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  1. #71
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    Predefinito Rif: La politica clericale e la democrazia

    La politica clericale e la democrazia. (71)

    di Romolo Murri

    Un altro fatto notevole. Il cattolicismo ha perduto, forse per parecchie generazioni, le masse popolari; ma esso ha, in questo momento, grandi simpatie nelle classi colte e negli ambienti universitari. Il cammino fatto in questo senso nell’ultimo decennio è veramente notevole. Ora, una cosa che colpisce molto gli osservatori intelligenti, in Francia, è questa; che tutti i cattolici i quali hanno voluto fare opera serena di studiosi e di critici e che si sono guadagnati la stima e la simpatia negli ambienti intellettuali hanno avuto subito contro di sé i cattolici ed i loro rappresentanti. Proprio di questi giorni, per non citare che fatti recentissimi e non ancora noti, si annuncia che Loisy è in nuove difficoltà con l’autorità ecclesiastica: che la “Quinzaine”, diretta dal Fonsegrive, pericola, che “demani”, il nuovo settimanale di Lione, perde la collaborazione di ottimi scrittori, aventi una posizione ufficiale nell’insegnamento superiore cattolico, pel pericolo che essi corrono di compromettersi scrivendo nella rivista lionese; che all’ordine del giorno dell’ultima assemblea dei vescovi c’era una lista di periodici cattolici da condannare; e fu per mancanza di tempo che la questione non venne trattata.



    Non è quindi difficile concludere. Il cattolicismo in Francia, come altrove, perde via via l’affezione e la stima del popolo, respinge il concorso dell’intelligenza e della simpatia che dalle classi colte si rivolgerebbero verso di esso, diffida delle proprie sue risorse. Le sue prospettive remote non sono più felici ed incoraggianti delle prospettive d’un avvenire vicino. Esso non ha per sé né il popolo, né l’ingegno, né la legge: quest’ultima può anche accettarla da un momento all’altro – e sembra ora disposto ad accettarla – ma quando 600 milioni di beni sono già irremissibilmente perduti e quando il rifiuto ha prodotto nell’opinione pubblica tutti i suoi effetti dannosi. E intanto, come abbiamo già visto, ai danni ed ai pericoli della separazione e della resistenza alla legge si aggiungono, inosservati ora, ma tali che appariranno molto gravi fra poco, i danni ed i pericoli – in qualche senso anche maggiori, poiché intaccano i capitoli di energie viventi – di una crisi intellettuale e discordia profonda di tendenze nel seno stesso del cattolicismo. Il pessimismo del quale io parlavo precedentemente sembra quindi, anche sotto questo aspetto, giustificato.



    71) Segue
    Non credo nelle ideologie chiuse, da scartare e usare come un pacco che si ritira nell'ufficio postale (Marco Pannella)

  2. #72
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    Predefinito Rif: La politica clericale e la democrazia

    La politica clericale e la democrazia. (72)

    di Romolo Murri

    La grande prova

    Parigi, 2 febbraio



    Con la recente proposta dell’episcopato francese relativa alla locazione delle chiese al clero, la Francia entra oramai nella via della sistemazione dei nuovi rapporti fra la società religiosa e la civile. La proposta dell’episcopato non creava certamente difficoltà e incompatibilità nuove; ma, come era l’eco di una indignazione non sopita, così ravvivò sulla via e contro di sé collere e passioni non ancora calmate, in quel gruppo, che dicemmo non numeroso ma forte, il quale desiderava fare della separazione una soppressione, e col quale lo stesso Clemanceau giornalista e senatore si è, non raramente, schierato.



    Se davvero le passioni incominciassero oramai a far giù, e le difficoltà dell’accordo fra le due parti fossero affrontate con un sereno spirito di libertà e col desiderio di giungere alla pace religiosa, risolte via via, dopo questa della locazione delle chiese, le altre questioni più gravi, si potrebbe venire ad un periodo di quiete, nel quale la vita religiosa prenderebbe il suo nuovo assetto; e certo tutti gli amici della Francia e della libertà si augurano oggi che a questo si venga.



