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Risultati da 1 a 6 di 6

Discussione: 7 anni fa

  1. #1
    www.noterdechedelada.net
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    Predefinito 7 anni fa

    Nelle ultime elezioni europee i movimenti
    autonomisti hanno nel loro complesso subito
    una severa sconfitta. Identica (e più
    accentuata) sorte ha patito il maggiore partito
    padanista. Fra le motivazioni del disastro alcune
    sono generali e riguardano tutti gli autonomisti
    (il frazionismo eccessivo, l’alto tasso di
    rissosità, un eccesso di localismo deteriore, eccetera),
    e altre sono specifiche delle
    singole realtà. Molte sono
    esterne e altre sono interne.
    Sul numero 17 dei
    Quaderni Padani era
    stata fatta una lunga
    riflessione su
    questo argomento,
    che
    non è purtroppo
    servita
    a granché,
    visti i risultati.
    Quasi
    tutto quello
    che vi si diceva
    si è dimostrato
    giusto
    ma nulla è
    stato fatto per
    cercare qualche
    tempestivo rimedio.
    Le ragioni esterne
    sono rimaste tutte, rese
    più forti dall’efficienza degli
    avversari e dal loro formidabile
    apparato propagandistico, utilizzato
    con grande spregiudicatezza e abilità: il
    successo di Emma Bonino e di Forza Italia ne
    sono la conferma.
    Sono purtroppo rimaste anche tutte le ragioni
    interne, addirittura aggravate dal tempo e incattivite
    dalla sconfitta.
    La prima di queste ragioni è la sempre più
    scadente qualità del personale dirigente leghista.
    Si è drammaticamente avverata la conseguenza
    della notissima e semiseria Legge di
    Murphy (“Se qualcosa può andar male, lo farà”)
    ma sembra che questo sia successo soprattutto
    a causa di un suo più serioso corollario, il cosiddetto
    Principio di Peter: “In una gerarchia
    ogni membro tende a raggiungere il proprio livello
    di incompetenza”. Quest’ultimo sembra
    necessitare di una nuova variante
    (che si adatta a larga parte delle
    realtà associative e organizzative):
    “Ciascheduno
    tende a circondarsi
    di gente di
    qualità inferiore
    alla propria”.
    In pochi mesi
    sul movimento
    padanista
    si sono concentrati
    tutti
    i possibili
    difetti ed errori
    (in
    realtà, spesso,
    risultato e
    frutto di vizi e
    deformazioni
    vecchi di anni).
    Il mondo padanista
    ha prodotto elaborazioni
    culturali,
    spesso anche piuttosto
    raffinate, in moltissimi settori
    tematici ma quasi tutto
    questo patrimonio giace ignorato e
    trascurato, ed è spesso saccheggiato da altre
    forze politiche: l’immagine pubblica del movimento
    è sempre più piena di incompetenza e
    approssimazione, e gli avversari sono abilissimi
    nello sfruttare e nell’esagerare tali caratteri.
    Sono stati in larga parte abbandonati i temi
    classici (e vincenti) dell’autonomismo: lo sfruttamento
    economico, l’oppressione culturale epolitica, la cancellazione delle identità e le aspirazioni
    alle libertà e all’indipendenza. Ad essi si
    sono gradualmente sostituite tematiche più generali,
    prese di posizione che implicano scelte
    morali individuali (e senza nessun legame con
    le istanze autonomiste), elucubrazioni fra il filosofico
    e l’esoterico, disquisizioni metapolitiche
    e ideologiche: tutti elementi di confusione,
    distrazione e divisione.
    Nel disegno sulle prassi per il raggiungimento
    dell’indipendenza e sui cammini istituzionali
    si è raggiunta la massima nebulosità, in un groviglio
    di proposte e controproposte costituzionali
    e referendarie, in disegni divergenti di autonomie
    regionali, comunali o provinciali, nella
    chiusura del dibattito sull’architettura istituzionale
    padanista.
    Si sono disperse grandi e irriproducibili energie
    in iniziative confuse e distraenti (referendum
    abortiti, governi e parlamenti sublimati
    nel nulla, moltiplicazione di associazioni) o in
    avventure editoriali e televisive capaci di succhiare
    enormi quantità di denaro senza produrre
    nulla in termini di immagine, di diffusione di
    idee o di aggregazione di consenso.
    Si è continuato a relegare la cultura identitaria
    in un ruolo marginale e secondario, privilegiando
    istanze pseudoculturali deteriori o banali
    soprattutto nella gestione delle amministrazioni
    locali che non sono un volano di padanità
    ma il prodotto dell’autorigenerazione di vecchie
    prassi di gestione del potere.
    Si è limitato lo spirito federalista e autonomista
    alla sfera dei più lontani obiettivi invece di
    farlo diventare il motore propulsore e qualificante
    di tutta l’attività del movimento padanista:
    la gestione quotidiana della politica è troppo
    spesso centralista e autoritaria, non lascia
    spazio alle differenze culturali e avvilisce di fatto
    la grande variegazione identitaria padana,
    quasi considerata un intralcio invece che una
    forza e una ricchezza.
    Infine, la conduzione nebulosa e altalenante
    del treno padanista ha di fatto favorito divisioni,
    tradimenti, cadreghismo e propensione per il
    compromesso. Troppo sovente il comportamento
    del personale politico e amministrativo ha
    ingenerato confusione sui temi e sugli obiettivi,
    mutando radicalmente le condizioni iniziali in
    obiettivi diversi (Gustave Thibon lo avrebbe
    chiamato “irenismo”) trasferendo - ad esempio
    - le tensioni ideali per le libertà indipendentiste
    verso un generico federalismo o regionalismo, o
    riducendo il tutto a una modesta propensione
    per il “buon governo”, la “governabilità” o “il
    cambiamento dall’interno”.
    Oggi viene difficile cercare di proporre rimedi
    che non suonino come patetici e inutili tacconi.
    La sola soluzione sembra essere una molto
    radicale ricostruzione di tutta la macchina
    padanista che abbia una chiara visione degli
    obiettivi (la libertà e l’indipendenza della Padania
    e la costruzione di una entità istituzionale
    federata fatta dell’unione delle Piccole Patrie
    storiche) e dei mezzi per raggiungerli: rigenerazione
    di un movimento politico democratico,
    aperto al dibattito, costituito da diverse componenti
    ideologiche, fortemente impregnato di
    cultura identitaria, che rinunci alla gestione
    spiccia del potere amministrativo (e quindi a
    ogni compromissione cadreghistica) e che si
    faccia rappresentare da gente presentabile, colta
    e civile.
    Appoggi esterni possono anche essere concessi
    ad altre forze politiche ma solo in cambio di
    precisi impegni programmatici finalizzati al
    raggiungimento degli obiettivi padanisti o di
    precisi impegni tematici (come il bilinguismo,
    la toponomastica, la lotta all’immigrazione o la
    proporzionale etnica) che diano il senso concreto
    del cambiamento e costituiscano visibili tappe
    di un preciso cammino di libertà.
    Tutto deve essere infine avvolto in coerenti
    rappresentazioni simboliche (oggi spesso scadute
    all’avvilente rango di improvvisata paccottiglia)
    che di questo cammino siano la sicura
    componente segnaletica, la rassicurante e immutabile
    bandiera.
    La nostra gente ha bisogno di solidi riferimenti
    culturali e di certezze nel suo cammino
    verso la libertà.


