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  1. #101
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    Predefinito Rif: Discussione generale sulla Cina e sul destino del comunismo

    Citazione Originariamente Scritto da Kowalsky Visualizza Messaggio
    http://www.soc.jhu.edu/people/Arrigh...09_version.pdf

    in questo saggio, che dovrebbe essere pubblicato quest'anno, arrighi sviluppa un po' il discorso delle township and village enterprises

    per l'economia cinese in generale, si può fare riferimento a The Chinese Economy di Barry Naughton, che peraltro costicchia anzichenò
    e, in un impeto di autoreferenzialità, ti metto anche una robuccia che ho scritto io sulle imprese di municipalità
    Township and Village Enterprises.pdf and Village Enterprises.pdf

  2. #102
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    Predefinito Rif: Discussione generale sulla Cina e sul destino del comunismo

    Citazione Originariamente Scritto da Kowalsky Visualizza Messaggio
    e, in un impeto di autoreferenzialità, ti metto anche una robuccia che ho scritto io sulle imprese di municipalità
    Township and Village Enterprises.pdf and Village Enterprises.pdf
    E' un ottimo lavoro quello che hai fatto. prova a fare un riassunto in questo 3d per cointribuire alla discussione.
    Militia est vita nostra super terram.
    Siamo nati per soffrire e io ho soffritto molto.

  3. #103
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    Predefinito Rif: Discussione generale sulla Cina e sul destino del comunismo

    Citazione Originariamente Scritto da Kowalsky Visualizza Messaggio
    e, in un impeto di autoreferenzialità, ti metto anche una robuccia che ho scritto io sulle imprese di municipalità
    Township and Village Enterprises.pdf and Village Enterprises.pdf
    kowa, sei un figo, il saggio è interessantissimo !

  4. #104
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    Predefinito Rif: Discussione generale sulla Cina e sul destino del comunismo

    Ennesima puntata del romanzone sulla Cina. Qui si parla della Cina prima di Deng.
    Cina: dalla rivoluzione alla riforma

    La riforma è nata dall’evidenza del ritardo economico del paese. Non bisogna dimenticare che prima della rivoluzione del 1949, il 75% della popolazione del paese era analfabeta, che la speranza di vita era simile agli inizi della rivoluzione industriale dei principi del secolo XIX in Europa, e che la vita dei cinesi era un inferno governato da politici corrotti e potenze straniere. Le conquiste rivoluzionarie furono molto importanti, e la Cina passò in poche decadi di fame nera con milioni di morti, alla sicurezza alimentare, seppur modesta. Passò alla proprietà della terra per i contadini, conobbe i medici rurali - seppur scarsamente preparati -, arrivò all’istruzione popolare. Ma trent’anni dopo la fondazione della Repubblica Popolare, il paese esigeva di iniziare un nuovo impeto, passare dal socialismo della penuria al socialismo dello sviluppo.
    Higinio Polo [Polo 2006]


