“Signora Mambro, il colore (degli anni 70’) è grigio oppure è un altro?”
“Io posso ricordare il colore degli occhi della prima persona che mi è morta vicino: azzurri, molto belli, che però si sarebbero chiusi”.
“E chi era?”
“Era Stefano Recchioni, che è morto nella manifestazione di via Acca Larentia, dopo gli scontri coi carabinieri”.
Dall’intervista di Francesca Mambro rilasciata per la trasmissione Mixer.
Si fa oggi un gran parlare di “anni settanta”. In particolare, dopo la pubblicazione del saggio “Cuori Neri”, è stato possibile vedere nei giornali o in tv continue e spesso antitetiche interpretazioni di quel fenomeno che posiamo definire anche “nazional-rivoluzionario” che ha visto tragedie, lutti, pagine oscure e collimanti con la infamia vera e propria, ma anche pagine di grande dignità, coerenza, vorremo anche dire: eroismo, legionarismo….
E visto che noi poniamo la spiritualità e la moralità legionaria, che è amore e donazione, non violenza e sopraffazione, al vertice ed al centro della nostra visione, ci sentiamo in dovere di evocare dalle zone più remote dell’anima (quelle arazionali, quelle da cui origina la vera forza interiore) come esempio ai più giovani di oggi il sacrificio di una ridotta minoranza di giovanissimi che ha fatto scudo, proprio fino al sacrificio estremo delle forze, per la salvezza, la dignità, l’onore di una visione del mondo.
E’ chiaro che ci riferiamo ai Nar, il movimento senza dubbio più contrastato e “diffamato” dell’intero dopoguerra italiano.
Basterebbe pensare alla colossale menzogna della strage di Bologna ai Nar attribuita proprio in ostentata diffamazione dell’etica combattentistica ed anti-stragista che ha sempre contraddistinto la loro azione. Quando i veri Nar erano un nucleo combattente composto da malapena una decina di persone prive di appoggi consistenti, mai e poi mai in grado di organizzare un simile eccidio!
Va infatti precisato che questi giovani ribelli furono anzitutto animati dall’impulso di agire distinguendosi dalle forze della destra radicale o destra estrema che loro concepivano e consideravano collusa operativamente con i segreti servizi di uno stato che era invece volontà principale dei Nar combattere. Oltremodo significativa la testimonianza di Francesca Mambro:
“La mia storia è tutta sui verbali di polizia: ho fatto solo politica, mi sono espressa solo con azioni evidenti, ho parlato solo sui volantini. Il gruppo si allarga ed ha forza sufficiente per porsi in contrapposizione netta con tutti i gruppi di vecchio stampo. I sopravvissuti di Ordine nuovo e di Avanguardia Nazionale (con i loro lifting Costruiamo l’Azione e Terza Posizione) ci chiamano in segno di disprezzo “spontaneisti” (….) ma mai tanto disprezzo fu voluto e tenacemente mantenuto…Se c’è qualcosa da colpire sono i simboli del sistema, si può dar voce al disagio, alla rabbia di una generazione che è convinta di non avere futuro, uscendo una volta per tutte dalla guerra degli opposti estremismi….Ormai siamo tutti dei latitanti con la prospettiva, nel migliore dei casi, di una vita in carcere….Il 2 agosto del 1980 alla stazione di Bologna esplode una bomba. Provocherà 85 morti e 200 feriti. Dalla sera stessa dell’attentato i telegiornali diranno che si tratta di una strage fascista e si parla di una rivendicazione a nome dei NAR. Il nostro gruppo. Solo io insisto perché ci si renda promotori di un’azione dimostrativa di smentita. Ai miei occhi è palese il tentativo di mettere definitivamente fuori gioco i gruppi più giovani che, proprio attraverso la violenza della lotta armata a volto scoperto, hanno bloccato l’antica strumentalizzazione dell’estremismo di destra nella strategia della tensione. Purtroppo il resto del gruppo sottovaluta il mio allarme”.
Anime pure, dunque, i Nar sono costretti alla violenza per motivazioni di sopravvivenza esistenziale, ben prima che politica. Andrebbe inoltre analizzato a freddo – oggi, ad anni di distanza – il tenore morale di una azione certamente violenta, a volte tragicamente violenta, ma maturata in un clima nel quale come è noto di fronte ai corpi straziati dei fratelli Mattei o di Sergio Ramelli, o di Stefano Recchioni, uccisi i primi dai “rossi”, l’ultimo dai carabinieri, si respira nell’aria stessa la dogmatica di regime espressa in poche parole: “uccidere un fascista non è reato”.
Noi, come QM, abbiamo sempre detto che miriamo alla formazione morale e culturale dei giovani, più che a quella politica. Dunque noi non esalteremo mai la violenza, non spingeremo mai i giovani alla lotta armata. Ma, proprio per questo, oggi, ad anni di distanza, non possiamo dimenticare chi ha improntato la propria esistenza tutta sull’etica del sacrificio, prima che di ogni altro sentimento.
Ove ci siano state delle violenze gratuite dei Nar, noi le condanniamo, chiaramente. Ma sarebbe fin troppo facile condannarle oggi, seduti comodamente in poltrona, quando proprio ora abbiamo detto che il clima che si respirava allora nelle nostre sezioni era quello di un assedio senza speranza e senza luce alcuna.
Per noi legionarismo è dunque amore e sacrificio. Ed i Nar, dettero senza dubbio esempio di amore e sacrificio. In un contesto di violenza, di calcoli psichici eccessivamente paranoici, di frenetico e irrazionale attivismo, questo è vero. Tutti elementi, questi, che noi non vorremmo mai riprendere. Ma loro, tra errori anche gravi, si donarono principalmente in un eroico impulso sacrificale…. La maggior parte di loro, infatti, morirà di morte violenta (Alibrandi e Vale sono uccisi dalle forze armate di polizia, il primo in uno scontro a fuoco, il secondo in circostanze mai chiarite). Franco Anselmi, invece, fu il primo a cadere nel corso di una rapina.
Francesca Mambro e Valerio Fioravanti sconteranno anni ed anni di galera prima di assaporare un po’ di semilibertà. Uno di loro, purtroppo, si pentirà….L’ultimo del vero nucleo, quello originario dei Nar, è ancora detenuto (Gilberto Cavallini, l’unico milanese del gruppo). Tutto si può dire dei Nar ma non si può negare loro la coerenza.
Al punto che se oggi si volesse individuare un’immagine per caratterizzare il gruppo non si potrebbe non pensare al fiore rosso ben eretto sopra una tomba anonima di un cimitero metropolitano o alle grate di un supercarcere. Per questo, quando sui muri di Roma, nel quartiere di Monteverde, vediamo la scritta: “Anselmi eroe, chi cade combattendo non muore…”, osservandola un brivido di commozione ci invade la schiena…..Per questo la nostra immagine degli anni settanta sarà per sempre la stessa di Francesca Mambro: il colore azzurro degli occhi di un giovane volato via, o il corpo di un bambino che brucia nell’estema periferia romana tra la gioia gelida di tanti…. Per questo, infine, noi i Nar non li possiamo dimenticare… o meglio, non li dimenticheremo mai……mai……..