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da "Liberazione" di martedì 19 settembre

E´ l´astensione il primo partito a Berlino e nel Mecklenburg-Pomerania: l´affluenza alle urne non raggiunge neanche il 60 percento, e il consenso per la Linkspartei-Pds precipita nella capitale (da 22, 6 a 13,4), mentre tiene nella regione nord-orientale (16,8/ +0,4), dove i neonazisti della Npd, pressoché innocui nelle scorse elezioni del 2002 (0,8) riescono di ben oltre due punti a oltrepassare la fatidica soglia del 5% (7,3), aggiudicandosi – dopo Sassonia e Brandemburgo - il primo loro ingresso nel Landtag, il parlamento regionale

A votarli sono stati per il 17% i giovani nelle urne per la prima volta. A Berlino rimangono al palo con il 2,6%, entrando però in quattro assemblee distrettuali della città, grazie al minore sbarramento (3%). Insieme alla Linkspartei di Berlino, il vero grande sconfitto è il partito della cancelliera Merkel, la democristiana Cdu: una vera botta per uno dei partiti della grosse Koalition che governa il paese, e anche senza dubbio per la premier, toccare il minimo storico sia nella capitale dove risiede (21,3 /- 2,3) che nella regione da cui proviene (da 31,4 a 28,8). La Spd, se con il 30,8% avanza a Berlino, anche se solo dell´1,1%, grazie soprattutto al carisma del suo “re sole” (Berliner Zeitung), il riconfermato sindaco Klaus Wowereit, ha ben poco da gioire in Mecklenburg-Pomerania, con una perdita del 10,4, dove rimane comunque primo partito, e può di conseguenza decidere - come anche a Berlino - con chi allearsi. Si rimane in attesa di consultazioni. Wowereit afferma “che si allearà con chi sarà possibile fare più politica socialdemocratica”. E Ringstorff, premier del Mecklenburg, nonostante le pressioni per formare una grosse Koalition, afferma che “non la si deve fare per forza” In entrambi casi ci sono comunque i numeri per formare di nuovo due governi rosso-rosso. Possibilità che, per i Verdi di Berlino, vanificherebbe le ambizioni di accedere al Municipio rosso, sede del governo della capitale. La formazione ex pacifista e ormai neoliberista, come dimostra il fervore in difesa della privatizzazione delle imprese pubbliche in campagna elettorale, rispetta a Berlino le previsioni, concentrando su di sé il 13,1 (+ 4,4) dei consensi, mentre con il 3,4% sono ancora lontani dal 5% in Mecklenburg, nel cui Landtag saranno di nuovo assenti. Qui vanno benissimo i liberali della Fdp, che raddoppiano i loro voti con il 9,6 (+4,9), un record per l´est della Germania.
Questo esito elettorale, che ha rappresentato un test importante per i partiti di governo Cdu-Spd, non potrà quindi che riflettersi nel dibattito anche nazionale, coinvolgendo, in primo luogo, la grosse Koalition, nel suo insieme, che riscontra ormai da mesi il basso gradimento, a partire dalla persona della cancelliera Merkel, della popolazione tedesca dopo un idillio durato alcuni mesi. Questo si può spiegare sia con una certa immobilità che con una serie di provvedimenti come l´innalzamento dell´Iva, o l´identità con le politiche antisociali del governo rosso-verde che ha preceduto la grosse Koalition.
Ma veniamo alle articolate ragioni di una sconfitta inattesa per le sue dimensioni, che ha suscitato anche la sorpresa di alcuni mass media: la sinistra radicale della Linkspartei-Pds a Berlino aveva già dato per acquisito il dato in calo rispetto alle precedenti regionali, considerandolo, pur nella sua consistenza, quasi fisiologico. Il dato auspicato e anche pronosticato era pari al 17 percento, sui livelli raggiunti alle politiche di un anno fa.
