Maurizio Blondet
12/10/2006

FRANCIA - L'agosto scorso, ignoti sono penetrati nell'appartamento parigino dove Segolène Royal, la candidata socialista alle presidenziali francesi, vive con il suo compagno, il segretario del partito socialista François Hollande.
I due erano in vacanza. Nulla è stato rubato dall'abitazione, a Bologne-Billancourt; ma la stessa Royal ha dichiarato che la casa era stata rovistata da cima a fondo alla ricerca di qualcosa.
«Non è stato un furto, ma un'intrusione con una perquisizione in piena regola», ha detto.
In seguito, Segolène Royal ha lamentato che Nicolas Sarkozy, il candidato presidenziale di destra (suo rivale dunque) e ministro dell'Interno, aveva soffiato ai media indiscrezioni sulla strana intrusione.
Ora Wayne Madsen, ex agente del NSA, riferisce di gravi accuse che circolano contro Sarkozy negli ambienti del DGSE (Direction Gènérale de la Sécurité Extérieure).
Sembra che con il sostegno del ministro dell'interno (un ebreo di famiglia ungherese dunmeh) il DGSE sia stato infiltrato «da agenti d'influenza neoconservatori e di altri servizi» con l'intento di cambiarne le posizioni alquanto filo-arabe in un atteggiamento più favorevole a Israele.

Secondo le accuse, «Sarkozy ha rilassato le severe norme d'ammissione nei servizi francesi, consentendo che personaggi con discutibili connessioni straniere diventassero dipendenti del DGSE e del DST», la Direction de Surveillance du Territoire, i servizi interni.
Si tratterebbe di un numero di agenti provocatori e d'intossicazione, intenti a preparare il «giusto clima» per favorire l'elezione di Sarkozy, che si presenta come un «duro» contro gli immigrati, specie musulmani.
Secondo i servizi, i disordini delle banlieues sarebbero stati innescati da questi agenti provocatori al servizio del candidato.
A costoro viene anche attribuita la fuga di una notizia che ha fatto in breve il giro del mondo, per poi sparire: quella secondo cui il DGSE sapeva che Osama bin Laden era morto di tifo in Pakistan nell'agosto scorso. La notizia è apparsa il 21 settembre su L'Est Republicain, il giornale locale della Lorena.
Ma l'indiscrezione non è stata confermata né da Pierre Brochand, capo del DGSE, né dal primo ministro Villepin.
In realtà Brohand ha telefonato a Chirac nella sua residenza per comunicargli che la notizia non era «ufficiale» e che la fuga di notizie non era autorizzata; che inoltre l'informazione aveva una fonte interna ai servizi sauditi ed andava considerata materiale «grezzo», non ancora analizzato dai servizi francesi.



Adesso, secondo gli stessi servizi, la candidata Segolène Royal e Francois Hollande sono sottoposti a totale sorveglianza fisica e continuamente intercettati nelle loro comunicazioni da «gli agenti di Sarkozy nel DST e da agenti non uffciali di altre organizzazioni, compresi servizi di intelligence stranieri [immaginate quali] che sostengono il programma anti-arabo di Sarkozy».
Il DGSE sorveglia attentamente questi «sorveglianti» e li lascia manovrare, contando che prima o poi commettano qualche grosso errore e possano essere colti con le mani nel sacco, ciò che aiuterebbe a montare uno scandalo per liquidare le speranze presidenziali di Sarkozy.
Nicolas Sarkozy è di casa all'American Enterprise, il pensatoio neocon di Washington.
Da lì riceve ispirazione anche per la sua politica economica, volta alla «flessibilità» del lavoro e alla deregulation da capitalismo anglo-americano.
Il DGSE rivela che anche altri servizi europei sono stati infiltrati da «agenti stranieri».
All'American Enterprise si pongono grandi speranze su Angela Merkel, la loro amica cancelliera tedesca, e sul semestre di presidenza germanica all'Unione Europea.
Si conta che Angela ponga le basi per la «Zona economica translatlantica», praticamente l'integrazione delle economie USA e UE, allo scopo di bloccare la deriva europea verso Est, ossia verso Mosca, da cui l'Europa trae le sue forniture energetiche più sicure.
E nel nuovo grande spazio economico comune, Israele troverebbe posto senza dover essere ammessa nella UE né assoggettarsi alle condizioni che l'entrata implicherebbe, in fatto di difesa comune e di rinucnia alle aggressioni belliche.


