dall'arena:
Le divisioni che si stanno verificando tra Padova e Treviso non preoccupano il Carroccio. La Lega si interroga sul dopo Bossi
«Si cambiano l’auto e la moglie, il partito non si cambia mai»
Il Carroccio non teme le tempeste. La bufera che sta attraversando nel Veneto soprattutto nella zona dlel’Alta adovana e del Trevigiano non dovrebbe avere un’onda lunga nel Veronese, ma i segnali non lasciano tranquilli neppure i leghisti che intanto garantiscono: «Qui la Lega Nord risulta sempre più forte». Per usare le parole del segretario provinciale Matteo Bragantini, nonché assessore provinciale alla cultura, «da noi la Lega cresce di anno in anno. Basti pensare che nei primi sei mesi del 2006 gli iscritti sono già tremila». Un risultato che sorprende se si pensa che gli iscritti alla bandiera della Padania erano in tutto duemila e 800 nel 2005. Anche le sezioni del partito di Bossi, nel veronese hanno raggiunto quota settanta, «una sezione per ogni paese», dice con orgoglio Bragantini. Lo segue a ruota il capogruppo provinciale della Lega, Enrico Corsi, che vede in questa continua crescita del partito nel veronese il riconoscimento del buon lavoro fatto al servizio dei cittadini. Gli esponenti politici del Carroccio, vecchi e nuovi, sono tutti concordi nel dire che i malumori patavini sono un caso isolato. Per Enzo Flego, per due volte parlamentare nelle legislature che vanno dal 1992 al 1994 e dal 1994 al 1996, il problema è riconducibile al fatto che «tanti leghisti hanno perso la sedia», con la conseguenza che si sono ritrovati a non ricoprire più ruoli rilevanti all’interno del partito. «Sappiamo da sempre chi sono i dissidenti e non ce ne preoccupiamo», dice. Eppure c’è chi tra i compagni veneti si sente tradito dal leader indiscusso Bossi, reo di aver accantonato la secessione lombardo-veneta.
«A Passo San Marco, nel bergamasco, il buon Bossi è stato chiaro: chi parla ancora di secessione se ne deve andare», ribatte Flego. Poi prendendo le giuste distanze da chi «la politica della Lega non l’ha mai capita», precisa: «L’obiettivo è sempre e solo stato il federalismo. Ogni buon Stato ha le proprie regioni regolamentate con questo sistema». Anche il consigliere regionale Emilio Zamboni, anche lui volto storico della Lega (fa parte del direttivo nazionale) è dello stesso avviso dell’ex parlamentare. «A chi dice che Bossi è un padano italianizzato», sottolinea, «rispondo che non ha capito nulla né della politica ne dell’ideologia che ha accompagnato la Lega in tutti questi anni».
E aggiunge: «Si può cambiare la macchina, la moglie e la casa. Ma il partito e la squadra del cuore mai».
Insomma, l’impressione è che i leghisti veronesi doc vedano il tanko (il mezzo corazzato portato in piazza San Marco a Venezia dai Serenissimi), come un segno del passato. «Ci vuole democrazia per ottenere ciò che si vuole», ecco le parole adottate dal primo cittadino di Oppeano, Alessio Montagnoli. Con quel «ottenere ciò che si vuole» è chiaro che intende il federalismo. Quasi a puntualizzare che i passi fatti dal partito in questi anni sono stati quelli giusti afferma: «Il nostro è un movimento compatto che vede nella figura di Bossi la leadership indiscussa». Eppure non tutto quadra. E i rapporti con la Cdl? Per Bragantini, che da cinque anni siede al tavolo del consiglio nazionale del partito, la Lega si allea e rimane con chi condivide le sue idee, o almeno, una parte dei programmi: in prima linea, sicurezza, immigrazione e ovviamente federalismo. «Non di certo potremmo allearci con Rifondazione Comunista», evidenzia.
Per Flego la Casa delle libertà è sempre stata «onesta con il popolo della padania». Così è anche per Zamboni. Ma allora perché c’è chi si lamenta fuori dai confini veronesi? L’influenza è data dallo «sciagurato Panto», così lo apostrofa simpaticamente Flavio Tosi, assessore alla sanità regionale e possibile candidato sindaco. Per Tosi, Panto rappresenta «un problema relativo ma pur sempre un problema».
«Le zone dove sono scaturite le contestazioni sono sotto la sua influenza», spiega, «peccato che per i suoi fini personali non abbia ancora capito che bisogna rimanere compatti. Con la sua corsa isolata alle regionali e poi alle politiche ha fatto vincere il centrosinistra. Bella mossa per arrivare alla secessione!». L’assessore regionale considera questo mal di pancia nella lega padovana guaribile al punto che è sicuro «non nasceranno altre correnti». «Impossibile una situazione del genere nel veronese», puntualizza.
Verona e la sua provincia rimangono quindi un porto sicuro per la Lega. E Bossi, è sempre lui il leader? «Bossi è paragonabile a Berlinguer, ad Almirante. Sono figure carismatiche che in politica nascono ogni cinquant’anni», afferma Tosi. A questo punto c’è da chiedersi quali saranno gli argomenti che verranno portati a Venezia, quando ancora una volta il padano Bossi, verserà le acque del Po raccolte sul Monviso, alla foce.
Per tutti gli esponenti veronesi saranno molti gli argomenti da trattare. Una precisazione arriva da Bragantini che è deciso a volere chiarezza sull’articolo 117 della Costituzione, quello che riguarda le competenze dello Stato e delle regioni. «La modifica avvenne per mano del centrosinistra», ricorda il segretario provinciale, «da allora i ricorsi alla Corte costituzionale sono stati moltissimi. E’ inutile negarlo più che una modifica è un gran pasticcio. Mi auguro che a Venezia se ne discuta».