Infatti, per il suo successo del 2001, l´allora Pds, da una parte si è avvalsa del fatto di essere a Berlino all´opposizione di una grosse Koalition tra Spd e Cdu, che ha portato alla bancarotta la capitale tedesca (quasi in contemporanea con l´epocale trasferimento delle sedi governative e ministeriali, dalla fine degli anni ´90 in poi), con lo scandalo finanziario della Bankgesellschaft, il cui retaggio ammonta ai ben 60 miliardi di euro di deficit attuale. La popolazione, scegliendo la Pds, sicuramente aveva voluto mandare alla grosse Koalition un segnale di cambiamento forte. Con una certa dose di coraggio, la Pds decise di andare al governo con la Spd, consapevole che forse non avrebbe sempre incontrato consensi, dovendo affrontare politiche di risanamento. Ma sembra abbastanza irrealistico accusarla di aver praticato politiche antisociali (come forse l´asilo a pagamento che costa ora per la stragrande maggioranza delle famiglie berlinesi 46 euro al mese) e in un momento in cui la tendenza europea degli enti locali è l´esternalizzazione o la privatizzazione di enti pubblici, aziende ospedaliere, Berlino le difende.
Ovviamente, non si è verificato il cambiamento a cui l´elettorato della Pds aveva aspirato, ma per qualche simpatizzante o iscritto, la Linkspartei non sarebbe riuscita a valorizzare nel modo giusto quanto realizzato. E poi la Hartz IV, il pacchetto antisociale voluto dal precedente governo centrale rosso-verde del cancelliere Schroeder, abbattutasi come una mannaia su chi era in condizioni precarie o senza lavoro, nella capitale pur sempre il 18 e nel Mecklenburg il 20 percento, ha reso ancor piú difficile la vita di molti. Per cui per i partiti al governo dei Laender non è stato facile gestire la situazione sociale, di cui non sempre erano responsabili. “La popolazione fa fatica a distinguere – afferma il candidato di punta della Linkspartei del Mecklenburg Methling - tra leggi regionali dei Laender e leggi di stato come la Hartz IV”.
Quindi dei 180mila voti che perde a Berlino 69mila sono quelli di chi è restato a casa, 27mila se ne vanno alla Spd, e 16.000 alla Wasg, che ottiene il 2,9. Questa formazione, sconfessata dai suoi dirigenti nazionali tra cui Lafontaine, ha presentato infatti una sua lista a Berlino e nel Mecklenburg, nonostante vi sia un accordo elettorale nazionale come già con la Linke alle politiche del 2005, e il processo di fusione politica con la Linkspartei-Pds sia in pieno corso. Tra le sue file anche i delusi della Pds e comunque i critici nei confronti del governo rosso-rosso. Di questo si parla già nel Linkspartei, che ha già avviato – subito dopo lo choc - una spietata analisi del voto. A pesare nella sconfitta, infatti, a detta dei dirigenti, come il suo presidente Lothar Bisky, è anche l´immagine frammentata e di disunità della sinistra, e questo ha portato molti non a cambiare bandiera, ma ad astenersi tout court. Questo non può e non deve pregiudicare il processo di costruzione del partito della Linke in Germania, si legge tra le righe delle dichiarazioni, che, invece, come affermano molti esponenti della Linkspartei, deve essere rilanciato a gran forza, proprio perché la divisione ha portato all´esito disastroso.
Per quanto riguarda Berlino, non si può, quindi, fare a meno di accennare ai “Sonstige”, ovvero gli “Altri”, la somma (pari ora al 13,8) di tutte le liste che restano al di sotto del 5%, tradizionalmente ignorate nelle analisi del voto, ma che stavolta assumono un significato non trascurabile – forse al pari della bassa affluenza alle urne. Oltre al caso di Berlino, la Wasg (Alternativa elettorale per il Lavoro e la giustizia sociale) raggiunge il 2,9 e i Grigi – il partito dei pensionati – addirittura il 3,5.
Nei commenti televisivi si parla – con buona pace di vari analisti politici e anche di esponenti della Linkspartei – di crisi di fiducia, o “grande voto di sfiducia” (Der Tagesspiegel) e quindi di una generale disaffezione nei confronti dei partiti allargata alla politica: come dimostra la scarsa partecipazione e la frantumazione del sistema partitico, fatto nuovo in Germania. Già nelle elezioni per il Bundestag dello scorso anno, i due maggiori partiti, i protagonisti nella storia del dopoguerra, raggiungevano poco più del 60 percento, e ora addirittura poco più del 50.

Paola Giaculli