Il saccheggio del Nord azzoppa il Paese
di Luca Ricolfi
Ogni anno 50 miliardi lasciano ingiustificatamente le regioni settentrionali diretti al Sud.
Certo qualcuno potrà dire che il «sacco del Nord» non è affatto un saccheggio ma è un doveroso tributo ai territori meno fortunati.
E qualcuno potrà persino sostenere che «si dovrebbe fare di più»,
come se il trasferimento forzoso di risorse da Nord a Sud fosse un imperativo etico, e l’uso dissennato di tali risorse non fosse un problema.
Ognuno è libero di pensarla come desidera, quando si entra nel campo minato delle opinioni.
Noi a quel punto siamo arrivati. I territori che vivono di trasferimenti hanno finito per soffocare i territori che producono.
Il problema, però, è che per uscirne avremmo bisogno di una classe politica coraggiosa, capace di prendere atto del nocciolo del problema. E il nocciolo del problema, come abbiamo cercato di mostrare con la nostra ricostruzione, è che il divario Nord-Sud è solo un divario di produzione, non di consumi e di tenore di vita.
Detto brutalmente: il Mezzogiorno non ha alcun interesse immediato a cambiare uno stato di cose che, finora, gli ha permesso di vivere largamente al di sopra dei propri mezzi.
Ma quel medesimo vittimismo è largamente fuori luogo se guardiamo alla storia dell’Italia repubblicana, nella quale il Mezzogiorno non solo ha in parte risalito la china (specie fra il 1951 e il 1975), ma è diventato il principale beneficiario dell’immenso apparato burocratico- clientelare che ha spento le energie produttive del Paese. Ecco perché considero altamente improbabile lo scenario innovativo. Anche immaginando un «federalismo lento», che desse ai territori che ne hanno bisogno il tempo di rimettersi in carreggiata, le resistenze e le tensioni sarebbero fortissime.
Il saccheggio del Nord azzoppa il Paese - Cultura - ilGiornale.it del 27-01-2010