    Grazie all’appoggio sovietico i comunisti cinesi arrivarono alla vittoria sul Kuomintang. I comunisti mettono in atto la strategia di Yan'an, ossia grazie al controllo politico dovuto al consenso popolare delle zone liberate in particolare della Manciuria dove l'armata Rossa ritirandosi aveva ceduto il territorio a Mao, possono concentrare le loro forze al fronte. I nazionalisti sono occupati a tenere a bada le proteste della popolazione per l'iperinflazione, così nonostante la superiorità numerica vengono battuti dall'EPL di Mao[Hutton 2007] p. 67.
    Il PIL della Cina devastata da lunghi anni di guerra, nel 1952, era solo un 1/5 di quello della Russia del 1928 ed era paragonabile a quello dell’Europa Occidentale nel 1750. Nel 1938 segnalava Mao in una nota che l’industria, principalmente leggera, rappresentava il 10% del PIL cinese. Un paese feudale diventò socialista senza passare dallo stadio capitalistico. Una autentica Rivoluzione contro “Il Capitale” per usare la famosa espressione di Gramsci. Inevitabile che anche in Cina si riproponesse lo stesso dibattito che in URSS seguì il comunismo di guerra. In Mao c’era la coscienza che occorresse, per tutto un periodo, formare una alleanza con ceti capitalistici e consentire lo sviluppo del capitalismo per sviluppare le forze produttive, infatti scriveva nel 1947:
    “Oltre ad abolire i privilegi dell’imperialismo in Cina, la rivoluzione di nuova democrazia ha il compito, all’interno, di porre fine allo sfruttamento e all’oppressione esercitati dalla classe dei proprietari terrieri e dalla classe del capitalismo burocratico (la grande borghesia), di abolire i rapporti di produzione di tipo comprador e feudale e di liberare completamente le forze produttive incatenate. La piccola borghesia dello strato superiore e la media borghesia, oppresse e danneggiate dalla classe dei proprietari terrieri e dalla grande borghesia e dal loro potere di Stato, possono partecipare alla rivoluzione di nuova democrazia o restare neutrali, pur appartenendo anch’esse a classi borghesi. (…). Data l’arretratezza economica della Cina, anche dopo la vittoria della rivoluzione in tutto il paese sarà ancora necessario consentire per un lungo periodo l’esistenza di un settore capitalista dell’economia (…). Conformemente alla divisione del lavoro nell’economia nazionale, sarà ancora necessario consentire un certo sviluppo di tutti gli elementi di questo settore capitalista utili all’economia nazionale. Questo settore capitalista sarà ancora un elemento indispensabile all’economia nazionale presa nel suo complesso” [Mao 1992] pp. 117-118. Nel 1952 il PIL era formato per il 19,1%, da imprese statali, per l’1,5%, dalle imprese pubbliche per lo 0,7%, da quelle miste mentre le aziende capitaliste contribuivano per il 6,9% e quelle private dei piccoli proprietari per il 71,8%.[Graziosi 2008].
    La Cina è un paese prevalentemente agricolo su base individuale. Il 46% delle terre vengono confiscate a proprietari che non le coltivano direttamente e ridistribuite in modo egualitario anche se i contadini possono impiegare mano d'opera salariata. Molti contadini si uniscono spontaneamente, anche prima della rivoluzione del 1949, per utilizzare i pochi comuni mezzi tecnici disponibili collettivamente. Le squadre di assistenza reciproca che includono più famiglie di agricoltori si sostengono a vicenda utilizzavano gli stessi attrezzi, animali e terre. Ogni famiglia ha in media meno di un animale da tiro e un aratro è presente ogni due famiglie. Questo è stato il punto di partenza per raggruppare diverse decine di famiglie. Nel 1952, un quarto della popolazione rurale e nel 1953 quasi un terzo partecipa a queste squadre di assistenza.
    Anche nel settore artigianale vengono create cooperative. Mentre piccoli commercianti, venditori ambulanti e associazioni commerciali vengono integrate per formare un unico mercato nazionale. I piccoli e medi imprenditori capitalisti hanno molta importanza nella produzione di beni di consumo e una certa libertà di manovra. I proprietari mantengono la direzione delle loro aziende con un maggior coinvolgimento dello stato attraverso l’acquisto dei prodotti, la fornitura di materie prime, finanziamenti e partecipazione nei benefici. Tra il 1949 e il 1952 il paese passa attraverso la fase democratico-borghese e si ristabilisce dalle conseguenze della guerra civile. Un esempio piuttosto innovativo per le stesse democrazie popolari dell'est Europa. L’economia prende un profilo misto, giacché c’è un settore socialista formato dalle aziende statali e cooperative assieme quello privato, agli artigiani e ai contadini su base individuale o semicooperativa. L'economia si sviluppa in altre parole in modo “naturale” cioè come si erano sviluppate le economie classiche. Mao si richiama alla Nuova Politica Economica e sostiene che non ci si deve preoccupare per l'aumento delle aziende private in ciò sarà sostenuto anche dal giornale del Partito. Scrive Mao:
    L’economia capitalista nella Cina di oggi è un’economia capitalista che si trova, nella sua stragrande maggioranza, sotto il controllo del governo popolare, è legata in varie forme all’economia socialista a gestione statale ed è sottoposta alla vigilanza degli operai. Non si tratta più di un’economia capitalista normale, ma di un’economia capitalista di un genere particolare, cioè di un’economia capitalista di Stato di tipo nuovo. Essa esiste principalmente non per il profitto dei capitalisti ma per far fronte ai bisogni del popolo e dello Stato. Certo, una parte del profitto prodotto dagli operai va ancora ai capitalisti, ma essa rappresenta soltanto una piccola quota dell’intero profitto, circa un quarto, mentre i rimanenti tre quarti vanno agli operai (come fondi per il benessere), allo Stato (come imposte) e per ampliare gli impianti produttivi (in cui è compresa una piccola parte che produce profitto per i capitalisti). Ne consegue che questa economia capitalista di Stato di tipo nuovo ha un notevole carattere socialista ed è vantaggiosa per gli operai e per lo Stato [Mao 1953].
    La Cina aveva delle sue peculiarità specifiche. Se in Unione Sovietica la rivoluzione era stata promossa dagli operai dell'industria nelle città tanto che ancora a metà degli anni '20 il PCUS era essenzialmente un partito cittadino scarsamente rappresentativo nelle campagne, in Cina la rivoluzione durata un ventennio si è basata sulla guerriglia nelle basi contadine. Insomma le campagne che circondano le città. Dunque l'esperienza rivoluzionaria cinese cinese è peculiare, diremmo addirittura “eretica” rispetto a quella bolscevica. Naturalmente l'unico modello a disposizione è ancora quello sovietico. Nel 1953 la Cina adotta dunque il modello sovietico dell’economia pianificata, con monopolio statale della proprietà. Comunque il passaggio al socialismo fu dapprima graduale. I tecnici sovietici diventano i consulenti e mantengono stabile il tasso di investimenti nel primo piano quinquennale. Nel 1956 circa il 67.5% delle imprese è statale mentre il 32.5% è composto da joint-ventures tra stato e privati. L'intera produzione viene in seguito socializzata e i vecchi proprietari vengono indennizzati con titoli di stato. Il 60% del PIL proveniente dalle aziende statali ed il 40% da quelle collettive. Nel prodotto industriale lordo, le quote sono dell’80% e 20% rispettivamente. I risultati del primo piano quinquennale sono estremamente incoraggianti. L'economia cresce a percentuali del 9% annuo che si sarebbero ripetute solo dopo le riforme di Deng. La produzione industriale cresce del 19% e quella agricola del 4,5%. I prezzi si mantengono stabili.. Il primo piano quinquennale porta oltre al miglioramento della qualità della vita anche alla creazione di una industria pesante su solide basi. Le industrie strategiche come quelle del ferro e dell'acciaio, l'estrazione del carbone, la produzione di cemento, la generazione di elettricità, la costruzione di macchinari sono impostate su moderne basi tecnologiche.[Díaz 2007].
    Vengono in seguito create cooperative a basso livello dove le famiglie mettono insieme la loro terra, senza perdere i loro diritti di proprietà sui mezzi di produzione. Qualcosa di simile all'Artel siberiano da cui era ripartito Stalin per la seconda collettivizzazione dopo avere fatto fare retromarcia alla collettivizzazione forzata. La maggior parte di queste cooperative servono una ventina di famiglie. Nel 1953, solo lo 0,2 per cento delle famiglie sono organizzati in una cooperativa. Nel 1955 sono già il 15 per cento. Vengono inoltre create cooperative ad un livello più alto a cui i contadini trasferiscono la loro terra, il bestiame e gli strumenti. Nel 1953, sono quindici, che danno lavoro nel 2000 famiglie e due anni più tardi, sono 530 con 40.000 famiglie.
    Le chiavi del consenso ai comunisti sono il riconoscimento ai contadini della facoltà di trattenere una parte delle rendite (stabilita in base a un calcolo che considerava la terra messa a disposizione e il lavoro svolto), l'abolizione degli affitti, la concessione di piccoli crediti gestiti da cooperative apposite e l'affidamento dell'intero processo a responsabili di villaggio. Nei suoi primi anni di vita il regime comunista determinò un effettivo incremento dei redditi agricoli, se non della produttività [Hutton 2007] p. 70.
    Mao Zedong sostiene nella primavera del 1958, che la metà dei contadini sia organizzata nelle cooperative semi-socialiste. Il Comitato centrale invece aveva previsto per il primo Piano quinquennale, che alla fine del 1957, solo un terzo dei contadini fossero organizzati in cooperative di basso livello.
    Intanto nel partito a partire dal 1955 si scontrano due tendenze. Una vuole consolidare i risultati. Un'altra tendenza ritiene che si debba passare rapidamente dalle squadre di mutuo soccorso alle cooperative inferiori. A partire dal 1955, si cominciano far sentire i primi problemi della collettivizzazione. Molti quadri cercano di forzare l'adesione alle cooperative. Mentre gli agricoltori più ricchi si vogliono ritirare dalle cooperative, si evidenziano già le storture che avvennero durante la collettivizzazione in URSS: uccisione di animali, ladrocini ai danni delle cooperative ecc. Alla fine del 1956, il 96,3 per cento dei contadini aderiscono a cooperative e quasi l'88 per cento nelle cooperative avanzate senza proprietà privata[Franssen 2007].
    Solo nel 1955 si pone mano ad una trasformazione in senso marcatamente socialista dell’economia.
    Le dinamiche che si vogliono mettere in atto sono quelle che tanta fortuna hanno avuto in URSS. Dopo aver posto rimedio agli squilibri monetari e finanziari si pone mano allo sviluppo accelerato dell'industria partendo da quella pesante e come abbiamo visto alla socializzazione completa dell'agricoltura.
