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  1. #1
    Hanno assassinato Calipari
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    Predefinito Sulla manifestazione per il ritiro dall’Afghanistan e contro la missione in Libano

    Usciamo dalla “superstizione”
    e rinnoviamo le nostre categorie analitiche

    Lidia Menapace

    Ero a Roma il 30 settembre e poiché abito molto vicino a dove si è conclusa la manifestazione per il ritiro immediato delle truppe italiane dall’Afghanistan, e contro la spedizione in Libano, ho incontrato un certo numero di compagni e compagne che conosco da una vita e che mi chiedevano amareggiati perché non ci fossi andata. Non ero e non sono d’accordo con la piattaforma, anche se so che è scritta e agita con una coscienza politica che in molti aspetti considero vicinissima a me. A allora? come mai? non sono mai stata una che per aderire a una cosa vuole che ci siano tutte le parole che ama.

    Provo a spiegarmi.

    Credo si debbano rinnovare le nostre categorie analitiche, e questa è una affermazione generale che mi sento di fare ogni volta, di fronte a discorsi che mi suonano poggiati su categorie note conosciute, studiate, ma ripetute in un modo che mi pare un po’ “superstizioso”. Quello che avrei voluto dire: come amuleti o portafortuna, insomma non razionali, ma solo rassicuranti. Lo dico sempre di fronte a grandi categorie interpretative che a mio parere bisogna conoscere amare, ma saper anche considerare non più adatte a leggere il presente: per questo si cerca di fare la Sinistra Europea. Meno di tutto serve ripristinare una ortodossia. Le scelte moderate che facciamo non sono nate per caso, o per tradimento: i problemi che mostrano sono reali, bisogna trovare altre soluzioni, non ripetere le proposte di decenni fa.

    Inoltre le nuove analisi vanno costruite attraverso il metodo del consenso cioè cercando le approssimazioni successive verso un nucleo di realtà convincente, anche se non per tutti/e allo stesso modo. Non credo si debba cercare l’unità, ma la molteplicità, non la sintesi che non ospiti varianti, ma ragioni diverse per concorrere allo stesso fine ecc. Vuol dire fare i conti fino in fondo col pensiero della differenza che mette in crisi tutti i monoteismi. E per raggiungere un buon consenso l’atteggiamento verso chi è di altra opinione è bene che sia modesto, sommesso, “repubblicano”, come sono solita dire, e non puro e duro, sprezzante. Scrivo proprio perché tale atteggiamento critico e sommesso ho riscontrato in chi, venendo dalla manifestazione mi ha incontrato.

    Come base analitica, oltre a un atteggiamento consensuale, cioè di ricerca del consenso e modesto, cerco sempre di partire da esperienze note. E questa è la cosa che a me è tornata più utile. Mi spiego subito con esempi. Appena avviata la faccenda libanese, le parole più forti sono state usate verso gli Hezbollah, giustamente: ma ci siamo sbracciati a chiedere chi dovesse disarmarli ecc. Intanto la missione dell’Onu non ha il compito di disarmare, bensì di garantire la tregua, chiesta dai due popoli che si fronteggiavano sanguinosamente. Aggiungo che per fondare una analisi precisa si deve partire dall’uso corretto delle definizioni, anche tenendo conto di alcune non sempre sincere sottigliezze del diritto sulle quali però bisogna imparare a giocare e non invece sprezzantemente ignorare.

    Mi spiego con un esempio: quando ci fu il fenomeno del fordismo, Lenin non disse né che era cambiato il modo di produzione, né che non era cambiato nulla, ma si occupò appunto del fordismo seriamente e con precisione, per poter attrezzare la lotta operaia.

