Il sistematico attacco di cui è oggetto l’istituzione della famiglia, è in verità perpetuato nei confronti di Dio stesso, colpendo l’uomo, in quanto il frutto più elevato del Suo Creazionismo. Attaccando la cellula base su cui si erge l’intera società, si punta allo sgretolamento di tutta la comunità umana, decretando i presupposti per l’anarchismo globale: il preludio al regno dell’anticristo.
La sacralità della famiglia è punto focalizzante di ogni civiltà degna di questo nome, nella quale, secondo sant’Agostino, l’ordine civile non è altro che il prolungamento della società familiare istituita per decreto divino.
Papa Pio XII, nella sua udienza del 27/01/1943, evidenziò come “L’antichità pagana riteneva sacro il culto del focolare domestico, di cui Estia era considerata la dea, ed esaltava l’eroismo di quei forti che combattevano per i loro focolai: pro aris et focis...Dallo stesso termine focus non deriva forse il termine «fuoco» della lente e dello specchio, che è il punto di concorso dei raggi rifratti o riflessi? Tale è il punto in cui tutto si concentra, per di là irradiare. É così bello un focolare intimo, ma che irradia! ... “.
La famiglia è originariamente un gruppo di persone sottoposto all’autorità del pater ( il capofamiglia) e secondo la concezione originaria non è un’unità naturalistica o sentimentale, ma essenzialmente eroica. L’appellativo di pater deriva da un termine atto a designare il duce, il re.
Nelle civiltà indo-europee il pater era anche il sacerdote della sua gens, colui che meglio d’ogni altro la rappresentava di fronte al divino, il custode del fuoco sacro, il quale nelle famiglie patrizie era simbolo d’influenza soprannaturale invisibilmente congiunta al sangue e con esso trasmessa.
La solidarietà del gruppo familiare o gentilizio, era tra l’eroico ed il mistico, facendone un tutt’uno secondo rapporti di partecipazione e di virile dedizione, pronta ad insorgere compatta contro chi ne ledesse od offendesse la dignità. La famiglia, anticamente, è un’entità religiosa, prima di essere un’unità di natura e di sangue.
In ottica romana, trovano ampio eco le teorie che considerano la familia romana un gruppo preesistente alla civitas, sorto originariamente per ragioni d’ordine e difesa, ed avente le finalità e i caratteri stessi dello Stato, che come tale ne adempie le funzioni”.
La famiglia si configura come un insieme di esseri virilmente stretti intorno al capo, che ai loro occhi riveste una maestosa dignità, a cui si tributa assoluta fedeltà.
Con l’avvento del Cristianesimo, la famiglia mantiene un ruolo prioritario nella società , legittimata ed avvalorata dallo stesso Gesù Cristo. Essa rientra, insieme allo Stato e alla Chiesa, tra le società necessarie che Iddio ha stabilito: Famiglia e Stato riguardano l’ordine della natura, la Chiesa l’ordine soprannaturale.
Gesù Cristo volle Egli stesso nascere da una vergine unita in regolare matrimonio, onorò con la presenza e con il miracolo le nozze di Cana , esaltò l’istituzione e l’indissolubilità del Matrimonio.
Per il cristiano, Il Matrimonio “è il Sacramento che unisce l’uomo alla donna indissolubilmente, come sono uniti Gesù Cristo e la Chiesa sua sposa e dà loro la grazia di santamente convivere e di educare cristianamente i figlioli ...”
Se ne deducono pertanto due fini:

un fine primario: la procreazione ed educazione della prole;
un fine secondario: il mutuo aiuto e il rimedio alla concupiscenza.

Il Sacramento del Matrimonio, prevede necessariamente l’unione di un solo uomo con una sola moglie, sconfessando la liceità del divorzio, della poligamia (che fu permessa per concessione divina dal Diluvio fino alla nuova Legge, poi lo stesso Cristo, l’abrogò espressamente), della poliandria. L’indissolubilità del Matrimonio (che permane tale fino alla morte di uno dei coniugi) è tale in quanto istituzione divina e solo per cause gravi contemplate dal Codice di Diritto Canonico «il marito ha facoltà di separasi dalla moglie colpevole (o viceversa), senza però passare a nuove nozze».