    Quando si celebra l'ottavo congresso del Partito nel 1956 il vice-presidente Chen Yun sostiene che, pur nel contesto di una generale collettivizzazione delle campagne, occorre lasciare alla libera iniziativa dei contadini tutta una serie di attività sussidiarie oltreché degli appezzamenti di terreno, in modo da rispondere meglio alle necessità del mercato e consentire un reale innalzamento del tenore di vita. Chen è per il mantenimento di un settore di attività privato nel contesto dell'agricoltura collettivizzata. Inoltre egli sostiene che non tutte le merci debbano sottoposte a pianificazione e che per alcune possa sussistere un mercato libero. Essendo preponderante l'elemento pianificato e collettivizzato Chen Yun sostiene che non si tratti di un mercato capitalista ma di un mercato socialista unificato. Chen Yun sarà poi uno dei primi critici del Grande balzo in avanti sottolineando che lo sviluppo economico non è una questione di velocità di sviluppo e che richieda attenzione alla sicurezza del lavoro, allo sviluppo delle capacità tecniche dei lavoratori e non dipenda esclusivamente dal volontarismo.
    Alla fine del 1958, tutta la popolazione rurale prima raggruppata in 740.000 cooperative agricole è organizzata in 26 000 comuni con una media di 5 000 famiglie. Ci sono anche comuni con 100.000 famiglie. I membri socializzano la terra su cui lavorare in privato come anche il loro bestiame di piccola taglia, pollame e alberi da frutto. Durante il periodo delle cooperative precedente alla istituzionalizzazione della Comuni, gli appezzamenti degli agricoltori privati rappresentavano circa il 7 per cento della superficie coltivabile. Le comuni ottengono parte delle loro risorse dalle piccole industrie: fabbriche di mattoni, cemento e artigianato, ecc, arrotondando il budget con i profitti delle brigate e delle squadre di lavoro. Vengono costruite scuole, ospedali, sale di riunione. Si forma un fondo speciale di aiuto alle famiglie, evitavano le grosse disuguaglianze nei guadagni. Le comuni diventano le unità di base dell’organizzazione statale della società cinese. Il loro funzionamento comprende aspetti economici, sociali, politici e anche militari[Díaz 2007].
    Il partito sta per lanciare un movimento di massa simile a quello delle campagne per accelerare la produzione di elettricità, opere di irrigazione, trasporti. Si avvicina il Grande balzo in Avanti che si trasforma presto in un disastro. Il tentativo di sostenere le misure economiche con fattori soggettivi, ideologici e di mobilitazione popolare porta al fallimento del secondo Piano quinquennale. Il reddito nazionale, tra il 1958-1962, si riduce del 3 percento l'anno, la produzione agricola del 4 percento, provocando perdite nella qualità della produzione e rialzo dei costi industriali.
    Tra il 1958 e il 1961, il calo della produzione cerealicola è del 32 per cento. La produzione di cotone diminuisce del 35 per cento, i semi oleosi della metà, scendendo al livello del 1949. Il numero di suini dal 43 per cento . Nel 1960 il consumo medio di grano in campagna è di un quinto inferiore rispetto al 1957. Il consumo di carne del 70 per cento. La gente ha fame. Il Comitato Centrale riconosce più tardi che il tasso di mortalità tra la popolazione rurale è in aumento in molte province. La popolazione il paese diminuisce nel 1960 di dieci milioni rispetto all'anno precedente. Il partito definirà poi “una menzogna più terribile” le affermazioni di coloro che chiedevano di migliorare rapidamente le condizioni di vita della popolazione con il "grande balzo in in avanti"e la creazione delle comuni[Franssen 2007].
    La produzione di acciaio scadente farà si che gli attrezzi agricoli prodotti si rompano dopo il primo uso e le rotaie rimangano inutilizzate lungo le ferrovie. Le nuove imprese industriali mancano di personale tecnico e operai specializzati. La stessa produzione quantitativa dell'acciaio si rivela un boomerang. Aumenta nel 1958 e 1959 ma crolla negli anni successivi e solo cinque anni più tardi sarà di nuovo al livello del 1959. Il bilancio anche dal punto di vista puramente economico è piuttosto mortificante. Spreco di materie prime per produrre merci di cattiva qualità che rimangono inutilizzate, forte impatto ambientale, e ciò avviene in concomitanza di disastri naturali che portano alla carestia. Certo Mao con il Grande Balzo in Avanti ha presente marxianamente la necessità dello sviluppo delle forze produttive. Non ripropone certo il socialismo della miseria. Tutt'altro, egli vorrebbe portare la Cina al livello della Gran Bretagna in dieci anni. Purtroppo Mao pensa che cambiando il modo il produzione aumenteranno anche le forze produttive mentre per Marx è il contrario.[Franssen 2007]. Deng invertirà il discorso. Per lui i rapporti di produzione cambiano con lo sviluppo delle forze produttive e per questo ci vuole tempo.
    Dopo il disastro del grande balzo in avanti si ritorna agli incentivi materiali e agli appezzamenti individuali sotto l'ala del settore pragmatico del partito: Liu Shao-qui Presidente della Repubblica, Deng Xiaoping Segretario Generale del Partito e Zhou En-lai Primo Ministro guidano il ritorno alla normalità[Díaz 2007]. L'ala pragmatica ritornerà solo dopo il fallimento del “grande balzo in avanti” (1958-1961) e dopo la Rivoluzione Culturale (1966-1969), che rappresentano tutto sommato una continuità con il volontarismo con cui fu creato, negli anni ’30 il boom sovietico ma con risultati non altrettanto entusiasmanti.
    Il periodo 1966 – 1968 è caratterizzato da una dura recessione. L'agitazione tra le masse sostituisce lo sforzo per lo sviluppo economico. Tutto veniva subordinato alla ideologia e l'economia politica come scienza viene sostituita dalla citazioni del libretto rosso; spariscono le differenze tra propaganda politica e studi scientifici nelle scienze sociali e, in primo luogo, nell’economia. La pianificazione svanisce assieme ai rapporti monetari. Nelle aziende vengono sostituti i direttori mandati magari a rieducarsi nelle campagne. Gli incentivi materiali vengono praticamente aboliti. Le relazioni di mercato di acquisto-vendita vengono annullate[Díaz 2007].
    Nell'agricoltura i terreni coltivati privatamente passano dal 15 al 5%, ma il clima di anarchia è tale che di fatto i contadini ritornano in breve tempo a coltivare gli appezzamenti individuali che prima della collettivizzazione avevano avuto in proprietà. Un risultato paradossale come lo è lo stimolo dell'industria rurale in quanto completamento delle attività agricole. Ma è comunque in questo periodo che si opta per un sistema politico decentrato e i governi locali iniziano ad avere un ruolo maggiore nella gestione dei piani di sviluppo, rompendo con la gestione monopolistica e centralistica della produzione.
    Da un punto di vista strettamente economico siamo però al disastro. La produzione industriale cala di quasi il 14 percento nel 1967 e del 5 percento nel 1968. L’agricoltura del 3 percento. Rimangono a galla solo i settori della difesa e dell’industria spaziale. Nel 1964 la Cina fa esplodere la sua prima bomba atomica e nel 1970 mette in orbita il primo satellite. Il quarto Piano Quinquennale (1968-1972) rimette in riga l'economia con un tasso di accumulazione del 37 percento del reddito nazionale, l’incremento annuale del PIL è attorno al 6%. L’industria pesante raggiunge il suo punto massimo di circa il 15% di crescita annuale. Nel periodo dal 1953 al 1957, l’industria pesante cresce del 25 percento e quella leggera del 13 percento. Nel 1975 gli incrementi furono dell’1 percento e del 2 percento. I piani quinquennali quarto e quinto cercano di stabilizzare lo sviluppo economico del paese ponendo fine alla irrazionalità economica degli anni della “Rivoluzione Culturale”. Nel cumulo di disastri provocato dalla “Rivoluzione culturale” l'estrema sinistra occidentale ha visto nientemeno che l'alternativa al “socialismo reale”.
    Il paese si è trasformato nel periodo precedente alla riforma passando da paese quasi esclusivamente agricolo a paese con un’ampia base industriale. Ma i livelli di consumo di contadini e lavoratori sono state trascurati al fine di massimizzare il surplus economico, che è stato poi concentrato negli investimenti dell'industria pesante. Tra il 1952 e il 1975, la crescita industriale è in media 11 per cento l'anno. All'inizio la produzione industriale rappresenta per il 20 per cento del PIL, e alla fine, il 45 per cento. Tuttavia, la natura altamente intensiva degli investimenti industriale ha limitato l'espansione della classe operaia urbana e la corrispondente riduzione del peso dei contadini. Tra il 1952 e il 1975, la componente non agricola della forza lavoro è aumentata solo dal 16 al 23 per cento. La produttività del lavoro era aumentata fortemente nel primo piano quinquennale dell'8,7% l'anno per poi aumentare del 2,5% nel terzo ed infine solo dell'1,3% tra il 1970 e il 1975[Franssen 2009 ].
    Una parte sempre più consistente del reddito nazionale è stato spesa per investimenti nell'industria pesante, passando dal 24 per cento a metà degli anni '50 al 33 per cento nei primi anni '70. Negli anni '50 il 78% della produzione industriale avviene dalle grandi aziende statali del settore pesante, pari al 57% della produzione finale. Le risorse economiche destinate alla massiccia espansione industriale sono state estratte soprattutto dai contadini attraverso tasse piuttosto elevate e la l'obbligo per le cooperative agricole di vendere obbligatoriamente a prezzi calmierati un quarto della produzione di cereali che assumono le caratteristiche del prelievo forzoso. L'80% del fondo di investimenti nei primi anni viene estratto dal settore agricolo. I salari reali dei lavoratori urbani che aumentano del 5,7% durante il primo piano quinquennale sono rimasti sostanzialmente congelati in termini di capacità per due decenni. Durante il quarto piano quinquennale calano in media dello 0,1% l'anno[Franssen 2009 ].
    La costruzione settore industriale pesante relativamente moderno durante l'era di Mao ha gettato però le basi per gli elevati tassi di crescita economica e il miglioramento generale del tenore di vita di quello di Deng e dei suoi successori.
    Persino Hutton tratteggia un bilancio non completamente negativo di Mao, che aveva avuto anche grandi grandi meriti. La crescita successiva venne innestata sui “preziosi doni” del periodo maoista:
    Il primo era che i risparmi dei contadini erano stati incanalati nell’investimento per le infrastrutture, l’istruzione e la grande industria. La produzione industriale era salita di oltre tredici volte e nel 1978 copriva il 46,8 per cento del reddito nazionale, contro il 12,6 per cento del 1949. Le dimensioni della rete ferroviaria erano più che raddoppiate. La percentuale di terra irrigata era passata dal 20 per cento del 1952 al 50 per cento del 1978. Inoltre, dopo una generazione di investimenti nell’istruzione, l’alfabetizzazione maschile aveva raggiunto l’81 per cento e quella femminile il 45 per cento, nonostante la Rivoluzione Culturale.
    Il secondo dono stava nel reale impegno di Mao a favore del decentramento, poiché, come riconosceva lui per primo, una direzione centralizzata non aveva senso in una nazione delle dimensioni della Cina. Nel 1970 fu richiesto alle province di prendersi carico della maggior parte delle imprese di Stato, con il governo di Pechino a gestire solo l’8 per cento della produzione industriale. Già nel 1975 i governi locali e provinciali erano responsabili per circa il 60 per cento degli investimenti statali e per il grosso del piano quinquennale [Hutton 2007]pp. 73-74.

