Una squadra nel pallone
In Arabia Saudita una squadra retrocessa per motivi religiosi
Per quanto il mondo del calcio ci abbia abituato, negli ultimi anni, a scandali e polemiche, una squadra retrocessa d’ufficio per aver infranto un divieto religioso non si era ancora mai vista.
un immagine del campionato di calcio sauditaIl derby. Invece è accaduto in Arabia Saudita. La partita è di quelle che contano, un derby che può decidere il campionato. Si affrontano al-Wahda, squadra della Mecca, e al-Ansar di Medina. La compagine della Mecca, la città più sacra per la religione islamica, gioca in casa e, come accade in tutto il mondo per le partite molto importanti, si gioca di sera. Un posticipo insomma, come è definito nel linguaggio globale coniato dal vero padrone del pallone: il palinsesto televisivo.
La partita è combattuta, ricca di episodi che fanno infuriare e gioire alternativamente i tifosi dell’una e dell’altra squadra, ma l’equilibrio dell’incontro non viene meno e finisce con un salomonico zero a zero, quello che in altre ere calcistiche veniva chiamato il risultato perfetto, perché nessuna delle due squadre ha commesso errori.
lo stadio re fahd II a riadLa beffa. Ma l’organizzazione della partita non è stata altrettanto perfetta. Se al-Wahda, la squadra della Mecca, avesse ospitato una compagine straniera, poteva anche essere concepibile che gli ospiti non conoscessero le usanze locali. Molto meno concepibile è che le usanze locali non le conoscessero i dirigenti di al-Ansar Medina. Finita la gara, dopo le docce e le interviste, si era fatto tardi. Il club di Medina, come spesso accade alle squadre in trasferta, decide di passare la notte alla Mecca. I giocatori, molto provati dall’incontro, dopo cena raggiungono le loro camere. Ma nel cuore della notte, in albergo, fanno irruzione tre poliziotti che chiedono all’albergatore la lista degli ospiti. Subito dopo, i tre zelanti tutori dell’ordine fanno irruzione nelle camere che ospitano tre giocatori, l’allenatore e il preparatore atletico del Medina. Si tratta del difensore Denis, dei due attaccanti Celso e Moises, dell’allenatore Gaucho e del preparatore Guerreiro. Come si può intuire, non proprio dei sauditi doc: Sono infatti 5 brasiliani.
la pietra nera della meccaL'imprevedibilità del calcio. I cinque, ancora in pigiama, vengono costretti a salire su un mezzo della polizia e trasportati nel cuore della notte nella vicina Gedda. La colpa della quale si sono macchiati? Hanno infranto il divieto religioso che impedisce ai non – musulmani di passare la notte nella città più sacra per l’Islam. La polizia, di fronte alle comprensibili proteste dei 5 malcapitati, non ha sentito ragioni. Anzi ha proceduto, poco dopo, all’arresto di un dirigente accompagnatore del Medina. Ma sotto inchiesta sono finiti anche i vertici del club che, con una sanzione lampo, verrà retrocesso d’ufficio, mentre il proprietario dell’Ansar Medina è stato costretto a presentare le sue dimissioni dalla presidenza del club. Per i 5 brasiliani la federazione sta studiando una forma di punizione adeguata. Pare incredibile che i dirigenti sauditi del Medina non abbiano considerato d’infrangere una legge. Meno colpevoli i brasiliani, ma neanche loro sono esenti da colpe, legittimando tutti i pregiudizi secondo i quali i calciatori, oltre alla palla, non s’interessano di molto altro. Ma il calcio globalizzato ha fatto ormai i suoi danni, e la cultura del sospetto ha attecchito in tutto il mondo. Quindi tutte le culture vanno rispettate, ma siamo proprio sicuri che qualche tifoso della squadra della Mecca non abbia colto l’occasione per denunciare la presenza dei 5 brasiliani per togliersi di torno i temuti avversari del Medina? Nel calcio, si sa, tutto il mondo è paese.
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