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Risultati da 1 a 5 di 5
  1. #1
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    Il Governo è chiamato a decidere per il bene e nell’interesse della collettività. Questo è il suo dovere, questa è la sua missione. Romano Prodi, 5 luglio 2006.
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    Predefinito Questo è il mio Presidente

    Prodi al "País": campagna contro il mio governo per tenere la politica sotto scacco
    E sull'Iran spiega: "Appoggiamo Solana e la sua politica di dialogo e fermezza"
    "Lotterò contro l'evasione fiscale
    anche se protesteranno a milioni"

    Il premier è in Spagna dove oggi incontrerà Zapatero: "I nostri obbiettivi sono gli stessi"
    di ENRIC GONZÀLEZ

    "Lotterò contro l'evasione fiscale<br>anche se protesteranno a milioni"

    PRESIDENTE Prodi, il centrosinistra governa in Italia e in Spagna. I due modelli politici, però, sembrano piuttosto diversi.
    "Perché bisogna sempre parlare di modelli? Ogni Paese ha i suoi problemi, le sue caratteristiche, i suoi momenti storici. È un bene che nell'ambito del centrosinistra convivano diversi modelli. Gli obbiettivi devono sempre essere raggiungere una maggiore uguaglianza, migliorare il sistema dell'istruzione, dare più sicurezza ai cittadini, innovare nel campo delle relazioni umane e proteggere i più deboli. Sotto questo aspetto, le nostre politiche sono analoghe. Ma l'ambiente in cui operiamo in Italia è totalmente diverso da quello della Spagna. Zapatero può contare su un partito che ha una chiara maggioranza in Parlamento, io cerco di costruirlo".

    Come sarà il futuro Partito democratico, e quando partirà?
    "Il processo è già iniziato. Incontreremo ostacoli, perché in politica è più facile dividere che unire. Già il prossimo anno, i due grandi partiti che costituiranno l'ossatura del Partito democratico, i Democratici di sinistra e la Margherita, terranno i propri congressi per dare il semaforo verde all'unificazione. L'obbiettivo è poter contare su un punto di riferimento per qualsiasi governo riformista".

    Dopo il suo primo mandato come presidente del consiglio in Italia, lei passò alla testa della Commissione europea, a Bruxelles. L'incapacità europea di articolare una politica estera efficace deve rappresentare un motivo di particolare preoccupazione per lei.
    "Questo è un vecchio problema. Il grande problema dell'Europa. Toccammo il fondo nel 2003, con la crisi irachena. L'Ue subì divisioni terribili. Non sono ottimista, né spero che la situazione migliori rapidamente, anche se questa estate, con l'invio di soldati nel Libano, è stata recuperata l'unità. In qualsiasi caso, la politica estera e la politica di difesa saranno l'ultimo capitolo del processo di unione. Le difficoltà, però, vanno al di là. Dobbiamo affrontare con urgenza il capitolo dell'immigrazione e quello dell'energia, che è gravissimo. L'Europa è molto esposta in questo senso. Non ci rendiamo conto della fragilità della politica energetica europea".

    L'Iran rappresenta un problema particolarmente delicato per l'Italia.
    "Sì, siamo il principale partner commerciale dell'Iran in Europa. Ma il nostro ruolo politico è per forza di cose secondario, perché non facciamo parte del gruppo di negoziatori e non possiamo assumere iniziative. Appoggiamo Javier Solana e la sua politica di dialogo e di fermezza. Non vogliamo che l'Iran costruisca un ordigno nucleare, ma fino all'ultimo bisogna cercare un accordo".

    Ritornando alla politica italiana, perché in Italia sembra essere così difficile fare le riforme?
    "È facile farle in Germania? O in Francia? È sempre difficile fare cambiamenti in materia di stato sociale. Ma noi abbiamo già cominciato. Siamo arrivati al govenro lo scorso 17 maggio, abbiamo avuto a disposizione appena cinque messi, con in mezzo le vacanze. E già abbiamo messo in campo il cosiddetto "pacchetto Bersani", per liberalizzare settori come l'avvocatura, le farmacie e i taxi. Guardi, giovedì scorso sono scesi in piazza a manifestare contro le riforme più di 20.000 professionisti. Avremo pur fatto qualcosa per spingere tutta questa gente a scendere in piazza, no? Abbiamo sviluppato uno sforzo enorme per riformare molti settori, e sappiamo che tra gli interessi che sono stati colpiti ci sono anche quelli di molti nostri elettori. Ma il Paese ha bisogno di riforme, soprattutto nel settore dei servizi. Le professioni, l'energia, il sistema energetico, devono trasformarsi. Abbiamo anche firmato un protocollo d'intesa con i sindacati per dare il via a una riforma approfondita delle pensioni. Certo, un protocollo non equivale a una decisione, ma apre la strada per cominciare a lavorarci nella prossima primavera".

    Basterà una legislatura per raggiungere questi obbiettivi?
    "Deve volerci di meno, perché queste cose si fanno all'inizio della legislatura".