Il ruolo dei coniugi è differente ma preciso: «Se l’uomo è il capo, la donna è il cuore, e come l’uomo tiene il primato del governo, così l’altra può e deve attribuirsi come suo proprio il primato dell’amore ..., ma in nessun tempo e luogo è lecito sovvertire o ledere la struttura essenziale della famiglia stessa e la sua legge da Dio fermamente stabilita».
Si può razionalmente affermare che l’unione di un uomo con la rispettiva consorte, trova nel sacramento del matrimonio l’unione per eccellenza, per le specificità racchiuse.
Varie dottrine eretiche e scismatiche si sono susseguite nel corso dei tempi, negando il valore sacramentale del Matrimonio, legittimando il diritto al divorzio, alla poliandria e alla poligamia. Si pensi a tal fine alla difesa della poligamia attuata dai Luterani, dagli Anabattisti, dai Mormoni e dagli stessi Greci Scismatici, che tollerano il divorzio in caso di adulterio. I Montanisti, i Manichei e gli Albigesi negarono l’onestà del Matrimonio e alcuni lo dissero persino istituito dal diavolo.
Ma il processo di disgregazione della famiglia diviene preponderante con l’avvento del processo di secolarizzazione, ovvero il tentativo, che si sviluppa da un certo momento storico, di separare la vita dell’uomo dall’esperienza del sacro.
Con la riforma protestante (1517), trova ampio spazio la teoria di Lutero, nella cui visione si attua la rottura dell’unità dell’esperienza umana, frammentata tra regno di Dio e regno del mondo, spostando in questo secondo ambito (nel regno del mondo), i figli e il matrimonio, che egli ritiene un istituto esclusivamente di ordine terreno. Il divorzio, secondo Lutero, non è di competenza della Chiesa, ma dello Stato.
Con l’Illuminismo il processo di secolarizzazione si amplia. Nel 1789, con la Rivoluzione Francese, l’Europa è improvvisamente scossa da un nuovo modo d’intendere e vedere le cose: dopo la Riforma Protestante e la Rivoluzione Francese, quasi tutti i codici civili contempleranno lo scioglimento del vincolo matrimoniale.
La rivoluzione industriale, successiva alle rivoluzioni borghesi (francese e inglese), decreta a priori l’avvento del consumismo nella scena occidentale, affermando, per citare B. Franklin, che le sterline sono più importanti dei riti religiosi, e che la cosa più sacra cui bisognava stare bene attenti era lo sfruttamento del denaro. Il prof. Claudio Risè (Psicoterapeuta, Professore di Sociologia dei processi culturali presso l’Università dell’Insubria), in una conferenza a Torino nell’ottobre 2004 incentrata sulla figura del padre nella società, descrive una scena autobiografica raccontata da David Herbert Lawrence. Un padre, minatore, rientra la sera e si spoglia davanti al figlio prima di immergersi nella tinozza per lavarsi. Lo sguardo del figlio, dinanzi al padre completamente sporco di carbone, è di totale ammirazione, ma la madre, accortasi di ciò, lo prende da parte dicendogli: “Vedi quell’uomo sporco, tu non dovrai mai essere come lui, tu dovrai diventare un intellettuale, un signore”. Il prof. Risè vede in questa posizione, non già solo quella della madre di Lawrence, ma di buona parte della società protestante, che è la punta di diamante della società dell’industrializzazione occidentale. La separazione dal padre assume dei dati culturali e quasi razziali: il padre è il rappresentante di quel lavoro manuale, fisico, maschile, è una figura forte fisicamente ma debole dal punto di vista culturale, delle “buone maniere”. Una figura dalla quale il giovane è invitato a separarsi. Le considerazioni in merito del docente durante la conferenza meritano di essere riprese: “Si crea una scissione fortissima nell’essere umano occidentale tra il mondo dell’istinto, ed il mondo della cultura industriale, che diventa poi quella del consumo. Ma l’istinto è anche il mondo della relazione con la natura, con l’ordine e la legge naturale, e quindi il mondo dove si trova Dio. L’affronto alla natura ed alla legge naturale, e a Dio che le ha volute, procede di pari passo, come è evidente, ad esempio,nella questione della fecondazione artificiale, dell’aborto, e delle cosiddette politiche in genere. Se si toglie l’ordine naturale, e gli si sostituisce quello che i tedeschi hanno chiamato processo di civilizzazione, che ruota intorno a comportamenti di buone maniere, a modi di comportarsi, e a tecniche e dispositivi sociali, ad esempio del politically correct, si priva la vita umana sia dell’orientamento naturale, sia della luce di Dio, che quella natura e quel corpo hanno creato.
