Lettera aperta ad Alessandro Mola
Leggo la Tua “diffida” in data 14 settembre u.s., e non posso astenermi dall’esprimere stupore e perplessità per un documento che non sembra uscito dalla Tua mente fervida e abitualmente razionale.
Al limite, mi sorge il dubbio che qualcuno abbia abusato del Tuo nome, oppure che in questo particolare momento la Tua volontà non sia libera.
Affermare, senza l’ombra di una seria pezza di appoggio, che “Vittorio Emanuele di Savoia venne escluso dal Re Umberto II° da ogni titolo successorio, per lui e per i suoi discendenti”, è cosa contraria alla Tua nota ed apprezzata competenza di storico. Non credo di dovermi soffermare sul punto.
Noto un singolare parallelismo con quell’altro incomprensibile documento uscito in luglio a firma di Amedeo di Savoia-Aosta, dove si raccontava, fra altre stranezze, che nel 1983, alla morte di Re Umberto, il predetto Amedeo di Savoia-Aosta avrebbe evitato di sollevare la questione dei propri diritti dinastici (conseguenti al matrimonio di Vittorio Emanuele ed alla pretesa sconfessione paterna) per un atto di generosità, non volendo danneggiare la causa della abolizione dell’esilio per il medesimo Vittorio Emanuele e per suo figlio.
Il tutto senza rendersi conto del fatto che semmai l’estromissione dalla successione i Savoia del ramo primogenito avrebbe avuto l’effetto contrario, ossia di fare rientrare in Italia gli esiliati, e di mandare in esilio il nuovo erede!
Forse dipende dall’unicità della regìa? E chi dirige questa sconclusionata operazione, per di più concomitante con l’altra di matrice giudiziaria?
Tu sei troppo intelligente per essere al vertice, come risulterebbe dalle apparenze. Non Ti riconosco più. Tu, che Ti sei sempre definito “uomo di pace”, avresti iniziato e promosso questa guerra senza quartiere?
Veniamo alla questione della Consulta, che in fondo è all’origine della Tua dissidenza (il fatto nuovo, per essere giusti, non è la dissidenza in sè, che rispetto essendo manifestazione di libertà, ma la asprezza con cui viene oggi sostenuta, su di una base marginale come un matrimonio sgradito).
Tu sai come stanno le cose. Il 14 settembre 2001 la Consulta della quale facevamo parte, insieme ed in armonia, Tu ed io, fu messa in liquidazione, e il presidente pro-tempore, Santaseverina, venne nominato liquidatore.
Questo era, chiaramente, un provvedimento di ordine economico, che intendeva provvedere al patrimonio dell’associazione, e non incideva sulla qualità di consultori attribuita, in forma vitalizia, ai membri della stessa.
Il motivo della decisione non parve, al momento, altrettanto chiaro. Tutti i consultori, non escluso il sottoscritto, si posero interrogativi. E potrei anche capire reazioni “sopra le righe”, soprattutto di fronte ad un silenzio ufficiale che sembrava inspiegabile.
Debbo però precisare che la grande maggioranza di noi si comportò in modo pacato e rispettoso.
Il tempo permise, in seguito, di comprendere che la Casa Reale aveva agito su pressioni del governo italiano del tempo, il quale, volendo permettere il rientro in Italia dei Principi, e temendo reazioni dei repubblicani più accesi, aveva suggerito di non dare visibilità ad una associazione che poteva urtare suscettibilità per essere un contraltare del Senato della Repubblica.
Precauzione eccessiva, d’accordo, ma l’abolizione dell’esilio era troppo importante! E infatti, superato il problema, la Consulta ha ripreso a funzionare, anche perchè il liquidatore è deceduto prima di potere portare a termine la liquidazione, il che vuol dire, come ben sai, che l’associazione non si è mai sciolta.
Del resto, l’atto più rilevante che risulta compiuto (il deposito dell’archivio storico della Consulta presso l’Archivio di Stato) andrà impugnato ed annullato, in quanto la persona che lo effettuò agiva in forza di un mandato di Santaseverina, e lo pose in atto solo dopo la morte di questi, quando cioè la sua procura era decaduta “ope legis”.
Orbene, così stando le cose, Tu, con una piccola minoranza di consultori particolarmente irritati, hai costituito una associazione per conto Tuo, l’hai chiamata Consulta, ed hai fatto sì che essa destituisse il Capo di Casa Savoia e ne nominasse un altro.
Non contesto il Tuo diritto di assumere una siffatta iniziativa. Come dicevo, è questione di libertà. Solo, ritengo infondato l’assunto cui si ispira.
Mi permetto ricordare alla Tua lealtà che il sabato precedente quel lunedì nel quale il Tuo gruppo prese la nota delibera dissidente, noi due avemmo un lungo colloquio, nel quale non mi dicesti nulla della riunione a Roma che avevate indetto fra di voi, senza informare nessuno dei colleghi. E aggiungo che qualche tempo dopo, alla mia richiesta di chiarimenti, rispondesti che eri stato convocato solo la domenica (ma eri designato quale presidente “in pectore”!)
Non capisco, ma, come Ferrini, mi adeguo……
Comunque, chi e cosa vuoi diffidare? Libero Tu, liberi noi. Facciamo ciascuno la nostra parte.
E smettiamola di litigare sul nulla.
Franco Malnatida: TRICOLORE n. 1288 - 22 Settembre 2006