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E’ rimorto Osama
Maurizio Blondet
03/10/2006
La favola di Osama continua...
E pensare che giusto una settimana fa il presidente Bush, nel commemorare l’11 settembre, aveva proclamato: «Osama, l’America ti troverà!».
Invece Osama Bin Laden è morto, lo ha detto una fonte saudita a un giornale francese.
Dunque è sicuro: Osama è morto, mortissimo.
Anzi rimorto.
Perché era già morto più volte.
Il 26 dicembre 2001 il giornale egiziano Al-Wafd pubblicò addirittura un necrologio, che dava il triste annuncio delle esequie avvenute, pare dieci giorni prima, il 16 dicembre.
E di fatto, l’ultima volta che i centri d’ascolto della spionaggio USA hanno captato la voce del mega-terrorista è stato il 14 dicembre 2001.
Il mega-terrorista stava scappando da Tora Bora in Afghanistan, sotto intensi bombardamenti americani.
Fu il solo momento in cui la cattura di Osama apparve imminente: era già pronto un commando dei corpi speciali statunitensi che attendeva l’ordine di lanciarsi sull’ultima fortezza di Bin Laden per prenderlo.
L’ordine da Bush non arrrivò mai.
Osama si rese uccel di bosco: ancora qualche telefonata dal satellitare, intercettata, poi più nulla.
Subito è nato qualche dubbio sulla volontà di Bush di prendere davvero l’arcinemico.
Per esempio, si è scoperto che la sera del 10 settembre 2001, ossia poche ore prima dell’attentato che Osama aveva architettato per il World Trade Center sguinzagliando i suoi 19 dirottatori, Bin Laden era stato ricoverato all’ospedale militare di Rawalpindi e sottoposto a dialisi renale.
A rivelarlo non fu un blog complottista, ma Dan Rather, il più celebre anchorman della rete TV CBS, che lanciò lo scoop il 28 gennaio 2002: con tanto di interviste a infermiere e sanitari dell’ospedale pakistano i quali affermavano di aver visto arrivare Osama, all’apparenza molto malato, scortato e sorretto da agenti dell’ISI, il servizio segreto pakistano.
Ora, l’ISI collabora strettamente con la CIA: e visto che l’11 settembre Osama era a letto in un ospedale dell’ISI, avrebbe dovuto immediatamente arrestarlo.
Perché non si fece?
Non si sa.
Ma il 18 gennaio 2002 il presidente pakistano Musharraf disse alla CNN che secondo lui Osama «può essere morto per l'impossibilità di farsi sottoporre a dialisi in latitanza».
Seguono altri annunci di decesso.
Il capo dell’FBI per l’antiterrorismo, Dale Watson: Osama «è probabilmente morto» (BBC, 18 luglio 2002).
Il presidente afghano Karzai: «Sembra che Osama sia morto, ma il mullah Omar è vivo» (CNN, 7 ottobre 2002).
Fonti israeliane del Mossad: «Osama è probabilmente morto da dicembre», e i nuovi messaggi video ed audio che gli vengono attribuiti «sono probabilmente falsi» (World Tribune, 16 ottobre 2002).
Da allora, non più una intercettazione, una foto presa da satellite o da uno delle centinaia di aerei senza pilota che sorvolano le zone dove si ritiene sia riparato il comando di Al Qaeda, non una sola soffiata da un informatore: benchè sulla testa di Osama sia stata messa una taglia di 25 milioni di dollari.
Bin Laden non telefona a nessuno, non dà ordini per radio trasmittente né per e-mail, sfugge all’immenso grande orecchio elettronico dello spionaggio anglo-americano, anzi mondiale: come latitanza, il più grande successo della storia.
Manda, quando vuole lui, dei video, fatti recapitare per lo più ad Al-Jazeera.
Non tanti: in cinque anni, solo 23.
Con intervalli di silenzio anche di dieci mesi e oltre.
Cosa notevole, Osama non manca mai di mandare un suo video ad ottobre.
Perché ad ottobre?
Perché novembre è un mese di elezioni in USA, e Osama partecipa alla campagna elettorale, rivolgendo i suoi video-messaggi direttamente agli americani.