L’individuo diventa così prigioniero di un mondo fabbricato, fatto di modelli di comportamento in cui non ci sono più né appartenenze, né destini personali. Ci sono solo modelli prefabbricati di comportamento, che sono poi dei modelli di consumo. Siamo alla grande madre, la società dei consumi.
Un passaggio rilevante, che vorrei ricordare, è quello delle due guerre mondiali del secolo scorso durante le quali gli uomini stanno lontano da casa per molti anni, e spesso muoiono, e non tornano più; in quegli anni sono le donne che si devono occupare dei figli. Gli uomini che tornano dopo la seconda guerra mondiale trovano un mondo sostanzialmente cambiato, appunto la società ‘grande madre’, in cui ai vecchi modelli produttivi, modellati sull’unità produttiva familiare, strutturata su una trasmissione di sapere da padre-figlio, si è completamente sostituita la grande corporation, un’unità produttiva impersonale in cui non c’è nessuna trasmissione di sapere, anzi i saperi vengono continuamente modificati”.
Questa società grande madre, ben espressa tramite la figura della corporation, funziona come nei miti più negativi di questa figura archetipica, aumentando il proprio potere attraverso la soddisfazione dei bisogni. Al matrismo, secondo Evola, sarebbero propri la religione della madre, la tendenza societaria, la democrazia in campo politico, il progressismo e le idee innovatrici, la tolleranza in materia sessuale, il far poca differenza tra i sessi (ma anche una posizione privilegiata e la libertà della donna), l’edonismo e la tendenza al piacere, la spontaneità, l’idea che l’umanità è, per natura buona, donde anche evidenti connessioni con il giusnaturalismo e con le teorie alla Rosseau.
Per l’ideologia comunista, occorre ricordare che il “Manifesto del Partito Comunista” poneva in essere il principio per cui le donne sono “in comune”, teorizzando la morte della famiglia.
L’avvento dei fascismi europei provocò un temporaneo arresto al dilagare di questa mentalità nichilista. Il Fascismo italiano diede impulso alla concezione della famiglia, incentivando le nascite non solo con sterile propaganda ma con concreti sforzi economici. La concezione della famiglia riacquisiva l’originaria importanza propria della romanità e del cristianesimo. Ma con la caduta del regime, l’ondata dissolutoria e denigratoria di ogni etica e valore, proseguì nel processo interrotto.
La società dei consumi, ovvero l’attuale sistema democratico che mascherato sotto la veste libertaria e democratica impone attraverso stili di vita unidirezionali ed amorfi, imposizioni consumiste, porta in essere il trionfo dell’ideologia marxista – comunista, attraverso l’egualitarismo del modus vivendi dei cittadini planetari, covando l’identico odio e repulsione verso il razionale ed il sacro.
Se il totalitarismo comunista novecentesco serbava un indefesso odio satanico contro la vita, combattendo apertamente la famiglia ed il matrimonio, le moderne democrazie consce che la distruzione del matrimonio equivale all’annientamento della stessa famiglia, attuano un sistema mirante all’indebolimento ed alla banalizzazione dello stesso.
La famiglia è soggetta quindi ad un duplice assalto:
esterno: mirante al riconoscimento delle unioni di fatto e dei matrimoni fra persone dello stesso sesso;
interno: relativizzando la sacralità dell’unione e ribaltandone i fini.
Analizziamoli a sommi capi.
Le unioni di fatto mirano tendenzialmente alla diffusione dell’idea che esistono più forme di unione, tutte legittime e di cui il matrimonio è una delle molteplici possibilità motivata esclusivamente da fini religiosi e di fede. Con un perverso gioco filosofico, l’amore è reso succube della sessualità e l’omosessualità è una delle espressioni amorose possibili.