    Quest’ultimo fattore si rivelerà un vantaggio quando si tratterà di passare al socialismo di mercato. Inoltre in questo periodo si sono avute grandi trasformazioni sociali:
    Alle donne come agli uomini fu concesso il diritto al divorzio, e le ragazze presero posto accanto ai ragazzi nel nuovo sistema d’istruzione nazionale: come dichiarò Mao, «le donne reggono l’altra metà del cielo». La schietta popolarità della rivoluzione non fu offuscata nemmeno dell’intervento cinese a sostegno della Corea del Nord comunista, nonostante la guerra contro la coalizione guidata dagli americani costasse al paese terribili perdite. La storia cinese legittimava sia la redistribuzione della terra che la lotta contro l’accerchiamento straniero: l’impegno a fianco dei comunisti nordcoreani si rese ideologicamente e strategicamente necessario[Hutton 2007] p. 69.
    La Cina aveva avuto anche un buona crescita economica dal 1952 al 1978 ma se ad esempio il PIL aumentava mediamente del 5,9% l’anno i consumi delle famiglie aumentavano solo del 2,2% . Tra il 1957 e il 1978 i consumi privati nelle campagne aumentano dell'1,9 per abitante nelle campagne e del 2,6 nelle città[Franssen 2007]. I consumi non erano un elemento di sostegno all’economia come al giorno d'oggi quando aumentano di tre-quattro volte di più. Anche perché gli aumenti del PIL furono dovuti in parte considerevole all’aumento della popolazione; infatti il PIL pro capite aumentò solo di 1,8 volte con un aumento annuale del 3,9%.
    Occorre dire che il programma delle quattro modernizzazioni fu enunciato da Zhou Enlai nel 1964 ancora prima che da Deng. Le quattro modernizzazioni sono "agricoltura moderna, industria, difesa nazionale, scienza e tecnologia”. C’è chi ha sostenuto ([Teiwes 1993] pp. 438,485) che in realtà fosse lo stesso Mao ad avere ideato questa strategia dopo il fallimento del Grande Balzo in Avanti. In occasione della sessione dell’Assemblea Nazionalee delPopolo del 1975, quindi prima della morte di Mao, con il ritorno di Deng Xiaoping si riprende di nuovo al programma della quattro modernizzazioni.
    L’economia cinese ha abbondanti lacune. Il reddito pro capite è di solo 210 dollari nel 1978. Il tasso di crescita fra il 1957 e il 1978 non ha mai superato il 4,3 per cento. L'80 per cento della produzione industriale è fornita dal settore statale. Si vive in una situazione di autarchia economica e tecnologica senza commercio con l'estero e in mancanza di accesso alla tecnologia avanzata. [Hutton 2007] pp. 73-74. Tra il 1958 e il il 1978 la produzione di cereali è aumentata del 2,08% l'anno ovvero nella stessa percentuale dell'aumento della popolazione. Nel 1978 il rapporto tra gli abitanti della città e quelli della campagna è 4,9/1 come nel 1952 quando l'85% della manodopera era impiegata nell'agricoltura così come all'incirca nel 1978 per di più in condizioni di estrema povertà.[Franssen 2009 ].
    Negli ultimi anni dell'era di Mao, le comuni rurali sono diventate un serbatoio enorme di disoccupazione e sottoccupazione dissimulata. Il formale egualitarismo sta diventando una palla al piede e si stanno palesando i difetti che poi portarono il modello sovietico al crollo. Le condizioni della classe operaia nel nome dell'egualitarismo comunista peggiorano. Alla fine degli anni '70 la maggior parte delle imprese è deficitaria. L'occupazione garantita per la vita rappresenta un irrazionale ostacolando la produttività del lavoro. L'industrializzazione degli anni '50 è stata condotta grazie alla tecnologia sovietica e ormai gli impianti industriali sono diventati obsoleti. Per rendere ottimali gli investimenti occorre chiudere alcune imprese, ristrutturane altre introducendo tecnologia per risparmiare manodopera. Ciò porta inevitabilmente ad eliminarne molta [Market 2006]. Questa manodopera in eccesso può trovare impiego nelle piccole aziende ad alta intensità di lavoro e nell'autoccupazione in particolare nei servizi che sono sempre stati carenti nelle economie socialiste di tipo classico.
    Come riconosce un critico della strategia denghista da un punto di vista della sinistra radicale occidentale quale Maurice Meisner: “A soffrire, per la crescita del tasso di accumulazione per mantenere un elevato livello di sviluppo, erano i consumi e lo standard di vita popolare, senza un aumento della produttività, è improbabile che questi alti livelli di accumulazione e di investimento avrebbero potuto essere più a lungo sostenuti senza impoverire ulteriormente la popolazione”Maurice Meisner,The Deng Xiaoping Era: An Inquiry into the Fate of Chinese Socialism, 1978-1994 (1996) cit. in [Market 2006]
    Con gli ultimi anni dell'era di Mao, la strategia economica incontra crescenti ostacoli e contraddizioni, mentre sale il malcontento popolare. Con la fine della Rivoluzione culturale e il ritorno di Deng inizia l’epoca del riforma e in seguito il passaggio al socialismo di mercato.