    La Chiesa in Francia ha oramai, nella crisi violenta che abbiamo cercato di riassumere oggettivamente, perduto, o quasi, tutto quello che essa poteva perdere; essa era una organizzazione di Stato, un partito politico, una tradizione civile e sociale, e non è più, od è ora assai meno, tutto questo. Io vorrei insistere ancora un poco su questa profonda trasformazione, poiché essa finirà di spiegare i lati meno osservati dal pubblico, e tuttavia i più importanti, del problema della separazione e gioverà ad intendere lo stato nuovo del cattolicismo in Francia e le sorti che gli sono probabilmente riserbate per un prossimo avvenire.



    Il concordato faceva della chiesa francese una istituzione di Stato. Il Governo aveva facoltà di designare i vescovi, si interponeva, quasi ad ogni passo, nelle relazioni fra il clero e l’episcopato e l’episcopato e Roma, sinché non si creò un’abitudine, contraria in molte cose al diritto canonico,ma enormemente favorevole alla influenza del potere politico sulla religione. In compenso, esso alimentava il culto e copriva del suo prestigio, che è ancora grande sulle masse minori, non conquistate dal socialismo, il parroco e la Chiesa; e questo prestigio era una grande forza di conservazione religiosa, la quale sparisce.



    Come la Chiesa francese fosse strettamente legata alle vicende ed alle lotte politiche del suo paese, dopo la caduta dell’impero, abbiamo già detto. Ora che essa è in condizioni così diverse ed ha tante preoccupazioni sue proprie, i partiti politici, i quali così lungamente si giovarono di essa, e la compromisero spesso, la lasceranno pensare in pace ai casi suoi? Certo la loro influenza si è esercitata, sino a questi ultimi giorni, suggerendo, preparando ed invocando le decisioni più radicalmente ostili all’accordo. Ma conviene altresì notare che la politica clericale antidemocratica, durante e dopo l’affare Dreyfus, fu guidata da alcune congregazioni religiose, e specialmente dai gesuiti e dagli assunzionisti; e che mentre il peggioramento dei rapporti fra il Governo e il clero secolare e nei voti di queste, come è nei voti dell’altra frazione estrema, la combista, l’episcopato e il clero secolare, che erano stati trascinati quasi fatalmente nella lotta politica, desiderano invece che la situazione migliori, e dai più pressanti interessi sono condotti a non occuparsi oltre di politica militante e cercare invece un terreno d’accordo almeno tacito con la Repubblica. Questo nuovo stato d’animi – del quale può essere un indice la fusione della Verité, il giornale clericale più recisamente antidemocratico, e che condusse la lotta contro le direzioni politiche di Leone XIII con l’Univers, fusione avvenuta or ora – potrà produrre delle mutazioni notevoli nella politica interna della Francia, e determinare un nuovo orientamento di partiti, sul terreno economico e sociale. C’è, è vero, in progetto, dopo l’insuccesso dell’Action liberale, capitanata dall’on. Pion, una Action catholique, organizzazione che dovrebbe raccogliere e riordinare per la lotta gli sparsi elementi clericali ed anticostituzionali; ma si può ritenere che il buon senso dell’episcopato, dall’una parte, e l’opposizione vivace delle frazioni di cattolici più avanzate nel terreno politico e sociale, dall’altra, impediranno in tempo il fermarsi della nuova coalizione.



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  3. #73
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    Predefinito Rif: La politica clericale e la democrazia

