(I parte)
Centro studi Giuseppe Federici - Per una nuova insorgenza
La figura di Andreas Hofer (1767-1810), comandante supremo dell’insurrezione tirolese contro Napoleone, non si può comprendere fino in fondo senza un’adeguata valutazione della sua profonda religiosità. Nello stesso modo anche la sollevazione dei tirolesi del 1809 contro i bavaresi e i francesi non si può capire senza tener presente l’elemento religioso.
IL TIROLO UNA ROCCAFORTE DEL CATTOLICESIMO
Il Tirolo di Andreas Hofer era contrassegnato da una profonda tradizione cattolica che permeava tutta la vita privata e pubblica della popolazione. Questa forte impronta cristiana risaliva innanzitutto al 18′ secolo durante il quale le missioni popolari dei gesuiti avevano trasformato il Tirolo in una “santa terra”. I gesuiti avevano introdotto un’intensa devozione al Sacro Cuore di Gesù che infine avrebbe portato alla consacrazione solenne del Tirolo al Sacro Cuore nel 1796.
La profonda religiosità dei tirolesi si manifestava anche in tante tradizioni: si celebravano sante messe in momenti particolari, si indicevano processioni e pellegrinaggi, si veneravano la Madonna, gli angeli e i santi, si fondavano confraternite. Anche nelle famiglie si praticava un’intensa vita religiosa: la preghiera prima e dopo i pasti, la recita dell’angelus e del rosario facevano parte della vita quotidiana. Inoltre si vedevano dappertutto simboli cristiani: ogni piccola frazione aveva la sua chiesa o la sua cappella, su ogni sentiero e in tutte le stuben si vedevano crocifissi. La gente si salutava dicendo “Sia lodato Gesù Cristo!” In questo modo tutta la vita dei tirolesi era segnata da un atteggiamento profondamente religioso.
L’ATTEGGIAMENTO RELIGIOSO DI ANDREAS HOFER
Questo spirito cristiano formò anche la personalità di Andreas Hofer. Il futuro capo dei tirolesi crebbe in una famiglia praticante e ricevette le prime istruzioni religiose da parte dei familiari. Alla sua famiglia risaliva probabilmente la sua abitudine di recitare il rosario e di venerare il Sacro Cuore di Gesù. La sua indole era caratterizzata da un atteggiamento profondamente cristiano. Johann Staffler (1793-1868), un compaesano che lo conobbe di persona, lo descrive come “profondamente onesto e ragionevole, buono, gentile e sereno, delle volte anche spiritoso, ma sempre guidato da un senso pio e cristiano.”
Anche il grande scrittore e storiografo tirolese Beda Weber (1798-1858), che a lungo si era intrattenuto con diversi contemporanei dell’Hofer in val Passiria, sottolinea la grande religiosità del capo tirolese: “La sua pietà aveva le sue radici in un sentimento religioso che escludeva ogni tipo di elucubrazioni; la consapevolezza dell’onnipresenza di Dio lo accompagnava ovunque e lo rendeva sereno, paziente, misericordioso verso tutti gli uomini. Egli disprezzava la rassegnazione e le chiacchiere critiche nei confronti della morale altrui. L’appartenenza alla Chiesa la sentiva come un bisogno.”
Significativa per lo spirito religioso dell’Hofer è anche un’iscrizione che si trova sulla parete della stube nel Sandhof: “Nell’anno 1802 si fece il voto di celebrare ogni anno in questo luogo la festa del dolcissimo Cuore di Gesù e la festa di San Francesco Saverio.” Sopra questa scritta si trovano le lettere iniziali di Andreas Hofer e di sua moglie, accompagnate dalle lettere C+M+B che figurano quali iniziali di una formula di benedizione che si trova sulla porta d’ingresso di tante case tirolesi e che significa “Christus Mansionem Benedicat” (Cristo benedica questa casa).
I TIROLESI SI OPPONGONO ALL’ILLUMINISMO DELL’IMPERATORE GIUSEPPE II
Dalla seconda metà del 18′ sec. in poi s’incominciò a sentire anche nel Tirolo la crescente influenza delle idee illuministiche che mettevano in discussione la fede cristiana e i costumi tradizionali. Ma la popolazione contadina tirolese intuì ben presto la portata di queste idee rivoluzionarie e anticristiane e si oppose fin dall’inizio alle riforme illuministiche. Il primo confronto avvenne durante il governo dell’imperatore asburgico Giuseppe II (1780-1790). Questo imperatore, figlio della pia imperatrice Maria Teresa, cercava di imporre a tutto l’impero una radicale riforma religiosa che s’ispirava alla filosofia illuministica.