    Bibliografia
    Polo 2006: Polo Higinio, Appunti sulla Cina, 14-01-2006
    Hutton 2007: Hutton Will , Il drago dai piedi d'argilla. La Cina e l'Occidente nel XXI secolo, 2007
    Mao 1992: Mao Tse-Tung , La situazione attuale e i nostri compiti (25 dicembre 1947), 1992
    Graziosi 2008: Graziosi iMarcello , Cina: alla ricerca di nuovi diritti per il lavoro, 22-03-2008
    Mao 1953: Mao Zhedong, Commento scritto dal compagno Mao Tse-tung su un documento della conferenzanazionale sul lavoro economico e finanziario tenutasi nell’estate del 1953, 1953, http://www.bibliotecamarxista.org/Ma...di%20_stat.pdf
    Díaz 2007: Díaz Vázquez A., La modernizzazione economica in Cina: un’altra eresia, 2007
    Franssen 2007: Franssen Peter , Le développement du socialisme en Chine, 19 -11-2007
    Franssen 2009 : Franssen Peter, Chine: la quête d’un modèle de développement, 05 Ottobre 2009 , Michel Collon - L'info décodée
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  5. #105
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    Predefinito Rif: Discussione generale sulla Cina e sul destino del comunismo

    la prossima puntata sarà un monster about Considerazioni sui sistemi socialisti in Urss, Est Europa e Cina
    Non perdetela prossimamente su questo schermo.
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  6. #106
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    Predefinito Rif: Discussione generale sulla Cina e sul destino del comunismo

    Citazione Originariamente Scritto da Red Shadow Visualizza Messaggio
    E' un ottimo lavoro quello che hai fatto. prova a fare un riassunto in questo 3d per cointribuire alla discussione.
    quando ho un paio di giornate da dedicarci, lo faccio, magari ci metto anche una conclusione "militante"

  7. #107
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    Predefinito Rif: Discussione generale sulla Cina e sul destino del comunismo

    Citazione Originariamente Scritto da Kowalsky Visualizza Messaggio
    quando ho un paio di giornate da dedicarci, lo faccio, magari ci metto anche una conclusione "militante"
    benone, io intanto sto tenendo conto del tuo lavoro per il mio saggio
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  8. #108
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    Predefinito Rif: Discussione generale sulla Cina e sul destino del comunismo

    Citazione Originariamente Scritto da Red Shadow Visualizza Messaggio
    la prossima puntata sarà un monster about Considerazioni sui sistemi socialisti in Urss, Est Europa e Cina
    Non perdetela prossimamente su questo schermo.
    Ma non ci puoi preparare un bel pdf e inserire tutto in maniera più organica?? :gratgrat:

  9. #109
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    Predefinito Rif: Discussione generale sulla Cina e sul destino del comunismo

