di Maurizio Blondet [06/10/2006]
Fonte: [1]effedieffe [scheda fonte]

STATI UNITI - Perché le cose vanno così male per gli americani in
Iraq?
Perché le forze USA sono costrette ad agire «in una cornice troppo
piccola» per una superpotenza: così ha detto Richard Perle, uno dei
maggiori neocon israelo-americani.
La sua ovvia deduzione: come rimedio alla sua mezza disfatta in Iraq e
in Afghanistan, l'America deve semplicemente allargare il conflitto a
Iran e Siria, dove potrà dispiegare tutta la sua potenza atomica.
Richard Perle l'ha detto alla BBC radio il 4 ottobre (1), rispondendo
a critiche su Rumsfeld e la sua disastrosa condotta della guerra.
«Non ritengo affatto che Rumsfeld debba dimettersi», ha replicato
Perle, «ha fatto un lavoro eccellente [sic!] nelle difficilissime
circostanze dell'Iraq. Rumsfeld è stato costretto a dipingere su una
tela troppo piccola. In Iraq, stiano cercando di trattare i suoi
problemi dentro i confini iracheni, mentre que sti problemi nascono e
sono influenzati da Iran e Siria. E non ci si decide ad agire contro
Iran e Siria».
Ciò che rende pericolosi questi propositi, è il fatto che Richard
Perle è stato il massimo promotore dell'invasione dell'Iraq: fra il
2000 e il 2003 ha presieduto il Defense Policy Board, il gruppo di
consiglieri «privati» inserito nel Pentagono che, scavalcando ogni
altro ufficio, ha affiancato Rumsfeld e Wolfowitz nelle decisioni
fatali.
I «consulenti» di questo ufficio sono praticamente tutti membri
dell'American Enterprise (il think-tank neoconservatore) e del PNAC,
Project for a new american century, un altro «pensatoio» cruciale,
quello che auspicò nel 2000 «una nuova Pearl Harbour» - poi avveratasi
l'11 settembre 2001 - per innescare «il nuovo secolo americano», ossia
la nuova fase imperiale.

Perle, detto «il principe delle tenebre», è membro del PNAC.
I membri dell'uno e altro think-tank sono israelo-americani che hanno
di mira la sicurezza di Israele più che il prestigio dell'America.
Oggi, sono ancora potenti.
Loro, i veri responsabili del disastro militare e diplomatico, non
sono sfiorati dalle critiche che sommergono ormai Bush, Cheney e
Rumsfeld.
Paul Wolfowitz è capo della Banca Mondiale; gli altri due
viceministri in carica l'11 settembre 2001, Douglas Feith e il rabbino
Dov Zakheim, sono tornati al «privato» (entrambi si occupano di scambi
di armamento fra USA e Israele).
E continuano a suggerire le politiche generali dell'Amministrazione.
La «proposta» di Perle - colpire l'Iran e la Siria - può essere una
tentazione per una Casa Bianca ormai sotto assedio e inondata di
critiche.
Persino Bob Woodward, il giornalista del Washington Post che distrusse
Nixon (caso Watergate) su man dato dei poteri forti finanziari di cui
è il servitore, ormai critica Rumsfeld e Bush.
Dopo aver scritto due best-seller che elogiavano Bush come splendido
«comandante in capo» e Rumsfeld come il modello dello «stratega fermo,
audace e deciso» («Bush at war», 2002, e «Plan of attack», 2004), oggi
Woodward pubblica un terzo best-seller, «State of denial», dove
rovescia i suoi giudizi sui due suoi eroi di ieri, che ora ridicolizza
e che dipinge come dementi privi di contatto con la dura realtà.
Facendo proprie le critiche all'amministrazione che, fino a pochi mesi
fa, contrastava e combatteva.
Il giornalista Bob Woodward