Questa riforma prevedeva l’eliminazione di tante feste religiose, vietava le processioni, metteva in discussione vari culti e funzioni religiose e portava alla sospensione degli ordini contemplativi. Essa vietava anche il culto del Sacro Cuore al quale il Tirolo era particolarmente devoto. Questi ed altri provvedimenti presi dal governo viennese indignarono talmente i tirolesi che si dovette temere una sollevazione. L’imperatore poco prima della sua morte si vide costretto a ritirare i suoi ordini e ad ammettere nuovamente le varie forme di culto tanto care ai tirolesi.
LE RIFORME ILLUMINISNCHE DURANTE L’OCCUPAZIONE BAVARESE
Il secondo conflitto per la difesa della religione contro Illuminiamo invadente ebbe luogo durante il governo bavarese nell’epoca napoleonica. Dopo la grave sconfitta di Austerlitz l’Austria con la pace di Presburgo (1805) dovette cedere il Tirolo a Napoleone che lo aggregò alla Baviera, sua fedele alleata. In questo modo il Tirolo (che allora comprendeva anche il Trentino) passò dall’Impero asburgico alla Baviera. Nonostante le promesse solenni del re Massimiliano Giuseppe I di Baviera di rispettare i costumi tirolesi, il governo bavarese incominciò ben presto ad imporre le riforme illuministiche in tutti i settori.
L’anima di queste riforme fu il primo ministro bavarese, il barone Massimiliano Montgelas (1759-1838). Questi era il rampollo di una famiglia nobile proveniente dalla Savoia. Suo padre era entrato in servizio presso il re di Baviera. Il giovane Montgelas aveva studiato a Nancy e a Strasburgo dove si era imbevuto delle idee dell’illuminismo. Dopo il suo ingresso nella politica divenne rapidamente primo ministro e legò il destino della Baviera alla Francia. Inoltre il Montgelas era membro di una loggia massonica che aveva dei rapporti particolari con influenti circoli francesi.
Il governo bavarese prese energici provvedimenti contro le usanze religiose: combatté e vietò la recita del rosario in chiesa, le funzioni mattutine del Rorate durante l’avvento, la messa cantata di mezzanotte a Natale, l’allestimento del Santo Sepolcro durante la Settimana Santa. Proibì il suonare delle campane e la benedizione contro il pericolo dei temporali, vietò le novene, le processioni, i pellegrinaggi, il suonare le campane a distesa per i defunti. Soppresse tante festività religiose dei contadini e le confraternite. Ai vescovi di Trento, Bressanone e Coira, che allora erano i pastori delle varie parti del Tirolo, vennero imposti i seguenti ordini: tutti i chierici prima della loro ordinazione dovevano essere esaminati e approvati in nome del re dai professori dell’Università dì Innsbruck; i sacerdoti dovevano essere esortati a eseguire “con la più perfetta sottomissione tutte le ordinanze regie che riguardassero ‘la polizia della Chiesa”‘; i vescovi dovevano passare al re “la collazione di tutti i benefizi ed anche la nomina dei curati delle loro diocesi.” Lo stato bavarese si arrogò il diritto della formazione e dell’ammissione dei preti, della nomina dei professori e della gestione finanziaria della Chiesa. Attraverso la “polizia della Chiesa” controllava l’intera vita ecclesiastica, spiava le prediche domenicali, controllava addirittura il consumo delle candele e dell’olio santo nelle chiese. Gli sbirri non esitavano nemmeno a far finta di confessarsi per sapere come la pensassero i preti e per poterli denunciare.
L’OPPRESSIONE BAVARESE E LA RESISTENZA TIROLESE
I vescovi, il clero e i fedeli compresero ben presto che queste riforme non mettevano in pericolo soltanto la fede, ma anche tutta la vita comunitaria basata in gran parte su valori religiosi. E così essi tentarono di opporsi in tutti i modi a queste riforme che mettevano in discussione la vita religiosa e con essa anche l’identità tirolese. Ma i bavaresi e i loro collaboratori locali, fra i quali sono da nominare innanzitutto il conte d’Arco e il barone Hofstetten, risposero a quest’opposizione con provvedimenti molto drastici: appena i vescovi di Trento e Coira fecero capire che non avrebbero aderito agli ordini del governo, furono mandati in esilio; quando diversi esponenti del clero non si piegavano alla volontà del governo bavarese, venivano minacciati e messi in prigione; se i preti non rispettavano le direttive della riforma, essi venivano sostituiti da “preti del governo”; quando in alcuni comuni si organizzavano dei pellegrinaggi, questi comuni venivano puniti con multe salate. Vennero arrestati alcuni di quelli che avevano portato i crocifissi durante le processioni, si picchiarono pubblicamente delle ragazze che avevano suonato a distesa le campane.
