Una nazione priva di reti di comunicazione, centrali elettriche, acquedotti, autostrade di fatto è impossibilitata a qualsiasi difesa.
Una nazione potrebbe tuttavia avere materialmente queste infrastrutture sul suo territorio, ma non essere in grado di controllarle ed anche in questo caso sarebbe alla mercé degli stranieri.
Questa è proprio la forma più subdola di guerra ed è una guerra che oggi si combatte (purtroppo senza volontà di difesa da parte dei nostri governanti, anzi…) sul nostro territorio nazionale.
Solo pochi lustri fa in Italia avevamo una televisione statale, un monopolio statale nelle telecomunicazioni e nell' energia, un totale controllo pubblico delle autostrade e degli acquedotti.
Certo, anche a quell' epoca la condizione dell' Italia restava paracoloniale, perché la classe politica sapeva di aver ricevuto la gestione fiduciaria del potere dagli USA dopo la fine della guerra. In realtà, però, esistevano le condizioni per un affrancamento, almeno i teoria, se fosse sorto un partito autenticamente interessato alla difesa degli interessi nazionali. Gli americani avevano bensì 120 basi sul territorio italiano, però sarebbe stato imbarazzante scegliere l' opzione militare per mantenere il controllo sulla penisola, perciò preferirono utilizzare canali sotterranei, usando qua e là gli agenti della CIA per innescare o alimentare strategie della tensione e robe del genere.
Qualcuno ora a Washington ha capito che esiste una terza via, oltre quella dell' invasione e delle stragi impunite, quella che passa appunto attraverso le privatizzazioni, cavallo di Troia per portare fuori dall' Italia il controllo di tutti i gangli vitali.
In parte questo è già avvenuto, in parte potrebbe ancora accadere, ma già oggi Washington si preoccupa assai meno di chi governa in Italia, perché sa che, per chiunque, sarebbe molto più difficile riconquistare la sovranità perduta.
In Italia già la tv satellitare è in mano agli stranieri, e che man, quelle dell' anglosassone Murdoch, che presto potrebbe conquistare anche l' ultimo brandello di telefonia cellulare ancora italiana, ossia Tim.
Presto tutti i servizi essenziali saranno privatizzati ed in molti casi la proprietà effettiva sarà detenuta da investitori atlantici.
Questa è già una guerra e la posta in palio è la nostra libertà.
La falsa democrazia elettorale fondata sul falso dualismo tra coalizioni liberiste continuerà a ripetere le sue liturgie del politicamente corretto, ma il destino del popolo italiano sarà di schiavitù.
Prodi ha recentemente sostenuto che lui non interverrà per impedire la vendita agli stranieri di Tim, perché lui non è nazionalista.
E questa è la verità: i politici italiani, tutti, nessuno escluso, non fanno nulla per salvare le aziende strategiche italiane, perché sono tutti asserviti al grande potere finanziario atlantico, che detta le leggi, a cominciare da quelle cosiddette europee. Disposizioni emanate da chi non ha ricevuto alcuna delega popolare ma parla solo a nome delle banche d' affari.
Il potere legislativo è del Parlamento, ma nessuno né a destra né a sinistra, né nella maggioranza, né nell' opposizione, si è nemmeno sognato di presentare uno straccio di legge che possa impedire la cessione a stranieri di aziende di interesse nazionale.
Se questa è una guerra, chiunque non si adoperi per difendere la Patria è un traditore e la sua colpa non viene diminuita per il fatto che il suo comportamento è "conforme alle leggi esistenti".
In questi tempi abbiamo davanti a noi esempi di veri governanti al servizio del loro popolo: gente che nazionalizza invece di privatizzare e cedere allo straniero.
Da Venezuela, Bolivia, Argentina sono arrivate grandi lezioni di sovranità nazionale. Certo, si corre il rischio di diventare "canaglie" davanti agli occhi dell' Imperatore Bush, ma la libertà ha un prezzo- io, Filippo Strozzi, ne so qualcosa per esperienza personale- e quando si combatte una guerra puntualmente si distinguono gli eroi dai vigliacchi e dai traditori.
Dovremmo essere noi, repubblicani del MRE eredi di Mazzini, ad impugnare questa bandiera dell' indipendenza e della sovranità nazionale mettendola al primo punto del programma.