    Solo i sindacati applaudono senza riserve la Finanziaria del 2007. Non sono state fatte troppe concessioni alle centrali sindacali?
    "Non abbiamo dato niente ai sindacati. Abbiamo dato tutto il possibile alle categorie più deboli del Paese. Onestamente, i più favoriti dal progetto di legge di bilancio sono la Confindustria, gli imprenditori. Le imprese avranno a disposizione 7 miliardi di euro per stimolare l'economia. Guardi, non è possibile cambiare rapidamente la distribuzione del reddito. Per il momento, abbiamo dato il segnale che intendiamo cambiare la situazione italiana, dove la sperequazione nella spartizione della ricchezza raggiunge livelli che non hanno eguali in Europa. I sindacati ci applaudono? Bene. Non sono loro a guidarci, ma la pura e semplice decenza".

    Quindi, l'opposizione degli imprenditori va letta in chiave politica.
    "In parte sì. Ma c'è un'altra chiave di lettura più profonda. Glielo dico con la massima sincerità: il problema fondamentale è l'evasione fiscale. In realtà le categorie professionali che manifestano protestano contro il pagamento delle tasse. E per me non cambierebbe niente anche se scendessero in piazza a milioni. Nella lotta contro l'evasione, ci giochiamo il futuro del Paese. Il resto è secondario. Il fatto che gli introiti del fisco siano tanto cresciuti negli ultimi mesi, senza che sia entrata in vigore nessuna riforma, è dovuto al fatto che la gente sta prendendo coscienza che dovrà pagare. Riusciremo a mettere fine alle frodi? Le resistenze sono enormi. E negli ultimi anni tutta la struttura della lotta contro l'evasione è stata smantellata".

    Al precedente presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, evadere le tasse sembrava normale.
    "Esatto. Questo dà la misura della sfida. Gli avvocati e gli ingegneri che manifestavano si opponevano, in fondo, a determinati principi contabili e a certi metodi di pagamento, come i bonifici elettronici, che limitano la possibilità di frode. Si rende conto? È un fenomeno interessantissimo. Non manifestavano per problemi concreti, ma contro l'obbligo di presentare una contabilità chiara e di pagare le imposte corrispondenti ai propri guadagni. Lo stesso Berlusconi stimò in un 40 per cento il volume dell'economia sommersa in Italia. E affermò che quando le imposte superavano un terzo dei guadagni, l'evasione era moralmente lecita. Il mio grande avversario è la cultura della frode. Lei vive qui, percepisce la ricchezza di questo Paese, l'intensità dei consumi, no? Questa situazione è inaccettabile. L'Italia di oggi deve scegliere una volta per tutte: o la cultura della legge o la cultura della disobbedienza e dell'anarchia".

    Ma...
    "Lei ha seguito il caso delle intercettazioni di massa di Telecom Italia. Una grande impresa, la Telecom, stava facendo quello che più le pareva. Ma hanno spostato l'attenzione da questo scandalo con delle accuse assurde, secondo cui noi volevamo intervenire sulla Telecom. È avvenuto un abuso molto grave, con intercettazioni illegali di massa. Io stesso ero spiato. E nessuno dice niente. Neanche El Pais".

    Abbiamo dato un certo spazio alla questione.
    "Salvo l'Unità, nessuno segue quello che è il vero scandalo. La stampa italiana tace. Segnale che abbiamo ingaggiato una battaglia importante. In casi del genere, bisogna capire da che parte sta la libertà. Evidentemente, lavorare con i mezzi di comunicazione contro per noi è un problema serio. Il leader dell'opposizione è proprietario del principale gruppo nel settore dei media. Ci sono di mezzo grandi interessi. Quello che è certo è che nessuno può rimproverarmi niente. Io non sapevo nulla del rapporto (elaborato da Angelo Rovati, consigliere personale di Prodi, e in cui si proponeva la rinazionalizzazione della rete di telefonia fissa controllata dalla Telecom, ndr), ma anche se lo avessi saputo? Che importanza aveva? Sono riusciti a spostare il dibattito sulla questione se io sapevo oppure no, se mento o se dico la verità su una cosa senza importanza. Quel documento non aveva nulla di ufficiale. Ma pazienza, alla fine vincerò io. Sa come si fa la mozzarella? Si gira e si rigira con pazienza, fino a formare una matassa. Diciamo che io sto facendo la mozzarella. Se non riescono a farmi fuori adesso, alla fine il Paese capirà le mie ragioni. E non possono mandarmi via perché non saprebbero che fare. Il momento in cui è scoppiato il caso Telecom non è casuale: proprio prima della Finanziaria".

