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  1. #51
    Dubitare Discutere Cooperare
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    Citazione Originariamente Scritto da FuoriTempo Visualizza Messaggio
    metterti in quei posti sono i servi e i funzionari di partito. a beccarsi un posto "politco" sono i servi della politica. ricorda che la ricchezza non è nè può essere il metro di tutto. capisco che tu puoi essere invidioso di chi è più ricco di te, capisco che ti può far rabbia non avere i soldi che hanno alcuni tuopi amici, ma l'unico metro non è la ricchezza. non è la ricchezza la madre di tutte le ingiustizie. chi sta in un ufficio pubblico a 1500 euro al mese non è ricco è semplicemte il parente o il lecchino di qualche consiglere regionale. ma anche i consigleri regionali non sono ricchi ma servi di partito.
    il mio metro di misura per giudicare bene e male, giusto ed ingiusto, vero e falso non è il danaro ma i valori incui credo. la libertà è uno di quei valori.
    Guarda che io sono abbastanza ricco, quello che ogni tanto invidio agli altri non sono i soldi...

    Tu dici che questi sono "servi di partito", bene. Ma come si fa a servire un partito? Secondo te l'operaio che va a manifestare con lo striscione e' un servo di partito? Il partito si serve con i soldi o con la propaganda su larga scala (giornali & tv).

    Lo sfigato che fa finta di fare il bidello, secondo te ha trovato il posto solo comprando la tessera dei DS o di FI o della Lega?

  2. #52
    Hanno assassinato Calipari
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    http://www.specchioeconomico.com/200603/barberini.html

    È diffusa l’idea che le cooperative non paghino le tasse. Rilanciata a ondate ricorrenti dal dibattito politico secondo precisi calcoli di convenienza, questa affermazione ha un’indubbia efficacia comunicativa perché semplifica e riassume fatti complessi con la forza di uno slogan. Ma è proprio vero che «le cooperative non pagano le tasse»? La loro imponente crescita negli ultimi sessanta anni è il prodotto di un trattamento fiscale di favore? La risposta è no. Lo stesso onorevole Giulio Tremonti affermò alcuni anni or sono che il trattamento fiscale riservato alle cooperative altro non era che la compensazione degli svantaggi che esse avevano nei confronti delle altre forme di impresa.



    Le cooperative hanno progressivamente visto erodere ogni vantaggio fiscale in varie occasioni, come, ad esempio, con l’introduzione dell’Irap. Inoltre è sorprendente che si continui ad affermare, da parte degli stessi esponenti di Governo, che «le cooperative non pagano le tasse» a poco più di due anni di distanza dalla entrata in vigore della normativa fiscale riguardante le cooperative, predisposta dallo stesso ministro Tremonti.

    Dovrebbe ormai essere riconosciuto che la cooperazione è cresciuta in virtù di altri fattori: il senso di appartenenza e la volontà dei soci, un’elevata capacità imprenditoriale, la stabilità finanziaria assicurata dall’accumulazione indivisibile degli utili. Le cooperative hanno beneficiato poco o niente delle politiche assistenzialistiche che hanno caratterizzato per un lungo periodo la vicenda economica e sociale del nostro Paese. I guasti di quella politica pesano ancora gravemente sulla competitività del nostro sistema economico.

    Nei casi in cui alcune cooperative, soprattutto nel settore agricolo, hanno confidato sul sostegno pubblico sottovalutando la necessità di divenire imprese efficienti, alla fine sono scomparse dal mercato. Le cooperative hanno lungamente dimostrato di agire nell’interesse del Paese e di meritare il riconoscimento contenuto nell’articolo 45 della Costituzione. Esse si sono rivelate capaci di risolvere autonomamente le proprie crisi e di rivitalizzare imprese ordinarie, come testimonia l’attività della Compagnia Finanziaria Industriale, gestita dalle Centrali cooperative insieme al Ministero delle Attività produttive.

    Per questa via si sono salvati migliaia di posti di lavoro; si sono trasformati dipendenti in imprenditori di se stessi; si sono utilizzati in modo produttivo gli ammortizzatori sociali. Il riconoscimento costituzionale ha indubbiamente gettato le basi per un ambiente favorevole allo sviluppo della cooperazione «a base mutualistica e senza finalità di speculazione privata». Il patto sancito originariamente con la legge Basevi del 1947 si è realizzato, nei decenni successivi, attraverso il «sacrificio» congiunto del socio della cooperativa e dello Stato: il primo ha assunto un insieme di vincoli, il principale dei quali è la rinuncia, per sempre, al beneficio personale degli utili conseguiti dalla cooperativa; il secondo ha moderato la pressione fiscale esonerando gli utili destinati a riserva indivisibile. In caso di scioglimento o di trasformazione in società ordinaria, la cooperativa ha l’obbligo di devolvere l’intero patrimonio sociale al fondo mutualistico nazionale per la promozione di nuove imprese cooperative.