    Appena dunque ho cominciato a leggere i fatti, prima di tutto ho cercato di capire che cosa sono gli Hezbollah. Non sono Al Qaeda, sono proprio un’altra forma politica di risposta ad Israele e agli Usa, meno ambigua di Al Qaeda sulla quale pesano sospetti di infiltrazioni e peggio, persino a proposito dell’11 settembre. Pensando agli Hezbollah mi è venuto in mente Hamas, che avevo a lungo esaminato, dato che a me erano famigliari quelli di Al Fatah, il partito di Arafat. Sapevo che era molto corrotto e che Hamas era per questo espressione di altri pensieri politici: ma ambedue erano e sono formazioni politico-militari. Così Hamas come partito politico-militare prende parte alla lotta politica e vince le elezioni. Da questo punto in poi tende a diventare partito politico (e quasi basta). Un processo simile si verificò anche dentro la Resistenza: ogniqualvolta una forma politico-militare vince, si divide tra chi pensa di aver ottenuto il fine proposto e il maggior risultato possibile e passa all’azione solo politica, cioè che escluda l’uso della forza e delle armi, e chi invece vuole proseguire con le armi. Chi appoggia da fuori fa bene, a mio parere, a favorire il processo verso la politica e ad escludere l’uso delle armi. Almeno appena vede che si apre una strada che può essere percorsa appunto dalla politica, e che rende perciò non accettabile qualsiasi uso di armi. Per questo Hezbollah - per così dire - si disarma da sé e viene costituzionalizzato entro lo stato libanese, del cui governo fa già democraticamente parte.

    Riusciamo a capire che cosa è utile fare da parte nostra? Possiamo fare esempi con storie analoghe successe in Europa. Non siamo affatto estranei da storie simili: ad esempio i Baschi e gli Irlandesi hanno formazioni politico-militari e nei loro confronti è stata rispettata rigorosamente la sovranità spagnola e inglese e non si sono invocate né condotte invasioni, missioni liberatorie ecc. ecc. E ambedue sono sulla via di una risoluzione per la quale si è usata una pazienza internazionale lunghissima.

    Dunque, se Hamas e Hezbollah debbono essere considerati interlocutori, ogniqualvolta si ha qualcosa da dire, perché non cercare che anche i Talebani si riconvertano in formazione politico-militare ed entrino nel discorso? la cosa è più difficile, dato che in Afghanistan formalmente c’è un governo regolare, e truppe di vari stati sotto nome Nato di occupazione, ma potrebbe essere l’Iran a consigliare Hezbollah, dato che è in contatto con loro ed è capace di essere sufficientemente doppio e sottile.

    Da ciò la mia assoluta incapacità di seguire altre strade che non siano a un dipresso quelle che ho già detto: cerchiamo di trascinare la questione afghana verso azioni simili a quelle del Libano, e - anche attraverso rapporti decenti con il governo iraniano - cerchiamo di indire una conferenza internazionale alla quale prendano parte tutti gli attori afgani, il governo, ma anche l’opposizione, Rawa, i Talebani e i contadini e le truppe stanziate sul territorio e l’Europa e trattiamo con gli Afghani e vediamo se si riesce a trasformare i militari in garanti della tregua o - meglio - a sostituirli con missioni di caschi bianchi, cioè con forze organizzate ma non combattenti. Insomma a me pare che giovi far lavorare la fantasia che è una bella forma della ragione, non ripetitiva né catechistica, che non recitare rosari ossessivi di parole d'ordine che non sono traducibili in nessuna azione politica.

  2. #2
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    Citazione Originariamente Scritto da yurj Visualizza Messaggio
    Usciamo dalla “superstizione”
    e rinnoviamo le nostre categorie analitiche

    Lidia Menapace


    Dunque, se Hamas e Hezbollah debbono essere considerati interlocutori, ogniqualvolta si ha qualcosa da dire, perché non cercare che anche i Talebani si riconvertano in formazione politico-militare ed entrino nel discorso? la cosa è più difficile, dato che in Afghanistan formalmente c’è un governo regolare, e truppe di vari stati sotto nome Nato di occupazione, ma potrebbe essere l’Iran a consigliare Hezbollah, dato che è in contatto con loro ed è capace di essere sufficientemente doppio e sottile.
    Purtroppo gli anni si sentono. QUesto periodo è purtroppo sconclusionato...

  3. #3
    LokiTorino
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    Non condivido assolutamente quasi nulla di quanto dice costei, però vorrei che ci si focalizzasse sui passaggi che metto in evidenza.

    Citazione Originariamente Scritto da yurj
    Intanto la missione dell’Onu non ha il compito di disarmare, bensì di garantire la tregua, chiesta dai due popoli che si fronteggiavano sanguinosamente.
    Non credo sia così semplice e lineare il discorso. Anzi mi pare che il processo decisionale di entrambi i due "popoli" sia bene estraneo da un conflitto tra elité politico militari di cui pagano "solo" i danni collaterali.