    La politica clericale e la democrazia. (73)

    di Romolo Murri

    La terza cosa che il cattolicismo viene rapidamente perdendo in Francia è il vantaggio di consuetudini e tradizioni sociali le quali conservavano usi religiosi e quindi un aspetto esterno di religiosità nella vita sociale anche là dove il vivo senso religioso era più o meno sparito. Non vi erano che i militanti del libero pensiero i quali si astenessero sempre e per partito preso da ogni dimostrazione religiosa, militanti al cui numero appartengono nella grandissima maggioranza i maestri e le maestre laiche; il resto delle varie classi sociali, compreso un buon numero di quei deputati medesimi che costituivano la maggioranza del bloc, non si sentiva, assai spesso, la forza necessaria per rompere tradizioni consacrate dall’uso e legate così intimamente a tutti i ricordi di famiglia; oggi la violenza della lotta, l’avversione popolare alla condotta politica del clero in questi ultimi anni, il fatto stesso della precarietà del culto hanno spezzato molti di questi tenui fili che legavano al passato il costume sociale; e le forze vive del cattolicismo sono apparse enormemente minori di quel che pensassero i molti politicanti e cattolici i quali, dando un valore e quindi anche un significato eccessivo a quel che è esterno formale, si illusero così stranamente sulla capacità di resistenza dei cattolici alla legge di separazione. L’illusione fu tale che non si può oggi leggere senza un senso di sorpresa quel che i cattolici di molto valore scrivevano prima dell’andata in vigore della legge di separazione. Così, per non citare che un esempio, in una brochure notissima, il conte di Haussonville, della Accademia Francese, prevedeva dissensi religiosi, enormemente più violenti di tutte le lotte politiche, che avrebbero gettato il tumulto in tutti i comuni di Francia, dalle città maggiori ai più piccoli villaggi, e suscitato una guerra religiosa ardente e un disordine profondo nel paese (Aprés la separation, Perrin, Parigi). Questo errore capitale, colossale, di previsione, che fu comune a tanti, e che ispirò tanti atti, spiega molte cose nelle ultime vicende della crisi religiosa in Francia.



    Ora il lettore avrà notato certamente che queste vaie condizioni del cattolicismo in Francia erano insieme ostacoli gravi e profondi per la sua azione propria, sostanzialmente religiosa, e seguì apparenti e superficiali di vigore esterno. Per essi rimaneva quasi intatta la facciata magnifica di un edificio i cui vani andavano via via cadendo o rimanevano disabitati. La crisi è quindi insieme un dissolversi rapido e clamoroso di quello che appariva esteriormente ed esisteva superficialmente, ed una liberazione di quegli elementi profondi e vitali che, cacciati nel fondo di quel vecchio corpo inerte, della Chiesa ufficiale e di Stato, non potevano spiegarsi ed agire.



    La speculazione politica, per esempio, schierava dal lato del cattolicismo aristocratici dalla vita mondana, atei in cerca di popolarità e di affari, letterati che contavano pel successo, sugli applausi dei salotti clericali; e tutti questi decantavano in coro, e pour cause, la grandezza e la forza del cattolicismo, e il loro canto suscitava illusioni ed addormentava energie.



    Così, dall’altra parte, il fatto che una quantità enorme di uomini che avevano perduto ogni principio di fede viva ed operosa nella Chiesa romana e nelle sue dottrine partecipassero tuttavia di quando in quando ai suoi riti, e chiedessero i suoi sacramenti, costituiva una grande debolezza. Non si osava esser severi, per non perderli, e non perdere insieme il vantaggio del ritenerli ancora, in qualche modo; poiché ai matrimoni, ai battesimi, ai funerali, se non portavano fede, portavano tuttavia lustro di appartenenza esterna e denaro. Così anche si temeva di promuovere iniziative che, ridestando il senso religioso dei pochi buoni e sinceri, avrebbero suscitato dissensi, provocato la disapprovazione degli altri, rovinato quelle sltre iniziative o speculazioni che erano costrette a fare assegnamento soprattutto sul numero e sull’appartenenza. I cattolici temevano anche di contarsi. Quanti erano? Alcuno rispondeva: trentacinque milioni; altri: cinque milioni, compreso le donne ed i fanciulli.



