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  1. #1
    Sionista
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    Per amore di Sion, non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi darò pace, finchè non sorga come il sole la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come una fiaccola ardente. Isaia 62.1
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    Predefinito Libano: l'ambiguità di Prodi piace ai terroristi

    Testata:Il Giornale - Il Foglio
    Autore: Gianni Pennacchi - la redazione
    Titolo: «Beirut accoglie Prodi: Hezbollah attaccherà Israele - Se Hezbollah loda Prodi»
    Dal GIORNALE del 12 ottobre 2006, una cronaca di Gianni Pennacchi:

    Lo stralcio della norma per il finanziamento automatico delle nostre missioni militari non è né costituirà un problema per il contingente appena insediato in Libano, anche se scompare dalla finanziaria «sarà risolto con una larga intesa»: parola del presidente del Consiglio in conferenza stampa congiunta, ieri mattina, col collega libanese. Felici e soddisfatti, Romano Prodi e Fouad Siniora, convinti che l'esperienza dell'Unifil in Libano sia esemplare per portare la pace in Medio Oriente: l'impegno italiano e quello «internazionale condiviso» qui è «la premessa per un impegno mondiale teso alla soluzione del conflitto più antico che ci sia in questo momento nel mondo», spiegava Prodi mentre l'altro annuiva, condividendo anche la speranza prodiana che nella missione libanese vengano coinvolti «Russia, Cina e i Paesi dell'Asia». Che la missione Unifil veda allargati i suoi poteri, insomma fare qualcosa di concreto per disarmare gli hezbollah o controllare sul serio le frontiere con la Siria, però, non se ne parla nemmeno. «La missione Unifil per definizione ha un mandato stabilito dall'Onu con la risoluzione 1701, che ha regole e limiti ben definiti», ha risposto il nostro premier, mentre Siniora annuiva. E poco importa che il Partito di Dio - per voce autorevole di Ghaleb Abu Zeinab, consigliere di Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah - dando il benvenuto a Prodi il giorno prima, poche ore prima che il premier sbarcasse, abbia ribadito che i caschi blu «dovranno limitarsi a svolgere attività di sorveglianza con le pattuglie dell'esercito nazionale palestinese», evitando ogni azione volta a disarmare la resistenza», cioè i propri miliziani. Però Prodi «è il benvenuto nel nostro Paese», assicurava Zeinab, «apprezziamo la sua decisione di venire in Libano e riconosciamo il ruolo positivo che l'Italia sta svolgendo». Anche Siniora apprezza il ruolo del nostro Paese, pur se di potere reale non è che ne abbia poi molto. La riprova s'è avuta quando è stata posta una domanda sui due soldati israeliani prigionieri dei miliziani sciiti, il cui rapimento è alla base dell'offensiva israeliana in Libano. Prodi ha ammesso di aver sollevato il problema della loro liberazione nel colloquio con Siniora: «Ho sollevato il problema perché in tutti gli incontri con gli israeliani questo problema mi è stato posto con grande importanza ed emozione. La loro liberazione rappresenterebbe un aiuto alla soluzione dei problemi di sicurezza dell'area. Potrebbe giovare certamente alla stabilizzazione della pace. Qualcosa deve essere quindi fatto, ma più in là di questo non posso andare». Dunque, lasciando il Gran Sérail, Prodi è andato a far visita al presidente del Parlamento libanese, lo sciita (non di Hezbollah, però) Nabih Berri, del quale il Guardian ha pubblicato un'intervista. Di quelle rivelatrici, come suol dirsi. Perché Berri assicura che Hezbollah «riprenderà la sua campagna militare» se Israele non si ritirerà dalla zona contestata delle fattorie di Shebaa e altre sacche di territorio occupate l'estate scorsa. E per non lasciar spazio a dubbi, seppur smorzando con una doccia gelata gli entusiasmi di Prodi, Berri spiega che «la presenza dell'Unifil non fermerà le operazioni di difesa di Hezbollah. La resistenza non ha bisogno di far sventolare le proprie bandiere per operare: è un movimento della guerriglia, opera tra la gente». E non potendo andar più in là - sui quotidiani di Beirut di ieri, però, è uscito un lungo intervento del nostro premier che garantisce come «le imprese italiane dedicheranno i loro sforzi per ricostruire le strade e i ponti del Libano» - accompagnato da Arturo Parisi, Prodi è partito alla volta di Tibnin per fare visita ai mille del nostro contingente che sono già operativi nel sud del Libano. Il ministro della Difesa ha smentito quanto a Roma aveva dichiarato il senatore Luigi Ramponi, cioè che gli hezbollah stanno tornando a installarsi nelle loro basi: «Al comando Unifil non risulta». Con Prodi, si è messo in fila per il rancio. Ai ragazzi dei battaglioni Serenissima e Lagunari, Prodi ha rivolto parole di elogio e incoraggiamento: «Siate orgogliosi per il compito delicato che state svolgendo. Il Paese è orgoglioso di voi», ripetendo anche a loro che «senza la nostra presenza questa missione non poteva esistere». Da Tibnin, in elicottero, i due son tornati a Beirut atterrando sul «Garibaldi» attraccato in porto. Ai marinai, il premier ha ripetuto il discorsetto fatto al contingente di terra, garantendo «l'affetto di tutto il popolo italiano», e che «il vostro impegno ha permesso al Libano di ricominciare a vivere». Infine, prima di rientrare a Roma, è andato a inaugurare la nuova sede della nostra ambasciata a Beirut. E anche qui, immancabile, è giunta ancora la sua esaltazione del «ruolo di animatore dell'economia del Mediterraneo e di pacificatore dell'area», che l'Italia «deve continuare a svolgere».

