Originariamente Scritto da
bulldozer
[b][Riflessioni e testimonianze su una voce libera dell’occidente
In ricordo di Oriana
Stefano Stefani
Non so in quanti avranno la sensibilità o il coraggio di rendere omaggio a Oriana Fallaci perché temo che il conformismo che sembra condizionare, ormai in modo esasperato, il cosiddetto “mondo occidentale” forse non lo consentirà. Alla scrittrice e giornalista che ha voluto impegnarsi in una durissima battaglia in prima persona, vorrei fare giungere il mio ricordo, fatto soprattutto di ammirazione per chi ha avuto la forza di lasciarsi alle spalle un passato ricchissimo di gloria e soddisfazioni per impegnarsi in una durissima querelle sullo “scontro”, non solo ideologico, tra Islam e il resto del pensiero moderno.
Il discorso pronunziato da Benedetto XVI a Ratisbona, che, al di là delle puntualizzazioni, mi sembrava riguardare essenzialmente il tasso di aggressività insito nei dettami dell’Islam, ha dato il via ad una serie di reazioni a dir poco preoccupanti, e cercherò di spiegarne i motivi. Il primo è abbastanza evidente. L’Islam - e non parlo solo delle masse, che spesso non hanno mai nemmeno frequentato una madrassa e quindi guardano alla religione solo per quello che di essa dicono loro gli imam - non tollera che verso di esso si muovano critiche o solo anche semplici appunti perché, dimenticando la tolleranza che pure era predicata da Maometto, si ritiene al di sopra di ogni critica.
Se, quindi, come ha fatto Benedetto XVI, si fa un’analisi delle motivazioni che sono poste alla base della Jihad, della Guerra Santa (anche se la traduzione del vocabolo dall’arabo non è proprio questa, definendosi con questo termine la determinazione a raggiungere un obiettivo e gli sforzi che lo connotano), questa viene presa come un insulto. Quasi che nessuno possa dire dell’Islam cose che i chierici musulmani non condividano.
Un altro motivo che deve indurre a più d’una riflessione è che anche Paesi ufficialmente laici, ma a stragrande maggioranza islamica, non sembrano capaci di neutralizzare il radicalismo. Ne è una prova la Turchia - dove, peraltro, il Pontefice si recherà tra qualche mese per quella che appare una delicatissima visita di Stato - che sembra ormai un lontano ricordo di quella laica lasciata in eredità da Ataturk e che oggi è fortemente condizionata, nella sua vita pubblica e quindi nella politica, dalle pulsioni estreme alimentate dall’Islam.
Un quadro che definirei preoccupante e che deve necessariamente indurre a considerare con estrema freddezza e realismo l’Islam e cosa esso oggi possa significare per quella parte di mondo che non è musulmano.
Una preoccupazione che nasce anche dalla considerazione che ormai, nell’Islam, la battaglia tra i moderati e i radicali sembra pendere verso i secondi, che, ricordiamo bene tutti, sono quelli che alimentano un proselitismo esasperato, in cui l’aspetto per così dire aggressivo - basta leggere le trascrizioni dei sermoni di alcuni imam che vivono anche nel nostro Paese - è latente, per non dire incoraggiato.
A questo dato obiettivo l’Occidente non ha saputo contrapporre nulla, anzi segnando dei pericolosi passi indietro, come nel caso del silenzio imbarazzante davanti a massacri di cristiani da parte di milizie musulmane in nazioni che, evidentemente, non riscuotono nell’Occidente nessun interesse o perché povere o perché prive di ricchezze naturali su cui mettere le mani.
A questo problema ne aggiungerei un altro, che nasce in casa nostra. Quello, cioè, di una serie infinita di fallimenti cui stanno andando incontro i tentativi di trovare una forma di convivenza accomodante con l’Islam ufficiale, nello sforzo di non apparire oltranzisti o razzisti. Qui, e lo dico a tutti, a cominciare da coloro che come me siedono in Parlamento, il problema non è quello di convincere, ma piuttosto di sopravvivere perché, analizzando - come fanno i politologi e i sociologi - il medio-lungo periodo, la previsione è di una Italia destinata a essere sempre meno nazione e sempre più luogo di residenza.
Un Paese dove il Cristianesimo (quindi, non mi limito a parlare solo del Cattolicesimo) è destinato ad arretrare sempre di più sotto la spinta ideologica dell’Islam e demografica dei musulmani. A tutti chiedo di non fare spallucce (“tanto se ne occuperanno i figli dei nostri figli”), ma di guardare con attenta preoccupazione al futuro dell’Italia. A tutti chiedo di non cadere in pericolose fughe in avanti, perché Paesi che del multiculturalismo hanno fatto una bandiera quando non addirittura un elemento caratterizzante (come il Canada), stanno riconsiderando con una analisi rigorosa se i costi anche in termini ideologici e sociali di questa scelta sono pareggiati dai ricavati in termini di civile convivenza.
L’Islam, lo dico nel timore di essere male interpretato, non è una religione che muove gli attentatori suicidi o i padri che uccidono le figlie troppo occidentali. Però, purtroppo, a prevalere sono i suoi aspetti più estremi. E questo è un problema con il quale tutti, prima o poi, saremo costretti a confrontarci.
[Data pubblicazione: 17/09/2006]
SECONDO VOI STEFANI E' IN GRADO DI SCRIVERE UN ARTICOLO COSI'. SECONDO ME COME AL SOLITO QUALCUNO LO HA SCRITTO PER LUI/B]