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  1. #11
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    Citazione Originariamente Scritto da Zdenek Visualizza Messaggio
    Pio XII avrebbe dovuto "rischiare" il martirio e prender posizione.

    Diede asilo ai perseguitati romani ma tacque di fronte alla Storia.
    Non sono d'accordo. Pio XII sostenne i regimi cattonazisti che sterminarono milioni di persone.

    Fu complice dei massacri. Sapeva benissimo cosa accadeva nei campi di sterminio nazisti.

  2. #12
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    Citazione Originariamente Scritto da Zdenek Visualizza Messaggio
    Pio XII avrebbe dovuto "rischiare" il martirio e prender posizione.

    Diede asilo ai perseguitati romani ma tacque di fronte alla Storia.
    Rischiare il proprio martirio o come è più probabile quello di migliaia di altri cattolici senza tra l'altro poter salvare più ebrei di quelli che furono salvati?
    Against all odds

  3. #13
    Maestrina Lisergica
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    Citazione Originariamente Scritto da iannis Visualizza Messaggio
    Rischiare il proprio martirio o come è più probabile quello di migliaia di altri cattolici senza tra l'altro poter salvare più ebrei di quelli che furono salvati?
    Ehm... il Papa all'epoca contava un po' di più...

  4. #14
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    Citazione Originariamente Scritto da iannis Visualizza Messaggio
    Rischiare il proprio martirio o come è più probabile quello di migliaia di altri cattolici senza tra l'altro poter salvare più ebrei di quelli che furono salvati?
    Invece preferì far sterminare milioni di altri cattolici, di ebrei, di ortodossi, di protestanti, di atei, di agnostici ecc.

    I nregimi cattonazisti ne sterminarono parecchi...

  5. #15
    Mai l'altra guancia
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    Citazione Originariamente Scritto da ConteMax
    Non sono d'accordo. Pio XII sostenne i regimi cattonazisti che sterminarono milioni di persone.

    Fu complice dei massacri. Sapeva benissimo cosa accadeva nei campi di sterminio nazisti.
    Ho espresso il tuo stesso pensiero dicendo del suo tacere di fronte alla Storia.
    Storia che, per il suo ruolo, avrebbe dovuto scrivere in maniera attiva.

    Citazione Originariamente Scritto da iannis
    Rischiare il proprio martirio o come è più probabile quello di migliaia di altri cattolici senza tra l'altro poter salvare più ebrei di quelli che furono salvati?
    Sì.
    Il successore di Pietro ed il rappresentante della Cristianità
    avrebbe dovuto mettere in campo la propria forza numerica.

    Anche un pazzo come Hitler ed un invasato come Mussolini
    ci avrebbero riflettuto sopra una volta in più di quanto fatto.

  6. #16
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    Citazione Originariamente Scritto da Zdenek Visualizza Messaggio
    Ho espresso il tuo stesso pensiero dicendo del suo tacere di fronte alla Storia.
    Storia che, per il suo ruolo, avrebbe dovuto scrivere in maniera attiva.
    Forse non mi sono spiegato. Pio XII non ebbe solo un ruolo passivo nel tollerare i massacri nazisti, ma ebbe anche un ruolo attivo, sostenendo regimi criminali, come quello della Croazia e della Slovacchia, in cui le gerarchie cattoliche organizzaro massacri e stermini di massa.

    Ebbe un ruolo attivo anche nell'organizzare la fuga di decine di migliaia di criminali di guerra, in cambio delle ricchezze trafugate da questi criminali durante la guerra.

  7. #17
    Mai l'altra guancia
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    Citazione Originariamente Scritto da ConteMax Visualizza Messaggio
    Forse non mi sono spiegato. Pio XII non ebbe solo un ruolo passivo nel tollerare i massacri nazisti, ma ebbe anche un ruolo attivo, sostenendo regimi criminali, come quello della Croazia e della Slovacchia, in cui le gerarchie cattoliche organizzaro massacri e stermini di massa.

    Ebbe un ruolo attivo anche nell'organizzare la fuga di decine di migliaia di criminali di guerra, in cambio delle ricchezze trafugate da questi criminali durante la guerra.
    In mancanza di prove concrete di quanto dici,
    credo sia meglio limitarsi a suggerire un suo ruolo passivo.

  8. #18
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    Citazione Originariamente Scritto da Zdenek Visualizza Messaggio
    In mancanza di prove concrete di quanto dici,
    credo sia meglio limitarsi a suggerire un suo ruolo passivo.
    Prove concrete?