    Anche l’erogazione di dividendi ai soci sulla base della loro quota sociale e il ristorno ai soci stessi calcolato in base allo «scambio mutualistico», che costituisce l’essenza del patto associativo, sono soggetti a precisi limiti. La mutualità cooperativa presenta caratteri multiformi ed evolutivi. In Italia essa si è affermata come mutualità interna (servizio ai soci, tutela del potere di acquisto o tutela del lavoro ecc.) e mutualità esterna, vale a dire l’estensione ai non soci del vantaggio mutualistico accennato. Una variante della mutualità esterna è la mutualità di sistema che ha dato origine appunto al fondo per la promozione cooperativa.

    La riforma del diritto societario, approvata nel 2003, ha introdotto cambiamenti profondi, con la modifica dei parametri di valutazione dei requisiti mutualistici. La riforma ha disegnato un tronco normativo unico con due ramificazioni, differenziando le cooperative sulla base della «mutualità prevalente e non prevalente». La cooperativa è a mutualità prevalente quando la sua attività è prevalentemente costituita: dal servizio ai soci nel caso della cooperazione di consumatori; dal lavoro dei soci, nel caso delle cooperative di produzione lavoro; dall’utilizzo degli apporti di beni e servizi, nel caso di cooperative di conferimento. Le cooperative che sviluppano meno del 50 per cento della loro attività con i soci o verso i soci sono considerate «a mutualità non prevalente».

    Il nuovo regime fiscale, connesso alla riforma, riduce significativamente ogni residuo beneficio rispetto alle altre forme di impresa, soprattutto per le cooperative a mutualità non prevalente. I calcoli presentati da due professioniste della società di certificazione contabile Uniaudit - Linda Fagioli e Silvia Fiesoli - in una recente giornata di studio promossa dall’Associazione Italiana Revisori Contabili dell’Economia Sociale (Airces), forniscono un quadro chiaro della nuova situazione.

    Le cooperative a mutualità prevalente mantengono inalterati i criteri di distribuzione degli utili, destinati in larghissima misura a riserve indivisibili. In ogni caso esse devono assoggettare a tassazione una quota almeno pari al 30 per cento degli utili, anche se le componenti oggettivamente deducibili superano il 70 per cento. Fanno eccezione a questa norma le cooperative agricole e le banche di credito cooperativo alle quali si applica una tassazione più ridotta, e le cooperative sociali che beneficiano interamente dell’esenzione dalle imposte sugli utili conseguiti, destinati a riserva indivisibile.

    Nel caso della cooperativa a mutualità non prevalente si possono avere due differenti situazioni. Un primo caso riguarda una cooperativa il cui statuto prevede l’indivisibilità della riserva legale costituita con il 30 per cento degli utili. Il residuo 70, detratto il 3 per cento destinato a fondo mutualistico, è assoggettato a tassazione. Il secondo caso riguarda una cooperativa a mutualità non prevalente, il cui statuto non preveda l’indivisibilità della riserva legale. In questo caso la quota tassata diviene pari al 97 per cento (detratto soltanto il 3 per cento a fondo mutualistico) con un’incidenza fiscale pressoché analoga a quella delle imprese ordinarie.

    Se alla tassazione si aggiunge l’erogazione del 3 per cento degli utili al fondo mutualistico, che per la singola cooperativa equivale a una sorta di imposta aggiuntiva, essa supera di due punti quella dovuta dalle imprese non cooperative. È appena il caso di ricordare che le società ordinarie controllate da cooperative non beneficiano di alcun trattamento particolare. Il regime fiscale delle cooperative è, perciò, lungi dal rappresentare un reale vantaggio competitivo, soprattutto in presenza dei maggiori costi, oltre che dei vincoli, che la gestione mutualistica comporta. Una discussione seria e documentata su questi problemi può concorrere a sfatare luoghi comuni e a individuare le condizioni realmente efficaci per lo sviluppo della cooperazione.

  3. #53
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    Coop Italia è in mano a di piu di 5.000.000 di soci.
    Faccio notare che ogni socio può detenere 1 e una sola quota quindi
    non ci sono soci di maggioranza.

    Questo significa che 5.000.000 di famiglie italiane sono comproprietarie del negozio in cui fanno la spesa.

  4. #54
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    Citazione Originariamente Scritto da AnnoZero Visualizza Messaggio
    Coop Italia è in mano a di piu di 5.000.000 di soci.
    Faccio notare che ogni socio può detenere 1 e una sola quota quindi
    non ci sono soci di maggioranza.

    Questo significa che 5.000.000 di famiglie italiane sono comproprietarie del negozio in cui fanno la spesa.

    il sistema da te indciato comporta l'impossibilità per i soci di modificare i dirigenti che sono smepre gli stessi e saranno sempre gli stessi. quindi la torta se la sprtiscono sempre le stesse ristrette persone. che poi sono quelle che si comporano le banche e vanno in vacanza con i mega ypcth intestato alla coop.... alla faccai de soci che in vacanza forse nemmeno ci vanno!