Segolène Royal con José Manuel Durao Barroso



Lo ha rivelato John Vinocur (1), il corrispondente (ebreo) del New York Times da Parigi: «Angela Merkel sta maturando seriamente il progetto di cominciare ad armonizzare le economie dell'Unione Europea e degli stati Uniti; può diventare il cuore del semestre di presidenza della Germania…allo scopo di creare un nuovo senso di coesione dell'Occidente, un rinnovato entusiasmo nel vigore delle democrazie di mercato» (sic).
Secondo gli americani, tale armonizzazione dovrebbe cominciare da un «allentamento delle regolamentazioni» sanitarie e di sicurezza che in Europa sono troppo dure e poco favorevoli al business e alle importazioni americane: «i criteri di qualità di alimenti e di sicurezza dei medicinali, i servizi finanziari, gli standard di sicurezza delle auto e le regole per le assicurazioni e così via», esemplifica Vinocur.
Insomma un abbassamento generale delle norme troppo severe, per rendere l'Europa quello che è l'America: il paradiso dei capitalisti e l'inferno dei consumatori e dei lavoratori. L'uso di ormone della crescita nei bovini da latte e da carne - la causa primaria della enorme obesità americana - verrebbe finalmente permesso, ad esempio.
Ovviamente, in un secondo tempo, la deregulation dovrebbe riguardare la manodopera e il lavoro, da rendere agile e flessibile come in Usa.
Ovviamente Sarkozy è dentro il progetto, anche se non lo proclama, per non distruggere le sue speranze presidenziali, data l'ostilità dei francesi per il liberalismo anglosassone.
Vinocur gli attribuisce però una frase: «Non ho alcuna obiezione preconcetta» sulla zona trans-atlantica.



Altri sono della partita.
A giugno il Parlamento europeo ha votato, nell'indifferenza generale, una risoluzione che invoca l'apertura di «un mercato atlantico senza frontiere» per il 2015: segno che la lobby israelo-americana sta lavorando sodo a Bruxelles, dove l'agenzia di PR Burson-Masteller, americana, s'è accaparrata il grosso del lavoro di lobby presso gli eurocrati (2).
Ovviamente l'Italia pullula di infiltrati, agenti e altri personaggi con dubbie connessioni estere che lavorano per il grande progetto-flessibilità e filo-Israele: dal commissario Davide Frattini (ebreo) a Giuliano Amato (il Sarkozy de' noaltri), ed anche il sempre nascente partito democratico, dal parto difficoltoso, è da tenere d'occhio. Insieme ovviamente ai radicali, il partito non votato dagli italiani ma onnipresente nelle quite del potere.
Con la Merkel e Sarkozy sulle massime poltrone nazionali ed burocratiche, gli USA e i neocon avrebbero due ottimi sostituti di Tony Blair, ormai perdente e in uscita.
C'è solo da sperare che il DGSE faccia bene il suo lavoro e blocchi il donmeh prima che arrivi all'Eliseo.

Maurizio Blondet




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Note
1) John Vinocur, «Think big, at last, on a trans-atlantic pact», Herald Tribune, 10 ottobre 2006.
2) La Burson-Marsteller, multinazionale delle pubbliche relazioni con sedi in 8o paesi, è a Bruxelles la più grossa agenzia dedita al lobying. Tra i suoi clienti conta la Coca-Cola, la Swiss Pharma Association e la Statoil, oltre ad altri interessi nella chimica, nell'energia, nella tecnologia e nelle telecom. I suoi lobbisti forniscono ai parlamentari europei non idee generali sugli interessi che rappesentano, ma direttamente dei testi legislativi desiderati dall'industria: gli euro-deputati li sottopongono al voto in commissione o in sessione plenaria. La maggior parte delle leggi europee nascono così, direttamente dalle industrie e dalle loro lobbies. Di recente la Burson-Marsteller è stata implicata in un tentativo dietro le quinte di alleggerire le norme europee sui bromidi, sostanze anti-incendio permesse in Usa, ma vietate in Europa perché pericolose per la salute dell'uomo.




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