    IN NOME DI DIO. Marco Aurelio Rivelli
    L'ARCIVESCOVO DEL GENOCIDIO
    Monsignor Stepinac, il Vaticano, e la dittatura ustascia in Croazia, 1941-1945
    Pagg. 283 – € 18,08 – ISBN 88-7953-079-8

    Nello Stato indipendente di Croazia, voluto dai nazifascisti negli anni 1941-1945, si consumò una delle pagine più terribili della Seconda guerra mondiale. Gli ustascia di Ante Pavelic, sostenuti da Hitler e Mussolini, sterminarono centinaia di migliaia di serbo-ortodossi e decine di migliaia di ebrei e rom, in nome di una “soluzione finale” etnico-religiosa perseguita anche attraverso l'imposizione di “conversioni” di massa al cattolicesimo. In quello che passerà alla storia come l'Olocausto balcanico, un ruolo decisivo – diretto e indiretto – lo ebbe Santa Romana Chiesa: l'arcivescovo di Zagabria, monsignor Alojzije Stepinac, collaborò attivamente con la dittatura ustascia; settori del clero cattolico croato parteciparono in prima persona allo sterminio e alle “conversioni” di massa; il Vaticano avallò il genocidio etnico-religioso attuato da Ante Pavelic. Questo libro ricostruisce l'Olocausto balcanico, e documenta il “collaborazionismo” di monsignor Stepinac e della Chiesa di Roma con il nazifascismo croato.

  9. #19
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    In mancanza di prove concrete di quanto dici,
    credo sia meglio limitarsi a suggerire un suo ruolo passivo.
    Prove concrete?

    http://it.wikipedia.org/wiki/Jozef_Tiso

  10. #20
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    In mancanza di prove concrete di quanto dici,
    credo sia meglio limitarsi a suggerire un suo ruolo passivo.
    Prove concrete?




    http://www.altremappe.org/NazistiSacrestia.htm
    Nazisti in sacrestia
    Le complicità della chiesa genovese nella fuga dei criminali di guerra

    Un'inchiesta del 'Secolo XIX'


    da ADISTA, Agenzia d'informazione sul mondo cattolico e le realtà religiose
    <B>