I bavaresi chiusero anche diversi conventi e monasteri, saccheggiarono le biblioteche e portarono le opere d’arte in Baviera. “Ogni soppressione di un monastero era seguita immediatamente da un’asta al pubblico…” Diverse volte ricchi commercianti ebrei comprarono gran parte degli oggetti e fecero dei buoni guadagni. “In tal guisa una grande quantità di oggetti che servivano al culto e tutta l’argenteria della Chiesa caddero nelle loro mani con grande scandalo del popolo.” A quell’epoca sorse una specie di Chiesa clandestina. Allora i parroci mandati in esilio “percorrevano travestiti quelle valli e vi celebravano i santi misteri ora nei granai, ora nelle grotte, ed ora eziandio (anche) nel più fitto delle selve.” I credenti restavano fedeli ai loro preti: “I penitenti facevano molte leghe di viaggio per trovare un confessore, le donne che erano vicino al parto si recavano in qualche villaggio, nel quale si sapeva esser nascosto un vero prete, perché il futuro neonato avesse dalle sue mani il santo battesimo, i malati si facevano trasportare altrove per ricevere il santo viatico…”.
I fedeli disertavano le sante messe celebrate dai “preti del governo” e li insultavano. Viceversa la popolazione difendeva i sacerdoti contro i soprusi della polizia e delle truppe bavaresi mandate nelle parrocchie. La popolazione implorava il cielo affinché queste tribolazioni finissero. Anche Andreas Hofer, l’oste del Sandhof in val Passiria, era preoccupato. Era ben informato su tutte queste faccende. “Quando gli si parlava delle presenti calamità che sopportava la Chiesa, si contentava di rispondere: “Amici, bisogna pregare, giacché è assai grande il pericolo che corre la fede.”
L’OPPRESSIONE RELIGIOSA MISE IN PERICOLO L’IDENTITA’ TIROLESE
Per comprendere ancora meglio lo stato d’animo dei tirolesi di allora, vogliamo ricordare che le riforme illuministiche “strappavano al popolo le sue più pure gioie, le sue più care memorie, le sue più antiche tradizioni, e le sue ispirazioni più poetiche.”
Con tanta sensibilità un autore francese del secolo scorso descrisse la situazione: “A che cosa si riducevano per esempio dopo tali ordini le feste così animate e rumorose della valle dello Ziller, che erano sempre accompagnate dal canto di alcune canzoni composte dai più abili poeti del paese, dalla musica, dalla danza, e dalla lotta che aveva luogo nella piazza medesima della Chiesa? Che cosa diventavano nella valle dell’Inn quei drammi rusticani, nei quali quei montanari sopra un palco innalzato sotto la volta del cielo rappresentavano agli occhi di un’immensa moltitudine le vecchie leggende del paese, vari racconti della Bibbia e soprattutto quelli della passione, per mezzo della mimica, di cori e di semplici produzioni? Che cosa diventava finalmente nei dintorni di Brixen (Bressanone) quella famosa processione del Corpus Domini, nella quale gli uomini di quella valle, vestiti nei loro costumi pittoreschi, tutti a cavallo, con le bandiere spiegate e la banda musicale alla testa, facevano corteggio al clero, che anch’esso a cavallo apriva la marcia portando il Santissimo Sacramento?”
Questa gente aveva bisogno delle sue festività che le davano una ben precisa identità, ma anche la forza necessaria per affrontare le difficoltà della vita. ” … abbisognavano della loro semplicità patriarcale, della loro allegria, della loro fede per amare il loro paese, del resto sì povero, per sopportare le loro fatiche così penose e per trovare in Dio la forza necessaria per superare tutte le difficoltà della vita…”
ANDREAS HOFER COME FIGURA OPPOSTA DI MONTGELAS
Le varie persecuzioni e tribolazioni subite nel campo della fede contribuirono notevolmente all’indignazione dei tirolesi nei confronti dei bavaresi e dei francesi. Quando i tirolesi nel 1809 insorsero contro i loro oppressori, la soppressione religiosa figurava fra i primi motivi per la loro rivolta. Scrive A. Luciani: “Montgelas non immaginava fin dove potesse arrivare il sentimento religioso del cattolicissimo popolo tirolese. Questo inoltrò al re di Baviera rispettose istanze, perché fosse ritirato il “decreto empio e liberticida”. Invano. Allora fu l’insurrezione in massa.”