    10. Considerazioni sui sistemi socialisti in Urss, Est Europa e Cina
    I tre maggiori successi nell'economia del Novecento si devono a paesi socialisti. L'URSS degli anni 30 ma anche della guerra e della ricostruzione post bellica, la Jugoslavia degli anni 50 e primi anni '60, la Cina dalla fine degli anni 70 sino ad ora. Eppure è convinzione generale che il comunismo abbia lasciato solo un cumulo di macerie.
    Coloro che per primi si interessarono alla economia politica del socialismo Marx, Engels, Kautsky scelsero la pianificazione vedendo l'evoluzione del capitalismo in particolare in Germania che andava sempre di più verso il capitalismo monopolistico di stato. La tendenza in atto nell'Ottocento era l'accentramento del capitale in un relativamente piccolo numero di imprese che per il loro alto grado di monopolio potevano prescindere dal mercato. Allora bastava impossessarsi di questo sistema una volta giunto a maturazione e una volta preso il potere la ripartizioni dei compiti e dei beni sarebbe stata relativamente semplice. La natura tendenzialmente anarchica, le perdite economiche e la disoccupazione durante le grandi crisi portavano i fondatori del socialismo ad essere diffidenti nei confronti del mercato Essi vedevano le crisi economiche come crisi di sovrapproduzione e quindi stabilivano un rapporto tra salari troppo bassi, prezzi tropo alti e i profitti che erano associati allo sfruttamento. Il mercato viene associato a fenomeni negativi come l’accumulazione di ricchezza e dunque contrari al socialismo. La regolamentazione altamente centralizzata dei salari e dei prezzi stabiliti amministrativamente viene identificata con il socialismo e il mercato come la sua antitesi. Il progetto insomma aveva un suo senso. Ma il capitalismo ha avuto la capacità di evolversi. Non altrettanto il socialismo. L'economia capitalista si è evoluta verso la complessità e la divisione del lavoro è diventata più dispersiva attraverso il lavoro individuale, le piccole aziende artigiane, le gradi aziende che creavano l'indotto di piccole e medie aziende nei distretti industriali e via dicendo.
    Stalin ancora nel 1925 proponeva di dare la terra in affitto ai contadini per 10-20 anni, la classica riforma di stile dengista. Cosa lo porta a proporre solo pochi anni più tardi una passaggio brusco alla pianificazione integrale? Le minacce concrete verso l'URSS da parte dei paesi imperialisti per cui si deve procedere a tappe forzate verso la modernizzazione del paese per renderlo competitivo con le potenze capitaliste. La sfida fu vinta con la grande guerra patriottica. Il modello si forma in un periodo di acuta crisi del capitalismo che sembra confermare la superiorità dell'economia pianificata. L'URSS degli anni ’30 è diventata il paradigma del modello economico del socialismo. Il modello si fonda sulla concentrazione dello sviluppo industriale nei centri urbani ed è basato sullo sviluppo estensivo, sulla prevalenza dell'industria pesante su quella leggera e dei servizi, con utilizzo dei surplus provenienti dall'agricoltura, scarsa produttività e qualità dei prodotti, ideologizzazione del lavoro e mobilitazione permanente[Díaz 2007]. La pianificazione si basa su bilanci materiali e assegnazione altamente centralizzata di compiti e risorse con relazioni monetario-mercantili con un carattere meramente passivo. I pianificatori monitorano le risorse esistenti, individuano le esigenze e monitoravano i risultati di produzione. Questo sistema ha permesso una grande crescita con l’incorporazione massiccia di nuove risorse nella produzione e ha permesso avanzamenti fondamentali nella industrializzazione* e nell'incorporamento di nuovi territori.
    La concentrazione e centralizzazione delle risorse ha portato ad una accumulazione che è stata molto superiore a quella dei sistemi capitalisti in equivalenti stadi di sviluppo. Così, nel primo decennio di applicazione, ha permesso una forte crescita economica attraverso forti tassi di investimento che condensano in un tempo relativamente ristretto uno sviluppo ciò che nei sistemi capitalisti è stato fatto in un arco temporale molto più dilatato. Il livello di partenza era basso e c'erano poche priorità semplici come lo sviluppo dell'industria pesante in virtù del raggiungimento dell'indipendenza economica e della produzione di armamenti per la difesa dalle minacce di guerra. La concentrazione del capitale in pochi settori strategici ha sempre funzionato sia nel sistema pianificato che nel socialismo di mercato, si pensi allo stesso “socialismo di guerra” adottato dalla Germania nel corso della prima guerra mondiale che in un certo senso ispirò il comunismo di guerra sovietico. In URSS siamo in presenza poi di condizioni favorevoli per l'industrializzazione accelerata con un manodopera abbondante e giovane per di più liberata in poco tempo dalle occupazioni agricole a seguito della collettivizzazione delle terre e della meccanizzazione dell'agricoltura, c'è abbondanza di risorse naturali ancora non sfruttate ecc. Inoltre le differenze tecnologiche negli anni '20-'30 tra i centri più sviluppati del capitalismo come gli Stati Uniti e quelle periferiche come l'URSS non erano enormi. Dalla fabbrica di trattori della Ford a Stalingrado escono trattori non troppo differenti da quelli prodotti in USA[Díaz 2004].
    Ma il modello si sarebbe esaurito probabilmente già alla fine degli anni '30 e venne prolungato solo dalla guerra e dalla ricostruzione del dopoguerra. Già nel 1938 si è dovuto riformare le distorsioni dei prezzi in quanto il settore della produzione di mezzi di produzione e delle materie prime era inefficiente, accumulava perdite perché il modello economico si basava sulla fornitura di materie prime a buon mercato e macchinari per incoraggiarne il consumo, il che ha portato alla scarsa redditività dei rami primari dell'economia[Díaz 2004]. Lo schema ha comunque funzionato dimostrando che che il modello centralizzato sebbene rendesse possibili grandi realizzazioni tendeva contemporaneamente ad una riproduzione estensiva dell’economia, ma superata questa fase i fattori economici che lo avevano favorito tendono ad agire in senso contrario.
    Una volta perso il vantaggio dato dallo sviluppo estensivo in cui si poteva avere sviluppo semplicemente portando lavoratori dall'agricoltura alla più efficiente industria senza tener conto di aumentare la produttività, il modello ha cominciato a declinare. La pianificazione veniva effettuata in termini generali per l'impossibilità di controllare in dettaglio un sistema che inizia ad essere diversificato e complesso. La pianificazione implica una sorta si impresa-centro e l'impossibilità di un rapporto economico tra le imprese. Gli obiettivi del piano sono soggetti a fattori extra-economici per favorire la stabilità politica e dipendenti dalla situazione internazionale. I prezzi sono designati dal pianificatore centrale, con motivazioni socio-politiche, non economiche. Spesso si arriva a sovvenzioni alla produzione e ai prezzi, Con i prezzi che in ogni caso coprivano i costi maggiorati di una margine di guadagno e vendite garantite viene a mancare la spinta verso l’innovazione e verso la riduzione dei costi. Con la fine dello sviluppo estensivo, con scarsità di nuove forze da immettere nella produzione siano esse nuove terre in agricoltura, oppure nuovi lavoratori da portare dall’agricoltura all’industria, rallenta fortemente lo sviluppo, L’aumento dei costi dei fattori produttivi ha comportato una diminuzione dei tassi di* crescita e anche un calo della innovazione tecnologica. I macchinari in Unione Sovietica si rinnovavano solo ogni quaranta anni e mentre negli Stati Uniti tra gli otto e i dodici. [Díaz 2004]. Nel lungo periodo si riduce il tasso di crescita del reddito, aumentando i costi, in presenza di una produttività bassa e addirittura decrescente. Il calo del tasso di profitto ha impedito nuovi investimenti nei settori del consumo. Il modello ha dimostrato ampiamente i suoi limiti nell'aumentare la produttività anche per l'assenza di stimoli, di una efficiente allocazione delle risorse in mancanza di informazioni adeguate e di una scarsa capacità di innovazione[Sanchez 2007],
    Il modello ha potuto reggersi ancora negli anni '60-'70 per via della forte accelerazione delle lotte antimperialiste nel terzo mondo e delle lotte nella stessa metropoli imperialista che suscitavano una forte critica del modello capitalista. Ma ormai non si riesce più a nascondere il declino del modello sovietico soprattutto agli occhi disincantati della stessa classe operaia occidentale. Come avrebbe detto Berliguer si era esaurita la spinta propulsiva del modello sovietico almeno per i comunisti occidentali. L'URSS dal 1971 al 1985 entra in una fase di stagnazione e addirittura dal 1984 di inarrestabile declino. La situazione critica dell'Unione Sovietica si è verificata nel decennio (1975 - 85) in cui in Occidente è in pieno sviluppo la rivoluzione tecnologica basata sulle nuove tecnologie informatiche mentre in URSS la ricerca, sia per quanto riguarda le risorse sia per il personale umano, è concentrata nell'apparato militare-industriale ma non ai fini dell’applicazione alla produzione di beni di consumo. Tra l'altro non essendoci un vero mercato di consumo diventa complicato sfruttare le ricerche per scopi civili. Si investiva in cannoni ma non nel burro, la conseguenza è la cronica scarsità di merci. Le carenze dei paesi socialisti diventano decisive nella misura in cui la competitività del capitalismo si muove verso la creazione e l’applicazione delle conoscenze accelerando i cicli della innovazione tecnologica come ad esempio la rivoluzione nell’informatica e nelle telecomunicazioni. Oggi nella società della conoscenza la scienza diventa una forza produttiva diretta e contribuisce a superare le difficoltà nella crescita estensiva della produzione e della scarsità delle risorse naturali a livello globale, e sostituisce in modo sempre più ampio la funzione umana nella gestione operativa della produzione. Per raggiungere tale elevata complessità la produzione richiede una crescente divisione sociale del lavoro e una precisa organizzazione della società. Marx ha scoperto che inadeguati rapporti di produzione possono rallentare lo sviluppo delle forze produttive. Questo è vero non solo nel capitalismo ma anche socialismo. Al momento della crisi generalizzata dei sistemi socialisti europei la sfida principale del socialismo sia stata di trovare un sistema di rapporti di produzione che risponda alle esigenze economiche ella produzione a seconda del grado di sviluppo del paese e dei processi internazionali a cui deve necessariamente legarsi, e che, a sua volta, tale sistema permetta di avanzare verso una società più solidale [Gonzales 2003]
    Il capitalismo sebbene attraversato da numerose crisi ha trovato un modus vivendi operativamente efficace per stare nel mondo globalizzato. Il socialismo invece è un sistema con dei valori etici di giustizia sociale ma si può dire che non avesse ancora trovato un sistema di rapporti di produzione di efficacia operativa paragonabile o superiore a quella del capitalismo[Gonzales 2003] . Come direbbe Vilfredo Pareto l'importante è che“la fede dei marxisti e quella degli etici trovino a conciliarsi con i risultati della scienza economica”, Per la verità l'esperienza storica del socialismo insegna parecchie cose anche da questo punto di vista.
    Dato che la pianificazione rigida ha dato buoni risultati negli stati socialisti almeno all'inizio (anni '30 in URSS e primo piano quinquennale in Cina) si potrebbe addirittura avanzare l'ipotesi che l'economia pianificata sia la fase inferiore del socialismo come in qualche modo lo fu del capitalismo (spesso si ignora la funziona dell'intervento statale nelle economie capitalistiche dell'Ottocento ad esempio in Germania). O forse sarebbe più corretto dire che l'idea “...deterministica per cui, da una forma si perviene ad un’altra, e necessariamente a quell’altra, superiore e progressiva, in una sorta di ascesa lineare del processo storico,” debba essere “totalmente abbandonata. Apparteneva a una visione deterministica, positivistica di fine Ottocento”[Catone 2001]. In altre parole dato che si era arrivati ad un alto grado di socializzazione della produzione si è pensato che ritornare al mercato e alla proprietà privata nei settari non strategici fosse un passo indietro perché la visione teleologica e rigidamente deterministica, ma non basata sulla prassi sperimentale, imponeva di procedere in una direzione obbligata.
    Per la maggior parte della sua esistenza il sistema socialista ha formato un sotto-universo autonomo e in gran parte autosufficiente economicamente e politicamente. Tra le due guerre questo era stato almeno relativamente un vantaggio sebbene l'URSS avesse risentito del calo del prezzo del grano, a seguito della generale crisi economica, di cui era esportatrice e che le consentiva di importare macchinari per l'industria e l'agricoltura. Per un paese agli albori dello sviluppo industriale è decisamente indispensabile la protezione della propria economia dalla concorrenza straniera si pensi alla Gran Bretagna che impose il libero commercio all'India distruggendo l'industria tessile locale. E' valida la tesi di List e Prebish secondo cui l'industria nascente dei paesi emergenti deve essere protetta al fine di raggiungere gli standard tecnologici dei paesi avanzati. Ma questo non significa che ci si debba isolare dalla divisione internazionale del lavoro che permette vantaggi concreti proprio alle nazioni in via di sviluppo o comunque arretrate attraverso il meccanismo del vantaggio comparato e del basso costo della manodopera.
    Negli anni '70 soprattutto alcune di queste economie hanno cercato di integrarsi in qualche modo nel mercato mondiale e proprio per questo sono state, in quanto anello debole, le prime vittime della crisi del capitalismo che invece ha resistito perché più idoneo al cambiamento e alla mutazione