    N°65 del 20 settembre 2003
    </B>

    Aiuto, sostegno logistico, documenti falsi. La Curia genovese, terminale periferico di un sostegno ecclesiastico che partiva direttamente da Roma, spianò ai criminali di guerra nazisti, ustascia e fascisti la strada verso la libertà. Chi avrebbe dovuto contribuire alla loro cattura, favorì invece la loro impunità: la denuncia viene dal quotidiano genovese "Il secolo XIX", che in una lunga inchiesta, partita il 31 luglio e durata più di un mese, ricostruisce l'intricata vicenda di quella che è stata definita la "ratline", la "via dei topi" organizzata in Europa nel dopoguerra per consentire la fuga, prevalentemente in Argentina ed in altri Paesi latinoamericani, di criminali di guerra ricercati.
    L'antefatto
    L'inchiesta del "Secolo XIX" prende avvio dalle notizie contenute nei documenti degli archivi della Direzione nazionale delle migrazioni, in Argentina, resi pubblici lo scorso luglio per decisione del presidente Néstor Kirchner. Con questa decisione, Kirchner aveva dato seguito ad un impegno preciso preso con il Centro Simon Wiesenthal, specializzato nella ricerca dei criminali di guerra, che voleva chiarezza in merito alle precise denunce delle collusioni tra governo argentino e reduci del Reich contenute in un libro, intitolato "La auténtica Odessa", pubblicato dal giornalista Uki Goñi nel dicembre 2002. Lo scrittore aveva passato un anno negli archivi dell'Hotel de Inmigrantes, un vecchio albergo che custodisce i fascicoli del Centro di Immigrazione di Buenos Aires, cercando le tracce del passaggio di alcuni immigrati "eccellenti" in Argentina nel dopoguerra. Rovistando tra centinaia di migliaia di cartoline di sbarco aveva trovato anche quelle relative a molti gerarchi nazisti, fascisti e ustascia, rintracciando i numeri dei relativi dossier custoditi nell'archivio riservato dell'hotel. Il quotidiano argentino "Página 12" nei mesi scorsi ha seguito con interesse le rivelazioni del libro di Goñi, rilanciandole e facendole divenire un caso nazionale: per tutte queste ragioni, a luglio, i dossier sono stati messi a disposizione degli studiosi, anche se, per ora, secondo quanto scrive "Panorama" del 29 agosto, sono saltati fuori solo due dei 49 fascicoli richiesti dal centro Wiesenthal, contenenti informazioni su appena 17 dei 68 criminali di guerra segnalati.
    Le complicità della Chiesa nella "ratline"
    In una intervista rilasciata a "Página 12" e ripresa il 29 luglio dal "Corriere della Sera", Goñi racconta i motivi che spinsero l'allora presidente argentino Juan Domingo Perón a stringere un legame coi nazisti: "Perón faceva un favore ai nazisti che portava in Argentina. Faceva un piacere a se stesso, nell'idea che questa gente avrebbe potuto essergli utile come agenti anticomunisti. Faceva un favore agli Alleati eliminando i collaborazionisti che non avrebbero potuto portare davanti alla giustizia. Infine rendeva un servizio alla Chiesa. Uno dei documenti che ho trovato mostrano che il cardinale argentino Caggiano andò in Vaticano nel '46 offrendo a nome del governo di Buenos Aires il proprio Paese come rifugio ai criminali di guerra francesi nascosti a Roma".
    Insomma, Peron collaborò a creare una sorta di rete internazionale che doveva favorire l'ingresso di criminali di guerra nel proprio Paese. Con il sostegno anche di una parte delle gerarchie ecclesiastiche. A Buenos Aires agivano i cardinali Antonio Caggiano e Santiago Copello. Dalla seconda metà del 1947 ai primi anni Cinquanta il terminale europeo della "rotta dei topi" fu a Genova in via Albaro, al numero 38 presso Villa Bombrini, ora sede del Conservatorio e all'epoca sede della Daie, Dirección Argentina de Immigración Europea. L'ufficio era retto da un ex capitano delle Ss, Carlos Fuldner, amico di Peron.
    "Era l'ufficio della Daie in Genova - spiega Uki Goñi - che si occupava di far pervenire a Buenos Aires l'elenco dei criminali nazisti da mettere in salvo. A Buenos Aires la pratica veniva evasa dalla Sociedad Argentina de Recepción de Europeos fondata nel maggio del '47 da Pierre Daye, un criminale di guerra belga in stretti rapporti con Peron e con l'arcivescovado argentino. Tanto stretti che le prime riunioni della Sociedad si tennero alla Casa Rosada e che la prima sede della Sare si trovava in via Canning 1358, un vecchio palazzone di proprietà della curia di Buenos Aires".
    Fuldner redigeva a via Albaro gli elenchi dei nazisti da far fuggire, li spediva in Argentina e da lì, in poche settimane, giungevano i visti di ingresso, completi delle foto dei criminali ma intestate a nomi fittizi. Da Genova, la pratica passava a Roma, dove la Sede della Croce Rossa rilasciava i passaporti relativi ai nomi falsi, rispedendoli a Genova. Fatto ciò, bastava trovare posto per i fuggitivi sulla prima nave che salpasse per l'Argentina. È ormai certo che, in quegli anni, passarono per Genova, e di lì fuggirono in Sudamerica, criminali del calibro di Klaus Barbie ("il boia di Lione"), Adolf Eichmann (il pianificatore dello sterminio degli ebrei, rapito dal Mossad nel '61 e impiccato in Israele l'anno dopo), Josef Mengele (il "dottor morte"), Erich Priebke, il dittatore croato Ante Pavelic.
    Il ruolo della Curia genovese
