Si dice che buon sangue non mente. E in effetti per i Savoia è proprio così. Al Vittorio Emanuele II, a buon ragione "padre" della patria, piacevano le donne, soprattutto se ruspanti contadinotte, ma al primo posto poneva i soldi. Tanti, tanti soldi, motivo fondamentale per fare il "risorgimento", che - badate bene - era il risorgimento dei Savoia non della penisola italiana. Il Piemonte, infatti, era sull'orlo del collasso economico, come si rileva con evidenza dagli stralci parlamentari dello Stato sardo-piemontese dell'epoca. Tanto per fare un paragone basta osservare che mentre nelle Due Sicilie il denaro circolante era di circa 430 milioni di lire, nel Piemonte circolavano appena 20 milioni di lire.
Così il Vittorio Emanuele fece un azzardo: vendette alla Francia la Savoia, cioè la loro patria d'origine, e la Contea di Nizza, per avere l'aiuto necessario per conquistare tutta la penisola. Poi, pur di rapinare i soldi degli altri Stati preunitari, non badò ai mezzi da usare per lo scopo: corruzione, truffe, stragi, in quantità industriale. Nel Regno delle Due Sicilie, dopo l'invasione del 1860, vi furono 12 anni di guerriglia di resistenza (che chiamarono "brigantaggio") che lasciò il Sud con 54 paesi rasi al suolo, circa 800.000 morti, oltre 150.000 prigionieri politici, tutte le industrie saccheggiate e distrutte, tutte le banche rapinate, imposizione di centinaia di tasse (nel Regno prima dell'invasione le tasse erano solo quattro), fatti che causarono una emigrazione biblica che dura ancora oggi.
Anche nel Veneto ci fu la solita truffa del plebiscito con i soldati piemontesi che andavano a votare. E poi le guerre coloniali, le mondiali, con tanti giovani mandati a morire perché loro, i Savoia, volevano ingrandire i loro possedimenti.
Eppure questi Savoia erano stati fortunati: nonostante i tragici disastri che avevano arrecato all'Italia e a tutti gli Italiani, soprattutto con l'ultima guerra, se l'erano cavata senza condanne e se ne erano andati via con gli ingenti capitali trafugati, soprattutto quelli sequestrati ai Borbone. Potevano starsene tranquilli in Svizzera, dove tutto viene lavato più bianco, e invece, dopo vari piagnistei, hanno voluto rientrare in Italia perché, dicevano, questa è la loro patria, dimenticando che la loro vera patria, la Savoia, se l'erano venduta ai francesi. E ora questa "loro patria" - ingrata - li ha accusati di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al falso e, ancora, per associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione.
Questa volta, però, non hanno la copertura dei loro complici di regime quando sedevano sul trono (usurpato) d'Italia. Purtroppo, nel loro caso di sangue reale, il danaro non è vero che non puzza, tanto che il fieto è arrivato fino alla lontana Potenza, capitale gloriosa per i dieci anni della più accanita resistenza (brigantaggio, dicevano loro) contro gli invasori piemontesi, gli ultimi barbari calati dal Nord.
Antonio Pagano