    Brenno

    QP n. 24 luglio-agosto 1999

    e stronzi noi!!!
    Valtrumplino sicuramente

    Lombardo forse

    Padano..per quel che resta

    Italiano MAI!

  2. #2
    piemonteis downunder
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  3. #3
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    & down...

    eheh thanks aussie
    Valtrumplino sicuramente

    Lombardo forse

    Padano..per quel che resta

    Italiano MAI!

  4. #4
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    se Oneto diceva ste cose nel 1999, come mai nel 2006 diceva voterò Lega nonostante tutto? so che troverò molti di voi contro ma sto tizio mi avrebbe sinceramente scassato i maroni....

  5. #5
    Blut und Boden
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    Citazione Originariamente Scritto da grilloparlante Visualizza Messaggio
    se Oneto diceva ste cose nel 1999, come mai nel 2006 diceva voterò Lega nonostante tutto?
    Lo sai benissimo il perchè.

  6. #6
    Lumbard
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    Alcuni leghisti della prima ora (tra cui il sottoscritto) credevano ancora nella speranza di metter da parte il dux e ritornare alle origini del movimento, per nn buttare via quello che di buono ancora resta!
    Gli avvenimenti dall'aprile 2006 ad oggi, però, dimostrano che linea politica e la dirigenza sono intoccabili nonostante i risultati inconsistenti.

 

 

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