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Secondo un sondaggio, i piccoli imprenditori veneti ritengono che il viaggio non avrà effetti positivi
PMI CONTRO LA SPEDIZIONE CINESE
filippo poletti
Le pmi sono assolutamente insoddisfatte della recente missione istituzionale del Governo in Cina. A rivelarlo è stato un sondaggio di Panel Data, l’istituto veneto di sondaggi di Padova, su un campione di oltre 500 imprese manifatturiere.
Le piccole imprese venete ritengono che il viaggio cinese del presidente del Consiglio Romano Prodi, dei ministri Emma Bonino, Antonio Di Pietro e Fabio Mussi e del viceministro Sergio D’Antoni abbia avuto successo solo per la grande industria, e che comunque ci si sia mossi troppo tardi. Per contrastare la concorrenza estera - hanno dichiarato gli imprenditori del Nordest - si deve agire su leve interne quali la riduzione del costo del lavoro e sulle politiche a sostegno del made in Italy.
E pensare che per Prodi «l’Italia - ha dichiarato durante i colloqui avuti con... ...il governatore Liang Baohua e le autorità della provincia di Jiangsu - vuole essere in Europa la porta dell’Asia, grazie ai suoi vantaggi logistici, economici e culturali».
Di tutt’altra idea sono gli imprenditori: solo uno su cinque ha espresso un giudizio positivo sulla missione economica recentemente conclusa. Ciò che si augurano, in concreto, è che siano stati stabiliti accordi per cui possa diminuire il flusso in ingresso dei prodotti cinesi.
Oltre un terzo degli intervistati giudica la missione compiuta un aiuto solo alle grandi imprese o quantomeno unicamente a quelle che hanno partecipato agli incontri. Sono elementi, questi, che - commenta Panel Data - devono far riflettere, anche alla luce del fatto che oltre la metà delle piccole imprese venete subisce in maniera abbastanza rilevante la concorrenza dei mercati asiatici.
Tra le problematiche a cui si devono trovare efficaci soluzioni in tempi rapidi le piccole imprese individuano la delocalizzazione produttiva delle grandi e medie aziende, che rischia di mettere a repentaglio in molti casi la qualità e dunque l’appetibilità dei prodotti made in Italy sui mercati internazionali. In questo senso, la riduzione del costo del lavoro appare per quattro imprese su dieci un intervento indispensabile per porre freno a questo fenomeno, che impoverisce il tessuto locale sia dal punto di vista occupazionale che imprenditoriale.
Allo stesso tempo, per evitare la fuga delle aziende all’estero, si dovrebbero adottare strumenti per salvaguardare il prodotto made in Italy, adottando politiche protezionistiche che ostacolino la circolazione di merci di scarsa qualità a prezzi bassissimi. Più che di dazi, si parla dunque di definire regolamenti certi, condivisi e approvati a livello internazionale, che mettano tutti gli attori imprenditoriali sullo stesso piano competitivo.
Di fronte alla presenza sempre più ingombrante dei Paesi asiatici nei mercati internazionali, la differenziazione del prodotto appare la strategia più diffusa e maggiormente percorribile nella piccola impresa, a cui non resta altro che puntare su una maggiore specializzazione produttiva e sul mantenimento del livello elevato della qualità dei prodotti.
«La denuncia degli imprenditori veneti alle istituzioni - sottolineano i ricercatori di Panel Data - fa perno soprattutto sulla mancata attenzione verso la realtà della piccola impresa e sul ritardo con cui ci si è mossi prima di poter stabilire rapporti commerciali di interesse collettivo. Le strategie che si intendono adottare devono essere dunque accompagnate da interventi interni, che consentano alle imprese italiane di aumentare la competitività a livello internazionale».
Chi, invece, si è mosso con largo anticipo è stata la grande industria. La prima tappa della visita del Governo - in programma lo scorso 13 settembre - ha avuto un focus fortemente industriale, imperniato sull’apertura del Forum Economico Confindustria-Ice-Abi e sulla firma dell’accordo di costituzione di una joint venture tra Iveco e Nac. Accanto alla delegazione governativa c’era, infatti, quella imprenditoriale guidata dal presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo e dal presidente dell’Abi Corrado Faissola, con tra gli altri l’amministratore delegato del gruppo Fiat Sergio Marchionne.
Non è un caso, infatti, che il premier abbia presenziato alla firma dell’accordo di costituzione della joint venture tra Iveco e Nac che permetterà alla neonata Naveco di acquisire la Yuejin Truck. L’accordo, insieme a quello con la Saic firmato a Pechino lo scorso 18 settembre, è parte di un ampio piano di sviluppo di Iveco in Cina. Lo stesso Prodi, successivamente, si è recato in visita agli stabilimenti Fiat in Cina, dove il gruppo italiano è presente in Jiangsu dagli anni Settanta con investimenti per oltre un miliardo di dollari: nel quartier generale d’Oriente del gruppo piemontese il leader della maggioranza ha assistito alla cerimonia di presentazione del nuovo modello della marca torinese, la Perla, realizzata appositamente per il mercato asiatico. Un omaggio ufficiale, questo, alla grande industria.
[Data pubblicazione: 23/09/2006]