    Dal FOGLIO, l'editoriale sulle lodi di Hezbollah a Prodi:

    Un importante dirigente di Hezbollah, Nabil Kaouk, dà un caloroso benvenuto a Romano Prodi in visita in Libano, di fatto ringraziandolo perché per le truppe dell’Unifil le armi della formazione terroristica restano “invisibili”. Aggiunge anche una minaccia neppure tanto larvata per la sicurezza dei nostri soldati se per caso decidessero di stapparsi gli occhi e le orecchie e di vedere le colonne di mezzi che trasportano ordigni bellici nelle basi militari che Hezbollah sta ricostituendo, sotto i loro sguardi, nel sud del Libano.
    La risoluzione 1701, pur nella sua ambiguità, impone all’Unifil di collaborare con l’esercito regolare libanese perché ristabilisca il pieno controllo di quell’area. Quello che pretende Hezbollah, quindi, è che il contingente internazionale violi la sua consegna. Finora l’ha fatto, ma questo può essere in parte giustificato dalle difficoltà connesse al completamento del dispiegamento delle forze. Se però continuerà a comportarsi in questo modo, finirà inevitabilmente con il trovarsi stretto tra i terroristi riarmati e l’esercito israeliano, che difficilmente tollererà nuove aggressioni ai suoi confini. Non solo la funzione della missione, ma la sua sicurezza è legata alla sua capacità di realizzare, d’intesa con l’esercito libanese, il suo mandato. Romano Prodi si è vantato del ruolo avanguardistico sostenuto dall’Italia nella decisione di inviare la missione. Questo significa che si assume pienamente la responsabilità del suo operato, che finora, a quel che pare, soddisfa soprattutto i terroristi che hanno causato la crisi con Israele con i loro lanci di missili e con il sequestro di militari, tuttora nelle loro mani, al di là del confine. Il governo italiano deve spiegare se il suo obiettivo è quello di rappresentare il migliore partner per gli Hezbollah, come dice il loro esponente Nabil Kaouk, o quello di restaurare la sovranità libanese sulle aree finora dominate dai terroristi. Le due cose non possono andare insieme e i fatti, non le chiacchiere, faranno capire la scelta vera di Prodi.

  2. #2
    NonNobisDomine
    Ospite

    Predefinito

    Caro sionista, come va? Tutto bene?

    Volevo dirti una cosa:

    MI STAI SUL CULO

  3. #3
    Forumista assiduo
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    Citazione Originariamente Scritto da NonNobisDomine Visualizza Messaggio
    Caro sionista, come va? Tutto bene?

    Volevo dirti una cosa:

    MI STAI SUL CULO

    ma vieni qui per insultare o per salutare ?

 

 

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