    Goñi sostiene il diretto coinvolgimento del card. Giuseppe Siri (eletto vescovo ausiliare di Genova l'11 marzo 1944, e arcivescovo della stessa città il 14 maggio 1946) nel sostegno alla rete di fuga per i criminali di guerra, tramite le due associazioni, entrambe da lui fondate, che la Curia genovese possedeva per l'assistenza dei profughi (una tesi contenuta già nelle risultanze della Ceana (Comisión para el Esclarecimiento de las Actividades del Nazismo en la Argentina, costituita da Menem nel '97) e raccontata nel libro "La via dei demoni", del giornalista di "Repubblica" Giovanni Maria Pace). Una di queste associazioni si chiamava Auxilium ed era nata nel '31, come ente di assistenza e beneficenza. La seconda, chiamata "Comitato Nazionale Emigrazione in Argentina", nacque invece nel '46. Racconta Goñi nel suo libro che il nome di Siri comparirebbe negli archivi del Nara (National Archives and Records Administration) del Maryland, Stati Uniti. In una nota del Central Intelligence Group (Cig, creata da Truman nel '46 e sostituita alla fine del '47 dalla Cia), datata 21 gennaio 1947 e recuperata da Goñi nel corso delle ricerche per il suo libro, si afferma che Siri dirigeva "una organizzazione internazionale il cui scopo era favorire l'emigrazione di europei anticomunisti in Sudamerica (...). Questa classificazione di anticomunista deve estendersi a tutte le persone politicamente impegnati contro i comunisti, ovvero fascisti, ustascia, e altri gruppi simili".
    Operativamente sarebbero stati tre sacerdoti ad impegnarsi in prima persona per preparare la fuga dei criminali. Uno era un prete croato, Karl Petranovic: dai primi mesi del 1946 ai primi mesi del '52 avrebbe gestito direttamente i rapporti tra Vaticano, Croce Rossa, Auxilium e Comitato nazionale emigrazione in Argentina. In Croazia era stato parroco di Ogulin e cappellano di un reggimento ustascia. Fuggito nel '45, passò prima a Trieste e poi a Milano, presso il cardinale Shuster, che lo avrebbe inviato a Genova, raccomandandolo a Siri con questo biglietto, il cui contenuto è stato rivelato il 2 agosto dal "Secolo XIX": "Eccellenza reverendissima, don Carlo ha conoscenza, in lingua e in cultura, della situazione dei rifugiati e dei profughi di guerra dell'Est e della Germania. Per questo è persona che può sostenere l'opera di carità dell'Auxilium". A Genova Petranovic, racconta "Il Secolo XIX" (4/8), "dipendeva direttamente dalla Curia genovese" e si occupava di fare "la spola tra Auxilium e Comitato nazionale per l'emigrazione in Argentina. Ha il diritto di usare la Mercedes nera, con targa diplomatica della Città del Vaticano, di Siri; viaggia spesso, di notte, tra Genova e Roma, e ritorna, sempre di notte, portando una 'valigia diplomatica'. Contiene i passaporti per una nuova vita dei nazisti in fuga" (2/8). Petranovic, che si allontanò da Genova nella primavera del '52, oggi ha 83 anni e vive in Canada, in una zona al confine con gli Stati Uniti, ospite di una comunità di suore.
    A Genova operava un altro sacerdote. Era don Edoardo Dömöter, francescano di origine ungherese, divenuto, alla fine degli anni '50, parroco della chiesa di Sant'Antonio di Pegli. Secondo quanto riportato dal "Secolo", Goñi ha rintracciato negli archivi del Comitato Internazionale della Croce Rossa di Ginevra una richiesta, la numero 100940, sottoscritta e inoltrata da padre Dömöter alla sede genovese della Croce Rossa di passaporto per tale Riccardo Klement, in realtà Adolf Eichmann.
    A fare da spola tra Genova e Roma, tra un ufficio aperto in Albaro dalla delegazione argentina e gli uffici romani della Croce Rossa per procurare documenti falsi, c'era, infine, don Krunoslav Stjepan Draganovic, che per Giovanni Maria Pace era un "ex colonnello ustascia" ("Repubblica", 24/2/2000), e che fu fondatore della Confraternita Croata del Collegio di San Girolamo degli Illirici
    È lui che ha firmato il passaporto rilasciato dalla sede genovese della Croce Rossa il 16 marzo del 1951 intestato a Klaus Altmann, meccanico di origine tedesca in procinto di imbarcarsi sul piroscafo "Corrientes" alla volta di Buenos Aires, sotto la cui falsa identità si nascondeva Klaus Barbie. Il documento originale, racconta il 27 agosto "Il Secolo XIX", fu trovato da Uki Goñi nella sede ginevrina del comitato internazionale della Croce Rossa.
    Sull'attività di Draganovic a favore dei criminali di guerra il 28/8 "Il Secolo XIX" ha pubblicato il testo di un rapporto del Foreign Office inglese nel quale si dice che il prete, definito "la mente che sta dietro l'organizzazione ustascia in Italia", interveniva "ripetutamente e vigorosamente al quartier generale della Croce Rossa Internazionale di Roma" nel tentativo "di influenzare la graduatoria di profughi croati che si stanno prendendo in considerazione per l'assistenza". "L'influenza della Confraternita di San Girolamo sui campi profughi - dice il rapporto (che cita anche Petranovic come "persona che con ogni probabilità coincide con il collaborazionista croato ricercato P. 993") - sta aumentando sempre più e pare che al dottor Draganovic siano stati accordati strumenti e mezzi di natura ufficiosa che gli consentono di recarsi di persona ai campi per consultare i vari leader ustascia".
    La rete di ecclesiastici impegnati nel facilitare la fuga di nazisti e fascisti secondo le ricostruzioni fatte dal Goñi e riferite dal "Secolo XIX" facevano capo, a Roma, a mons. Alois Hudal, rettore fino al '52 del Collegio tedesco di S. Maria dell'Anima, e vescovo con manifeste simpatie naziste che da Roma inviava le richieste di visti. Racconta "Il Secolo XIX": "Nella relazione conclusiva presentata dal Ceana nel 1999 si fa riferimento in particolare a una lettera del 31 agosto 1948 in cui il vescovo Hudal spiega a Peron che i visti richiesti non sono per profughi ma 'per combattenti anticomunisti il sacrificio dei quali durante la guerra ha salvato l'Europa dalla dominazione sovietica'".
    Su tutto quanto denunciato dal quotidiano genovese, ad agosto sia il vicepresidente della Camera Alfredo Biondi che il senatore diessino Aleandro Longhi hanno chiesto la creazione di una commissione parlamentare di inchiesta.

 

 
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