    Nei sistemi socialisti mancavano di leve o strumenti di autocorrezione, ossia non hanno prodotto sul proprio cammino meccanismi sufficienti per affinare il modello. Ci sono stati tentativi di razionalizzare "il sistema economico," per migliorare il funzionamento del sistema senza alterare la sua natura e mettere in causa il principio della pianificazione centrale. L'economia sovietica ha provato ripetutamente negli anni Sessanta e Settanta, ad introdurre nuovi elementi attraverso il principio di decentramento della responsabilità finanziaria delle società. Ma il reale decentramento in un'economia complessa è un sistema di prezzi che riflette più o meno spontaneamente, le infinite operazioni tra i consumatori e i produttori che si producono nell'economia. Senza un sistema di prezzi determinati dal mercato, il decentramento della gestione alle imprese si limita al trasferimento della responsabilità alla periferia, ma non interviene su criterio di assegnazione delle risorse. Dove manca il mercato spesso padroneggia il mercato nero. Infatti gradualmente è emerso un mercato parallelo che nell'URSS divenne un sistema di mercato parallelo all'interno dell'economia pianificata.
    L'altro tentativo posto in atto è il modello chiamato socialismo di mercato, iniziato in Jugoslavia dopo il 1965 e in altri paesi quali Ungheria e Polonia dopo il 1968. Il modello aveva avuto uno dei suoi teorici in un economista della primavera di Praga, Ota Sik, ma i riformatori cechi avevano avuto il torto di porre il problema della riforma politica. Questo modello chiede la piena autonomia delle imprese, pur mantenendo la proprietà statale dei mezzi di produzione e la guida di pianificazione dello Stato. E' stato un tentativo di conciliare mercato e socialismo e preso in considerazione in due alternative di pianificazione e gestione aziendale, una autogestita (testato soltanto in Jugoslavia) e l'altra di gestione aziendale autonoma.
    Marx sostiene che la fase iniziale dello sviluppo capitalistico in Europa occidentale è avvenuta attraverso l'accumulazione primitiva del capitale, la borghesia lo ha ricavato principalmente non tanto dal nascente lavoro salariato, ma piuttosto dai contadini e dalla depredazione semischiavistica delle colonie. Questa ricchezza si è trasformata in capitale e utilizzata per il finanziamento iniziale di industrializzazione europea. Un esempio di sfruttamento interno potrebbe essere la Land Tax del 1873 nel corso del periodo Meiji. In quel periodo si è mantenuto un livello eccezionalmente alto di sfruttamento dei contadini e incanalato il surplus economico nella costruzione rapida del complesso industriale-militare giapponese[Market 2006]. Il socialismo è andato al potere in paesi piuttosto arretrati a prevalente economia agricola. Ciò che questi paesi avevano davanti erano due soluzioni. La prima quella di sfruttare i contadini come la stessa borghesia occidentale o giapponese avevano fatto o anche sfruttarli come se fossero un popolo coloniale come sosteneva Preobrazhensky. La seconda opzione era quella di importare capitali attraverso prestiti di stati, banche o istituzioni straniere. La terza infine creare le condizioni favorevoli agli investimenti diretti di capitale straniero. La prima opzione fu scelta in un primo tempo da Stalin e da Mao ed ebbe la sua applicazione più radicale nel comunismo di guerra. La seconda fu scelta dai paesi dell'est Europa avviati verso il socialismo di mercato. La terza fu quelle di Lenin della NEP e di Deng Xiaoping. Della prima opzione abbiamo già estesamente parlato. Nella seconda opzione l'importazione di macchinari e tecnologia non è avviene come in Cina a spese delle aziende che investivano in loco ma a spese dello stato, oppure come nel caso della Jugoslavia a spese delle aziende nazionali ma che sono garantite dallo stato, facendo esplodere il debito estero. Inoltre assieme alla tecnologia non si importa il know-how delle imprese occidentali. I paesi socialisti non potevano competere con le imprese capitaliste che disponevano di un mercato mondiale mentre questi avevano problemi persino a commerciare tra di loro. Le imprese estere che investono in Cina i mercati ce li hanno già favorendo l'accumulo di debito estero a favore della Cina anziché il contrario. Le imprese statali non sono di fatto soggette alla concorrenza straniera e dunque non hanno stimoli ad aumentare l'efficienza del lavoro. I dirigenti delle aziende pensano al loro tornaconto e ad allearsi con il capitale internazionale cosa che in parte viene tentata anche in Cina durante i moti di Tienanmen, quando i manager delle imprese statali (assieme ai capitalisti cinesi di Hong Kong) finanziavano gli studenti che la sinistra radicale scambiava per novelli Che Guevara. Tra l'altro l'inflazione galoppante innescata dal debito contribuisce ad accrescere la protesta sociale in Polonia come in Jugoslavia alla fine degli anni '80, essa è stata la causa scatenante dei fatti di Tienanmen, perché è socialmente iniqua e colpisce i ceti più deboli. La Cina ha potuto resistere proprio in virtù della maggiore solidità economica. La mancata ristrutturazione delle aziende decotte, il mancato sviluppo di aziende labour intensive non statali di base che dessero occupazione a chi la perdeva nelle aziende statali, ha impedito che lo stato si concentrasse sui punti strategici e ha compromesso l'aumento dell'efficienza e della redditività delle aziende statali. I dirigenti delle aziende cinesi invece sono stati premiati o penalizzati in base ai risultati che ottenevano. Le riforme avevano uno scopo politico, rafforzare la legittimità del socialismo attraverso un maggior benessere stimolando i consumi con una maggiore tolleranza per le attività private. La crisi economica degli anni '70 ha contribuito a peggiorare i problemi cronici dei paesi socialisti, che invece di adeguare le loro economie hanno scelto di prendere in prestito capitali dall'estero portando gli stati al default.
    Il socialismo di mercato fallì nell'est Europa. I cinesi hanno studiato a fondo questi modelli. E ne hanno tratto proficue lezioni.
    I cinesi hanno elaborato una ipotesi di lavoro e hanno avuto successi incredibili. Su questa base hanno elaborato una teoria che va bene per loro, non la vogliono esportare, ma in molti vengono a studiarla e se ne sono appropriati. Basta pensare che i cinesi hanno perso più tempo a rallentare e razionalizzare lo sviluppo stesso ovvero raffreddare l'economia che non ad ottenere le cifre iperboliche dello sviluppo che conosciamo. Tutto il contrario delle asfittiche economie dei paesi socialisti dell'Est Europa. Se non fosse stato così il socialismo in Cina sarebbe miseramente caduto.
    L'URSS degli anni trenta si sviluppava in un periodo di generale crisi economica e sociale in Occidente e ha potuto diventare un modello per coloro che proponevano di superare il capitalismo in Occidente. Un aspetto che deve essere preso in considerazione è quello relativo al rapporto instaurato tra i progetti di vita individuale e sociale. Fino agli anni cinquanta le trasformazioni economiche e sociali del socialismo hanno portato a una straordinaria mobilità sociale. Milioni di persone hanno beneficiano o della consegna dei terreni, dell'accesso all'istruzione, al lavoro, dell'alloggio, la maggior parte delle classi benestanti sono emigrate all'estero e i loro posti sono stati occupati da persone provenienti dal popolo; le donne hanno elevato la loro condizione nella società, una parte della popolazione è passata dalla miseria delle campagne ad una vita sufficientemente buona nelle città, l'economia è cresciuta in modo accelerato e la gente ha avuti dei benefici. Per la stragrande maggioranza della popolazione era chiaro che i miglioramenti personali non erano stati raggiunti al di fuori del quadro del nuovo progetto sociale[Gonzales 2003] .
    I sistemi socialisti dopo gli anni '60 non reggono più il passo con la crescita dei paesi occidentali. hanno sempre più dovuto fare i conti con la grande economia di consumo in Occidente mentre nell'est regnava al scarsità diventando un modello negativo per coloro che combattevano per il superamento del capitalismo. Occorre dire che il capitalismo del welfare degli anni sessanta non è più quello conosciuto nell'Ottocento contro cui avevano combattuto Marx e Lenin. Anche in virtù del ruolo di stimolo della Rivoluzione d'Ottobre si erano diffusi il suffragio universale e i diritti civili. I sindacati e i partiti socialisti e comunisti nell'Occidente avevano ottenuto notevoli successi per cui le condizioni della classe operaia non erano più quelle descritte da Engels nell'Ottocento. Si diffonde il benessere tra la popolazione. Nelle economie rigidamente pianificate siamo in presenza di un tenore di vita manifestamente inferiore a quello permesso dal grado di sviluppo dell'economia.
    Un socialismo senza prestazioni economiche compatibili con le aspirazioni della popolazione è a rischio di fare pendere la bilancia verso l'individuazione di strategie personali per arrivare al benessere. Il liberalismo è una dottrina che ha un approccio inclusivo e anche progressivo, in cui tutti possono diventare milionari o possono acquistare di prodotti che sono esposti nelle vetrine. Anche se statisticamente c'è la certezza che le opportunità di diventare ricchi non sono elevate per la stragrande maggioranza delle persone tutti conoscono qualcuno che ce l'ha fatta. Se una persona non arriva a soddisfare i propri obiettivi nella vita, la tendenza è quella di considerare che sia dovuto alla mancanza di capacità personali piuttosto che per colpa del sistema[Gonzales 2003]. Mentre nel socialismo si tenderà a dar la colpa al sistema dato che non c'è altra alternativa. Inoltre, le disuguaglianze, i privilegi e gli anche aspetti negativi nei sistema liberali non sono giustificate in sé, ma da principi che possono essere largamente accettati come la difesa della libertà individuale, la tutela della proprietà ecc. Nei paesi capitalistici avanzati anche le classi popolari hanno qualcosa da perdere dalla crisi del sistema: la casa, la pensione, il lavoro e via dicendo. Paradossalmente avevano molte più cose da perdere che i loro fratelli dell'est Europa.
    Negli Stati Uniti il consumo complessivo individuale compone il 68,6 per cento dell'economia nel 1991. Nella ex Unione Sovietica solo il 55 per cento dell'economia è stata dedicata al consumo. In Cina, nel 1978, prima della riforma economica, il consumo privato contribuisce solo per il 53% dell'economia. La sottovalutazione dei settori economici orientati al consumo ha fatto sì che nell'intera economia si compromettesse la produttività del lavoro e la redditività dei capitali investiti. Queste economie non si sviluppavano nei settori di più rapida espansione dell'economia mondiale, che non sono quelle della siderurgia o degli armamenti, ma quella dei beni di consumo. Ciò ha anche compromesso il settore del commercio dato che gli investimenti nell'industria pesante richiedono investimenti più elevati per unità di prodotto di quella leggera e dunque rendono più difficile creare industrie in grado di competere nell'economia mondiale[Lessons 1996].
    Uno studio condotto negli anni '90 ha dimostrato che le aspirazioni dei consumatori sia in Europa orientale che in Cina erano frustrate e ciò indipendentemente dal loro livello di reddito. La fornitura di molti beni era irregolare, le carenze di beni erano comuni, e i consumatori, spesso dovevano mettersi coda per acquistare i beni disponibili. Così non c'era solo un basso livello di allocazione delle risorse reali a favore dei beni di consumo, c'era anche una sostanziale domanda insoddisfatta tenuto conto dei livelli di reddito. In queste economie si potevano anche aumentare i salari ma siccome c'era ben poco da comprare ciò ha finito con il disincentivare la produttività dei lavoratori che non sapevano che farsene dei soldi che guadagnavano e l'economizzazione del tempo di lavoro giaccheè ciò in ultima analisi non andava ad incidere sulla diminuzione del prezzo delle merci e non portava dunque a maggiori consumi.
    Il passaggio alla priorità della produzione di beni di consumo è impossibile da realizzare senza mercato. La struttura della domanda dei consumatori è ben diversa di quella dell'industria pesante, in quanto richiede una rete di molti milioni di unità di produzione molto più piccole. Per questo che i tentativi di risolvere i problemi della produzione di beni di consumo fatti da Gorbaciov sono falliti. Semplicemente non è possibile creare amministrativamente una vasta rete di piccole aziende, negozi, laboratori e produttori di beni di consumo. Possono solo essere creati, e collegati, mediante un meccanismo di mercato. Lo sviluppo dell'industria pesante ha potuto essere effettuata da Stalin amministrativamente perché comportava la concentrazione delle risorse in un numero relativamente piccolo di unità di un ben delimitato settore industriale. Ma questo processo non può essere eseguito in senso inverso. Amministrativamente è impossibile creare milioni di piccoli produttori e servizi per i consumatori[Lessons 1996].
    Mancavano anche libertà fondamentali come quella di viaggiare o emigrare, di studiare all'estero, di usufruire degli elementi di consumo culturale del resto del mondo come film, musica ecc. La stagnazione economica unita alla seduzione del consumismo occidentale hanno portato alla distruzione il socialismo in Europa.
    Il socialismo sopravvive oggi nei paesi meno sviluppati; si inserisce in una predominante economia capitalistica internazionale, e può sopravvivere per altro egregiamente solo grazie ad un uso ampio delle relazioni commerciali e monetarie e dei meccanismi di mercato.

