L’Italia tace sui diritti umani e investe in Cina 2,5 miliardi di euro
• La missione di Prodi cerca di instaurare rapporti stabili, ma non è paragonabile a quella del governo Andreotti nel 1991
Roma. Inizierà mercoledì prossimo per finire lunedì 18
settembre la visita di Romano Prodi in Cina. La missione
culminerà a Pechino con l’incontro del presidente del Consiglio
con il primo ministro cinese Wen Jiabao e con il presidente
Hu Jintao. Ci saranno anche appuntamenti di natura
economica: il viaggio è stato organizzato in collaborazione
con Confindustria e Associazione bancaria italiana. Si
metteranno a punto, fra l’altro, gli ultimi dettagli dell’intesa
tra Sanpaolo Imi e China Bank per un fondo di investimenti
in aziende, si discuterà di alleanze tra Fiat e Saic Group,
e tra Iveco e Nac, e Prodi terrà a battesimo Perla, la berlina
prodotta dalla Fiat nella fabbrica di Nanchino insieme con
la Nanjing. Il gruppo torinese copre più del 50 per cento di
tutti gli investimenti italiani che nella Repubblica popolare
l’anno scorso sono stati 322 milioni di dollari. Grazie ai
quali l’ammontare cumulato degli investimenti diretti del
nostro paese è arrivato a quota 2,54 miliardi di dollari, confermando
al quinto posto l’Italia tra gli investitori europei.
Al momento, secondo i dati del ministero del Commercio
estero, sono presenti in Cina 1.428 aziende italiane e di queste
l’83 per cento è di grandi dimensioni. Oltre alla Fiat, nel
settore delle auto, ci sono Piaggio e Pininfarina. Le altre
presenze più significative spaziano dagli idrocarburi (Eni,
Agip, Snamprogetti, Tecnimont e Coeclerici) all’aeronautica
(Alenia e Augusta), dalle telecomunicazioni (Olivetti, Pirelli,
Eutelsat) alle opere civili (Impregilo), fino al farmaceutico
(Sigma-Tau e Bracco). E’ la provincia del Guangdong
a intercettare oltre il 20 per cento dei flussi di investimento
esteri. Nel Guangdong si sono stabilite molte aziende italiane
come Piaggio, Magneti Marelli, Esaote, De Longhi e
DeCoro.
Nella presentazione della missione, Prodi ha voluto sottolineare
come la Cina sia “un paese amico che vogliamo sia
sempre più amico”. Parole che il centrosinistra interpreta
come una critica indiretta alla freddezza del precedente
esecutivo verso i rapporti con lo stato asiatico. Dice al Foglio
Gianni De Michelis, ex ministro degli Esteri: “Per certi
versi la visita organizzata dal governo Prodi segna una discontinuità
sulla Cina con il precedente esecutivo, vista la
disattenzione di Silvio Berlusconi, le sciocchezze dette sul
tema dalla Lega e la posizione retrò del mio amico Giulio
Tremonti. Detto questo non si può neppure definire storica
questa missione. Davvero rilevante politicamente fu invece
quella dell’ottobre del 1991 del premier Andreotti, quando
l’Italia fu in prima fila in Europa e nell’occidente nel chiedere
di rivedere le sanzioni contro la Cina per i fatti di Tienanmen.
Comunque l’efficacia della missione di Prodi potrà
essere valutata solo a risultati consolidati. Al momento,
considerato l’alto numero di partecipanti, c’è il rischio che
possa diventare una gita scolastica allargata”.
Sul ruolo del governo Berlusconi c’è un’interpetazione
più benevola nel Rapporto paese sulla Cina redatto dall’Istituto
per il commercio estero: “La visita del presidente
Berlusconi alla fine del 2003” è stata uno dei “tre importanti
momenti che hanno contribuito a quella che può considerarsi
un’inversione di rotta rispetto rispetto alle politiche
degli anni precedenti”, insieme con la visita di Wen Jiabao
e a quella di Ciampi nel 2004. Spera che la prossima missione
non si incentri soltanto su aspetti commerciali il presidente
dell’associazione Italia-Cina, Vittoria Mancini: “La
visita nasce in un momento in cui da un lato nel nostro paese
le istituzioni governative hanno superato barriere culturali,
se non psicologiche, verso lo stato asiatico, e dall’altro
lato l’esecutivo cinese è interlocutore attento ai problemi legati
allo sviluppo della democrazia e alla tutela dei diritti
civili”. Eppure sulla questione dei diritti civili nessuna voce
si è ancora levata dal governo italiano. Emma Bonino, ministro
per il Commercio internazionale , che pure è sempre
stata molto attenta a tali questioni, non ha ancora aperto
pubblicamente il dossier del rapporto che deve esistere tra
relazioni commerciali tra due grandi paesi e rispetto dei diritti
umani.
Vedo che ci sono pure i capitani coraggiosi targati Piaggio, oltre ai soliti interessi prodiani.
E i diritti umani?
I sindacati?
Lo sfruttamento minorile?
"La ssssssserietà al governo"