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  4. #74
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    Predefinito Rif: La politica clericale e la democrazia

    La politica clericale e la democrazia. (74)

    di Romolo Murri

    Il denaro dello Stato, poi, teneva molti sacerdoti nella condizione di burocratici; e i burocratici, specialmente quando sono dispersi in piccoli centri, amano di non dissentire dal superiore, di essere d’accordo con le persone influenti del luogo ed avere le loro grazie, rifuggono da una cosa che spaventa tutte le amministrazioni e che queste puniscono spesso severamente nei loro dipendenti, l’iniziativa personale vigorosa ed energica. Ed a conservare il clero in questo stato di cose contribuivano anche, con una forte pressione, tutti gli interessi economici e sociali che erano in qualche modo associati a quelli del clero.



    Oggi – e non abbiamo recato che pochi dei molti fatti che si potrebbero citare – oggi tutto questo è sparito o va disparendo. Ciò spiega la gravità inopinata della crisi, ma giustifica alcune speranze che i cattolici migliori si fanno.



    Se conoscere la situazione vera del cattolicismo, giova per prendere risoluzioni più adatte ed aventi maggiore probabilità di successo, quelli che vogliono possono ora rendersi conto dello stato vero delle cose in Francia. Se la decadenza del cattolicismo va attribuita alla penetrazione di interessi e di influenze estranee, il clero secolare – del clero regolare francese preferiamo non parlare, poiché dovremmo forse essere troppo severi con esso – può ora scuotere più facilmente da sé queste influenze e questi interessi. Se i cattolici non possono agire se non riconoscendosi, prima, e affiatandosi ed intendendosi, in base a una preoccupazione viva e verace di grandi interessi religiosi, le difficoltà presenti daranno modo ai veri cattolici di riconoscersi, di stringersi intorno ai loro sacerdoti in organizzazioni parrocchiali, attuando in qualche maniera le tanto temute cultuelles, di rinnovare con la sincerità l’efficacia del culto e del rito religioso.



    In Francia, come altrove, il cattolicismo ha bisogno di ripiegarsi su sé stesso, di raccogliersi nella considerazione dei suoi veri interessi, di fare una accurata revisione critica di tante opinioni ricevute e trasmesse ed accolte già, senza che vi si esercitasse intorno l’attività viva del pensiero, di veder più chiaro, nella cultura e nella vita moderna, che cosa gli ripugna e che cosa risponde meglio alle sue interne e native vocazioni, di cacciar lontano da sé quello che non è esso e di coltivare quello che è veramente esso, di rimuovere uno spirito di dominio assoluto e di passività cieca che si è annidiato nelle sconnessure dei suoi organi gerarchici e fa rigidi e difficili i movimenti. La separazione crea condizioni enormemente favorevoli a una simile revisione critica.



    Questa grande prova oggi si impone al cattolicismo in Francia. Ne uscirà esso vincitore? Quando anche io potessi esporre qui ai lettori l’altra crisi gravissima, quella interna, intellettuale e disciplinare, che travaglia il cattolicismo francese, con la stessa oggettività con la quale ho cercato di esporre le vicende della crisi dei rapporti fra la società religiosa e la civile, il concludere sarebbe ancora difficile. Poiché le conclusioni dovrebbero essere frutto, oltreché di un accurato esame delle cose quali ci si presentano esteriormente, di una valutazione di quei dati spirituali e religiosi che il cattolicismo possiede, e possiede solo; sicché la conclusione sarebbe, effetto, oltreché di un esame critico, anche d’una fede.



    Ora io questa fede nella vitalità del cattolicismo, e quindi nella possibilità sua di giovarsi di tutti i risultati veri e buoni della cultura moderna e dello spirito democratico, l’ho. Ma molti cattolici non l’hanno; e per non perdere l’altra fede nella perennità del cattolicismo a loro non resta altra via di uscita che quella di…sperar prossima la fine del mondo e, possibilmente, affrettarla.



    Comunque di quel che potrà venire dallo svolgersi del cattolicismo nelle nuove condizioni nelle quali esso è stato posto dalla crisi recente, non si potrà parlare che fra molto tempo: per il momento, sono le difficoltà esterne che appariscono più gravi, e la rovina del cattolicismo esteriore occupa ancora gli animi, in Francia di spavento e di doloroso stupore e li fa incerti e pensosi del domani.



