Le faide tra democratici possono diventare un alibi per Bush che non sa che cosa fare con l'Iran.


• da Il Foglio del 11 ottobre 2006, pag. 2


di David Frum

Washington, novembre 1974: gli elettori, furiosi per il Watergate, l'inflazione e la recessione, aggiungono quarantanove nuovi membri alla già ampia maggioranza democratica nella Camera dei rappresentanti e due alla maggioranza democratica nel Senato. Questi "figli del Watergate" non solo fanno oscillare l'equilibrio tra le parti del Congresso, ma trasformano l'equilibrio ideologico all'interno del Partito democratico. I democratici conservatori del sud scoprono che devono cambiare le loro vedute se non vogliono rischiare di perdere la presidenza del loro comitato. Nel corso dei due anni successivi, il nuovo Congresso avrebbe tagliato gli aiuti al Vietnam del sud e alla Cambogia, accelerando la disfatta di questi alleati degli Stati Uniti. Avrebbe vietato l'invio di aiuti alle forze anticomuniste in Angola e Mozambico. Alcuni membri avrebbero promosso indagini invalidanti all'interno della Cia e di altri servizi di intelligence, ridotto il budget per la difesa e tentato di imporre nuovi limiti ai poteri di guerra del presidente. La storia si ripeterà nel 2006? Forse no.



Se attualmente le divisioni infuriano tra i democratici e i repubblicani, la disgregazione all'interno del Partito democratico stesso assumerà presto toni ancora più aspri. I due democratici di spicco della Camera — il leader di minoranza Nancy Pelosi della California e la "frusta" di minoranza Steny Hoyer del Maryland — si detestano e sono in conflitto sulla leadership. Hoyer ha votato a favore della guerra in Iraq; Pelosi contro. Il distretto di Hoyer ospita il Naval Surface Warfare Center, il Goddard Space Flight Center e la Patuxent River Naval Station; quello di Pelosi è invece la patria dei quartieri gay del Castro District e dei milionari di Internet delle Pacific Heights. Il conflitto Hoyer-Pelosi risuona all'interno del Partito democratico.



Queste dispute tra fazioni non faranno che intensificarsi nel caso in cui i democratici conquistino la maggioranza — e mentre si preparano al confronto per la candidatura presidenziale del 2008 tra i due favoriti del partito: Al Gore, che si è opposto alla guerra in Iraq fin dall'inizio, e Hillary Clinton, che ha votato a favore. Memori dell'esperienza del Vietnam, probabilmente i democratici non cercheranno di convincere il presidente a ritirarsi dall'Iraq; eserciteranno invece pressioni affinché abbandoni di sua iniziativa: presenteranno qualunque fallimento in Iraq come un fallimento del presidente, senza alcuna responsabilità dei democratici.



Sinceri o "interessati"?

Sulla questione dell'Iran, il nuovo Congresso porterà alla paralisi un'Amministrazione già incerta e divisa. Il 6 maggio 2004, la Camera dei rappresentanti, con 376 voti su 3, ha autorizzato il presidente a "utilizzare ogni e qualsiasi mezzo opportuno per distogliere, dissuadere e bloccare l'iran dall'acquisto di armi nucleari". Come indica la marcata differenza nei voti, la legge ha ricevuto il sostegno della grande maggioranza dei democratici della Camera. Era proprio quello che volevano fare o stavano votando con l'obiettivo di dimostrare l'intenzione di adottare una linea dura sulla difesa prima delle elezioni del 2004? E presumendo che fossero sinceri, oggi la pensano allo stesso modo?



L'ex consigliere alla sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski - uno dei membri più aggressivi dell'Amministrazione Carter - nell'aprile 2006 ha affermato: "Un attacco all'Iran sarebbe un atto di follia politica, che innesterebbe un progressivo sconvolgimento negli affari mondiali. Poiché l'America sta diventando sempre più bersaglio di ostilità diffusa, l'era della supremazia americana potrebbe giungere a una fine prematura". Simili punti di vista sono diventati sempre più frequenti tra i democratici. L'Aspen Institute e la New America Foundation hanno recentemente convocato un gruppo di intellettuali politici di orientamento democratico per concepire alternative politiche all'azione militare contro l'Iran. Si può prevedere che un numero sempre maggiore di democratici scenda in campo con Brzezinski. Ci si può anche aspettare, allora, che la già riluttante Amministrazione Bush utilizzi l'opposizione come giustificazione per evitare un conflitto con l'Iran che non sa come risolvere.


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NOTE



traduzione Studio Brindani