Originariamente Scritto da
LokiTorino
è tecnicamente un proletario. Non detiene mezzi di produzione quindi non è un capitalista.
Differenziamo ruolo da identità. Il ruolo è di servizio (come un normale impiegato), l'identità o percezione di sé quella di essere un "quasi capitalista". Di fatto la concentrazione di capitale lo può fare precipitare verticalmente tra gli strati del proletariato, in funzione di determinazione, bravura e fortuna.
Il ruolo di amministratore in senso stretto non produce plus-valore diretto perché appunto non creano merce ma la amministrano. Crea però plus-valore indiretto dirigendo personale e produzione affinché siano più produttivi.
Vendono però forza lavoro, la "forza lavoro della mente" (come recitava in appendice il nome del sindacato) che, a fianco della "forza lavoro del braccio", formano la forza lavoro generale. La prestazione d'opera c'è, altrimenti come si possono definire le ore spese in ufficio?
Secondo me, la classe lavoratrice è completamente parcellinata in infinite strutture e sottostrutture che formano una galassia di interconnessioni anche con gli strati sopra (borghesia) e sotto (sottoproletariato). Ogni nodo di questa rete neurale parla una lingua a sé e ha un fattore intrinseco di rivoluzionarietà. A noi sta il compito di individuare bene le tipologie di questi nodi, imparare il loro linguaggio, valutando prima, ovviamente, i nodi più facilmente ricomponibili e potenzialmente rivoluzionari. I manager rampanti co.pro non sono certo una priorità in questa che definirei "ricomposizione differenziata" del proletariato. Come non lo è (in basso) lo spacciatore nigeriano.