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    Predefinito Rif: La politica clericale e la democrazia

    La politica clericale e la democrazia. (75)

    di Romolo Murri

    ATTENDENDO LE CASRTE MONTAGNINI (1)

    Gualdo di Macerata, 28 marzo



    Oscuro domestico di Curia sino a ieri, Monsignor Montanini non di Mirabello, dà oggi il suo nome ad un periodo nuovo della crisi del cattolicismo in Francia. E le ultime vicende dell’attività diplomatica del Vaticano in questo paese stanno per esser gittate in pascolo alla curiosità del pubblico, mentre, assicurato ormai il segreto per le carte dell’antica nunziatura, Monsignor Lorenzelli viene promosso al cardinalato; affinché la disgrazia dell’ultimo Nunzio pontificio in Francia non fosse quasi la confessione dell’inferiorità di una diplomazia che, assorta nelle conversazioni dei salotti aristocratici e legittimisti, non vide addensarsi sulla Chiesa francese la tempesta sterminatrice.



    Che cosa diranno queste carte che sono ora in mano della commissione parlamentare? Noi non possiamo fermarci, come altri hanno fatto, alle vaghe voci corse, eco di superficiali impressioni di piccole cause della pubblicazione o di particolari piccanti. Stato e Chiesa sono in guerra, in Francia, e questo nuovo atto del primo è un’altra battaglia data alla Chiesa. In quali condizioni e con quale probabile risultato? Questo è che importa vedere.



    Alcuni si sono affrettati a mettere fuori causa il Vaticano, a dire che esso non sarà colpito da quei documenti, quali che si sieno. E noi possiamo esserne certi. Dopo la caduta del potere temporale, la politica pontificia ha dei limiti precisi, fissati dai suoi interessi gerarchici ed ecclesiastici; le alleanze e i rapporti politici fra i vari Stati sono troppo evidentemente fuori del suo presente campo di azione perché si possa temere che l’imprudenza di alcuni dei suoi la faccia a un tratto apparire come congiurata ai danni del paese presso il quale essa aveva un rappresentante e che sino a ieri trattò con estrema benevolenza. Inoltre la diplomazia vaticana aveva delle tradizioni di cautela e di correttezza che non possono certamente esser sparite d’un tratto. Non si tratta dunque di ciò.



    Quello che le carte Montanini metteranno in luce saranno invece le condizioni interne della Chiesa di Francia alla vigilia della separazione; le piccole vanità, le divisioni interne, le incertezze, le diffidenze, le illusioni, gli errori politici, le inframmettenze laiche, l’accentramento burocratico; grande insieme di errori e di vizi organici che gioverà a spiegare le ultime vicende e gitterà luce sulle condizioni presenti del cattolicismo in Francia. Esse dunque documenteranno meravigliosamente osservazioni già fatte, giudizi già sommessamente dati da quei parecchi che hanno, in questi ultimi anni, studiato la crisi religiosa in Francia; letteratura oramai ricca, alla quale viene ora ad aggiungersi un nuovo, audace più che coraggioso, libro di Henri Houtin, il più acuto e crudele critico della questione religiosa, noto per la rapida fortuna di altri suoi libri, che son tutti all’Indice.



    Questo nuovo volume che abbiamo letto, dal titolo “La crisi du clergé”, è una analisi fredda e minuta dello stato d’animo del clero francese; esso è ispirato ad un radicalismo di vedute intorno alle basi teoriche ed all’avvenire della Chiesa, che molti, noi compresi, non dividono in alcun modo. Ma i fatti non cessano di essere tali, anche quando l’interpretazione che ne tenta chi li narra può apparire un poco forzata; e questa rivelazione cruda aiuterà il clero francese a prender coscienza di sé e, non ostante il pessimismo che la ispira, farà del bene.



    Alla Chiesa francese mancava, abbiamo già detto nelle nostre precedenti lettere da Parigi, una visione chiara della realtà delle cose e del programma di azione che essa imponeva. Le direzioni di Leone XIII fallirono; perché una politica non si crea dal nulla, ma deve rispondere allo stato d’animo di coloro che sono chiamati a farla.



