Un nuovo Bobby Sands. Il detenuto dell’Eta Inaki de Juana Chaos, 51 anni, da tre mesi utilizza lo stesso letale, per se stesso, strumento di passione, lo sciopero della fame, e giace in un letto d’ospedale madrileno vigilato giorno e notte dalla polizia. Nemmeno l’alimentazione forzosa via sonda a cui viene sottoposto dal 24 novembre può evitare il rischio di morte perché il suo organismo è estremamente debilitato. Ha perduto una trentina di chili e in una foto diffusa ieri si vede un uomo in pessime condizioni.
Un fatale epilogo dello sciopero della fame aggiungerebbe complicazioni al già complesso scenario basco dopo l’autobomba all’aeroporto di Madrid il 30 dicembre scorso. L’ombra di De Juana morituro plana sulla vita politica spagnola e ancor di più da ieri, dopo che il detenuto, non si sa come, ha concesso un’intervista al quotidiano britannico Times, un’intervista politica in cui invita il governo spagnolo a riprendere i negoziati di pace nei Paesi Baschi, interrotti dopo l’attentato. “Sono completamente a favore del processo di dialogo e di negoziato per risolvere il conflitto politico fra il Paese basco e gli stati di Francia e Spagna” ha dichiarato De Juana prima di sottolineare che ora “una soluzione è più che mai necessaria”. L’etarra, un tipo duro, afferma che “è molto duro non poter vivere una vita normale. Solo chi lo ha provato, lo può capire. Perché ciò non si ripeta dobbiamo arrivare alle radici del conflitto”.
Da una parte la sinistra nazionalista basca chiede almeno gli arresti domiciliari, dall’altra l’opposizione conservatrice ha urlato chiaro e tondo il suo no alla scarcerazione o ad un alleggerimento della pena. Nella loro visione una decisione di clemenza sarebbe un attentato allo stato di diritto a favore di un membro dell’Eta che, condannato nel 1987 per l’omicidio di 25 persone a 3 mila anni di carcere, dopo 18 anni avrebbe dovuto essere scarcerato ad inizio 2005. Il sistema legale spagnolo non prevede l’ergastolo e si ritiene che dopo diciotto anni di prigione esista ravvedimento.
La notorietà dell’uomo aveva spinto le autorità, timorose delle critiche del Partito Popolare, ad agire in modo da creare un clima favorevole ad una nuova condanna prima della scarcerazione. De Juana ha preso altri 12 anni e 7 mesi per minacce terroristiche contenute in paio di articoli scritti in prigione e pubblicati dal quotidiano basco Gara. Lo sciopero della fame è legato a questa seconda condanna su cui ha trovato da ridire l’Associazione dei giuristi democratici europei e su cui molti esperti legali nutrono dubbi.
La sorte del detenuto ha suscitato una ampia mobilitazione dei settori indipendentisti della società basca e il suo nome viene invocato dai protagonisti della guerriglia urbana ricominciata dall’estate del 2006. L’Eta stessa ha denunciato il “caso De Juana” nel comunicato di rivendicazione della bomba all’aeroporto e viene portato come esempio dell’accanimento dello stato spagnolo contro gli indipendentisti.
Il mese scorso la Procura aveva chiesto gli arresti domiciliari perché il prigioniero è in pericolo di vita a causa dello sciopero della fame, ma la richiesta è stata bocciata dalla Audiencia Nacional riunita in sessione plenaria. I domiciliari sono stati negati.
Ora il caso rischia di scoppiare. Nella eventualità di una morte il clima politico in Euskadi si surriscalderebbe; d’altro canto, se venissero concessi i domiciliari, l’opposizione di destra del Pp potrebbe sfruttare il caso politicamente.