Lo sguardo da falco del cacciatore instancabile
Celebre il messaggio del 28 ottobre 2004, in cui Osama minacciò un nuovo 11 settembre se gli Stati Uniti non smettevano di attaccare i musulmani nel mondo: un aiutino alla campagna elettorale di Bush, che infatti fu riconfermato nelle votazioni di novembre, dissero i soliti maligni.
La cosa è così regolare, che il novembre 2005, quando mancò il messaggio, qualche esperto si preoccupò: «E’ il primo ottobre dal 2002 che Osama non ha recapitato un video diretto specificamente agli americani», disse allora Ben Venkze, direttore dell’IntelCenter, una ditta privata che, sotto contratto del Pentagono, affianca lo spionaggio USA.
Questa IntelCenter, filiale di un’azienda editoriale, Tempest Publishing Co., che produce video di addestramento anti-terrorismo per l’esercito americano, ha accumulato una strana esperienza sui messaggi di Al Qaeda.
Da quando la IntelCenter si dedica al problema, i messaggi dell’organizzazione terroristica sono più frequenti e meglio «impaginati».
Non sono più in arabo ma in inglese, a cura - si dice - di uno statunitense che fa parte del gruppo terrorista, detto «Azzam l’Americano», Al-Amriki.
E vengono addirittura annunciati con anticipo di 38 o 72 ore.
«L’uso di annunci promozionali e di collages di video ben montati con personaggi che parlano inglese dimostra la crescente sofisticazione nei metodi di relazioni pubbliche di Al Qaeda», ha notato la MSNBC.
Eh sì; se dopo l’11 settembre Al Qaeda non ha più commesso un attentato che le possa essere attribuito con sicurezza, l’organizzazione si è riciclata in una casa di produzione di video di un certo successo.
Solo che nei nuovi video Osama non parla più.
Appare solo una sua foto, di solito alle spalle di Al-Zawahiri, che con gli occhialetti d’oro e il ditino alzato fà la solita predica coranica condita di minacce (mai realizzatesi), e a rivendicare attentati effettuati (da altri gruppi, come i quattro anglo-pakistani del 7 luglio 2005 a Londra).
Allora Osama è proprio morto?
Ma no; nell’aprile scorso, Bush ha assicurato che Osama è vivo.
Solo che «si trova in un’area estremamente montuosa e inaccessibile, fra i 3 e 4 mila metri».
Dov’è questa zona?
«Da qualche parte tra Afghanistan e Palkistan», assicurava il 9 settembre scorso un giornale australiano, lo Hobart Mercury, citando fonti del Pentagono: «Negli ultimi tempi si dice sia dalle parti dell’Hindukush, nell’area tribale di Chitral, sotto il monte Trich Mir, alto 7.700 metri».
Non c’è male per un malato di grave insufficienza renale, bisognoso di dialisi tre volte al mese: è diventato un alpinista estremo.
A meno che non gli abbiano fatto un trapianto.
Sulla catena dell’Hindukush?
Improbabile.
Magari, al solito ospedale militare di Rawalpindi.
Non c’è modo di saperlo.
Perché, come ha rivelato pochi giorni fa (il 10 settembre scorso) il Washington Post, la speciale sezione della CIA detta «Alec Station», appositamente creata per dare la caccia a Bin Laden, è stata smantellata da tempo.
Ora, a cacciarlo resta solo un gruppo segretissimo, il Joint Special Operation Command, del Pentagono: insomma ha avocato a sé la faccenda Donald Rumsfeld, la cui efficienza è ben nota, visti i successi in Iraq e in Aghanistan.
Del resto, da due anni, le tracce di Osama sono «fredde», dicono le spie usando il linguaggio dei pellerossa.
Anzi, «stone cold», fredde come pietra.
Una pietra tombale; Osama è proprio morto.
Osama in versione alpinista
Invece no.
Ecco che una fonte saudita confida a un giornale francese di provincia che Osama è vivo: anzi era vivo fino ad agosto, poi è rimorto.
Di tifo, stavolta.
Fate caso alla data: fine di settembre.
Solo un po’ in anticipo su ottobre, il mese classico delle «october surprise», ossia delle rivelazioni, notizie o scandali che tradizionalmente, in USA, vengono fatte saltar fuori per influenzare le elezioni.
E Bush deve affrontare a novembre le elezioni di medio termine, con tutti i sondaggi che lo danno perdente.
Osama è rimorto: la notizia aiuterà Bush, stavolta?
October surprise.
Maurizio Blondet