    Ora la Francia religiosa, all’epoca del ralliment, era ancora, come sotto il secondo impero, una istituzione forgiata spiritualmente nella forma dell’ancien regime. Essa faceva consistere la sua forza e la sua sicurezza nella stabilità, in un paese dove tutto mutava così rapidamente. E questa sollecitudine ansiosa della stabilità si rivelava nei rapporti col governo, quasi di funzionari, nel governo interiore sospettoso dell’intelligenza e severissimo contro l’iniziativa, nell’apologetica, che era un poco sempre, in sostanza, la rivendicazione della cultura e delle abitudini del passato. Una delle maggiori cure dell’episcopato francese, in questo periodo di tempo, fu quella di tener lontano il giovane clero da ogni contatto con la cultura e la scienza delle università. Anche la creazione delle università libere si deve, in gran parte, a questo proposito.



    1) Questa lettera non fu pubblicata, essendo giunta al giornale quando il “Figaro” aveva già dato larghi estratti del dossier Montanini.



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  6. #76
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    Predefinito Rif: La politica clericale e la democrazia

    La politica clericale e la democrazia. (76)

    di Romolo Murri

    Quando la penetrazione, e con essa la crisi dei vecchi sistemi, cominciò, come era fatale che avvenisse, la Chiesa reagì vigorosamente; e ne seguì subito, dall’una parte maggiore timidezza di ricerca e di lavoro, dall’altra un esodo, dal sacerdozio e dal cattolicismo, di molti dei più desti od acuti intellettualmente. Si contano oramai a decine, ogni anno, i preti di qualche valore e notorietà che abbandonano la Chiesa; ed assai maggiore è il numero di quelli che, pur avendo perduta la fede, vi rimangono, per non andare incontro ai giudizi del mondo ed alle difficoltà del rifarsi una posizione nella vita, ad età già avanzata.



    Negli ultimi anni, alcuni, anche manifestando idee che sono oggetto di ripetute e gravi condanne da parte delle autorità ecclesiastiche, rimangono e dichiarano di voler rimanere nel cattolicismo, perché i loro studi come la loro fede li portano ad ammettere che la religione deve essere un fatto sociale e collettivo e che, non ostante i risultati della critica storica e filosofica, il cattolicismo conserva ancora un meraviglioso valore spirituale e non può essere sostituito, ma la loro incomoda presenza non fa che rendere più sospettose le autorità; ed oggi il seguire anche da lontano, i metodi e le ricerche critiche in teologia positiva di esse è un caso di espulsione dal seminario per i giovani chierici e di sorveglianza severa per gli altri.



    L’azione sociale, la propaganda degli abbés democrates, le “oeuvres” ebbero un pericolo di voga dopo la pubblicazione dell’enciclica di Leone XIII “Rerum novarum”; ma, per l’ostilità dichiarata di coloro che vi vedevano una penetrazione di metodi e di idee repubblicane nella Chiesa esse non attecchirono; né oggi varrebbero più a distrarre l’attenzione del clero da quello che è il lato più grave della questione, la crisi interna del pensiero cattolico.



    La stessa preoccupazione di stabilità aveva poco alla volta isolato il clero da ogni contatto vivo con le masse popolari. L’ombra della protezione delle classi riche ostili alla repubblica la quale aveva ai loro occhi il torto di aumentare tutti i giorni l’azione diretta e il potere delle masse, pesava oramai su tutta la chiesa francese. Le congregazioni brigavano, l’episcopato non voleva compromettersi, il clero minore si adattava ad una vita quieta e sicura, aderendo sempre più ai suoi piccoli comodi. Abitudini fiscali molteplici e minuziose avevano fatto del culto stesso un privilegio di coloro che pagano. A chi non aveva o non voleva pagare era riserbato un posto modestissimo negli angoli. L’uso era così impopolare e dannoso che, appena abolito il concordato, e cresciuta quindi la necessità di far denaro, quasi tutti questi usi fiscali sono stati…aboliti.