La legalizzazione delle unioni omosessuali porta inevitabilmente all’indebolimento della famiglia. A seguito di studi intrapresi, un antropologo americano, Stanley Kurtz, ha sintetizzato per il Weekly Standard alcuni studi europei che evidenziano come nei paesi in cui sono state legalizzate le unioni omosessuali, il matrimonio e la familia hanno subito un notevole indebolimento. In particolare ha evidenziato “una coincidenza tra legalizzazione delle unioni omosex e l’aumento dei tassi di divorzio e di nascite fuori dal matrimonio”perché, conclude “Invece di incoraggiare il ritorno al matrimonio le unioni gay hanno dato il messaggio che il matrimonio stesso è anacronistico e che virtualmente ogni forma di famiglia è accettabile, compresa la genitorialità fuori dal matrimonio”.
Una politica incoraggiata dal coacervo di forze demo-pluto-massoniche facente parti della ragnatela tessuta dal grande ragno simbolo della sinarchia universale mondialista. Tra esse le varie organizzazioni, embrioni del governo mondiale, quali l’ONU, la Banca Mondiale, l’UNICEF, l’OMS (l’Organizzazione Mondiale della Sanità), il Commissariato per i rifugiati (ACNUR) e per i diritti umani (UNCHCHR).
Attraverso le Conferenze dell’ONU si intravede l’evolversi del piano di attacco alla specie umana, attraverso l’ottenimento di quei “diritti civili” che portano il nome di distruzione della famiglia, aborto, eutanasia, espianto di organi a cuor battente, ecc.
Una politica che viaggia su idee forza abilmente fatte circolare all’interno della società con la diffusione di etats d’esprits, quali “sviluppo sostenibile”, “bomba demografica”, “pianificazione della famiglia”.
Una diffusione capillare di messaggi portata avanti tramite personaggi politici di schieramenti diversi, medianti associazioni semi ufficiali e misconosciute a più, quali l’AIED (Associazione Italiana Educazione Demografica) di Luigi De Marchi e il Club di Roma di Aurelio Peccei, autore negli anni ’70 del libro “I limiti dello sviluppo”. Prende piede il concetto della famiglia come un qualche cosa di “artificiale”, di relativo, storicizzabile. Francesco Agnoli, in merito scrive su Il Foglio del 23/02/2006: “E’ una mentalità che si diffonde soprattutto a partire dalla fine degli anni Sessanta, con la contestazione giovanile, la nascita di alcune comunità new age e dei primi centri sociali. Sulla rivista Quarto mondo (n.1, marzo 1971), si legge: La famiglia…non è una società naturale; è un prodotto storico come qualsiasi altro tipo di famiglia esistita o esistente in altri tempi o in altri luoghi (famiglia poligamica, famiglia poliandrica, famiglia di gruppo, famiglia patrilineare, famiglia patriarcale)….La cultura degli anni Sessanta e Settanta è proprio questa. Quella nella quale Rossana Rossanda poteva scrivere che nell’ottica di “una energica liberazione sessuale”…un movimento comunista deve battersi per il fine della famiglia, mentre il leader sessantottino Daniel Cohn – Bendit affermava che occorre far tabula rasa e ricostruire tutto di nuovo…(per perseguire) l’abolizione del matrimonio in quanto istituzione politica, religiosa, giuridica, civile”.
Occorre ricordare il ruolo non indifferente del Partito Radicale in Italia, con personaggi quali Emma Bonino e Marco Pannella, che pochi mesi addietro, nell’esaltazione del nazicomunismo cinese ed in un’enfasi filo – ambientalista si è prodigato in un attacco allo “tsunami natalista, che ha visto alleati nei decenni precedenti sia i poteri fondamentalisti clericali, Vaticano in testa, sia il Potere dell’Impero sovietico e quelli fascisti, nazisti, totalitari di ogni tipo, che hanno imposto e che impongono all’umanità di procreare, di moltiplicarsi bestialmente, irresponsabilmente, condannando centinaia di bambini a morire di fame, stenti, guerre…”.
L’ONU, dicevamo, come le sue Conferenze programmatiche, da quella di Rio de Janeiro sull’Ambiente (1992), a quella su Popolazione e Sviluppo al Cairo (1994), a quella di Pechino sulla donna(1995), per passare a quella sull’alimentazione a Roma (1996).
