Eseguita in Indonesia la condanna a morte dei tre cattolici. Mentre ieri il Parlamento italiano stava discutendo come allargare i diritti umani in favore degli immigrati e dei “rifugiati politici”, concedendo asilo anche agli omosessuali dei Paesi islamici, giungeva la notizia dell’avvenuta esecuzione capitale, in fretta e furia, contro i tre innocenti. Per la loro grazia, in Indonesia e in Europa, si erano mossi il Papa e molti parlamentari. Inascoltate le “autorevoli” personalità musulmane associate alla richiesta di grazia. Così anche i “moderati” e i loro sostenitori sono serviti. È incredibile come questa squallida vicenda, che la dice lunga sulla fallimentare strategia dell’Occidente di fronte all’islamismo fondamentalista, sia passata sotto tono. Quanto è avvenuto riflette l’atteggiamento disarmante di fronte all’aggressione sistematica attuata nel nome di Allah. Da una parte si esibisce nessun senso della pietà, dall’altra, il giorno dopo i silenzi e i rimproveri a Ratzinger, si accolgono i “perseguitati”, si spalancano le porte a ogni sorta di immigrazione demolendo l’unico sbarramento di garanzia: la legge Bossi-Fini. Non è che l’applicazione di una ridicola strategia dei diritti umani, non è che logica di sottomissione.
È bene allora avvertire che andando avanti così non ci saranno più limiti alla fuga dai Paesi islamici, afflitti da un crescente soffocamento delle libertà, di ogni minima garanzia civile, di un qualunque senso della pietà. La mobilitazione, tramite la preghiera, di tutte le chiese cristiane indonesiane non è servita. A Fabianus Tibo, Domingus Da Silva, Marinus Riwu, i tre sfortunati cattolici giustiziati ieri sera è stato negato perfino il diritto a partecipare ad un’ultima messa, di confessarsi e ricevere i sacramenti; impedito anche l’allestimento della camera ardente nella cattedrale cittadina, come richiesto dai tre innocenti. Era tuttavvia chiaro che dopo le violente manifestazioni contro il Papa e la non risposta dell’Occidente, la “soluzione” del caso non poteva che essere un cedimento assoluto di fronte alle richieste di sangue provenienti dal mondo islamico. A Roma, intanto, la maggioranza di centrosinistra cerca di aprire a più non posso aggirando la Bossi-Fini. Per giungere allo scopo, si allarga a dismisura l’area delle possibilità per ottenere asilo politico, tirando in ballo anche gli omosessuali perseguitati nei Paesi d’emigrazione. Si tratta di un modo, se non subdolo e mistificatorio, profondamente sbagliato di affrontare il tema della persecuzione. L’Occidente non ha il compito di farsi carico di milioni di potenziali perseguitati in uscita dal loro Paese, ma di fronteggiare l’inciviltà imperante nell’islam. Ha il compito di sollevare i temi più scomodi nelle opportune sedi internazionali senza lasciarsi intimorire dal fondamentalismo aggressivo. Ha il compito di rintuzzare le minacce utilizzando ogni mezzo legittimo a disposizione. Possiede lo strumento degli aiuti economici da far valere. Li usi.
Gli omosessuali, poi, sono citati a sproposito. A parte la totale mancanza di un protocollo ufficiale finalizzato ad accertare la dichiarazione di omosessualità, quando anche questo fosse stato elaborato nei più minuti dettagli, qual è il messaggio? Non traspare forse la totale ininfluenza della Carta dei diritti umani controfirmata da tutti i Paesi delle Nazioni unite, che sancisce appunto la non perseguibilità per l’orientamento sessuale? Si dica che è Carta straccia, allora. Che anche l’Onu deve piegarsi al “rispetto” non dei diritti, per i quali è nata, ma di quanto più obbrobrioso sta uscendo dai Paesi musulmani.
Va detto che l’omosessualità non è perseguita per legge in tutti i Paesi islamici. In Egitto, per esempio, non lo è, anche se è ostacolata attraverso una lettura estensiva di altre leggi, riguardanti la morale. In alti Paesi si rischia facilmente la prigione (una orribile prigione), in altri ancora, come in Iran, la pena di morte, eseguita anche contro minorenni. Ebbene, riguardo l’omosessualità questa era esattamente la situazione delle leggi imperante nell’Occidente cristiano fino a pochi decenni or sono. I roghi non li hanno inventati i musulmani, ma almeno i cristiani hanno avuto l’idea di abolirli.
È chiaro che se gli stessi interessati non si muovono per difendere i loro diritti, se non sono disposti a rischiare nemmeno là dove non è considerata di per sé un reato, non possono pretendere che altri risolvano i loro problemi. È giusto invece dare asilo politico a chi si espone, a chi lotta per sé e per tutti, non a chi semplicemente abbandona il campo. È illogico pensare di offrire rifugio a chiunque lo chieda, in specie quando si tratta di casi difficilmente verificabili. I diritti umani non sono un regalo, occorre saperli conquistare, occorre educare attraverso gli strumenti della polemica democratica, imparare a lottare e a soffrire per sconfiggere pregiudizi secolari, così com’è avvenuto in Occidente.
Vale per i gay come per chiunque. Se invece l’indicazione è: ospitiamo tutti, non si fa che rinunciare a priori alla battaglia per i diritti civili, che va condotta nei Paese d’origine, non altrove. Lo stesso discorso tante volte ripetuto riguardo gli aiuti economici.
Pur di aggirare le nostre leggi si tirano in ballo anche i gay perseguitati, cui si offre ogni tipo di rifugio. In realtà, si rinuncia a sollevare il problema nei Paesi d’origine