    Questi profondi dissensi interni fra clero secolare e clero regolare, fra alto e basso clero, fra intellettuali e conservatori fra repubblicani e monarchici, fra gruppo e gruppo politico, hanno condotto ad una debolezza radicale di tutto l’organismo ecclesiastico, ad una difficoltà rimuoversi e di agire che le vicende recenti hanno largamente documentato.



    Ora tutta questa Chiesa faceva capo al rappresentante della Santa Sede a Parigi. Da qui partivano per Roma tutte le informazioni in base alle quali il Vaticano deliberava sulla scelta dei vescovi presentati dal governo distribuiva nomine, largiva il cardinalato, mandava moniti, emanava disposizioni e direzioni d’indole generale.



    Quale è stata, in questi ultimi decenni, la parte rappresentata dai Nunzii? A quali preconcetti ispiravano essi le loro informazioni, quali uomini e quali idee appoggiavano, quale indirizzo politico hanno favorito e sino a che punto hanno spianato la via alla politica seguita ed al disastro che ne fu il termine fatale? Le carte della nunziatura vanno a riposare negli archivi vaticani, gravide di segreti che solo gli storici avvenire potranno frugarvi; ma le carte di mons. Montanini illumineranno, fra poco, il crepuscolo di questa poco fortunata attività diplomatica. Non sappiamo quale pascolo vi troverà la curiosità malsana del pubblico; ma possiamo prevedere da ora che cosa esse diranno allo studioso sereno e imparziale. Queste previsioni ci pare possano essere le seguenti.



    Gli ultimi rappresentanti della Santa Sede a Parigi non erano preparati né adatti a portare nello studio e nel governo delle cose ecclesiastiche francesi una visione chiara dello stato degli animi e degli interessi veri della società religiosa sulla fine del secolo XIX. Essi erano, per educazione o per principio, estranei od ostili alla democrazia. L’aristocrazia francese che spalancava a quei figli del popolo,modesti di idee e di ambizioni, vestiti di un abito meravigliosamente decorativo, i suoi saloni, acquistava immediatamente su di essi un ascendente insensibile ma profondo ed efficace. Nelle contese intellettuali interne del clero, la loro parte era subito scelta, con quelli che ostentassero maggiore il rispetto alla tradizione e all’ortodossia. La guerra mossa alla Chiesa si impiccioliva, ai loro occhi, in una congiura settaria di pochi; e le parole di qualche ministro abile facevano presto a rassicurarli. Tutto, nella tradizione del loro ufficio e nelle conversazioni dei cattolici che frequentavano, li induceva a credere che la lotta religiosa fosse un affare politico, da risolvere con mezzi politici. Ma poi i mezzi politici che essi mettevano in uso erano radicalmente viziati del sospetto che investiva la Chiesa ed i suoi rappresentanti, di tendenze e di amori anticostituzionali. Essi si fecero eco, presso il Vaticano, delle animosità, dei rancori, delle passioni che si accompagnavano alla ricerca degli onori e degli alti uffici, tentazione così forte per ogni cuore francese; contribuirono così a rassodare l’autorità gelosa e sospettosa dei capi, a spargere il sospetto intorno ai migliori, a diminuire a questi – se alcuno riescì ad occupare alti posti, fu piuttosto per effetto dell’ingerenza governativa – il terreno di azione.



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    Predefinito Rif: La politica clericale e la democrazia

    La politica clericale e la democrazia. (77)

    di Romolo Murri

    Mancò, specialmente negli ultimi anni, una direzione precisa e sicura all’attività diplomatica dei rappresentanti del Vaticano; e gli avvenimenti li sorpresero quasi sempre impreparati: colpa non certo tutta né sempre loro, ma di un complesso di condizioni storiche che sarebbe lungo illustrare.