Nella Conferenza di Rio (1992), è usato per la prima volta il termine di sviluppo sostenibile, un’espressione ambigua atta ad identificare uno sviluppo la cui durata è assicurata sempre a favore di una migliore qualità della vita.
E’ con la Conferenza del Cairo (1994) che si ha una svolta sensibile nella politica contro la famiglia.
L’individuo, e non più la copia, diviene l’interlocutore dello Stato ed il concetto di pianificazione famigliare si evolve in “controllo delle nascite”. Il documento del Cairo stigmatizza una situazione di fatto in cui, partendo dal presupposto di abolizione della discriminazione contro le donne e le bambine, il diritto dell’individuo dev’essere preservato dai doveri e legami famigliari. La famiglia quindi diviene nemica dell’individuo. Alan Carlsson, presidente del Rockford Institute, ha descritto tale situazione sottolineando la volontà di “costruire un sistema familiare madre – bambino – Stato che sostituisca la famiglia naturale, formando una sorta di harem di governo, da ottenere attraverso aiuti massicci all’educazione dei figli fuori dal matrimonio e attraverso una pesante tassazione delle famiglie fondate sul matrimonio: una politica sperimentata nei Paesi scandinavi e ora allargatasi a molti Paesi industrializzati”.
Nel 1999, in Francia fu introdotto nella legislazione il PACS, il “Patto di solidarietà civile”, un accordo legale tra persone principalmente (anche se non necessariamente) dello stesso sesso. Il modello francese, in sintesi prevede:
mutua assistenza morale e materiale;
diritto di subentro nell’affitto qualora il partner abbandona il domicilio;
possibilità di dichiarazione congiunta a partire dal terzo anno con possibilità immediata di uno sconto sulla tassa di successione;
estensione al partner della protezione sociale;
maggior facilità nell’ottenimento del diritto di soggiorno per il partner straniero;
regolazione del regime patrimoniale e degli acquisti fatti in comune;
giorni di congedo lavorativi in caso di decesso del partner.
Nell’ottobre 2004, il Consiglio d’Europa, seguendo gli espliciti suggerimenti dell’ONU, inserisce le pratiche anticoncezionali, tra cui quelle abortive, tra i diritti fondamentali dell’uomo riguardo la salute. Nello stesso anno, Prodi abbozza l’ipotesi che i Pacs possano entrare nel programma dell’Unione; una proposta che trova concretezza nelle ultime elezioni, anche se con una parziale “marcia indietro” a causa delle possibili perdite di voto di parte del centro – sinistra.
Nel 2005 la Spagna, con il governo Zapatero fa di meglio e di più, con l’approvazione del matrimonio omosessuale. Su un articolo apparso il 24 aprile 2005 sul quotidiano La Stampa, Milli Hernandez, la lesbica leader storica del movimento rosa spagnolo, svela i retroscena della politica del movimento omosessuale – lesbo, improntata sulla “visibilità”. Nel 1996, i socialisti persero le elezioni per 300.000 voti, rifiutando la proposta di una legge sulle copie di fatto. Nel 2004, afferma la lesbo, Josè Luis Rodriguez Zapatero, conscio che le politiche si giocavano sul filo di lana, ha messo nel suo programma elettorale le nozze ed adozioni gay. Forse è un approfittatore, perché siamo 4 milioni di votanti. Ma ha coraggio. Il 75% ha votato a sinistra, il 45% dei quali la Rosa di Zapatero.
La possibilità di adozione per le coppie omosessuali è l’ultima novità del cavallo di Troia spagnolo in Europa. Sappiamo ormai tutti che con la vigente legislazione europea vige il pretesto dell’applicabilità sull’intero contesto territoriale europeo di una legge varata ed applicata da uno degli stati membri.
Come si evidenzia, l’attacco alla famiglia è in stato avanzato, tale da far gridare ad un disperato allarme cui pochi, per la verità, ascoltano.