    Se lei rimane saldamente al timone del governo, qual è l'obbiettivo di questa campagna generalizzata contro di lei?
    "Spingerci a trattare. Il grande problema dell'Italia, un Paese pieno di inventiva e intelligenza, sta nel fatto che la politica deve sempre stare sotto scacco, sotto minaccia. Non si tratta di guerra, ma di guerriglia. È un vecchio schema. Dobbiamo fare i conti con un ginepraio di privilegi radicati. Nel dialogo politico italiano, è difficile distinguere il problema reale, di cui non si parla mai, dal problema fittizio, su cui si combatte con accanimento. In questo momento, il problema reale è la contabilità, la trasparenza".
    (Copyright El Paìs-La Repubblica - Traduzione di Fabio Galimberti)

  2. #2
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    Lo sfogo sulla stampa spagnola
    Prodi: «Giornali e tv contro di me»
    Sfogo sul caso Telecom: «Anch'io spiato, ma solo l'Unità lo ha scritto». «Serve pazienza, come per fare la mozzarella»



    MADRID - «Anch'io ero stato spiato e nessuno dice niente». Caso Telecom. Romano Prodi accusa i giornali italiani. E lo fa sul quotidiano spagnolo El País, nella lunga intervista rilasciata alla vigilia della sua visita in Spagna. «Salvo l'Unità, nessuno segue il vero scandalo. La stampa italiana tace, un segno che stiamo facendo una battaglia importante. In casi come questi — spiega il premier — bisogna capire da che lato si trova la libertà. Evidentemente lavorare contro i mezzi di comunicazione è per noi un problema serio». Lo sfogo è per lo scandalo delle intercettazioni. «La Telecom stava facendo quello che le veniva in mente. Ma questo scandalo è stato sviato con delle assurde accuse, che dicevano che noi volevamo intervenire sulla Telecom. C'è stato un abuso gravissimo con ascolti illegali massicci. Anch'io ero stato spiato e nessuno dice niente, neanche il País ».
    L'altro passaggio dell'intervista è sul piano Rovati, sulle polemiche scatenate dalla proposta del consigliere di Palazzo Chigi al presidente di Telecom, Marco Tronchetti Provera. «La verità è che nessuno può rimproverarmi niente. Io non sapevo nulla della relazione di Angelo Rovati. Ma anche se lo avessi saputo che importanza aveva? Sono riusciti a dirottare il dibattito sul fatto che io sapessi o meno, se mentivo o dicevo la verità, che in fondo è qualcosa senza importanza. Il documento non era per niente ufficiale, ma pazienza, so che alla fine vincerò». Poi si rivolge al giornalista con una metafora: «Lei sa come si fa la mozzarella? Si gira con pazienza e si forma una matassa. Diciamo che io sto facendo una mozzarella. Se non riescono a cacciarmi via alla fine il Paese capirà le mie ragioni. E non possono cacciarmi perché non saprebbero che cosa fare». Alla fine lancia un sospetto: «Il momento nel quale è esploso il caso Telecom non è frutto della casualità, è successo prima della presentazione della Finanziaria». Sulle pagine del País si legge un dialogo a distanza con il premier spagnolo José Luis Zapatero, intervistato ieri dal Corriere. Un anticipo della colazione di lavoro di oggi alla Moncloa. Tema ufficiale le politiche sull'immigrazione. Ma i due troveranno il tempo di parlare anche della fusione tra Autostrade e Abertis. Da una risposta di Prodi sul quotidiano spagnolo ieri è venuta un'apertura significativa.
    «Per quanto riguarda le autostrade non abbiamo niente contro gli spagnoli. Abertis è un'impresa di alto livello, ben amministrata. Il problema, in questo caso, è strettamente italiano». Il premier lo spiega subito dopo: «Autostrade è un società privatizzata negli anni 90 che opera in un regime di concessione statale e i termini di questa concessione non sono stati rispettati appieno. In generale, si deve garantire che i concessionari investano, che mantengano e migliorino le strutture, come stabilisce il contratto. Mi dispiace per alcune reazioni della stampa spagnola perché sono proprio io ad avere aperto l'Italia alle privatizzazioni e ai capitali stranieri». È il primo intervento di Prodi sul tema dopo lo stop deciso il 4 agosto da due ministri del suo governo, Di Pietro e Padoa- Schioppa. Restano da chiarire la situazione sul mercato italiano e il cammino del decreto firmato da Di Pietro, collegato alla Finanziaria, che rivede completamente i contratti con le concessionarie e di fatto complica il progetto di fusione. Ma il segnale di disponibilità c'è e sarà approfondito nel faccia a faccia con Zapatero. Prodi assicura la buona volontà: «C'è stato un tempo di dinamismo italiano in Spagna, ora sono più dinamici gli investimenti spagnoli in Italia. Sono benvenuti, l'Italia è un Paese aperto».

  3. #3
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    è arrivato bondi di sinistra

  4. #4
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    Chissà se Brodi si ricorda chi è perchè ha sempre tollerato gli evasori fiscali .
    Chissà se si ricorda se quando governava o era ministro l'evasione fiscale cresceva incontrollata .

  5. #5
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    Il Governo è chiamato a decidere per il bene e nell’interesse della collettività. Questo è il suo dovere, questa è la sua missione. Romano Prodi, 5 luglio 2006.
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    Citazione Originariamente Scritto da willy Visualizza Messaggio
    è arrivato bondi di sinistra

    Una risposta nel merito? O è chiedere troppo al tuo cervello?

 

 

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