    Così anche si spiega come i rappresentanti del Vaticano a Parigi non trattenessero i cattolici da alcuno di quegli errori che hanno poi condotto al triste stato di cose presente. Essi favorirono, inconsapevolmente, quella colossale mistificazione che fu l’affare Leo Taxil; furono fiacchi e tardi strumenti della politica di ralliement; crearono difficoltà serie a un movimento sociale che pure era voluto ed incoraggiato da Roma, e concorsero così al diffondersi di incertezze dannose intorno al vero pensiero del Vaticano; al tempo dell’incredibile aberrazione dell’anti-dreyfusismo, la parola di prudenza e di serenità che era così necessaria non fu detta da alcuno,. Essi, infine, raccogliendo le speranze e le illusioni di una classe che, come avviene a tutte le classi in decadenza, si nutriva di illusioni, alimentarono nella Santa Sede, si di uomini e movimenti politici, speranze che l’evento doveva sempre ed inesorabilmente smentire, rendendo così o assai più difficile o meno pronta l’adozione di giusti ed adatti provvedimenti, Un incidente, che illumina bene tutto questo stato di cose, e la parte avuta da uomini politici come il deputato Grousseau e il sig. Piou, che avevano la piena fiducia del cardinale Richard e di monsignor Montagnini, nelle ultime decisive deliberazioni della Santa Sede.



    Un altro punto, che queste carte illustreranno, assai probabilmente, sarà il dissenso di opinioni dell’Episcopato francese di fronte alla legge di separazione ed il cedere di queste divergenze dinanzi alle istruzioni della Santa Sede, per dar luogo a quella unità di condotta esteriore che i cattolici di tutti i paesi hanno ammirato. Ma in quest’ultimo periodo la Santa Sede poté essere in diretta comunicazione con i vescovi francesi e la parte del suo rappresentante in Francia ebbe un campo limitatissimo.



    Questo diranno, ed è quindi opportuno che lo si avverta prima da persone che non hanno interesse a falsare i fatti, poiché pensano non poter la causa che ad essi piace esser mai difesa altrimenti che con la verità e la sincerità, le carte sequestrate nella residenza della nunziatura pontificia a Parigi. Coloro che veggono le cose di lontano di renderanno conto difficilmente dell’interesse col quale questa pubblicazione vien preparata ed attesa da un certo pubblico in Francia. Ma il governo specula evidentemente sulla cattiva luce che quelle carte gittarono sul cattolicismo ufficiale e sulla vita ecclesiastica della Chiesa francese contemporanea; esso vuole alimentare delle passioni che avranno il doppio effetto di alienare vieppiù da questa l’opinione pubblica e di ritardare, fra i cattolici, il prevalere di un più sereno spirito di accomodamento all’inevitabile, e di vigorosa riforma dei metodi di azione e di influenza.



    Ma crisi simili, quanto più sono profonde, tanto più promettono di essere anche risolutive; e noi comprendiamo quindi perché l’abbé Lemire abbia accettato di far parte della commissione parlamentare nominata per l’esame delle carte Montanini e di esserne anche vicepresidente, e si dichiari favorevole, con certe riserve, alla pubblicazione. I cattolici francesi si correggeranno meglio di certi loro errori e guariranno più facilmente da certe illusioni quando avranno osservato più da vicino tutta la gravità degli uni e la vanità delle altre.



    E questa deve essere una buona speranza per tutti coloro i quali credono che le lotte religiose come quella che si va svolgendo in Francia, se sono inesorabilmente determinate da cause storiche le cui radici si profondano nelle più intime fibre del corpo sociale, costituiscono tuttavia una perdita netta di energie spirituali pel paese che ne è teatro e, quanto prima e quanto più convenientemente si risolvono, tanto meglio è. E noi abbiamo fiducia che nella forma nuova nella quale i rapporti tra Chiesa e Stato troveranno il loro equilibrio in Francia, il cattolicismo, riuscendo, lo stesso e diverso, dalle rovine presenti, potrà rendere assai maggiori vantaggi alla Francia ed alle forze di libertà e di progresso che questo simpatico paese rappresenta, in Europa e nel mondo.



    77) Fine
    Non credo nelle ideologie chiuse, da scartare e usare come un pacco che si ritira nell'ufficio postale (Marco Pannella)

 

 
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