Se la famiglia è sempre stata lo spazio entro il quale l’individuo trovava l’evolversi della propria vita, attraverso l’amore vicendevole del coniuge, la nascita e l’educazione dei figli, l’assistenza dei propri stessi genitori negli anni della loro vecchiaia, assistiamo oggi ad un ribaltamento di questo processo. Constatiamo sempre più spesso le disgregazioni delle famiglie attraverso il divorzio, con un esasperato edonismo che mira all’individualismo egoistico, rifiutando la filiazione, con un aumento esponenziale delle pratiche abortive all’interno dello stesso matrimonio, con gli anziani considerati sempre più un ingombro ed un peso, e l’atto finale dell’esistenza, la sofferenza prima della morte, da evitare, magari con forme quali l’eutanasia.
Tutti argomenti che meriterebbero nello specifico un approfondimento minuzioso, perché l’opera del milite politico è azione di testimonianza verso la verità oggettiva, accusa del falso, denuncia del criminoso.
Purtroppo, per ovvie ragioni di tempo, mi limiterò a brevi, specifici accenni.
Il divorzio, ovvero la cacciata del padre dalla famiglia (o il suo volontario sottrarsi alla stessa), è considerato uno degli elementi principali insieme all’astrazione dei padri da parte delle grandi corporations. Un fenomeno, quello del divorzio, incrementato da un parallelo giro economico incentivato da psicologi, avvocati, assistenti sociali, interessati allo smembramento delle famiglie per un tornaconto economico. La leggerezza con la quale si pone fine ad un vincolo matrimoniale lascia alquanto sconcertati ed è il sintomo evidente di una società in cui non crede più in valori, denotando una mancanza d’etica prima ancora che di senso religioso.
L’aborto è la piaga principale che attanaglia la nostra società: una nazione che uccide i suoi figli è votata al suicidio. La parola aborto deriva dal latino ab-orior e più precisamente dal participio ab-ortus, che significa venire al mondo prima del giusto tempo. Le voci equivalenti sono :interruzione di gravidanza, interruzione della maternità. L’aborto si è solito definirlo, in termini medici, come l’espulsione del feto nel periodo della gravidanza, tra 0 e 6 mesi. Dopo detto tempo il bambino può nascere e sopravvivere, per cui in caso di uccisione del feto si può parlare di infanticidio.
L’aborto si divide a seconda che avvenga:
per difetto di natura, chiamato aborto naturale o spontaneo;
per volontà umana, chiamato aborto procurato, ossia provocato con mezzi vari e può essere un aborto clandestino o pubblico, aborto legale.
Sotto la veste giuridica , si attua la divisione tra stati contrari all’aborto, che lo penalizzano e stati che lo consentono, o legalizzandolo o depenalizzandolo.
Le motivazioni addotte per giungere alla legalizzazione o alla depenalizzazione, sono spesso strumentali e simili ovunque e poggiano sulla motivazione che liberalizzandolo si cancella la piaga degli aborti clandestini, sul ridimensionamento della responsabilità psicologica della donna che si sottopone all’aborto stesso (legale = lecito), e su altre motivazioni, tra cui quelle economiche.
La depenalizzazione crea di fatto il vuoto legislativo e pone come giuridicamente irrilevante la soppressione della vita umana. Purtroppo, vista l’imponente tasso di denatalità che affligge il continente europeo, non solo non si incentiva la procreazione con leggi ad hoc per il sostegno economico delle famiglie, ma anzi il processo abortivo ha subito nell’ultimo periodo un pericolo incremento, con mezzi e forme nuove. Farmaci come il Norlevo o la RU486, sono ritrovati medici abortivi pericolosi sia per la donna che abortisce, in quanto appaiono più che un ipotesi i tumori uterini, sia per la mentalità che diffondono, equiparando l’aborto tramite ingestione di pillola ad un qualsiasi altra patologia medica.
Sia la RU486 che il Norlevo, hanno l’identico obbiettivo di trasformare l’aborto in un atto privato, il più possibile non medicalizzato.
L’eutanasia, termine che grazie ad una campagna mass – mediatica di non poco conto rimanda al concetto di “morte buona”, è l’intervento diretto del medico atto a procurare la morte di un paziente (eutanasia attiva), o l’astensione da interventi che manterrebbero la persona in vita (eutanasia passiva).
Una delle caratteristiche della stessa è il porre fine alla sofferenza ed è il valore sul quale fa leva emozionalmente su una moltitudine variegata di persone.
