APOLOGIA DEL METODO MARONI
DI ANTONIO POLITO
La Camera ha approvato ieri la norma sul legittimo impedimento, che sostituisce il processo breve destinato al frigorifero, che a sua volta sostituiva il lodo Alfano bocciato dalla Consulta. Il susseguirsi di leggi ad personam è tanto frenetico nel nostro parlamento quanto tombale è il silenzio sulle riforme di sistema del pianeta giustizia, sempre annunciate e sempre rinviate. Alméno, il legittimo impedimento salva (temporaneamente) il presidente del Consiglio dai suoi processi senza dannare nessun altro. E il male minore, e come tale l'Italia si appresta a digerirlo. Ma quando lo scontro tra politica e giustizia è così aspro come abbiamo visto in queste ore, è molto importante, particolarmente in un Paese come l'Italia, che almeno un fronte delicatissimo dell'imperio della legge sia lasciato fuori dal conflitto, e che su di esso si alzi la bandiera dell'interesse comune e nazionale: questo fronte è quello del contrasto dello Stato a ogni forma di criminalità organizzata. Questo ha fatto in questi giorni il ministro dell'Interno Roberto Maroni, bocciando senza appello una proposta di legge frettolosa e pericolosa che tendeva a risolvere nel solito modo avvocaticchio il problema dell'uso dei pentiti nei processi. Abbiamo spesso polemizzato con Maroni per le posizioni che il ministro leghista ha assunto sull'immigrazione e sui clandestini, in più di un caso inaccettabili. Ma per quello che sta facendo contro la mafia, il ministro merita un plauso aperto.
E non solo per aver bloccato il disegno di legge Valentino (che molti nel Pdl continuano a difendere), ma anche per la inflessibile campagna di arresti di latitanti mafiosi e di confisca dei beni mafiosi che ha salvato la credibilità del governo in questa materia proprio mentre pentiti come Spatuzza e strani personaggi come Ciancimino jr la mettevano apertamente in discussione nelle aule di giustizia, con danni potenzialmente incalcolabili. È un classico caso di eterogenesi dei fini la circostanza per cui oggi dobbiamo ringraziare l'ideologia leghista per un servizio reso alla nazione italiana. Nel ripudio della mafia, infatti, c'è nelle menti "padane" anche un rifiuto della società meridionale e della sua storica complessità. Ma, in compenso, da quel partito ci si può aspettare certamente più intransigenza nei confronti della malavita che da certe porzioni del mondo politico che prendono voti al Sud. Eppure, nel metodo Maroni c'è anche qualcosa di più e di diverso, qualcosa che quando si manifesta riaccende un barlume di speranza in una politica meno faziosa e partigiana: c'è l'eco di quell'effetto Viminale che quasi sempre spinge i ministri dell'Interno a considerarsi ministri della Repubblica italiana prima che ministri di un governo pro-tempore. Il modo in cui l'attuale ministro tiene fuori ogni interesse politico o personale dal governo della lotta alla mafia è una benedizione e anche una garanzia.
ANTONIO POLITO
04/02/10, Il Riformista
Data Rassegna: 04/02/10 09.06
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