o pensa, come il guènoniano Pallavicini, che un ‘ortodosso nell’anima’ non fa questione di confessioni religiose, o che vi sia un’affinità misteriosa tra Islam e fede in Cristo?».
    Ebbene no, caro cattolico lettore.
    La mia simpatia non è per la «centunesiuma eresia».
    La mia simpatia e solidarietà va ai perseguitati, ai bombardati innocenti, ai bambini ammazzati da «mani che stri ngono armi e vuotano caricatori, menti gelide nel deserto rovente», per usare la sobria prosa omicida del Guzzanti.
    Io simpatizzo per gli aggrediti e non per gli aggressori, provo pietà per i disarmati uccisi da superpotenti spietati.
    Simpatizzo per gente umiliata nella sua dignità, trattata come cosa o bestia per la sua religione.
    Per il milione di senzatetto, per le loro case abbattute senza motivo, per il loro lavoro andato in fumo, per i loro familiari sepolti dai jet che sparano in alta quota con un volume di fuoco inimmaginabile.
    E non in modo malcelato, ma apertamente.
    Peggio: sono convinto che questa sia la sola posizione cattolica ammissibile.
    Immagini Alvini che una potenza superiore riduca la Svezia in macerie come Giuda ha ridotto il Libano: un cattolico dovrà discettare che gli svedesi, dopotutto, sono protestanti e quindi non si deve protestare, anzi tifare per il distruttore?
    No.
    Se c’è un atteggiamento non-cattolico, è p ensare in termini di «noi contro loro».
    Anche in guerra, il cattolico deve al nemico giustizia e carità.
    Anche ai musulmani.
    Un cattolico dovrebbe sapere che là dove uomini - di qualunque fede - vengono crocifissi e suppliziati, bambini uccisi, innocenti umiliati e feriti nel corpo e nella dignità, là è Cristo.
    Ma forse sbaglio.
    Forse sbagliava il samaritano che curò l’ebreo, doveva curare solo samaritani.
    E forse sbagliava Madre Teresa, che accoglieva e lavava i moribondi miserabili a Calcutta senza chiedere loro prima se erano «nostri» o «dei loro», e senza nemmeno provare a convertirli «in articulo mortis», solo perché vedeva in essi il Cristo assetato sulla croce.
    Forse Madre Teresa non era cattolica.
    Magari era guènoniana.
    O fascista.
    Anzi, sbagliava di sicuro.
    Perché la doppiezza ben educata del lettore Alvini è largamente condivisa dai più alti livelli della Chiesa.
    Anche i cardinali vedono nell’Islam «un pericolo terribile per la cristianità».
    Il primo pericolo, molto più che Israele.
    «Noi contro loro».
    Ed è qui che la Chiesa si gioca la sua propria anima.
    L’Islam è un mistero e una spina.
    Un mistero, non sono io a dirlo, ma il libro della Genesi (21): là dove Abramo scaccia, su istigazione di Sara, giudea, la schiava araba Agar, che gli ha dato un figlio - Ismaele, figlio «legittimo», primogenito fino all’età di 15 anni e poi ripudiato - e li manda a morire nel deserto.
    Ma Dio dice ad Abramo: «Anche dal figlio della serva farò una grande nazione, perché è seme tuo»; e ad Agar: «[Ismaele] sarà come un onagro nella steppa, le mani sue contro tutti i suoi fratelli, le mani dei fratelli contro di lui».
    Ismaele è il capostipite degli arabi, ed è stato l’Islam a farne una «grande nazione», con un compito misterioso fino agli ultimi giorni.
    Il destino d’Ismaele pare essere quello di «spina», spina nel fianco.
    Per noi, l’Islam è forte quando la fede in Cristo è debole.
    Oggi, i cardinali e i cattolici tremano per un motivo: l’immigrazione islamica, e la loro proclamata decisione, quando saranno maggioranza in Europa, di imporre la fede coranica.
    Ma è colpa loro?
    Loro sono credenti e noi non più.
    Inoltre, è la demografia che ha già deciso - salvo un miracolo - che l’Europa sarà abitata da maggioranze musulmane entro un secolo.
    Perché abbiamo preferito non fare figli.
    Meno bambini e più vacanze, telefonini e schermi piatti perché - a dirla tutta - non siamo più cristiani.
    L’Occidente che dovremmo difendere è il nostro Occidente?
    Basta ascoltare per qualche ora una radio, vedere una TV, sfogliare un rotocalco o leggere la sobria prosa dei Guzzanti per capire, se si è cristiani, che questo Occidente «merita» di finire, merita il tallone, merita la spina che diventa spada.
    Israele è disposta, temendo d i non poter sopravvivere, a ridurre in macerie il mondo.
    Non così dovrebbero essere i cristiani.
    Dovrebbero sapere che se il loro sale diventa insipido, che sia calpestato come polvere è giusto.
    E’ meritato.
    Non sono interessato alla sopravvivenza dell’Occidente se ciò significa far sopravvivere il gay pride, la pubblicità di Dolce & Gabbana, la finanza saccheggiatrice e questo edonismo dozzinale e corruttore.
    Questo Occidente devasta le anime, le rende imbelli e le manda a capofitto, allegre e con abiti griffati, nel fuoco eterno.
    Quest’Occidente non merita di sopravvivere; anzi non ci riuscirà, ineluttabilmente sarà sostituito per estinzione di eredi e soldati - da popoli di nuovo credenti, dopo il diluvio di fuoco che ci attende come giusto castigo.
    Infine due parole già dette sul mio «antisemitismo», e spero di non dovermi più ripetere.
    Chiunque si opponga all’«Occidente» oggi viene chiamato antisemita, e per ciò discriminato e - appena i tempi saranno maturi - votato al carcere o al patibolo.
    Io ho deciso di sfidare questo tabù, per un semplice motivo: altrimenti, non è possibile denunciare i crimini che avvengono oggi, raccontare le atrocità del Quarto Reich attualmente trionfante.
    Se per rivelare la verità occorre subire questa etichetta, penso che la verità valga questo prezzo.
    Spero di non dovermi più ripetere.

    Maurizio Blondet
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  2. #2

  3. #3
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    Clap!... Clap!...

    Blondet, quando non tira fuori teoremi fantapolitici, ma va a ruota libera sull'onda delle emozioni, è veramente grande...

  4. #4
    OH MA CHE TI PENSI ?
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    ma la figlia di Guzzanti che ne pensa del padre ?

  5. #5
    die Vernichtung
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    Ammazza che schifo d'uomo...

  6. #6
    OH MA CHE TI PENSI ?
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    poi paragonarlo a Marinetti....

  7. #7
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    Articolo semplicemente meraviglioso! Blondet ha veramente superato sè stesso, questa volta.
    Ribadisco: una penna veramente geniale. Molto meglio ormai del - pur ottimo - Massimo Fini, o dell'ottimo ma accademico Franco Cardini.

  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da rockenrolle
    ma la figlia di Guzzanti che ne pensa del padre ?
    Avete notato il silenzio assordante degli pseudocomici?
    La famosa artista idolo delle folle :" si figuri che uno ha addirittura scritto che avrei dovuto investire i MIEI soldi comprando un bar! Io!!!! La barista!!!!"

 

 

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