di Ernst Nolte

Oggi a produrre incertezza è il semplice fatto che la società occidentale, che si percepisce come “il mondo moderno”, si vede confrontata con una teologia niente affatto “nuova” e niente affatto meramente “secolare”, cioè quella dell’islam, che è in grado di spingere molte migliaia di giovani, sia maschi sia femmine, alla volontà di martirio, al suicidio, inducendoli facilmente a credere che attraverso ciò si spalancherebbero per essi le porte del paradiso. Il presidente della “repubblica islamica” dell’Iran, Ahmadinejad, ha scritto una lettera al presidente degli Stati Uniti d’America nella quale espone la propria convinzione dell’intima non-verità dell’attuale esistenza occidentale, che nella sua prassi andrebbe contro i propri e celebri principi: con un velo di menzogne, gli Usa avrebbero aggredito un Paese islamico, l’Iraq, con una guerra brutale che ha mietuto innumerevoli vittime; da decenni essi sostengono Israele, lo Stato dei sionisti, che si fonda sulla conquista, la rapina e l’oppressione; da tempo saccheggiano, sulla base di un ingiusto ordine economico, i popoli del Sudamerica e dell’Africa, e negherebbero all’Iran il diritto di sviluppare una sua tecnologia nucleare, mentre essi da molto tempo sostengono e promuovono la produzione di bombe atomiche da parte di Israele. E Ahmadinejad non si limita a contrapporre alle realtà americane i principi americani, sedicenti cristiani, e si richiama esplicitamente ai «profeti Abramo, Isacco e Gesù Cristo», riferendosi al «sacro Corano» e chiamando tutti gli uomini a «servire Dio, che sovrasta qualsiasi potenza del mondo», predicendo «una triste fine a tutti coloro che hanno privilegiato la vita terrena». In questo modo egli si appropria dell’immagine del futuro che in effetti accomuna il cristianesimo, l’ebraismo e l’islamismo: «Verrà il giorno in cui tutti gli uomini si riuniranno dinanzi al tribunale dell’Onnipotente, affinché le loro azioni vengano giudicate. I buoni verranno condotti in cielo, e coloro che avranno compiuto azioni malvagie verranno colpiti dalla punizione divina».

Balza agli occhi il fatto che per Ahmadinejad e per la grande maggioranza dei musulmani, la parola “Dio” significa molto, diciamo pure tutto, e che essi sono disposti a morire piuttosto che a rinunciare alla loro fede «in Allah e nel suo profeta». Questo dato di f atto può essere giudicato molto negativamente da alcuni che ritengono di stare sulla vetta della civiltà secolarizzata dell’Occidente e del mondo del futuro, e che al di là di essa percepiscono solo moti di resistenza reazionari e fiacchi tentativi di rivitalizzare realtà del passato. Ma anche costoro non potranno contestare che all’interno dell’Occidente ormai soltanto pochi individui sono disposti a morire per la fede cristiana o anche semplicemente per la “civiltà occidentale”. Mai prima d’ora una potenza così forte militarmente nella sua unione con il suo discendente e principale alleato è stata così disarmata intellettualmente dinanzi al resto del mondo.

L’”Occidente cristiano” non potrà mai contrapporsi di nuovo al resto del mondo sotto la bandiera del “suo” Dio, perché la dissoluzione dell’intimo nesso fra la politica di potenza statale e la fede in Dio è una delle conseguenze principali della sua filosofia. Ma tutti coloro che attaccano, dall’esterno e dall’interno, la grandezza, la ricchezza spirituale e la molteplicità spesso contraddittoria dell’esistenza autentica e non meramente commerciale dell’Europa in favore di radicali dislocazioni del potere e dell’istituzione di immagini della storia grossolanamente semplificatrici, seguono, spesso senza averne chiara coscienza, la bandiera di un Dio.

[19/07/2006]