L'inconfessabile segreto degli onorevoli tossici


• da La Stampa del 10 ottobre 2006, pag. 7


di Mattia Feltri

Alla seguente domanda, «onorevole, lei si droga o si è drogato?», si ottiene quasi sempre una risposta monosillabica, «no», e molto più di rado una bisallabica, «sì, ma...». Dopo il «ma» seguono: «... una volta sola», «... talvolta al liceo», «... non ho aspirato» e persino «... per terapia». Il proprietario di questa ultima giustificazione è il senatore a vita ed ex premier Emilio Colombo, che nel 2003 confessò alle forze dell'ordine che il pusher Alessandro Martello, quando venne arrestato, stava portandogli una dose di cocaina. Colombo ammise di esserne dipendente da circa un anno, e non perché avesse scoperto a dopo gli ottanta le gioie del «trip», bensì per ragioni mediche.



Per un po' si era creduto e molto insinuato che il cliente di Martello fosse il forzista Gianfranco Micciché, allora viceministro dell' Economia. Micciché negava, e per dimostrarsi più credibile raccontò in diretta da Giuliano Ferrara a «Otto e mezzo» - di avere sniffato «in un periodo strano e difficile della mia vita». Comunque trascorso e concluso. Fine. Punto. Di altri colti col naso nella pista o la canna in bocca non ce ne sono. Nemmeno Claudio Martelli, del quale si ripete spesso che venne fermato all'aeroporto di Malindi nel 1989 con uno spinello addosso. Era il risultato di un'inchiesta dell'«Espresso», considerata diffamatoria dell'ex numero due di Craxi.



«Se un cane antidroga si presenta a Montecitorio, gli va in tilt il naso, e poi si arrende», disse poco più di due anni fa il segretario dei Radicali italiani, Daniele Capezzone. Ha ripetuto la frase ieri, dopo aver conosciuto i risultati dell'inchiesta delle «Iene». Qualcosa del genere si inventarono, l'anno scorso, i reporter dell'«Evening Standard», giornale londinese del pomeriggio. Prelevarono campioni da cinque bagni del «Grand Hotel» e del «Metropole» di Brighton, dov'erano state organizzate feste e ricevimenti ad arricchimento di una convention laburista. Tutti e cinque i campioni «mostravano chiare tracce di cocaina», dissero da «Scientifics», il laboratorio riconosciuto dal ministero dell'Intemo e interpellato dall'«Evening Standard».



Evedentemente anche in Inghilterra, come da noi, si compiono quelle «scissioni» - come le chiama Capezzone - fra le teorie proibizioniste e le pratiche libertarie. Una malattia nota anche negli Stati Uniti, dove Bill Clinton riconobbe di aver incrociato una sigaretta di hashish, in gioventù, ma di non avere aspirato. Massimo D'Alema non ebbe nemmeno da fingere: «Da ragazzo avevo altre passioni, per esempio la politica». Il suo outing rimase circoscritto al lancio di una molotov, che però, clintonianamente, non esplose.



Per assurdo sono più frequenti le confessioni fra i politici del centrodestra. Ospite di Fabio Fazio, l'anno scorso Gianfranco Fini disse di aver provato della marjuana una volta in Giamaica, e di essere rimasto rintronato per due giorni. Poco tempo prima era stato l'allora presidente della Camera, Pierferdinando Casini, a ricordare un antico cedimento. A «Porta a Porta», Bruno Vespa sperò di completare il filotto, ma Silvio Berlusconi rimase aggrappato alla sua fama di sgobbone: «Mentre quei due si drogavano, io lavoravo». Solidale col capo, Erminia Mazzoni (Udc) disse di aver provato l'erba in una serata di goliardia, e c'era il solito ma: «Ma non me ne faccio un vanto».



Anni prima un'inchiesta di «Panorama» aveva portato a nulla. Di tutti i parlamentari interpellati, il solo Ramon Mantovani (Rifondazione comunista) dichiarò una saltuaria passione per il «fumo», per quanto molto inferiore rispetto a quella per il «buon vino». E così, a parte le provocatorie e teatrali esibizioni di Marco Pannella nelle piazze romane, o del verde Paolo Cento davanti a Montecitorio, a sinistra paiono tutti salutisti. Giovanna Melandri si lasciò coinvolgere in pochi raptus trasgressivi all'epoca della scuola. Gloria Buffo, nel 2001, disse che per i ragazzi degli anni Settanta, e quindi anche per lei, era la norma assoluta. Ma nessuno le andò a ruota. Così l'onore dei Democratici di sinistra, oltre che alle due signore, venne affidato alla giunta comunale di Mantova. Alle domande dei cronisti del giornale locale, risposero affermativamente il sindaco Gianfranco Burchiellaro, due assessori e un consigliere (tutti diessini), imitati in Provincia da un assessore delo Sdi e da un altro consigliere dei Ds.



Per fortuna c'è Don Gallo, prete di strada genovese. Lui, che non è politico, ha riconosciuto d'aver provato marjuana: «Era l'epoca degli hippy, volevo mettermi in contatto coi ragazzi». Preoccupazione alla quale si è sottratto Clemente Mastella: «Sono arrivato vergine al matrimonio. Figuriamoci se mi drogavo». E si è sposato a ventotto anni, mica niente...