    Un processo simile si verificò anche dentro la Resistenza: ogniqualvolta una forma politico-militare vince, si divide tra chi pensa di aver ottenuto il fine proposto e il maggior risultato possibile e passa all’azione solo politica, cioè che escluda l’uso della forza e delle armi, e chi invece vuole proseguire con le armi. Chi appoggia da fuori fa bene, a mio parere, a favorire il processo verso la politica e ad escludere l’uso delle armi.
    Prima dice di non generalizzare e di calarsi nella complessità del reale e poi fornisce una sua ricetta generalizzata e generalizzabile citando un esempio (quello della Resistenza Italiana) che mostra forse addirittura il contrario. Secondo lei è giusto che una volta sconfitto il fascismo, ai partigiani comunisti si dicesse: grazie, posate le armi qua. Infatti è andata così e i risultati si sono visti: la rivoluzione non c'è stata, il PCI non ha vinto le elezioni e neanche dopo 20 di strategia del sacrificio ha preso il potere. I partigiani della volante rossa ringraziano a loro volta e si agitano nella tomba.

    ad esempio i Baschi e gli Irlandesi hanno formazioni politico-militari e nei loro confronti è stata rispettata rigorosamente la sovranità spagnola e inglese e non si sono invocate né condotte invasioni, missioni liberatorie ecc. ecc. E ambedue sono sulla via di una risoluzione per la quale si è usata una pazienza internazionale lunghissima.
    Appunto perché il sistema di diritto internazione su cui lei poggia le sue analisi in realtà è un organo farlocco. Le invasioni di paesi sovrani avvengono in base al peso economico del paese, mica per motivazioni giuridiche. E poi la via della risoluzione la vede solamente lei nei paesi citati. Se l'IRA fosse stata in Congo invece che nel Regno Unito, avrebbero i caschi blu già da un bel po'.

  4. #4
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    Citazione Originariamente Scritto da LokiTorino Visualizza Messaggio
    Non condivido assolutamente quasi nulla di quanto dice costei, però vorrei che ci si focalizzasse sui passaggi che metto in evidenza.


    1) Non credo sia così semplice e lineare il discorso. Anzi mi pare che il processo decisionale di entrambi i due "popoli" sia bene estraneo da un conflitto tra elité politico militari di cui pagano "solo" i danni collaterali.


    2) Prima dice di non generalizzare e di calarsi nella complessità del reale e poi fornisce una sua ricetta generalizzata e generalizzabile citando un esempio (quello della Resistenza Italiana) che mostra forse addirittura il contrario. Secondo lei è giusto che una volta sconfitto il fascismo, ai partigiani comunisti si dicesse: grazie, posate le armi qua. Infatti è andata così e i risultati si sono visti: la rivoluzione non c'è stata, il PCI non ha vinto le elezioni e neanche dopo 20 di strategia del sacrificio ha preso il potere. I partigiani della volante rossa ringraziano a loro volta e si agitano nella tomba.


    3) Appunto perché il sistema di diritto internazione su cui lei poggia le sue analisi in realtà è un organo farlocco. Le invasioni di paesi sovrani avvengono in base al peso economico del paese, mica per motivazioni giuridiche. E poi la via della risoluzione la vede solamente lei nei paesi citati. Se l'IRA fosse stata in Congo invece che nel Regno Unito, avrebbero i caschi blu già da un bel po'.
    1)Secondo me tu sei troppo pessimista.. per quanto minimo, un certo peso (a livello di giustificazione ideologica delle èlite) ce l'ha anche il bene del popolo.

    2) Sennò potevano decidere di non mollare, e sarebbe finita come in Grecia. I partigiani della volante rossa sarebbero molto più tranquilli nella tomba, ma in compagnia di un sacco di altri partigiani.

    3) Hmmm... in Congo è successo di tutto ma mi pare che gli unici caschi blu che gli arrivano sono di altir paesi africani (e diventano spesso vittime e/o parte in causa della guerra civile) ma su questo non sono documentatissimo.

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da LokiTorino Visualizza Messaggio
    Non condivido assolutamente quasi nulla di quanto dice costei, però vorrei che ci si focalizzasse sui passaggi che metto in evidenza.