L’aspetto più inquietante che si erge dietro l’eutanasia, l’aborto, la clonazione, la fecondazione assistita (e ricordiamo a tal fine che una sentenza del 2000 negli Usa in cui il giudice autorizzò una copia lesbica ad avere un figlio attraverso la fecondazione di uno spermatozoo di un terzo donatore, funge da scriteriato apripista alla poligamia), l’espianto di organi (altro argomento complesso al quale rimando al testo “Mors tua, vita mea”, di un torinese, il dottor Ugo Tozzini), covano in sé l’operato di scienziati-stregoni raggruppati in lobby che nutrono il prometeico progetto di sostituirsi a Dio nell’unicità del dare e togliere la vita.
Per ultimo consentitemi un accenno ad un argomento divenuto purtroppo socialmente inquietante: il rapporto con gli immigrati di fede islamica, che rivendicano ormai da tempo i propri “diritti”, dimenticandosi molto spesso dei propri “doveri”.
Un argomento che alcuni avranno avuto modo di leggere nel mio testo “Islam e modernità”.
In esso, specificatamente al capitolo “Problematiche di tutti i giorni”, ho affrontato il tema della famiglia connesso al matrimonio, dove se ne evidenzia, secondo il diritto musulmano, come l’oggetto del matrimonio sia la sposa e sia la dote parte integrante ai fini della validità del contratto Le caratteristiche di fondo che se ne deducono del matrimonio islamico sono:
il primeggiare dell’aspetto contrattuale dello stesso che ha come oggetto l’unione fisica e il godimento della donna da parte dell’uomo;
la procreazione (per altro altissima, almeno rispetto ai nostri standard) non è concetto intrinseco al matrimonio (come avviene nel matrimonio), ma consiste nella legalizzazione dell’atto sessuale. Il concetto di procreazione diviene estrinseco dal contratto matrimoniale, ciò evidenziato dal fatto che non esiste nessuna proibizione religiosa al “coitus interruptus” e che viene consentito l’uso dei profilattici. E’ inoltre legittimato il principio al rifiuto di un figlio.
Il “matrimonio temporaneo”, sancito da contratto, è inoltre ancora una pratica in uso presso gli shiiti imamiti egli ismailiti.
L’Islam prevede, come tutti voi ben saprete, la poligamia, che trova riscontro nelle parole del profeta Maometto (e trova incentivi nelle esortazioni di vari esponenti religiosi islamici, tra cui l’Imam KHomeyni). Se il precedente Governo, desolante nella condotta anti - immigratoria, ha almeno eluso le richieste delle comunità islamiche in materia di ricongiungimento familiare, il neonato governo desta decisamente maggiori preoccupazioni in materia, lasciando presagire prospettive inquietanti. Permettere la poligamia anche solo alla comunità islamica, innescherebbe l’attivazione di un processo degenerativo che rischierebbe di tramutarci in “stranieri in patria” di qui alle prossime tre generazioni. Il risultato evidente sarebbe la definitiva morte delle nostre tradizioni e la drastica riduzione della fede cattolica, già per altro in crisi evidente grazie ad un clero modernista in parte apostata.
L’obbiettivo diviene pertanto la difesa strenua della famiglia, della sacralità della stessa. Genitori uniti nel vincolo indissolubile per tutta la vita tramandano ai figli un esempio concreto, imitabile. L’unione delle famiglie genera la comunità nazionale che assume identità laddove poggia su principi e valori condivisi.
In un’epoca come la nostra, ci troviamo a combattere contro un mondialismo apolide che professa il sorgere di un Nuovo Ordine Mondiale, imposto attraverso le baionette del suo gendarme a stelle e strisce e tramite la diffusione di un nichilismo che attanaglia le coscienze, mediante il relativismo etico, attraverso la più totale de-culturalizzazione dei popoli, informati sugli aspetti marginali ma ignoranti nei principi fondanti. Occorre essere uomini, affrontando la battaglia nel sociale conoscendo in maniera approfondita il nemico, senza rimanerne enfatizzati, ma opponendo quei valori e principi in intramontabili perché eterni, passando la fiaccola alle generazioni future: vecchie idee, ma sempre attuali…per forze nuove!

Giuseppe Franzo