Insomma il giornalista-principe e lecchino dei poteri forti si è
coperto egli stesso di ridicolo, come non mancano di fargli notare
vari editorialisti. (2)
Se lo ha fatto, vuol dire che gli è stato ordinato dai suoi padroni,
l'alta finanza che possiede il Washington Post, sempre più preoccupata
della deriva folle del gruppo Bush.
In non casuale coincidenza, è scoppiato - e non viene insabbiato - lo
scandalo dell'omosessuale pedofilo Mark Foley, deputato repubblicano,
che distrugge le speranze dei repubblicani per le elezioni di
novembre: un «pagegate» che ricorda troppo da vicino lo scandalo
«Watergate» che eliminò Nixon, per non capire che Bush e i suoi sono
oggi sotto attacco concertato da parte della finanza e della loro
«libera» stampa.
In questa situazione, l'asse Bush - Cheney - Rumsfeld può non vedere
altra cura dei propri guai che una «fuga in avanti» ver so la guerra
totale contro il cosiddetto terrorismo globale: con un attacco atomico
all'Iran, proprio come consiglia il principe delle tenebre Perle.
E vi sono segnali premonitori di questa nuova deriva: sotto forma di
un incipiente disimpegno militare in Afghanistan e Iraq, da cui
ritirare le forze che serviranno contro l'Iran.
A sorpresa, il senatore repubblicano Bill Frist ha reso noto che la
Casa Bianca potrebbe fare un'offerta ai talebani, che sono
all'offensiva, di farli partecipare al governo di Kabul.
I talebani sono «troppo numerosi e troppo popolari» per essere vinti
militarmente, «bisogna portarli dentro a un tipo di governo più
trasparente. Se ci riusciamo, sarà un successo». (3)
Infatti, mente i comandi britannici attaccano il dittatore pakistano
Musharraf accusandolo di sostenere di nascosto i talebani (con cui ha
concluso un accordo di non-belligeranza in Waziristan, il loro
santuario intoccabi le) Bush appoggia anche questa iniziativa di
Musharraf.
L! o stesso si prepara in Iraq.
Lo «stratega» Donald Rumsfeld

Gli occupanti americani hanno abbandonato ogni tentativo di disarmare
le milizie che si scontrano sanguinosamente nel Paese: (4) adesso
sostengono ed armano le milizie sunnite - legate a Saddam - per
giocarle contro le sciite, legate all'Iran: nell'evidente speranza
che, «missione compiuta» secondo la volontà d'Israele - un Iraq diviso
in regioni etnico-religiose ostili, dunque innocue per lo Stato
ebraico - si possano ormai disimpegnare gli esausti Marines nel Paese
abbandonato al caos, e lanciarli contro l'Iran.
Dunque Rumsfeld si prepara a «dipingere una tela più grande» con le
sue super-armi?
L'atomica sull'Iran potrebbe dargli il facile successo fin qui
sfuggitogli.
Richard Perle, il rovinoso consigliere, glielo consiglia.
Occorrerà un pretesto, da fabbricare.
Occorrerà un uomo vicino a Bush all'ONU, che dia il «mandato
internazionale» per l'ulteriore aggressione, e questo c'è già .
Il successore di Kofi Annan sarà - perchè così vuole l'America - il
coreano Ban Ki-moon.
Costui è membro della «Chiesa dell'Unificazione», ossia la setta del
«reverendo Moon» (Sun Myung Moon), la potente organizzazione che da
sempre sostiene politicamente e finanziariamente la famiglia Bush,
nonché proprietaria del Washington Times, il secondo giornale di
Washington, ultra-conservatore.
Maurizio Blondet
__________________________________________________ _______________

Note
1) «The prince of darkness: Iraq 'canvas simply too small'», Daily
Kos, 4 ottobre 2006.
2) Si veda per esempio il salace commento su Woodward firmato da Jacob
Weisberg, «An imperfect picture of Rumsfeld at war», sul Financial
Times, 5 ottobre 2006: «E' lievemente irritante vedere come Woodward
rovescia la sua opinione senza riconoscerne mai di averne avuta una,
ora o allora».
3) Chidanand Rajghatta, «Set to cut deal with Taliban», Times of
India, 5 ottobre 2006.
4) Ali al-Fadhyli, «Militia's madness stirs Iraq», Asia Times, 5
ottobre 2006.