  5. #55
    Dubitare Discutere Cooperare
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    Citazione Originariamente Scritto da AnnoZero Visualizza Messaggio
    Coop Italia è in mano a di piu di 5.000.000 di soci.
    Faccio notare che ogni socio può detenere 1 e una sola quota quindi
    non ci sono soci di maggioranza.

    Questo significa che 5.000.000 di famiglie italiane sono comproprietarie del negozio in cui fanno la spesa.
    Ribadisco che questi soci non prendono dividendi (anche se la Coop fa un servizio di conto corrente, dove si prende circa l'1,5% di interesse).

    Piu' l'azienda Coop guadagna, e piu' abbassa i prezzi o aumenta i supermercati (anche se credo che ormai abbia esaurito da qualche anno la fase di copertura del territorio). Ma i soci non guadagnano nulla direttamente. Hanno solo prodotti migliori sugli scaffali, che peraltro chiunque puo' comprare, socio o non socio.

    Anzi la Coop da anni reinveste i guadagni in operazioni che non converrebbero a nessuna azienda privata, come ad esempio pagare piu' del necessario i produttori agricoli del 3o mondo, o facendo produrre le piccole aziende agricole locali italiane anche se costa di piu' che comprare dai grossisti.

  6. #56
    Hanno assassinato Calipari
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    Citazione Originariamente Scritto da FuoriTempo Visualizza Messaggio
    il sistema da te indciato comporta l'impossibilità per i soci di modificare i dirigenti che sono smepre gli stessi e saranno sempre gli stessi. quindi la torta se la sprtiscono sempre le stesse ristrette persone. che poi sono quelle che si comporano le banche e vanno in vacanza con i mega ypcth intestato alla coop.... alla faccai de soci che in vacanza forse nemmeno ci vanno!
    IGNORANTE, MA ANCORA PARLI?

  7. #57
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    Citazione Originariamente Scritto da FuoriTempo Visualizza Messaggio
    il sistema da te indciato comporta l'impossibilità per i soci di modificare i dirigenti che sono smepre gli stessi e saranno sempre gli stessi. quindi la torta se la sprtiscono sempre le stesse ristrette persone. che poi sono quelle che si comporano le banche e vanno in vacanza con i mega ypcth intestato alla coop.... alla faccai de soci che in vacanza forse nemmeno ci vanno!
    a parte il fatto che quello che sostieni è tutto diomostare,
    mi speghi invece come vengono nominati i dirigenti nelle altre società?


  8. #58
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    Citazione Originariamente Scritto da FuoriTempo Visualizza Messaggio
    il sistema da te indciato comporta l'impossibilità per i soci di modificare i dirigenti che sono smepre gli stessi e saranno sempre gli stessi. quindi la torta se la sprtiscono sempre le stesse ristrette persone. che poi sono quelle che si comporano le banche e vanno in vacanza con i mega ypcth intestato alla coop.... alla faccai de soci che in vacanza forse nemmeno ci vanno!
    Guarda che non e' vero. I dirigenti non si spartiscono alcuna torta. I dirigenti hanno uno stipendio, punto e basta, sono dipendenti a tutti gli effetti.

    Se poi nei casi specifici si finisce in una situazione in cui i soci non hanno piu' voce in capitolo e la dirigenza si arrocca nella sua posizione aumentandosi gli stipendi senza che i soci possano impedirlo, allora significa che l'impresa non e' piu' di fatto una cooperativa (anzi, direi che non e' piu' neanche una societa', visto che i soci sono tagliati fuori) e deve intervenire la legge.

    E' come se l'amministratore di una azienda - senza esserne uno dei soci - una volta assunto cominci a scavalcare le decisioni dei soci o a modificare lo statuto. Questo semplicemente non e' possibile, non ha alcun valore legale, se si alza lo stipendio in questo modo commette un furto a tutti gli effetti.

  9. #59
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    Citazione Originariamente Scritto da Demogorgon Visualizza Messaggio
    Ribadisco che questi soci non prendono dividendi (anche se la Coop fa un servizio di conto corrente, dove si prende circa l'1,5% di interesse).

    Piu' l'azienda Coop guadagna, e piu' abbassa i prezzi o aumenta i supermercati (anche se credo che ormai abbia esaurito da qualche anno la fase di copertura del territorio). Ma i soci non guadagnano nulla direttamente. Hanno solo prodotti migliori sugli scaffali, che peraltro chiunque puo' comprare, socio o non socio.

    Anzi la Coop da anni reinveste i guadagni in operazioni che non converrebbero a nessuna azienda privata, come ad esempio pagare piu' del necessario i produttori agricoli del 3o mondo, o facendo produrre le piccole aziende agricole locali italiane anche se costa di piu' che comprare dai grossisti.
    infatti.
    in un mondo perfetto esisterebbero solo società di tipo cooperativo.

  10. #60
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    Citazione Originariamente Scritto da Lego Visualizza Messaggio
    scherzi vero??

    se proprio non sono due sprovveduti coglioni, a quei livelli di reddito i soldi li investono in paesi in cui NON sono tassati, o lo sono in misura ridicola.
    Hehe, aspetta i regolamenti attuativi e vedrai...

 

 
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