E il simbolo di questa insurrezione divenne Andreas Hofer che in tutto era l’opposto di Montgelas. “Quasi non si conoscono altre due figure più diverse e più opposte di così: l’uno letterato e ostinato riformatore, l’altro senza istruzione superiore e conservatore; l’uno un cortigiano autocompiacente, l’altro un oste gioviale; l’uno formato dall’illuminismo scettico e dalla massoneria, l’altro figlio profondamente credente e pio della Chiesa cattolica-romana; l’uno malaticcio e debole, l’altro esuberante di salute e di rigogliosa forza; Montgelas, il nobile servitore di un re dipendente da Napoleone, Andreas Hofer, un difensore e rappresentante del ceto contadino e del popolo semplice.” Questi due personaggi incorporarono i due grandi contendenti: l’illuminismo massonico e il cristianesimo cattolico popolare.
L’IMPRONTA RELIGIOSA DELL’INSURREZIONE TIROLESE
Nella primavera del 1809 i tirolesi insorsero contro i bavaresi e i francesi. Le compagnie tirolesi riuscirono a sconfiggere più volte i nemici. Sul monte Isel nelle vicinanze di Innsbruck Andreas Hofer inflisse tre sconfitte agli eserciti franco-bavaresi. Tutta l’insurrezione fu contrassegnata da una forte impronta religiosa. Ciò si esplicava nel motto scelto dai patrioti tirolesi: “Per Dio, per l’imperatore e per la patria!” e nei vari editti emanati da Andreas Hofer e dai suoi comandanti. In un editto di Hofer alle compagnie di Axams si leggono le seguenti righe: “Se mai vi accorgete che ci avviciniamo… non esitate a prendere le armi. Si tratta di religione e di cristianesimo; non lasciatevi ingannare dai mascalzoni…”
Un altro esempio significativo sono le seguenti righe scritte dal comandante Speckbacher: “Prego nel nome di Dio e della SS. Trinità, che tutti gli uomini che possono portare le armi partano coi Landsturm generale … per combattere per Dio, la patria, l’imperatore.” Più volte Andreas Hofer e gli Schützen tirolesi prima delle battaglie decisive parteciparono alla messa e si comunicarono devotamente. Significativa una frase pronunciata da Hofer prima della terza battaglia al monte Isel: “Tirolesi, siete pronti? Allora diamoci da fare. Avete ascoltato la Messa, avete bevuto la vostra grappa, adesso avanti nel nome di Dio!” Andreas Hofer promise anche solennemente che i tirolesi avrebbero celebrato ogni anno la festa del Sacro Cuore di Gesù se il paese fosse stato liberato dal nemico. E subito dopo la seconda vittoria al monte Isel ordinò l’introduzione di questa festa.
Dopo le varie vittorie i tirolesi si ricordarono sempre di ringraziare il Signore per la sua assistenza. Si celebrarono delle messe e si fecero delle processioni. L’Hofer, anche nei momenti del massimo trionfo, non tralasciava di attribuirne il merito a Dio. Molto famosa è la sua frase pronunciata davanti alla folla che lo inneggiava ad Innsbruck: “Non io, non voi, ma quello lassù!” In un suo editto l’Hofer scrisse: “Semmai noi abbiamo sperimentato la bontà indulgente e salvatrice di Dio verso di noi, ciò fu certamente nella prima metà del mese di agosto (1809), quando l’aiuto del Cielo ci strappò così visibilmente dalle mani di un nemico che crudelmente soggioga e che non rispetta né religione, né trattati, né umanità.”
Anche verso la fine dell’insurrezione, quando le sorti dei tirolesi avevano già preso una brutta piega, Hofer era ancora fiducioso che l’intervento divino potesse assecondare la sua battaglia: ” … voi vedete, cari fratelli, che Dio ci ha scelti come il suo popolo preferito e ci incita a battere una nazione straniera, la più forte che è sulla terra. Noi ci batteremo come i cavalieri antichi, e Dio e la nostra Santa Vergine ci daranno la loro benedizione…”
L’Hofer, come ha affermato abbastanza spesso e insistentemente nei suoi editti, prese le sue decisioni in vista di Dio e della fede. La convinzione religiosa dei tirolesi era in certi casi talmente grande che essi lottavano ad oltranza anche quando la disfatta era ormai evidente. Erano talmente convinti di combattere per la causa giusta che non potevano immaginarsi che il cielo li abbandonasse nella loro “guerra santa”. In questo senso la convinzione religiosa troppo emotiva di alcuni capi dell’insurrezione portò anche a conseguenze tragiche.
(Fonte: http://www.padaniacity.org/articoli.asp?ID=339
Si ringrazia l’Agenzia Tangram di Merano per la cortese autorizzazione a pubblicare l’articolo).