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  1. #1
    Hanno assassinato Calipari
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    Predefinito TransFair: presentati i primi jeans equosolidali

    http://www.greenplanet.net/Articolo17300.html

    IN ARRIVO I JEANS EQUOSOLIDALI CERTIFICATI DA FAIRTRADE

    Una nuova opportunità per vestirsi rispettando i diritti dei lavoratori. Prima sperimentazione nella catena Iper che poi condurrà ad una diffusione dei manufatti prodotti con cotone che rispetta i diritti dei lavoratori.

    Chi si recherà in queste settimane nei punti vendita della catena Iper avrà una piacevole sorpresa: tra i capi di abbigliamento troverà anche i jeans in cotone equosolidale certificato da Fairtrade TransFair Italia. I capi, firmati da Rica Lewis, sono commercializzati in 25 Iper del Centro e Nord Italia ma a questa prima tornata ne seguiranno sicuramente delle altre.

    “Finalmente i consumatori potranno scegliere anche di vestirsi rispettando i diritti dei lavoratori” ha dichiarato Paolo Pastore, direttore di Fairtrade TransFair Italia, il marchio che certifica la provenienza da aziende e consorzi di produttori che lavorano secondo i criteri del commercio equo e solidale.

    I jeans equosolidali sono stati proposti sul mercato francese già lo scorso anno da Rica Lewis, numero uno nelle vendite all’interno del circuito della grande distribuzione d’Oltralpe. Il cotone proviene da organizzazioni di produttori del Cameroun, viene tessuto in Italia e confezionato in Tunisia.

    Tutta la filiera viene controllata dal sistema Fairtrade: Flo (il coordinamento internazionale dei marchi) per la parte produttori, Max Havelaar France e Fairtrade TransFair Italia per la parte aziende. Con l’arrivo dei jeans Fairtrade, si apriranno nuove possibilità di mercato a condizioni eque anche per altri manufatti che utilizzano il cotone, una delle materie prime che causa maggiore sfruttamento nel mondo.

    Per informazioni: info@fairtradeitalia.it; www.fairtradeitalia.it; 049 8750823

  2. #2
    Hanno assassinato Calipari
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    Predefinito

    http://www.transfair.it/site/news/060913.html

    Le accuse del Financial Times? Poco circostanziate

    Fairtrade Italia risponde alle critiche rivolte al commercio equo e riprese da alcuni giornali italiani: il problema è garantire più mercato a condizioni giuste per i produttori del Sud del mondo

    Un articolo che vorrebbe mettere in crisi il sistema di certificazione Fairtrade, denunciandone le inadeguatezze: il Financial Times di sabato 9 settembre titolava, in prima pagina "Lavoratori dell'Ethical coffee pagati meno del salario minimo". All'interno, l'inviato del prestigioso quotidiano britannico in Perù provava, attraverso interviste raccolte tra i lavoratori stagionali di una non specificata piantagione, che i criteri con cui veniva lavorato il caffè Fairtrade non erano "equosolidali": lavoratori stagionali pagati al di sotto del minimo salariale, caffè non fairtrade venduto come tale, piantagioni all'interno di aree di tutela ambientale contro i criteri di rispetto dichiarati dalla stessa certificazione. Accuse gravi e poco circostanziate, secondo il sistema Fairtrade che raggruppa venti organizzazioni di certificazione in tutto il mondo e che coinvolge circa 500 organizzazioni di produttori in Asia, Africa ed America Latina. Accuse riprese anche da alcuni quotidiani italiani a cui risponde oggi Fairtrade TransFair Italia, il partner italiano di FLO, Coordinamento che raggruppa i marchi di garanzia presenti in tutto il mondo che si occupa della certificazione delle aziende e dei produttori che fanno parte del sistema Fairtrade. E in merito alle accuse espresse risponde il presidente di Fairtrade TransFair Italia, Adriano Poletti: "Se l'accusa è che il Fairtrade non paga nemmeno il minimo salariale, chiariamo che gli standard prevedono di riconoscere ai lavoratori stagionali lo stipendio minimo stabilito dalla legge locale in cui possono essere compresi anche alcuni benefit, come il vitto e l'alloggio. I controlli di Fairtrade sono svolti da ispettori qualificati e formati e si ripetono una volta l'anno con interviste a campione ai lavoratori che riconoscono come il Fairtrade garantisca loro il 25% in più rispetto ad uno stipendio normale". La questione centrale è invece un'altra, secondo Poletti: che non tutta la produzione di queste cooperative viene venduta al circuito Fairtrade ma solo un 10 - 15% poiché la richiesta del mercato occidentale e interno non lo consente. La restante parte viene invece "svenduta" al mercato tradizionale che non riconosce nemmeno i costi di produzione e quindi si creano disparità di retribuzione all'interno della stessa cooperativa. Per questo Fairtrade svolge un ruolo importante di accompagnamento oltre che di controllo cercando di indirizzare i produttori verso coltivazioni più retribuite, come quelle biologiche, oppure verso la differenziazione. I produttori vengono controllati costantemente e supportati nel caso di anomalie. Solo in extremis si provvede alla cancellazione dei registri. In merito alla vendita di caffè non equosolidale sotto l'egida del marchio, la risposta di Poletti è ancora più decisa: "Ad un produttore non conviene assolutamente vendere al di fuori del nostro circuito un caffè "finto" Fairtrade dal momento che all'esterno non gli verrebbe riconosciuto un prezzo equo". Infine sulla questione ambientale, gli standard Fairtrade sono molto precisi ed impediscono ai coltivatori di piantumare non solo in aree protette ma anche in terreni vergini. E questa l'accusa, la meno circostanziata, desta sospetto sullo scopo dell'articolo: "Sembra quasi che si voglia screditare un sistema proprio in un paese (l'Inghilterra) in cui questo sembra funzionare meglio e produrre maggiori risultati. Forse le grandi aziende, nonostante i piccoli numeri del commercio equo, stanno cominciando a preoccuparsi".

  3. #3
    FuoriTempo
    Ospite

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    le coop inizio a pagare le tasse.è giusto il commercio equo e solidale ma è altgrettanto giusto che le coop paghino le tasse!

  4. #4
    Hanno assassinato Calipari
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    FT: sei un idiota totale, mi dispiace.

    --


    http://www.vita.it/articolo/index.php3?NEWSID=66354

    Le coop non pagano le tasse?

    di Francesco Agresti (f.agresti@vita.it)

    17/03/2006
    coop

    "Le coop non pagano le tasse". Falso. Condannato per diffamazione il presidente dell'Ascom del Casentino aderente a Confcommercio, Luca Benfatti, che lo aveva dichiarato

    Condannato per diffamazione a mezzo stampa per aver detto che le cooperative non pagano le tasse. Il presidente dell'Ascom del Casentino, associazione commercianti aderente a Confcommercio, Luca Benfatti, nel corso di un'intervista a un periodico locale, criticando l'apertura di un centro commerciale Coop, affermò che “le cooperative sono favorite dal fatto di non pagare le tasse”.

    Un'affermazione falsa che gli è valsa la denuncia della Coop Centro Italia e la condanna del giudice monocratico di Arezzo a 600 euro di ammenda, 10mila euro di risarcimento del danno, spese legali e la pubblicazione della sentenza sul quotidiano La Nazione.

    La Coop Centro Italia, pur essendo ingiustamente danneggiata, aveva offerto di ritirare la denuncia se Benatti avesse rettificato le sue false affermazioni su un quotidiano nazionale. Al rifiuto dell'offerta non è rimasto che proseguire con l'azione giudiziaria che ha portato alla condanna per diffamazione.

 

 

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