    Non credo sia così semplice e lineare il discorso. Anzi mi pare che il processo decisionale di entrambi i due "popoli" sia bene estraneo da un conflitto tra elité politico militari di cui pagano "solo" i danni collaterali.


    Prima dice di non generalizzare e di calarsi nella complessità del reale e poi fornisce una sua ricetta generalizzata e generalizzabile citando un esempio (quello della Resistenza Italiana) che mostra forse addirittura il contrario. Secondo lei è giusto che una volta sconfitto il fascismo, ai partigiani comunisti si dicesse: grazie, posate le armi qua. Infatti è andata così e i risultati si sono visti: la rivoluzione non c'è stata, il PCI non ha vinto le elezioni e neanche dopo 20 di strategia del sacrificio ha preso il potere. I partigiani della volante rossa ringraziano a loro volta e si agitano nella tomba.


    Appunto perché il sistema di diritto internazione su cui lei poggia le sue analisi in realtà è un organo farlocco. Le invasioni di paesi sovrani avvengono in base al peso economico del paese, mica per motivazioni giuridiche. E poi la via della risoluzione la vede solamente lei nei paesi citati. Se l'IRA fosse stata in Congo invece che nel Regno Unito, avrebbero i caschi blu già da un bel po'.
    Sono assolutamente daccordo su ogni tua singola parola. Mirabile per me la parte sottolineata in grassetto a cui vorrei aggiungere tutti i ipartigiani che vennero perseguitati con il tacito consenso da realpolitik di Togliatti e di chi la Resistenza se l'era fatta al calduccio e non in mezzo ai monti dagli stessi giudici, giornali, poliziotti fascisti che poterono continuare ad esercitare i loro poteri grazie all'amnistia decisa da Mosca.

    A luta continua

  6. #6
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    1) Sarò pessimista ma ad esempio che potere decisionale effettivo ha avuto il popolo italiano nel decidere se mendare truppe in Afghanistan, Iraq e Libano solo per citerne tre? Pensa lì dove in Israele la "confingenza del nemico" rende praticamente inappellabile il ricorso alla guerra, e in Libano dove Hezbollah ha praticamente controllo totale di una porzione di territorio senza dover sottomettere la sua autorità a nulla che non sia esso stesso.

    2) Questo è un'ipotesi, mentre quello che è successo lo abbiamo visto bene. Ora, al di là del caso italiano, come si fa a definire una ricetta universale per una tipologia di conflitti che ha uno spettro a dir poco immenso?

    3) Ho detto Congo per dire il primo paese non "forte" che mi è venuto in mente. In UK non c'è andata l'ONU perché gli UK non sono il primo paesello di sfigati che arrivi e ti piazzi i carri armati a casa sua. Come non vanno manco in Cecenia. Come mai?

  7. #7
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    Citazione Originariamente Scritto da LokiTorino
    2) Questo è un'ipotesi, mentre quello che è successo lo abbiamo visto bene. Ora, al di là del caso italiano, come si fa a definire una ricetta universale per una tipologia di conflitti che ha uno spettro a dir poco immenso?
    Direi che questo è il punto focale della discussione. L'esperienza storica, e soprattutto quella storica rivoluzionaria, ha dimostrato che l'applicazione atemporale e aspaziale di una teoria nata in un contesto fisico e temporale completamente diverso alla lunga porta al fallimento. E' questa una grande verità che sulla propria pelle hanno dovuto sperimentare ad esempio in Sudamerica i foquisti già trent'anni fa. Oggi persino un maoista dogmatico come Guzman se ne è reso conto. Mi chiedo cosa ci sia ancora da discutere a riguardo.

    A luta continua

  8. #8
    Hanno assassinato Calipari
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    Loki: la Menapace la resistenza l'ha fatta.

  9. #9
    LokiTorino
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    Citazione Originariamente Scritto da yurj Visualizza Messaggio
    Loki: la Menapace la resistenza l'ha fatta.
    Sono contento per lei. Inficia il discorso?

  10. #10
    Hanno assassinato Calipari
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    Si, perchè non è dato a noi fare le scelte per allora. Tra l'altro non riconsegnare le armi sarebbe stato stupido e controproducente. Non calarsi nella realtà di allora sarebbe sbagliato, la scelta fu giusta.

 

 
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