    Bibliografia
    Díaz 2007: Díaz Vázquez A., La modernizzazione economica in Cina: un’altra eresia, 2007
    Díaz 2004: Díaz Vázquez Julio A. , ¿Por qué cayó el socialismoen Europa Oriental? , 2004, lahoja
    Sanchez 2007: Sanchez Rodriguez Jesus, Las experiencias historicas de transicion al socialismo, 2007, http://www.moviments.net/espaimarx/e...socialismo.pdf.
    Gonzales 2003: Gonzales Gutierrez Alfredo, Socialismo y mercado en la etapa actual, 31 Mar 2003, http://www.nodo50.org/cubasigloXXI/c...ez_10abr03.pdf
    Catone 2001: Catone, Il problema della transizione in URSS, 3-3-2001
    Market 2006: , Chuna's Market Reforms": A Trotskyist Analysis Part Two, 1-09-2006
    Lessons 1996: , Lessons of the Chinese economic reform , maggio 1996
    Ultima modifica di Red Shadow; 02-05-10 alle 20:37
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    Citazione Originariamente Scritto da Spetaktor Visualizza Messaggio
    Ma non ci puoi preparare un bel pdf e inserire tutto in maniera più organica?? :gratgrat:
    Facciamo così, finisco il prossimo capitolo che si intitolerà più o meno "9 o 10 miti sul socialismo". Ti invio il tutto e poi tu fai il pdf. Così chi lo vuole se lo prende.
    Militia est vita nostra super terram.
    Siamo nati per soffrire e io ho soffritto molto.

 

 
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